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Combustibili ed energia elettrica

Nel documento Rapporto 2007 (.pdf 3.0mb) (pagine 179-192)

6.2. L’impiego dei fattori produttivi

6.2.4. Combustibili ed energia elettrica

I costi dei prodotti energetici, in costante crescita negli ultimi anni, hanno segnato in chiusura d’anno un eccezionale aggravio dei costi produttivi delle aziende agricole. L’impennata senza precedenti del prezzo del greggio a livel-lo internazionale, che ha superato i 100 dollari al barile ed ha fatto registrare ulteriori record per i prezzi di gasolio e benzina, ha innescato una grave crisi mondiale, che penalizza in modo particolare l’agricoltura, un settore fortemen-te dipendenfortemen-te dalla bolletta energetica. Il rincaro dei prodotti petroliferi incide direttamente sui costi dei carburanti, utilizzati per la movimentazione dei

mez-zi agricoli e per i trasporti, e pesa in particolare sulle imprese ortoflorovivai-stiche e zootecniche che utilizzano il gasolio per il riscaldamento delle serre, delle stalle e per gli impianti di mungitura e di essiccazione dei foraggi. Inol-tre, le tensioni sui prezzi si sono scaricate anche sul costo dei prodotti chimici, com’è noto fortemente dipendenti dal prezzo del petrolio.

Le cause di questo andamento non sono soltanto congiunturali, e come in passato dipendenti prevalentemente da tensioni geopolitiche nei Paesi produt-tori, ma ormai strutturali. La causa principale è l’aumento della domanda dei Paesi in via di sviluppo, cui corrisponde un’offerta carente, con riduzioni degli stock degli Stati Uniti e tensioni anche nei Paesi produttori sudamericani. A ciò si aggiunge una maggiore volatilità dei prezzi, dovuta a speculazioni fi-nanziarie internazionali; in Italia, peraltro, nonostante il positivo rapporto di cambio euro-dollaro, l’effetto moltiplicatore delle imposte sul consumatore fi-nale amplifica gli incrementi dei prezzi sui mercati internazionali. In una si-tuazione di difficile recupero dei prezzi dei carburanti, sono da individuare gli interventi strutturali sulla filiera (miglioramento logistico, accorciamento di filiere, maggiore competitività dei produttori) che consentano di contrastare gli incrementi dei costi energetici. Inoltre, occorre puntare sul miglioramento dell’efficienza energetica a livello aziendale (utilizzo, biogas, sfruttamento di solare, termico e fotovoltaico).

In Emilia-Romagna, in base agli archivi UMA, sono state assegnati 421 mi-lioni di litri di gasolio agricolo agevolato. Gli impieghi si sono assestati su valori lievemente inferiori a quelli dell’anno precedente (-1%). La quota preponderante è destinata all’autotrazione; circa il 7%, per un quantitativo di circa 29 milioni di litri, è invece assegnato alle coltivazioni in serra, alle quali si applica l’esenzione totale dell’accisa, nuovamente prorogata con legge Finanziaria. Le assegnazioni di benzina agricola, con valori attorno a 3 mila litri, sono ulteriormente dimi-nuite del 9,5%.

Il prezzo medio del gasolio agricolo, a livello ingrosso e per le principali tipologie di fornitura (fino a 2.000 e da 2.000 a 5.000 litri), è cresciuto su base annua del 4,4% sulla Piazza di Bologna e dell’1,5% su quella di Modena. Il rincaro, però, è stato particolarmente evidente ed eccezionale nell’ultimo tri-mestre, con valori praticamente raddoppiati rispetto a cinque anni fa. Basti considerare che le quotazioni del mese di dicembre del 2007 risultano, su en-trambe le Piazze, superiori del 18% rispetto all’analogo periodo dell’anno pre-cedente.

Dalla stima dei quantitativi di gasolio agricolo consumati, considerando le restituzioni dell’annata precedente ed il prezzo medio del gasolio, risulta che la spesa sostenuta dagli agricoltori per l’acquisto di combustibili si è collocata sui 304 milioni di euro, con un incremento delle spese dell’1%, rispetto

all’annata precedente. La bolletta energetica per le aziende emiliano-romagnole sembra dunque meno pesante, rispetto alle aspettative derivanti dall’incremento dei prezzi dei carburanti; potrebbe aver giocato un ruolo deci-sivo il contenimento dei volumi impiegati, che potrà essere verificato soltanto il prossimo anno, sulla base dell’effettivo carburante consumato.

