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Il successo e il crollo del Terzo Mondo: dalla Conferenza di Bandung al NOEI

2.1 Dall’imperialismo alla nascita e fallimento del Terzo Mondo

2.1.3 Il successo e il crollo del Terzo Mondo: dalla Conferenza di Bandung al NOEI

questione dello sviluppo economico; era altresì necessario trovare una collocazione nello scacchiere globale. Si poteva scegliere di legarsi politicamente a una delle superpotenze23, ma era possibile allo stesso tempo rafforzare il sentimento di vicinanza e solidarietà che negli anni della lotta coloniale aveva preso piede tra i Paesi in lotta. L‟internazionalismo terzomondista divenne in poco tempo uno dei soggetti politici più importanti, in grado persino di aprire un varco nel clima di Guerra fredda che dominava ormai la scena internazionale.

Il tentativo messo in atto dalle potenze imperialiste di collocare le ormai ex-colonie negli schemi politici da loro creati (come nel caso del Commonwealth britannico o della Communauté francese) non ottenne grossi risultati; secondo il leader tunisino Habib Bourguiba infatti il disegno degli europei restava sempre lo stesso, vale a dire lo sfruttamento dei territori afro-asiatici: “[…] It is not therefore for our beautiful eyes that

21 Cfr. M. TRENTIN, op.cit., pp. 30-32.

22 Discorso del padre del movimento di liberazione ghanese Kwame Nkrumah; in O.A. WESTAD, The

Global Cold War – Third World Interventions and the Making of Our Times, cit., p. 91.

23 Come testimoniarono il SEATO nel 1954 e il Patto di Baghdad nel 1955. Si trattò di due accordi (il

primo creato con l‟intento di difendere il Sud-Est asiatico e il secondo nato per fare altrettanto nello scenario mediorientale) che avvicinarono numerosi Paesi del Terzo Mondo al sistema occidentale al fine di rispondere all‟avanzata del comunismo. Cfr. H. LAURENS, op.cit., p. 6.

62 the Anglo-Saxons interest themselves more and more in our fate”24. In un simile scenario, i leader terzomondisti si convinsero dell‟importanza di raggruppare in un blocco coeso i Paesi ormai liberi. Dopo anni e anni di infruttuosi incontri indetti con l‟intento di suggellare l‟unità del movimento anti-coloniale (alcuni sotto l‟egida del comunismo come nei casi presi in esame del Congresso di Baku e della Conferenza di Bruxelles), gli Stati di nuova indipendenza decisero di lanciare un segnale forte.

Fu questa presa di coscienza a condurre alla storica Conferenza di Bandung nell‟aprile 1955, ritenuta da molti come l‟atto di fondazione del blocco terzomondista. Organizzata da Indonesia, India, Ceylon, Pakistan e Birmania, la Conferenza fu il frutto di un discorso avviato dagli stessi Paesi in occasione della Conferenza di Colombo del 1954. Il successo di Bandung è da attribuire certamente a un contesto storico favorevole che, in pochi anni, aveva portato alla sconfitta francese in Indocina e alla distensione nei rapporti tra le superpotenze25. I 5 organizzatori allargarono l‟invito ad altri 24 Paesi (tra cui la Siria), non tutti indipendenti e provenienti da esperienze politiche differenti: il Pakistan e la Turchia avevano da poco aderito al filo-americano Patto di Baghdad, l‟India aveva legami con entrambe le superpotenze e la Cina, malgrado qualche scricchiolio, era ancora alleata dell‟URSS. Lo scopo principale della Conferenza fu la creazione di un‟ideologia attraverso la quale superare il rigido schema imposto dalla Guerra fredda; ma soprattutto i partecipanti si impegnarono a raggiungere cinque obiettivi nelle relazioni tra di essi (i pancha sheela)26: il reciproco rispetto della sovranità territoriale, il principio di non-aggressione, la non ingerenza negli affari interni, la parità e la coesistenza pacifica. Ovviamente occorreva rifiutare la competizione tra le due superpotenze, ma allo stesso i partecipanti erano consapevoli della difficoltà di sfuggire del tutto a tale rivalità; per questo il compromesso fu trovato nella formula della neutralità attiva, dove con attiva si intendeva la possibilità di concludere accordi con i due blocchi tranne che nei casi in cui tali accordi avessero limitato la capacità dei Paesi del Terzo Mondo di stipulare intese con altri Paesi o li avessero obbligati ad azioni militari diverse dall‟auto-difesa27. Sintetizzando, si può dunque sostenere che la neutralità attiva concedeva al blocco terzomondista

24

O.A. WESTAD, The Global Cold War – Third World Interventions and the Making of Our Times, cit., p. 98.

