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Lo “stato di salute” della PAC dopo la riforma del 2003

Nel documento Rapporto 2007 (.pdf 3.0mb) (pagine 50-53)

2.1. Lo scenario comunitario

2.1.2. Lo “stato di salute” della PAC dopo la riforma del 2003

La revisione di medio termine della PAC attuata nel 2003 (Mid term re-view) dal 2007 è già oggetto di una nuova revisione che dovrà concludersi nel 2008. Nelle intenzioni della Commissione si tratta di una verifica dello “stato di salute” della politica agricola (Health check), in realtà si è dato l’avvio ad una vera e propria riforma che dovrà essere attuata dopo il 2013. Inoltre, oc-corre tenere presente che parallelamente è già avviata la discussione sulla so-stenibilità finanziaria della PAC che si intreccia strettamente con la revisione del bilancio complessivo dell’Unione (Budget review) e del nuovo sistema di finanziamento da attuare entro il 2009. In questo ambito, quindi, si parla già di un eventuale cofinanziamento nazionale della PAC, come già avviene con le misure di sviluppo rurale, e dello spostamento delle risorse dal Primo pilastro (Premio unico e sostegno di mercato) al secondo Pilastro (misure di sviluppo rurale).

Le importanti proposte messe in campo dalla Commissione hanno preso avvio già da settembre 2007, riformulate nella Comunicazione della Commis-sione in preparazione alla “valutazione dello stato di salute della PAC riforma-ta, COM (2007) 722 def. - del 20 Novembre e ulteriormente modificate.

In realtà la discussione su quello che viene definito un Health check ha già evidenziato la rilevanza di alcuni di questi cambiamenti, a cominciare dalla procedura di “co-decisione” assegnata al Parlamento europeo, che potrebbe, fra l’altro, ridefinire gli stessi obiettivi della politica contenuti nel vecchio arti-colo 33 del Trattato di Roma del 1958. Infatti, non è un caso che le proposte della Commissione si soffermino su cambiamenti rivolti ad una “agricoltura più verde e al servizio della sicurezza alimentare”, che rendono più accettabile e giustificabile il sostegno all’agricoltura come salvaguardia delle risorse natu-rali e del paesaggio. La produzione di alimenti di qualità, maggiormente ri-spettosi della natura e che soddisfano le esigenze di sicurezza alimentare (pro-prietà igienico-sanitarie e disponibilità di alimenti), diventa uno degli obiettivi principali della politica agricola.

Un altro elemento importate riguarda la ricerca di un “finanziamento più trasparente e più equo” della attuale politica agricola. La semplificazione degli

aiuti trascina con se il completamento della riforma del 2003, con l’inglobamento di tutti gli aiuti alle aziende agricole nel Premio unico (disac-coppiamento), superando le attuali differenze di applicazione dei singoli Stati.

In questa direzione si sono mosse in questi mesi anche le riforme delle Orga-nizzazioni Comuni di Mercato (OCM), anche se prevedono periodi transitori e la definizione di una OCM unica che racchiude tutte le 21 OCM dei singoli settori e altri specifici regolamenti. Riguardo alle “Quote latte”, se ne prevede l’abolizione nel 2015. Fino a tale data è previsto un progressivo aumento del 2% per la campagna 2008-9 e dell’1% nei quattro anni successivi 2010-14. La revisione prevede inoltre l’eliminazione del set-aside obbligatorio tranne che per il grano panificabile.

Uno dei temi più scottanti in discussione riguarda però la maggiore equità che si vuole dare alla politica agricola e in particolare al sostegno agli agricol-tori attraverso il Premio unico. Infatti, come noto, questo premio è stato calco-lato sulla base del riferimento storico degli aiuti ricevuti in precedenza dai sin-goli agricoltori, nel periodo 2001-2003. In questo modo si sono consolidate le posizione e le perequazioni fra le diverse produzioni e tipologie aziendali. La maggiore equità nella distribuzione degli aiuti dovrebbe quindi passare attra-verso un sistema di “modulazione” che attenui il fatto che circa il 75% degli aiuti va oggi a poco più del 20% dei potenziali beneficiari. E’ curioso notare come lo stesso problema sia in discussione, nello stesso momento, anche negli Stati Uniti impegnati nel rinnovo del Farm Bill del 2002, dove la sperequazio-ne è ancora più forte a favore degli agricoltori più grandi ed efficienti (il 75%

degli aiuti va al 10% delle aziende) e a livello territoriale: il 50% degli aiuti va a soli otto Stati.