Per quanto riguarda l’energia elettrica, le bollette per le forniture ad uso a-gricolo hanno registrato valori stabili o in lieve calo per i prime novi mesi dell’anno, beneficiando dei risultati positivi ottenuti con le liberalizzazioni del mercato elettrico che hanno portato ad una diminuzione delle tariffe di distri-buzione e trasporto. Alle tensioni del periodo siccitoso estivo, che ha eviden-ziato periodi di lieve squilibrio tra domanda di energia elettrica per irrigazione, ventilazione e refrigerazione ed offerta più contenuta nei bacini idroelettrici, è seguito il forte rincaro del petrolio, particolarmente evidente nell’ultima parte dell’anno. Ciò ha determinato un aumento della bolletta elettrica, gravata dagli elevati costi di produzione dipendenti dall’andamento del prezzo del petrolio.

Il bilancio complessivo evidenzia una dinamica crescente dei costi dell’energia elettrica sostenuti dalle aziende agricole, posizionati su valori annuali superiori del 3,5 % rispetto all’annata precedente (indice ISMEA), con un tasso di va-riazione annuo comunque più modesto di quello evidenziato lo scorso anno.

6.2.5. Il lavoro

Il 2007 è stato un anno positivo per l’occupazione regionale, che ha regi-strato un aumento del +1,8% rispetto all’anno precedente. L’incremento è sta-to superiore a quello medio nazionale, anch’esso positivo (+1%), anche se si mantengono le notevoli differenze tra le varie ripartizioni: è infatti soprattutto nel Centro e nel Nord che l’occupazione aumenta (rispettivamente del +2,5% e dell’1%), mentre nel Mezzogiorno la situazione occupazionale appare sostan-zialmente stabile (tabella A6.5).

A livello nazionale, la ripresa occupazionale ha riguardato soprattutto il la-voro dipendente (+1,5%), mentre quello autonomo è apparso in lieve flessione (-0,3%). Inoltre, va segnalato il fatto che l’incremento dell’occupazione è stato trainato da un crescente impiego di lavoratori stranieri. Infatti, secondo i dati Istat, nel 2007 vi è stato un aumento di 234.000 unità, di cui 154.000 stranieri, pari al 65,8% del complessivo incremento occupazionale registrato. Le costru-zioni ed i servizi sono le attività che hanno contribuito maggiormente all’espansione occupazionale, che ha investito comunque anche il settore delle trasformazioni industriali (+1,1%)(3). L’occupazione agricola ha invece segna-–––––––––

(3) Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro - Media annuale 2005.

to, a livello nazionale, un andamento negativo, con una riduzione significativa degli occupati, pari al -5,9% (tabella A6.6).

Rispetto all’anno precedente, il 2007 ha segnato un altro passo positivo nei confronti della lotta alla disoccupazione: il tasso di disoccupazione in Italia è passato dal 6,8% al 6,1% (-0,7%); inoltre, vi è stata una positiva flessione del-la disoccupazione giovanile 15-24 anni (-1,3%) e di queldel-la di lunga durata (-0,4%). Anche nel Mezzogiorno si sono registrati dei miglioramenti (-1,2%

del tasso di disoccupazione, 1,9% del tasso di disoccupazione giovanile e -0,9% del tasso di disoccupazione di lunga durata); tuttavia il Mezzogiorno la mantiene ancora valori elevati disoccupazione che distinguono tale ripartizio-ne rispetto al resto del Paese(4).

In generale, per tutto il Paese, il miglioramento del quadro occupazionale avviene in concomitanza con un aumento del lavoro atipico di tutti i tipi, in-crementando fenomeni di mancanza di sicurezza, tutt’ora oggetto di discussio-ne. Infatti si sta assistendo ad un crescente rischio di esclusione sociale di “la-voratori poveri” (working poor) e ad un impatto negativo che ciò comporta sull’intera compagine economica-sociale (effetti negativi sui consumi, anda-mento demografico sfavorevole, ecc.).

