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CARATTERE E AZIONE

1. Compatibilismo e incompatibilismo

Nella contesa fra interpretazioni compatibiliste e incompatibiliste, si pone in ultima analisi la questione se sia possibile ascrivere a Kant una di queste due posizioni. Sem- brerebbe infatti che entrambe, per lo meno come sono definite nel contesto contempora- neo, soprassiedano a una distinzione essenziale alla filosofia trascendentale kantiana, precisamente quella tra «fenomeni» e «cosa in sé»1. L’enciclopedia filosofica definisce il compatibilismo come «la tesi che il libero arbitrio sia compatibile con il determini- smo»2, l’incompatibilismo come la tesi che lo nega. Entrambe le posizioni assumono come punto di partenza la verità del determinismo causale naturale (e si potrebbero ride- finire, in questo senso, rispettivamente come soft determinism e hard determinism)3. Nel primo caso, il concetto di libertà è semplicemente riformulato in funzione del determini- smo. Tali si potrebbero ritenere anche quei concetti di libertà che prevedono una forma di «indeterminazione», poiché questa consente di sottrarsi al determinismo, il quale ri- mane però l’unico modo di leggere l’esperienza. L’incompatibilismo nega, invece, ogni forma di libertà. Ora, sia il determinismo che l’indeterminazione presuppongono che la natura empirica sia qualcosa in sé. Sulla base di questo presupposto, la libertà – qualora la si ammettesse – dovrebbe potersi ricondurre in ogni caso alla causalità naturale, se mai significasse qualcosa: il compatibilismo sostiene che, facendo a meno di ogni ulte-

1 Cf. S. JOSIFOVIC, Willenstruktur und Handlungsorganisation in Kants Theorie der praktischen Frei-

heit, 306. L’inadeguatezza delle categorie di «compatibilismo» e «incompatibilismo» per il testo kantiano viene sostenuta anche da S. SHENGJIAN XIE, «What is Kant: a compatibilist or an incompatibilist? A new

interpretation of Kant's solution to the free will problem». La ragione sarebbe, per questo autore, che Kant prenda la libertà «as his starting point». Ivi, 68.

2 M. MC KENNA – D. J. COATES, «Compatibilism». Per un approfondimento sistematico di entrambe

le posizioni cf. M. DE CARO, Il libero arbitrio. Per una panoramica storico-filosofica sui problemi rappre-

sentati da queste posizioni, cf. inoltre M. DE CARO – M. MORI – E. SPINELLI, Libero arbitrio: storia di una controversia filosofica.

3 «Causal determinism is, roughly speaking, the idea that every event is necessitated by antecedent

riore costruzione di pensiero, la libertà umana si accordi perfettamente con la natura; l’incompatibilismo sostiene, invece, che la natura non lascia spazio per la libertà.

Se soprassedessimo alla distinzione tra fenomeni e cosa in sé, dovremmo considerare Kant nello stesso senso e nello stesso modo compatibilista e incompatibilista4. La prima interpretazione risulterebbe in qualche modo giustificata all’interno della filosofia prati- ca e in riferimento alla funzione del giudizio riflettente, la seconda farebbe leva sul re- quisito di una assoluta spontaneità. Propendere per l’una o per l’altra interpretazione, però, significherebbe fare una gerarchia delle diverse parti della filosofia kantiana5. Ammettendo invece una distinzione tra i fenomeni e le cose in sé – sia essa intesa come distinzione tra due realtà o tra due dimensioni della stessa realtà – bisognerebbe anche ammettere che: quant’è vero che siamo esseri spazio-temporali, altrettanto lo è che sia- mo capaci di una forma soltanto compatibilistica (ma non per questo riduzionistica) del- la libertà, che si esprime in un carattere empirico; quant’è vero, però, anche che, consi- derati in noi stessi, possiamo ritenerci come agenti razionali, dobbiamo assegnarci anche una facoltà di determinare la nostra volontà in base a principi non empirici e poter riferire questa capacità a un carattere intellegibile. In questo caso, interpretare Kant in senso compatibilistico o incompatibilistico significherebbe postulare la priorità del fe- nomeno sulla cosa in sé o, viceversa, quella della cosa in sé sul fenomeno: ma questo, almeno nella cornice del pensiero kantiano, non sembra essere possibile6. E, tuttavia, non è esattamente nello stesso senso e nello stesso modo che la posizione kantiana si considererebbe, in questo caso, compatibilista o incompatibilista.

