CARATTERE E AZIONE
1. Natura e libertà come idee regolative, secondo Lewis White Beck
1.4. Soluzione al problema della «libertà trascendentale»
Alla luce di quanto detto, il peso maggiore del problema individuato dalla terza anti- nomia della ragion pura si scarica sulla seconda analogia dell’esperienza che, se intesa come principio costitutivo dell’esperienza, solleverebbe l’antitesi e costringerebbe – se- condo Beck – a una soluzione ontologica dell’antinomia, tramite la «disperata»21 teoria dei due mondi. Beck non sembrerebbe qui fare differenza tra il principio trascendentale dell’intelletto in quanto tale, ovvero la seconda analogia dell’esperienza, e l’estensione di esso all’infinito, che all’intelletto viene prescritto dalla ragione. La soluzione prospet- tata è, così, quella di reinterpretare la seconda analogia dell’esperienza.
Nei §§69-76 della Critica del Giudizio (KGS V, 385-404) Kant presenta ancora un’antinomia tra il giudizio riflettente di tipo teleologico e la spiegazione meccanica della natura, che – secondo Beck – suggerirebbe una similitudine con la prima Critica. Il paragone sarebbe consentito, oltre che dalla forma antinomica, dall’affinità tra princi- pi trascendentali dell’intelletto e spiegazione meccanica della natura, oltre che tra il
18 Nel commento, la spontaneità è definita: «freedom as an actor-concept».L.W. BECK, A commen-
tary on Kant’s Critique of Practical Reason, 194. Sulla prospettiva dello spettatore: «Someone can e- xplain to me the causal grounds on which he had already in advance foreseen what my decision was going to be». Anche nella prima persona, come spettatori di sé stessi: «Post factum I can be a fatalist a- bout what I have done». ID., «Five concepts of freedom in Kant», 39. La distinzione tra la prospettiva
dell’attore e quella dello spettatore viene sintetiamente chiarita ivi, 29-37. Cf. inoltre ID., The actor and
the spectator.
19 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 40. 20 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 40. 21 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 45.
pensiero della causalità mediante libertà e il giudizio riflettente di tipo finalistico. Il primo rapporto si può ricondurre a quello tra principi trascendentali dell’intelletto e leg- gi empiriche. Secondo Beck, la stessa «seconda analogia dell’esperienza sarebbe inter- pretata da Kant, nella terza Critica, come una massima metodologica o un postulato»22. Ciò sarebbe vero, come già detto, solo se il principio trascendentale dell’intelletto fosse lo stesso che la sua infinita estensione a opera della ragione. A mia comprensione, que- sta confusione – come si è accennato all’inizio – riposerebbe su un’ambiguità del termi- ne «esperienza»: mentre Kant intenderebbe ora l’esperienza in senso trascendentale, ov- vero le condizioni di possibilità di una cognizione in generale, ora l’esperienza in senso empirico, ovvero le singole cognizioni della natura, Beck interpreterebbe in entrambi i casi l’esperienza come lo stesso. In questa prospettiva, Kant modificherebbe la propria concezione della seconda analogia dell’esperienza considerandola nella prima Critica un principio costitutivo dell’esperienza (considerata in senso empirico, non trascenden- tale) e nella terza Critica un principio regolativo, ovvero una massima del giudizio d’esperienza (ovvero dei singoli giudizi che formuliamo nella spiegazione della natu- ra)23. Beck osserva giustamente che la funzione regolativa non è una novità della terza
Critica, ma compare già nella Dialettica trascendentale entro la risoluzione
dell’antinomia per designare il ruolo di secondo ordine della ragione rispetto all’uso empirico dell’intelletto. Come si chiarisce nell’Appendice alla Dialettica trascendenta-
le, Kant attribuisce infatti all’infinita estensione della serie causale naturale il ruolo di
un principio regolativo per l’indagine scientifica, mentre la causalità mediante libertà costituisce, a ben vedere, un’idea regolativa sui generis poiché introduce a un ordine trascendentalmente diverso, cioè quello pratico (A554/B582). La riflessione elaborata a partire dalla Dialettica trascendentale, in particolare il ruolo regolativo attribuito al principio dell’infinita estensione della serie causale naturale, non sembra però compro- mettere in alcun modo il ruolo costitutivo dei principi trascendentali dell’intelletto, compresa la seconda analogia dell’esperienza. Ciò perché la distinzione tra regolativo e costitutivo si riferisce all’uso dei principi, non al loro significato: il medesimo principio, quello della causalità naturale, è inteso come costitutivo dell’esperienza nella seconda analogia, ove si riferisce trascendentalmente all’ambito dei fenomeni, mentre è inteso in senso regolativo quando, per mezzo della ragione, viene esteso all’infinito. Beck, che riconosce prontamente il ruolo regolativo attribuito alla causalità mediante libertà fin dalla prima Critica, sembra tuttavia trascurare che Kant attribuisce lo stesso all’infinita estensione della serie causale naturale, forse perché, ritenendo che l’antitesi della terza antinomia e la seconda analogia dell’esperienza si riferiscano allo stesso ambito, do- vrebbe concludere che l’attribuzione ad esse di un ruolo prima costitutivo e poi regola- tivo darebbe luogo a una contraddizione. La terza Critica costituirebbe per Beck un cambiamento di prospettiva, secondo il quale si potrebbe considerare ognuno dei prin- cipi come «regolativo, ovvero costitutivo nel suo proprio regno»24.
Si fa avanti in questo modo il quinto e ultimo significato della libertà (e della natura):
quello «come postulato»25. Da una parte avremmo infatti una massima per la spiegazio-
ne scientifica delle azioni umane (prospettiva dello spettatore): «nelle scienze naturali,
22 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 44. 23 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 45. 24 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 46. 25 L.W. BECK, «Five concepts of freedom in Kant», 44.
cerca sempre cause naturali e, nella spiegazione dei fenomeni, non ammettere cause non naturali». Dall’altra avremmo un postulato per la valutazione etica ciascuno delle pro-
prie azioni (prospettiva dell’attore): «Agisci come se la massima della tua volontà fosse
una condizione sufficientemente determinante per l’azione decisa», rispetto al quale il postulato per la valutazione etica delle azioni degli altri sarebbe garantito solo come co- rollario: «Giudica come se la massima della volontà fosse una condizione sufficiente- mente determinante per l’azione in questione»26. Sfortunatamente, almeno negli studi dedicati a Kant, l’interprete manca di giustificare, avendo attribuito il principio dell’agire libero al punto di vista della prima persona, come si possa passare, nel giudi- zio morale, dalla prima alla terza persona, ovvero come l’attribuzione di una azione alla libertà del volere possa pretendere una validità intersoggettiva.