25 Cfr. Ivi, p. 99.

26 Cfr. A. GRAZIOSI, op.cit., p. 182 e M. TRENTIN, op.cit., p. 32. 27

63 l‟opportunità di scendere a compromessi con le due superpotenze a patto che i singoli Paesi non si vincolassero in maniera definitiva a un sistema o all‟altro. Proprio questa sottile interpretazione fu ciò che indusse i leader presenti a Bandung ad abbandonare il concetto di neutralismo in favore del meno impegnativo non allineamento; un aspetto che Ennio Di Nolfo definisce in questi termini:

Una campagna neutralistica aveva minore incisività, presupponeva il disimpegno da schieramenti esistenti […]. Il neutralismo avrebbe circoscritto il numero degli appartenenti alla nuova coalizione entro cifre modeste; il «non allineamento» consentiva anche ai membri delle alleanze contrapposte un‟interpretazione flessibile28.

Un‟ulteriore questione affrontata a Bandung fu la necessità di favorire un clima di pace internazionale e di ridurre il rischio di un conflitto nucleare. La speranza di poter realizzare tale obiettivo fu sentita con forza dai Paesi del Terzo Mondo, fiduciosi del fatto che il paradigma della coesistenza pacifica (di cui l‟URSS parlava in quegli anni) potesse essere uno strumento utile a tal fine.

Il movimento creato a Bandung mise in moto, a partire dal 1955, un processo che (attraverso tutta una serie di incontri e conferenze) ebbe il merito di puntellare e consolidare il Terzo Mondo. L‟incontro tra lo jugoslavo Tito, il padre del nazionalismo egiziano Nasser e l‟indiano Nehru a Brioni nell‟estate 1956 fu un esempio di come la collaborazione tra leader potesse giovare al movimento terzomondista. Seguirono la Conferenza del Cairo nel 1958 (a cui parteciparono i delegati di 29 Paesi indipendenti e 12 alla vigilia di ottenere l‟indipendenza), la condanna formale del colonialismo da parte dell‟Assemblea Generale dell‟ONU nel dicembre 1960 e la Conferenza di Belgrado del 1961 in cui nacque ufficialmente il movimento dei non allineati. L‟ascesa del Terzo Mondo sembrava inarrestabile; ma era in parte un‟illusione.

Dietro l‟apparente solidità del movimento si celavano, in molti casi, interessi politici differenti. La testimonianza della disunità del Terzo Mondo è facilmente comprensibile ove si pensi che, tra gli anni „60 e „70, la coalizione dei Paesi non allineati raggiunse la cifra di oltre 100 aderenti, un numero che senz‟altro le avrebbe dato l‟opportunità di dominare i lavori delle Nazioni Unite. Tuttavia ciò non avvenne: l‟aumento della conflittualità all‟interno del blocco (testimoniato dalla guerra tra India e Cina nel 1962), la morte e l‟emarginazione di molti leader di Bandung, le crisi interne

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64 ad alcuni Paesi (che portarono in molti casi al ri-orientamento politico dei governi) furono i principali fattori che lacerarono il blocco.

Se il quadro presentato descrive un Terzo Mondo in grande difficoltà dal punto di vista politico, fu probabilmente la questione economica a decretarne la vera sconfitta. Le proposte di rilanciare la produttività industriale e agricola, di migliorare i rapporti commerciali con i Paesi industrializzati e di rinegoziare al rialzo i prezzi delle merci esportate condussero nel 1964 alla convocazione di una Conferenza sul commercio e lo sviluppo sotto l‟egida delle Nazioni Unite (UNCTAD) con l‟intento di riformare il sistema economico internazionale. Fu proprio nell‟ambito di tale Conferenza che i Paesi non allineati rilanciarono la loro unità dando vita al Gruppo dei 77. Malgrado le battaglie per una più equa redistribuzione dei profitti mondiali, tale raggruppamento non ottenne grandi risultati nell‟immediato. Fu infatti necessario attendere fino al 1974 per assistere a un cambiamento: la crisi petrolifera del 1973 convinse infatti gli Stati industrializzati ad accettare la proposta terzomondista di creare un Nuovo ordine economico internazionale o NOEI29.

Il Terzo Mondo poteva gioire per il risultato ottenuto; tuttavia la presunta svolta si sarebbe presto rivelata un‟illusione: la situazione economica degli attori era ormai troppo variegata per essere ricompresa sotto un‟unica etichetta. La catastrofica condizione in cui versavano le finanze di alcuni Paesi non allineati faceva da contraltare alla crescente ricchezza dei Paesi mediorientali (i quali con l‟aumento dei prezzi petroliferi disponevano ormai di enormi flussi di liquidità), allo straordinario sviluppo economico degli Stati del sud-est asiatico (tra cui Indonesia, Malesia e in particolare Cina) e alla ripresa della crescita in America Latina; queste contrapposizioni erano la dimostrazione di un sistema a più velocità che si era ormai sfaldato. Il mancato cambiamento promesso dal NOEI divenne così il simbolo del fallimento del Terzo Mondo30.

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Il Nuovo ordine economico internazionale fu approvato dall‟Assembla Generale dell‟ONU nel maggio 1974 all‟interno delle Risoluzioni 3201 e 3202.

30 Per un quadro generale sulle conferenze terzomondiste, sulle sfide che i Paesi non allineati dovettero

affrontare e sulla rottura del movimento, si legga E. DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali – Dal 1918 ai giorni nostri, cit., pp. 985-994.

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