È stato talvolta suggerito di interpretare la risoluzione della terza antinomia della ra- gion pura alla stregua di una «rivoluzionaria teoria della semantica»7. In questa prospet- tiva, i principi trascendentali dell’intelletto fornirebbero, come regole di un linguaggio, norme per l’applicazione di concetti all’esperienza. Posta la duplice natura, empirica e intellegibile, degli oggetti della conoscenza, si renderebbe necessaria una regola meta- linguistica che di volta in volta spiegasse il linguaggio dell’intelletto: nella risoluzione della terza antinomia della ragion pura, questa regola sarebbe attribuita alla ragione. Re- cuperando la distinzione carnapiana tra linguaggio e metalinguaggio, l’oggetto trascen- dentale costituirebbe così una variabile neutra, che potrebbe essere letta sempre solo in un modo in base al linguaggio adottato e sempre in entrambi i modi dal punto di vista del metalinguaggio. Tenendo presente che l’oggetto trascendentale costituisce per Kant

4 Shengjian Xie valorizza, ad esempio, la distinzione tra la causalità della libertà e i suoi effetti entro

la medesima realtà empirica. Cf. S. SHENGJIAN XIE, «What is Kant: a compatibilist or an incompatibilist? A new interpretation of Kant's solution to the free will problem», 75.

5 Così Shengjian Xie suggerisce, nel considerare la soluzione incompatibilistica la «the more accurate

description», una priorità della dimensione pratica su quella speculativa. Cf. S. SHENGJIAN XIE, «What is Kant: a compatibilist or an incompatibilist? A new interpretation of Kant's solution to the free will prob- lem», 53 e 70-1.

6 O meglio: una tale priorità, che Kant stesso sembra difendere nella Dottrina trascendentale del me-

todo, sarebbe giustificata – secondo Allison – oltre che all’interno di una interpretazione ontologica dell’idealismo trascendentale, anche all’interno di una interpretazione epistemologica dello stesso ma sol- tanto dal punto di vista deontologico: dal punto di vista ontologico, almeno per quest’ultima interpreta- zione, non vi sarebbe alcuna priorità del fenomeno sulla cosa in sé. Cf. I. KANT, Kritik der praktischen

Vernunft, 119-121. Cf. H. E. ALLISON, Kant’s transcendental idealism, 47-9.

7 W. M. HOFFMANN, «An interpretation of Kant’s solution to the third antinomy», 179. In questo sen-

so procede anche l’interpretazione di Hanna, che rintraccia in Kant le radici della filosofia analitica. Cf. R. HANNA, Kant and the foundation of analytic philosophy.

un oggetto problematico, la cui natura approfondirò in quanto segue e che, quindi, non si può parlare in alcun caso di variabile neutra, se non come un’ipotesi necessaria, poi- ché gli oggetti sono per noi qualcosa soltanto nella misura in cui ne facciamo qualche tipo di esperienza, pure questa traduzione semantica potrebbe tornare utile per com- prendere il rapporto tra la dimensione empirica e quella trascendentale, nonché la parità «ontologica» dei punti di vista teoretico e pratico.

Alla luce di quanto detto, è stato talvolta affermato che Kant dimostri «la compatibi- lità di compatibilismo e incompatibilismo»8, «compatibilità» essendo qui intesa nel sen- so letterale del termine. Ma a questo punto ci si potrebbe interrogare se valga ancora la pena di continuare a usare i medesimi termini di compatibilismo e incompatibilismo, pagando il prezzo di un’infinita serie di chiarimenti e delimitazioni; o non sia, piuttosto, da riconoscere come elemento specifico del contributo kantiano quello di proporre una lettura della realtà capace di mettere in discussione la terminologia standard nella quale essa viene descritta dal dibattito contemporaneo. In quanto segue, approfondisco la pos- sibilità di una interpretazione epistemologica dell’idealismo trascendentale, sulla base della quale è stato qui stabilito che Kant sia in un certo senso compatibilista e in un altro incompatibilista, ovvero che questi termini non si addicono alla posizione kantiana.