Con il miglioramento dell’assetto occupazionale del 2007, l’Emilia-Romagna si conferma al primo posto nella graduatoria nazionale per quanto riguarda il tasso di attività (72,4%), il tasso di occupazione (70,3%), ed il tasso di occupazione femminile (62%) (tabella A6.7). La Regione è quindi riuscita a raggiungere nel 2007 i due principali obiettivi previsti dalla strategia comuni-taria di Lisbona, che richiede di raggiungere entro il 2010 un tasso di occupa-zione del 70% per gli attivi di 15-65 anni ed un tasso di occupaoccupa-zione femmini-le del 60%. Con i risultati positivi degli ultimi anni, la regione Emilia-Romagna è la prima regione italiana ad aver raggiunto gli obiettivi comunitari previsti dalla strategia di Lisbona.

Anche se si guarda al tasso di disoccupazione, l’Emilia-Romagna ha un buon risultato: infatti ha un tasso molto basso, pari al 2,9%, al di sotto di lo ritenuto fisiologico registrando inoltre un’ulteriore flessione rispetto a quel-lo già contenuto dell’anno precedente (3,4% nel 2006). Sotto questo profiquel-lo, l’Emilia-Romagna presenta una situazione decisamente più favorevole rispetto alla media nazionale (6,1%) ed anche del Nord-Est (3,1%), la ripartizione che in generale presenta la migliore situazione rispetto all’andamento del mercato del lavoro. L’andamento favorevole è confermato dal ricorso agli ammortizza-tori sociali: rispetto all’anno precedente, infatti, si è registrata una riduzione sia –––––––––

(4) Istat, Rilevazione sulle forse di lavoro, IV trimestre 2007, Comunicato stampa del 20 marzo 2008

del ricorso alla Cassa Integrazione ordinaria e straordinaria, sia della mobilità (1.133 lavoratori in meno rispetto al 2006)(5).

Il buon andamento messo in evidenza nasconde tuttavia l’emergere nel mercato del lavoro di alcuni aspetti preoccupanti, quali l’aumento della preca-rietà occupazionale, a cui non infrequentemente si collega il problema dei bas-si redditi. E’ stato infatti evidenziato che anche in Emilia-Romagna stanno av-venendo importanti cambiamenti della compagine lavorativa e sociale, come nel resto del Paese, con un aumento del lavoro precario ed un rafforzamento di fenomeni preoccupanti quali la disoccupazione di lunga durata. Secondo gli studi della Regione, dal 2004 ad oggi circa un terzo dei posti di lavoro nuovi sono da ricondurre a forme atipiche (part-time, interinali, co.co.co ed occasio-nali). Entrando nel dettaglio, è stato stimato che nel 2006 il 20,8%

dell’occupazione era riconducibile a lavoro atipico. Anche in Emilia-Romagna, come quanto avviene a livello nazionale, le figure degli atipici sono caratterizzate da una elevata mobilità settoriale che impedisce al lavoratore di accumulare competenze che permettano di passare ad una occupazione stabile:

è quindi evidente la vulnerabilità occupazionale di questi lavoratori. Come ab-biamo evidenziato nell’edizione dell’anno precedente, sono soprattutto le don-ne ad essere interessate dalle forme di occupaziodon-ne più precaria.

In Emilia-Romagna la flessione dell’occupazione agricola rispetto all’anno precedente è stata consistente (-6,1%) e lievemente superiore a quella media nazionale (-5,9%) (tabella 6.9). Dal 2000 l’occupazione agricola regionale è apparsa costantemente in flessione registrando una riduzione del 26,6% nel pe-riodo 2000-2007. Si tratta di un dato che segnala i profondi cambiamenti che stanno interessando il mercato del lavoro settoriale della regione, dove il fe-nomeno più significativo è la contrazione del lavoro indipendente, progressi-vamente sostituito da quello dipendente. Anche nel 2007, come già avvenuto nell’anno precedente, i due tipi di lavoro presentano andamenti contrapposti:

gli autonomi appaiono in forte flessione (-10,7%), mentre per i dipendenti si registra un aumento (+3,8%) (tabella A6.8). Se si prende come punto di rife-rimento il 2004, anno in cui è intervenuto il cambiamento nella modalità di ri-levazione dei dati sulle forze di lavoro, il fenomeno di sostituzione di lavoro autonomo con quello dipendente si manifesta con costanza, segnalando un cambiamento strutturale nella composizione del lavoro agricolo. Nel corso de-gli anni precedenti è stato messo in evidenza come tali fenomeni vadano ri-condotti alla ristrutturazione delle aziende agricole, che si riducono di numero.