Le proposte della Commissione si sono ulteriormente precisate proprio per quanto riguarda la modulazione e lo spostamento di risorse dal primo al se-condo pilastro. In particolare, mentre era stata messa in discussione la proposta di una limitazione degli aiuti sia verso il basso, con una soglia minima, sia ver-so l’alto, con un tetto al premio unico, le proposte si stanno concentrando su altri due aspetti. Da un lato si propone l’aumento graduale della modulazione obbligatoria, a favore dei fondi per lo sviluppo rurale, del 2% all’anno dal 2009 al 2013. In tal modo, il livello si sposterebbe dall’attuale 5% al 13%.

Dall’altro, si prevede la riduzione aggiuntiva per i premi di maggiore rilevanza del 3% per i premi oltre 100 mila euro, del 6% per i premi oltre 200 mila euro e del 9% oltre i 300 euro. Da notare che le proposte esemplificative contenute nella comunicazione della commissione di novembre 2007 erano molto più in-cisive (10%, 25% e 45% di riduzione per gli stessi scaglioni di premi). I fondi aggiuntivi che si renderanno disponibili con questa modulazione aggiuntiva resteranno a disposizione dei singoli Stati membri, anche se non sono stati

an-cora definiti gli ambiti di utilizzazione, che possono andare da un ampliamento dell’applicazione dell’articolo 69 a misure anticrisi sia di mercato che di natu-ra mutualistica a livello territoriale e di filienatu-ra, ma anche derivanti da disastri naturali.

Una misura ancora molto discussa resta la possibilità degli Stati membri di passare dal calcolo dei premi su base storica, il sistema attuale, a un sistema di regionalizzazione con un premio unico uguale per tutti (ad ettaro) o con diffe-renziazioni regionali. Una prima esemplificazione a livello italiano indica un valore uniforme (flat) di poco più 330 euro per ettaro. Le misure di “regiona-lizzazione”, dovrebbero essere rivolte ad attenuare le differenze fra le regioni con maggiore presenza di seminativi e con un’agricoltura più produttiva.

Infine, ma non ultimo, il problema della collocazione ed affermazione dell’agricoltura europea nel mondo. Da un lato, l’affermazione di un modello di produzioni di qualità e con metodi più rispettosi della natura, richiede che queste caratteristiche del modo europeo di produrre vengano tutelate e valoriz-zate, non solo per il contributo che esse possono dare alla risoluzione di pro-blemi globali, come i cambiamenti climatici o l’utilizzazione di risorse in par-ticolare delle acque. Allo stesso tempo, la grande dimensione raggiunta sui mercati mondiali dall’Unione a 27 Paesi, impone una maggiore attenzione agli accordi multilaterali, ma anche l’esigenza di perseguire accordi con i paesi tra-dizionalmente legati all’Unione (ACP- Africani, Caraibici e Pacifico) e con i 50 paesi più poveri nell’ambito degli accordi EBA (Everything But Arms).

La complessità e vastità dei problemi sollevati da quello che viene definito un semplice Health check va ben oltre gli accordi che possono essere definiti entro il 2008, ed investe, come abbiamo detto, molte delle problematiche che andranno affrontate dopo il 2013, quando la revisione della politica agricola sarà di nuovo ai primi punti dell’agenda dell’Unione europea. Per giungere preparati a quell’appuntamento occorrerà affrontare e trovare soluzioni per numerose questioni, molte delle quali sono ancora latenti o rinviate, come, tan-to per ricordarne alcune, basta pensare al problema degli Organismi genetica-mente modificati, o a quella relativa all’utilizzazione a fini non agricoli (non solo energetici) dei prodotti o residui della produzione agricola e forestale.

Più grandi e rilevanti problemi si affacciano quindi all’attenzione delle future azioni di politica agricola, che devono perdere il loro carattere strettamente settoriale per collegarsi sempre più ad interventi che prendano in considera-zione in modo puntuale e mirato all’intero sistema alimentare con le sue nu-merose e diversificate filiere e realtà territoriali.

Nel documento Rapporto 2007 (.pdf 3.0mb) (pagine 50-53)