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La questione cecena e il jihadismo nel Caucaso del nord

4.3 I nuovi volti di Mosca e Damasco: Vladimir Putin e Bashar al-Asad

4.3.1 La svolta del Cremlino e l‟ascesa mondiale della Russia

4.3.1.1 La questione cecena e il jihadismo nel Caucaso del nord

Nel corso della sua presidenza Putin dovette spesso far fronte alle rivendicazioni indipendentiste provenienti dal Caucaso del nord. A preoccupare maggiormente il leader del Cremlino fu la questione della Cecenia, Repubblica Autonoma della Federazione Russa facente parte del Distretto Federale del Caucaso settentrionale.

Organization‟, SIPRI Policy Paper, Maggio 2007, n. 17, http://www.peacepalacelibrary.nl/ebooks/files/ SIPRI_Policypaper17%5B1%5D.pdf.

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Cfr. J. MANKOFF, op.cit., p. 25.

45 Bisogna però ricordare che dal 7 maggio 2008 il nuovo Presidente della Federazione Russa fu Dmitrij

Anatol‟evič Medvedev; Vladimir Putin ritornò a ricoprire la carica di Primo Ministro (ruolo già avuto nel 1999).

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141 Il problema ceceno esplose negli ultimi mesi del 1991, ovvero nella fase conclusiva dell‟esperienza sovietica. Dopo esser stato eletto Presidente della Repubblica Cecena, il leader del Congresso della Nazione Cecena47, Džokhar Dudaev, proclamò la secessione della Repubblica Cecena d‟Ichkeria dall‟Unione Sovietica (2 novembre)48. L‟indipendenza della piccola entità territoriale caucasica preoccupò molto El‟cin, il quale decise, a una settimana di distanza, di inviare un contingente militare per mettere fine alle istanze autonomiste della regione. La Guardia Nazionale creata dallo stesso Dudaev resse tuttavia all‟impatto dell‟invasione russa49.

Da quel momento in poi la Repubblica d‟Ichkeria cercò progressivamente di sganciarsi dal controllo di Mosca (un tentativo favorito, senza dubbio, dalla complicata situazione interna della Federazione Russa all‟indomani della dissoluzione dell‟URSS). Una dimostrazione di tale distacco fu l‟approvazione della Costituzione nazionale cecena (marzo 1992), in cui indipendenza e secolarismo figuravano tra i principi fondamentali. Naturalmente tale autodeterminazione si scontrava con quanto espresso nella Costituzione russa, la quale considerava la Cecenia come una delle 89 entità territoriali della Federazione50. È comunque importante ricordare che, in questa fase, il movimento per l‟indipendenza cecena era sostanzialmente laico. Certo, alcune importanti figure legate a Dudaev (ad esempio Zelimkhan Yandarbiyev e Movladi Udugov) cominciarono pian piano ad avvicinarsi all‟Islam; tuttavia, almeno fino al 1994-1996, la componente ideologica di stampo musulmano rimase abbastanza marginale51.

I numerosi tentativi di El‟cin di sovvertire il potere di Dudaev si rivelarono infruttuosi. A quel punto, l‟11 dicembre 1994, il Cremlino scelse di intervenire: fu l‟inizio della Prima guerra cecena. L‟obiettivo primario delle truppe di Mosca, ossia la conquista della capitale Groznyj, fu raggiunto dopo un mese di violenti combattimenti. Tuttavia la resistenza cecena, rifugiatasi nelle zone montuose del Sud, non si arrese mai alla superiorità logistica e militare del contingente russo. Neanche la morte del leader Dudaev (ucciso durante un attacco aereo nel villaggio di Gekhi-Chu)52 pose fine alle azioni di guerriglia dei ribelli, i quali nell‟agosto 1996 riconquistarono Groznyj e le

47 Alleanza politica che raggruppava varie fazioni di stampo nazionalista ceceno.

48 Cfr. F. COENE, The Caucasus – An Introduction, Londra-New York, Routledge, 2010, pp. 141-142. 49

Cfr. S.J. BLANK, Russia’s Homegrown Insurgency: Jihad in the North Caucasus, Carlisle, Strategic Studies Institute – U.S. Army War College, 2012, p. 128.