Si tratta di fenomeni di riorganizzazione dell’apparato produttivo, conseguente –––––––––

(5) Regione Emilia-Romagna, Il mercato del lavoro in Emilia-Romagna – Rapporto 2007, http://www.emiliaromagnalavoro.it/rapporto_lavoro_2007_1.htm

sia ai cambiamenti nella politica di sostegno settoriale -in particolare della po-litica comunitaria- sia all’impatto del fenomeno dell’invecchiamento dell’imprenditoria agricola, più volte evidenziato nel corso degli anni prece-denti.

Nel 2007 i dipendenti sono il 35% del totale, segnalando il fatto che l’impianto familiare dell’agricoltura regionale, che pur rappresenta un tratto significativo del settore, si mantiene grazie ad un crescente ricorso a lavoro sa-lariato. Questo aspetto, tuttavia, appare meno marcato rispetto alla media del Paese, dove l’incidenza del lavoro dipendente sul totale è nettamente più ele-vata (47,8%). In particolare è soprattutto nel Mezzogiorno che l’incidenza del lavoro dipendente è particolarmente elevata (60,3%), come conseguenza della prevalenza di indirizzi produttivi ad elevata intensità di lavoro, come nel caso delle produzioni ortofrutticole.

L’incidenza dell’occupazione agricola sul complesso è nella regione del 3,9% ed è uguale a quella media del paese; tuttavia nel caso dell’Emilia-Romagna si tratta di un’incidenza abbastanza elevata che segnala il manteni-mento di un assetto produttivo regionale dove l’agricoltura mantiene impor-tanza, nonostante i notevoli cambiamenti intervenuti nel corso del tempo e la flessione sensibile di occupazione settoriale.

A livello provinciale la flessione più consistente di lavoro si è registrata a Bologna, Ravenna e Piacenza ed ha interessato in particolare il lavoro autono-mo, che invece è apparso in aumento a Forlì-Cesena. L’aumento dei dipenden-ti, già evidenziato nell’analisi del complesso della regione, ha interessato in particolare Reggio Emilia e Bologna, mentre Ravenna è l’unica provincia dove si è segnalata una flessione (tabella A6.9).

Come è noto, a partire dal 2000 il monitoraggio dell’occupazione

femmini-Tabella 6.9 - Occupati dell’agricoltura in Emilia-Romagna, 2000-2007 (migliaia di unità)

Numero Variazione 1995=100

dipendenti indipendenti Anni

totale maschi totale maschi totale dipendenti indipendenti totale

2000 33 18 72 51 105 100 100 100

2001 35 21 66 47 101 106 92 96

2002 33 19 66 47 99 100 92 94

2003 31 17 62 45 93 94 86 89

2004 24 17 66 46 89 73 92 85

2005 25 17 58 42 83 76 81 79

2006 26 20 56 41 82 79 78 78

2007 27 19 50 36 77 82 69 73

Fonte: Istat.

le, al fine di migliorare il tasso di partecipazione e di occupazione delle donne, che nell’Unione europea è ritenuto troppo contenuto, è un elemento importan-te introdotto dalla straimportan-tegia di Lisbona. Rispetto a tale indicatore, in preceden-za si è visto che l’Emilia-Romagna presenta un buon andamento, avendo già raggiunto l’obiettivo di Lisbona (60% di occupazione). In proposito anche in agricoltura stanno avvenendo alcuni fenomeni positivi che segnalano una pre-senza più dinamica delle donne nel contesto occupazionale settoriale.

Già nell’anno precedente era stato evidenziato che nel corso del tempo è andata aumentando la presenza del lavoro delle donne anche nella gestione di-retta delle imprese, segnalando un ruolo più qualificato della presenza femmi-nile all’interno del panorama occupazionale e produttivo agricolo. Inoltre si era segnalato che l’interesse delle donne si sta orientando verso forme di im-prenditoria connesse ad una visione nuova dell’agricoltura, quale quella che fa capo all’attività agrituristica ed alla difesa ambientale. Secondo i dati di Unioncamere, nel 2007 la presenza femminile nell’imprenditoria si è rafforza-ta, segnalando un consolidamento della tendenza ad una presenza più qualifi-cata del lavoro femminile nello scenario occupazionale (tabella 6.10). Se nel complesso della regione il numero delle imprese si è ridotto rispetto all’anno precedente di circa 500 unità (-0,7%), le imprese condotte da donne, invece, hanno accresciuto il loro numero del +1,3%. L’incidenza delle imprese con-dotte da donne è quindi aumentata e rappresenta nel 2007 il 21,9% delle im-prese, con un incremento sensibile rispetto all’anno precedente, dove le donne rappresentavano il 18% delle aziende.

