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LIBERTÀ E FACOLTÀ DELL’ANIMO

2. Sintesi e spontaneità

Nel paragrafo appena concluso, si è mostrata la corrispondenza che sussiste tra la co- stituzione di un oggetto dell’esperienza, nel giudizio, tramite le categorie e l’unità dell’appercezione, che caratterizza il soggetto pensante. Per concludere questo discorso, analizzerò, nel presente paragrafo, le nozioni, affini a quelle finora esplicitate, della «sintesi» giudicativa e della «spontaneità» del pensiero che la sintesi attesta.

Nella «deduzione metafisica» dei concetti puri dell’intelletto, il §10 dell’Analitica

trascendentale dedica al processo della «sintesi» uno spazio molto consistente11. Kant la definisce qui una «operazione» (A77/B103), il cui compito è quello di «aggiungere l’una all’altra le diverse rappresentazioni, e […] comprendere la loro molteplicità in

10 Cf. H. E. ALLISON, Kant’s transcendental deduction, 367-8. Questo secondo senso della validità

oggettiva si potrebbe considerare come la traduzione in senso trascendentale del concetto di verità. Sul ruolo della sensibilità e dell’intelletto nel garantire il riferimento all’oggetto cf. inoltre G. ZÖLLER,Theo-

retische Gegenstandsbeziehung bei Kant, 13-182.

11 Il tema della «sintesi» emerge sin dall’Introduzione alla prima Critica, che definisce i giudizi sinte-

tici come quelli in cui un predicato «B liegt ganz außer dem Begriff A, ob es zwar mit demselben in Ver- knüpfung steht». I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, A6/B10. In un giudizio di questo tipo, di conse-

guenza, «[ich] füge […] diese als Prädikat zu jenem Begriffe synthetisch hinzu». Ivi, A7/B12. Si tratta qui, a ben vedere, di un significato specifico della nozione di «sintesi», che si contrappone, come tale, a quella di «analisi»: la prima consente l’unificazione del molteplice, la seconda presiede alla formazione dei concetti. Questa distinzione compare già nel periodo pre-critico, sebbene Kant attribuisca in quella fa- se alla metafisica un metodo analitico e soltanto alla matematica e alla fisica un metodo sintetico. Cf. ID.,

Untersuchung über die Deutlichkeit der Grundsätze der natürlichen Theologie, KGS II, 276-8. La distin- zione tra i due metodi si rende, tuttavia, pienamente comprensibile soltanto nel contesto della logica tra- scendentale, che prende in considerazione i contenuti degli atti di pensiero oltre che la loro forma; diver- samente, nella prospettiva della logica generale è possibile parlare di un unico processo di connessione dei concetti, indipendentemente dalla relazione che sussiste tra questi ultimi. Kant torna, inoltre, su questa distinzione nella Critica del giudizio. Cf. ID., Kritik der Urteilskraft, KGS V, 197 nota; LVII nota. Nella lettura del §10 dell’Analitica attingo principalmente a H. E. ALLISON, Kant’s transcendental deduction,

un’unica conoscenza» (A77/B103). Nella sintesi il molteplice viene, cioè, «in certo mo- do attraversato, raccolto e connesso, perché se ne possa fare una conoscenza» (A77/B102). Tramite questa descrizione Kant si riferisce – come viene esplicitato qual- che pagina più avanti, entro la «deduzione trascendentale» – a ogni processo che, da un punto di vista trascendentale, si possa ritenere sintetico, «sia che ne siamo o no coscien- ti, e sia che si tratti di una congiunzione del molteplice dell’intuizione o di diversi con- cetti, e, nel primo caso, sia che si tratti del molteplice di un’intuizione sensibile che di quello di un’intuizione non sensibile» (B130). Queste successive coppie di opposizioni individuano due momenti fondamentali della sintesi trascendentale, cui il §10 dell’Analitica trascendentale ha soltanto accennato: quello puro e quello empirico12. Per iniziare dall’ultimo, si dice «empirico» quel generico processo sintetico, combinatorio del molteplice di un’intuizione sensibile, che sia cioè codificato entro le forme dello spazio e del tempo. A questo processo, che Kant definisce – nella seconda parte della «deduzione trascendentale» – come sintesi «figurata (synthesis speciosa)» (B151), pre- siede la facoltà dell’immaginazione, che Kant definisce – fin da subito – come una «funzione cieca13, sebbene indispensabile, dell’intelletto14, senza la quale non avremmo in assoluto alcuna conoscenza, ma della quale solo raramente siamo coscienti» (A78/B103). Di questo processo si parla, quindi, quando ci si riferisce alla «sintesi in generale» (ibidem). Intendendo, invece, il termine in senso più specifico, si dice «puro» quel procedimento sintetico che, riferendosi al molteplice di una «intuizione in genera- le» (B154), viene pensato tramite una categoria. Questo processo, che Kant definisce – nella seconda parte della «deduzione trascendentale» – sintesi «intellettuale (synthesis