50 Cfr. A. JAIMOUKHA, The Chechens – A Handbook, Londra-New York, Routledge, 2005, p. 66. 51 Cfr. S.J. BLANK, op.cit., p. 129.

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142 altre città della regione. La perdita della capitale cecena fu la più grande testimonianza del fallimento del Cremlino. Per tutta risposta El‟cin decise dapprima di siglare il Trattato di pace (agosto 1996) e, quindi, di ritirare le truppe russe dal territorio (agosto- dicembre 1996).

La Prima guerra cecena ebbe un enorme impatto sul futuro della regione caucasica. Fu proprio in occasione di questo feroce conflitto (alcune stime parlano di circa 50.000 morti)53 che il movimento per l‟indipendenza cecena cominciò ad adottare i valori islamici e a far sua la causa della guerra santa. Le atrocità commesse dai soldati russi radicalizzarono vasti settori della società cecena, in particolare quella parte di popolazione di religione islamica che viveva nelle zone montuose54. Questo processo di radicalizzazione fu inoltre l‟esito del coinvolgimento diretto, nella guerra, dei mujaheddin wahabiti reclutati e finanziati da Ibn al-Khattab, un fondamentalista saudita vicino a Osama bin Laden. Un aspetto importante di questo passaggio fu certamente l‟adesione di Šamil Basaev, uno dei più temibili guerriglieri ceceni, alla causa del jihad contro la Russia55. In maniera progressiva, tra il 1996 e il 1999, le rivendicazioni dei gruppi islamisti si allargarono all‟intera regione del Caucaso del nord:

Whereas Dudaev had popularised the idea of the unity of the peoples of the North Caucasus, but not acted upon it, the radicals made no secret of their intent to foment destabilization in neighbouring Caucasian republics to create an Islamic state56.

La dimostrazione più importante di questo progetto di riunificazione fu la creazione, nell‟aprile 1998, del Congresso dei Popoli di Ichkeria e Daghestan ad opera di Basaev. Nel frattempo la costante ascesa dei gruppi islamisti indusse il nuovo Presidente ceceno, Aslan Mashdakov (accusato di essere troppo remissivo nei confronti del Cremlino), a ipotizzare la trasformazione della Cecenia in uno Stato islamico57.

A far precipitare nuovamente la situazione fu l‟invasione del Daghestan da parte dei gruppi armati affiliati al Congresso dei Popoli di Basaev (agosto 1999). Il Cremlino sfruttò questi fatti, assieme agli attentati di Mosca, Volgodonsk e Bujnaksk, per dare inizio alla Seconda guerra cecena. A dire il vero Mosca meditava già da tempo di

53 Cfr. S.J. BLANK, op.cit., p. 130. 54

Cfr. Ivi, pp. 130-131.

55 Cfr. J. HUGHES, „Chechnya: the Causes of a Protracted Post-Soviet Conflict‟, LSE Research Online,

2001, pp. 34-35, http://eprints.lse.ac.uk/641/1/Hughes.Chechnya.Civil_Wars.pdf.

56 Ivi, p. 35. 57

143 risolvere una volta per tutte la questione del Caucaso settentrionale. L‟attacco russo, iniziato a ottobre, fu preannunciato da un discorso di Putin (ormai Primo Ministro russo) in cui dichiarava illegittimi sia la presidenza di Mashdakov che il Parlamento ceceno. Oltre a conquistare vaste parti della Cecenia, le truppe di Mosca posero sotto assedio la capitale Groznyj, bersagliata per settimane da numerosi attacchi aerei. Tuttavia, come era già accaduto in occasione del primo conflitto, i soldati di Mosca non riuscirono ad assestare il colpo definitivo alla guerriglia cecena disposta a tutto pur di respingere gli infedeli dalla regione58. L‟elemento religioso si confermò allora come il punto di riferimento della resistenza cecena:

[…] The “key, if not main factor driving the violence in the North Caucasus” is “the salience of local cultural and the Salafist jihadist theo-ideology and the influence of the global jihadi revolutionary movement”59.