Va poi segnalato che vi è una sensibile crescita delle imprese femminili tra le società di capitali, che rappresentano forme di impresa più complessa e mo-derna: le società di capitali guidate al femminile sono infatti aumentate del +12,7% (Figura 6.2). Si tratta di un segnale positivo della riqualificazione

del-Tabella 6.10 – Imprese condotte per genere in Emilia-Romagna nel 2007

Condotte in prevalenza da

Femmine Totale Maschi e Femmine Tipi di imprese

Numero % Var. %

2007/2006 Numero %

Ditte individuali 14.841 24,1 +1,3 61.689 100 Società di capitali 97 13,8 +12,7 702 100 Società di persone 812 9,1 +0,4 8925 100 Cooperative e consorzi 34 5,1 -8,1 662 100 Totale imprese 15.789 21.9 +1,3 71.990 100 Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere.

la presenza femminile anche in forme di imprese complesse, anche se la loro presenza appare ancora abbastanza contenuta (13,8%). Infatti, nel complesso, la tipologia di impresa che domina il panorama delle imprese agricole della regione è la ditta individuale; questa forma di impresa è largamente prevalente anche tra la componente femminile.

Nelle pagine precedenti si è visto che il mercato del lavoro della regione è particolarmente teso e l’agricoltura, come molte altre attività, ricorre ormai da molti anni a lavoro immigrato, come d’altronde avviene anche a livello nazio-nale. Infatti, secondo l’ultima rilevazione che l’Inea conduce annualmente sull’impiego di extracomunitari in agricoltura, nel 2006 ha continuato ad au-mentare il ricorso ai lavoratori immigrati. Tuttavia, se a livello nazionale, l’incremento è stato rilevante, toccando l’8,1%, esso è stato ancora più signifi-cativo in Emilia-Romagna: qui il numero di immigrati occupati in agricoltura è raddoppiato rispetto all’anno precedente, con un incremento del 105,1% (ta-bella 6.11). Un aumento così significativo va trattato con cautela e certamente non riguarda un andamento congiunturale riferito al solo 2007; piuttosto un in-cremento di tale entità può segnalare una correzione nella stima conseguente o un miglioramento della rilevazione o una maggiore regolarizzazione di lavoro che è spesso non dichiarato.

Figura 6.2 - Società di capitale condotte da femmine nel 2007 per classi di dimensione eco-nomica in Emilia Romagna

0 10 20 30 40 50 60 70

fino a 250 m E. 250 - 500 m E. 500 m - 1 ml E.

1 - 2,5 ml E. 2,5 - 5 ml E. 5 - 10 ml E. più di 50 ml E.

Fatturato

Imprese 31/12/2007

31/12/2006

Fonte: elaborazione su dati Unioncamere.

Con l’ultimo incremento rilevato l’Emilia-Romagna è la terza regione ita-liana, dopo la Puglia ed il Veneto, per impiego di immigrati extracomunitari in agricoltura e concentra il 10,8% del totale nazionale. In proposito va tuttavia rilevato che per la regione non sono disponibili i dati relativi all’attività agritu-ristica, che farebbero ulteriormente lievitare i valori rilevati.

Il confronto tra i dati raccolti con l’indagine Inea e quelli dell’Indagine sul-le forze di lavoro dell’Istat può dare delsul-le indicazioni importanti sulla risul-levan- rilevan-za del fenomeno migratorio per l’attività agricola. Infatti, nel 2006 secondo l’Istat il lavoro dipendente agricolo in Emilia-Romagna era pari a 26.000 uni-tà, mentre secondo l’Inea erano 18.914 gli immigrati extracomunitari impiega-ti in agricoltura; la loro incidenza sul totale degli occupaimpiega-ti era del 23,2%, supe-riore a quella nazionale del 17,9% (tabella 6.12). Tuttavia, la maggior parte dei lavoratori stranieri in agricoltura ha un’occupazione dipendente. In propo-sito Unioncamere rileva che vi è in agricoltura una presenza di stranieri tra i ti-tolari delle imprese del Registro Imprese pari all’1%; quindi si tratta di valori alquanto limitati, anche se è comunque positivo il fatto che incominci a segna-larsi la presenza immigrata anche in tale ambito.