intellectualis)» (B151), «spetta all’intelletto, ed è per mezzo di essa che l’intelletto ci

procura, per la prima volta, la conoscenza, nel senso proprio di questo termine» (A78/B103). Si tratta, in questo caso, ovviamente di un procedimento cosciente. Nel §10 dell’Analitica trascendentale Kant chiarisce che questo secondo tipo di sintesi «si basa sul fondamento dell’unità sintetica a priori» (A78/B104) e «sotto questo concetto […] diviene necessaria» (ibidem). Alla luce di quanto detto finora, sappiamo già quest’unità sintetica a priori coincidere con l’unità dell’appercezione la quale, in riferi- mento a un oggetto dell’esperienza, si articola tramite le categorie (è appunto all’introduzione di queste ultime, in riferimento alle forme logiche del giudizio, che mi- ra il §10 dell’Analitica). È, dunque, soltanto riferendosi a una sintesi «pura» che può avvenire anche quella empirica, nel contempo distinguendosi da un procedimento anali- tico. Nel §10 dell’Analitica trascendentale Kant dice anche di più, precisando che «prima di ogni analisi delle nostre rappresentazioni, queste ultime devono esserci già date, e nessun concetto può nascere analiticamente per quanto riguarda il suo contenu- to» (A77/B103). In altri termini, il procedimento analitico di formazione dei concetti – che Kant articola nelle Lezioni di logica in tre momenti: quello dell’astrazione, quello della comparazione e quello della riflessione (cf. KGS IX, 94-5) – e ogni ulteriore sinte- si giudicativa che su di esso si fonda presuppongono che almeno alcuni concetti siano dati, il che è possibile soltanto sulla base di un originario processo sintetico che ricon-

12 Come in molti altri casi entro il testo kantiano, anche in questo si parla di «momenti» logici e non

cronologici.

13 «Blind» erano state definite le intuizioni che non fossero guidate da alcun concetto, all’inizio della

Logica trascendentale. Cf. I.KANT, Kritik der reinen Vernunft, A51/B75.

duca determinate intuizioni sensibili sotto l’unità dell’appercezione15. Kant espliciterà più avanti che «se prima l’intelletto non ha congiunto qualcosa, non potrà poi neppure scomporlo, giacché è solo per il suo tramite che qualcosa di congiunto ha potuto essere dato alla capacità rappresentativa» (B130). In questo senso, l’appercezione costituisce la condizione ultima di ogni atto cognitivo, anche il più elementare. Per riassumere:

ciò che per prima cosa ci dev’essere dato, in vista della conoscenza a priori di tutti gli ogget- ti, è il molteplice dell’intuizione pura; la sintesi di questo molteplice mediante la facoltà di immaginazione è la seconda cosa, ma non ci dà ancora alcuna conoscenza. La terza cosa per poter giungere alla conoscenza di un oggetto che ci si presenti, è costituita dai concetti, i quali danno unità a questa sintesi pura: essi consistono unicamente nella rappresentazione di quest’unità sintetica necessaria, e si basano sull’intelletto (A78-9/B104).

Nella prima edizione della Critica, questi tre requisiti danno luogo a una triplice sin- tesi: la sinossi tramite i sensi, la riproduzione tramite l’immaginazione, la ricognizione tramite l’appercezione. Sono, infatti, tre le fonti della conoscenza che Kant reputa origi- narie: sensibilità, immaginazione e appercezione (cf. A94-5). Nella seconda edizione della Critica il filosofo descrive una polarizzazione tra sensibilità e intelletto, traducen- do la precedente tripartizione nella bipartizione tra sintesi empirica e sintesi pura16.

Il §15 dell’Analitica trascendentale connette al concetto della «sintesi» quello della «spontaneità». Ricettività e spontaneità costituiscono due modalità del conoscere. Le rappresentazioni date rivelano la facoltà del soggetto di essere affetto, cioè causalmente determinato, da qualcosa di indipendente dalle rappresentazioni stesse: è ciò che avvie- ne tramite la sensibilità nell’intuizione, che esprime così la ricettività del soggetto. Ciò non significa che le rappresentazioni date corrispondano ai meri dati sensoriali, ovvero che nella ricettività il soggetto sia del tutto passivo: Kant identifica nella sensibilità una

facoltà del soggetto – la quale presuppone, quindi, una attività – e precisamente quella

di essere affetto in un certo modo. Ogni rappresentazione presuppone, pertanto, una mi- sura di spontaneità17. Non possiamo, infatti,

15 Ancora una volta, si tratta di un ordine logico e non cronologico. Così anche nel resto di questo pa-

ragrafo.