All‟indomani dell‟attentato terroristico dell‟11 settembre 2001 al World Trade Center, Putin decise di aderire alla guerra totale contro il fondamentalismo islamico scatenata dagli USA. Secondo il leader del Cremlino, esisteva un parallelo tra l‟attacco di New York e la guerra santa portata avanti dalla guerriglia cecena: “The Russian people understand the American people better than anyone else, having experienced terrorism first-hand”60. Tramite questa analogia, Putin dimostrò al mondo che anche i russi avevano a che fare con la minaccia del terrorismo. E visto che i terroristi erano per definizione hostis humani generis, Mosca aveva il diritto di sconfiggere, con qualsiasi mezzo, la resistenza cecena. Si trattò di una guerra che fomentò ulteriormente l‟odio dei gruppi jihadisti del Caucaso contro la popolazione e le istituzioni russe; un odio che sfociò in alcuni clamorosi attentati quali l‟attacco alla metropolitana di Mosca nell‟agosto 2004 e ancora la strage di Beslan nel mese successivo61.

Una delle strategie di Putin per riottenere il controllo della situazione fu quella di cecenizzare il conflitto, ovvero trasformarlo in un confronto tra fazioni cecene. Per far ciò, il Cremlino decise di creare, finanziare e sostenere militarmente un regime guidato dall‟ex-Gran Mufti della Repubblica Cecena d‟Ichkeria, Akhmad Kadyrov. Costui, che in passato era stato uno dei più ferventi sostenitori dell‟indipendentismo ceceno, decise infatti di abbandonare le proprie posizioni anti-russe e di sostenere la causa di Mosca 58 Cfr. F. COENE, op.cit., p. 144. 59 S.J. BLANK, op.cit., p. 136. 60 Cfr. Ivi, pp. 136-137. 61 Cfr. F. COENE, op.cit., pp. 144-145.

144 (nel maggio 2003 fu eletto primo Presidente della nuova Repubblica Autonoma di Cecenia). Lo stesso Kadyrov avrebbe presto pagato con la vita il tradimento della causa indipendentista. Alu Alkhanov prima e Ramzan Kadyrov62 poi sarebbero diventati a quel punto i due alleati di ferro di Putin a Groznyj.

Nell‟ottobre 2007 il nuovo leader dei ribelli ceceni, Doku Umarov, annunciò la conclusione dell‟esperienza della Repubblica Cecena d‟Ichkeria e la nascita di una nuova entità: l‟Emirato del Caucaso. L‟azione di Umarov rilanciò la questione dell‟unità del Caucaso settentrionale e soprattutto della creazione di uno Stato islamico ispirato alla shari’a63. Sebbene questa realtà politico-religiosa non abbia mai ricevuto un significativo riconoscimento formale, il gesto è un ulteriore dimostrazione di quanto il tema dell‟indipendenza cecena sia ormai legato all‟affermazione della causa islamista.

La Seconda guerra cecena giunse a conclusione soltanto nell‟aprile 2009 (lasciando dietro di sé una scia di 60.000 morti, la maggior parte dei quali civili)64. Da un punto di vista politico, il Cremlino poté vantarsi di aver riconquistato la Cecenia, alla quale venne riconosciuto lo status di Repubblica Autonoma della Federazione Russa. Da un punto di vista pratico, tuttavia, Mosca avrebbe continuato per anni a scontrarsi con le milizie filo-islamiste del Caucaso del nord.

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