Se si tiene quindi conto del fatto che la maggior parte degli immigrati ha una occupazione dipendente, la loro incidenza su questo tipo di lavoro rag-giunge nel 2006 il 73,1%, contro la media nazionale del 37,1%. Anche se il confronto va fatto con cautela dato che si tratta di fonti diverse, che usano me-todologie di rilevazione differenti, l’entità del fenomeno è quanto mai signifi-cativa per la regione: la presenza degli immigrati è divenuto ormai l’elemento

Tabella 6.11 - Impiego per comparti degli extracomunitari in agricoltura in Emilia-Romagna nel 2006 Florovivaismo 620 7,1 1.739 9,7 12.538 8,3 14.795 9,2 Colture industriali 1.000 11,5 2.581 14,4 19.567 12,9 20.062 12,5

Altro - - 7.826 5,2 7.882 4,9

Totale (a) 8.680 100 17.866 100 151.201 100 161.077 100 Agriturismo e turismo

rurale - - 3.236 2,0 3.569 2,0

Trasformazione e

commercializzazione 420 4,6 1.048 5,5 8.137 5,0- 10.970 6,2 Totale 9.100 100 18.914 100 162.574 100 175.666 100 (a) valori stimati

Fonte: Elaborazione su dati Inea.

caratterizzante del mercato del lavoro agricolo, in particolare dipendente. Dato che in Emilia-Romagna il lavoro autonomo è in netta flessione ed il lavoro di-pendente è diventato sempre più importante per lo svolgimento dell’attività agricola, la presenza degli immigrati è ormai un elemento cruciale per il man-tenimento dell’attività agricola e, di conseguenza, del sistema agro-alimentare regionale.

L’afflusso di lavoratori immigrati è quindi un elemento molto importante per la regione. Rispetto all’anno precedente vi è stato un incremento del +10,1% di stranieri, uguale a quello registrato in media a livello nazionale (ta-bella A6.10). Nel corso dell’ultimo anno il maggiore incremento è avvenuto nelle province di Ferrara (+15,4%), Piacenza (+13,1%), Rimini (+12,9%), For-lì-Cesena (+12,4%) e Ravenna (+12,2%); tuttavia è nelle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia dove si concentra il maggior numero di immigrati (54,1% del totale regionale).

Per quanto riguarda l’impiego per tipo di attività, si rafforzano le caratteri-stiche già emerse nel corso degli anni precedenti: l’impiego maggiore è nelle operazioni di raccolta, dove prevale l’impiego stagionale, come nel caso delle produzioni arboree (43,2%), ortive (11,4%) ed al florovivaismo (9,7%) (tabel-la A6.11). Tuttavia va segna(tabel-lato il forte aumento nell’attività zootecnica, dove l’impiego di immigrati è quasi quadruplicato rispetto all’anno precedente, pro-babilmente per effetto della regolarizzazione, e concentra il 21,3% del totale.

Anche nelle colture industriali (14,4%) la presenza di questi lavoratori appare più che raddoppiata rispetto all’anno precedente.

Rispetto alle forme contrattuali, è in aumento il lavoro che ha un contratto regolare: questo rappresenta l’87,2%, mentre il lavoro informale sembra esser-si ridotto al 12,8%. Anche per quanto riguarda le retribuzioni vi è una netta prevalenza delle tariffe sindacali (84,3), in aumento rispetto all’anno preceden-te. D’altronde, date le caratteristiche del mercato del lavoro più volte messe in risalto, le imprese sono in forte concorrenza nel reperire manodopera; ciò

con-Tabella 6.12 - Rilevanza del lavoro immigrato in agricoltura (2006)

Occupati

ferisce un maggior potere negoziale ai lavoratori.

ferisce un maggior potere negoziale ai lavoratori.

Nel documento Rapporto 2007 (.pdf 3.0mb) (pagine 179-192)