16 Questo cambiamento avviene soprattutto a spese dell’immaginazione, la quale sembra perdere la

propria autonomia e divenire una funzione dell’intelletto insieme all’appercezione. Essa conserva, tutta- via, una duplice funzione. Così, nel §24 dell’Analitica, tra la sintesi figurata e la sintesi intellettuale Kant ne ammette un terzo tipo, consistente nella «transzendentale Synthesis der Einbildungskraft». I.KANT, Kritik der reinen Vernunft, B151. Quest’ultima sarebbe la sintesi empirica, considerata nella sua dimen- sione categoriale. In altri termini, nella seconda edizione della Critica, l’immaginazione esercita una auto- affezione, tramite la quale il soggetto recepisce nella dimensione temporale della propria coscienza il molteplice intuito nel tempo e nello spazio. Su questo aspetto della transizione dal 1781 al 1787 cf. H. J. DE VLEESCHAUWER, La déduction transcendentale dans l'oeuvre de Kant, 240-1. Tutto ciò confer- ma la profonda integrazione fra le facoltà, che non è da meno di quella tra i processi di analisi e di sintesi.

17 È Kant stesso a incoraggiare una comprensione della sensibilità nella sfera della passività del sog-

getto, fornendo una connotazione riduttiva delle rappresentazioni date (cf. «bloß […] nichts als», I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, B129). Nello stesso passaggio, Kant descrive la sensibilità come «die Art […], wie das Subjekt affiziert wird». Ibidem, [corsivo mio]. Sebbene, cioè, la materia delle rappresen- tazioni sia sempre fornita dall’esterno, la forma spazio-temporale attraverso la quale tale materia viene percepita costituisce un contributo epistemico originale da parte del soggetto. La discussione di questo problema è strettamente legato al «problema dell’affezione», sollevato a partire dai primi interpreti di Kant (ad es. Jacobi). Se, infatti, si presuppone un qualcosa di diverso da un fenomeno, presumibilmente un noumeno, che eserciti sul soggetto un’attività, bisognerebbe ammettere e spiegare anche la relazione

rappresentarci nulla di congiunto nell’oggetto senza averlo prima congiunto noi stessi, e […] fra tutte le rappresentazioni la congiunzione è l’unica che non può essere data dagli oggetti, ma può essere eseguita soltanto nel soggetto stesso, giacché essa è un atto della spontaneità del soggetto (B130).

La congiunzione – considerata come atto e come prodotto – di un molteplice nella rappresentazione, ovvero la rappresentazione di un molteplice in quanto tale, presuppo- ne non soltanto che un soggetto venga affetto, secondo le forme pure dell’intuizione, da qualcosa, ma anche che egli effettivamente congiunga questo molteplice, ovvero se lo rappresenti come tale: e, nella misura in cui non dipende dalla sensibilità, la capacità di congiungere o rappresentativa presuppone «un’operazione dell’intelletto che in generale potremmo denominare sintesi» (B130). Intesa in ogni sua possibile accezione, ogni pro- cedimento sintetico e ogni suo prodotto epistemico presuppongono sempre un contribu- to dell’intelletto e quindi la spontaneità del soggetto pensante.

Secondo il filosofo, inoltre, ogni rappresentazione implica non soltanto l’affezione e un atto di sintesi, ma anche la rappresentazione di questo atto unitario, ovvero l’unità di quest’ultima rappresentazione: esplicitando quanto anticipato nel §10, «congiunzione è rappresentazione dell’unità sintetica del molteplice» (B130-1). Trattandosi qui di un processo sintetico a priori, poiché si sta parlando della sintesi che rende possibile la rap- presentazione di un molteplice in quanto tale, l’unità che lo caratterizza dovrà essere ri- conducibile alla spontaneità del pensiero come condizione della sua operatività e non come conseguenza di quest’ultima, nel qual caso costituirebbe un prodotto contingente e a posteriori, contraddicendo in questo modo anche la natura della sintesi cui presiede. Per questa ragione essa «non è […] la stessa cosa della categoria di unità» (B131), che va intesa in senso quantitativo (cf. B114) ma esprime un’unità superiore, da intendersi «in senso qualitativo» (B132): si tratta infatti dell’unità della coscienza, nella quale le diverse funzioni del giudizio e, corrispondentemente, i concetti puri dell’intelletto tro- vano fondamento. In questo modo, il discorso conduce quasi naturalmente dalla cono- scenza alla «coscienza» (B131 nota) e la riflessione sulla sintesi e sulla spontaneità al ruolo dell’appercezione: nel paragrafo successivo, l’appercezione è definita un «atto della spontaneità» (B132). La spontaneità è, cioè, il tratto caratteristico dell’appercezione, nella misura in cui quest’ultima costituisce la condizione ultima di ogni sintesi oggettiva nel giudizio18.