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La compensazione verticale: riporto in avanti e riporto all’indietro

1. P REMESSA

2.3. S ULLE MODALITÀ DI UTILIZZO DELLE PERDITE FISCALI

2.3.1. La compensazione verticale: riporto in avanti e riporto all’indietro

Si ha compensazione verticale quando la perdita relativa ad un periodo d’imposta è utilizzata in diminuzione del reddito relativo ad un altro periodo d’imposta, anteriore o successivo. Come si è avuto modo di osservare in precedenza, parlando in generale del riporto, tale modalità di utilizzo delle perdite fiscali attiene alla dimensione temporale del reddito, in quanto mira ad adeguarlo quanto più possibile a quello effettivamente conseguito dal contribuente, in un arco temporale più ampio del singolo periodo d’imposta.

Nell’ambito di tale modalità di impiego della perdita è possibile distinguere tra il riporto all’indietro (c.d. “carry-back”) e il riporto in avanti (c.d. “carry-forward”), a seconda che il reddito diminuito dalla perdita riportata è relativo ad un periodo d’imposta, rispettivamente, anteriore o successivo rispetto a quello a cui si riferisce la perdita.

(280) ZIZZO G., Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 938.

Il riporto all’indietro e quello in avanti, sebbene siano esattamente speculari tra loro, essendo identici nella loro finalità ma diversi solo nella direzione in cui operano, trovano un diverso riconoscimento da parte degli ordinamenti tributari (281). Ed infatti se, da un lato, il riporto in avanti è presente nella stragrande maggioranza di essi (282), anche se con taluni temperamenti quantitativi o temporali, dall’altro lato il riporto all’indietro è presente solo in taluni ordinamenti e con forti delimitazioni temporali (283).

Alla base di tale circostanza vi sono ragioni sia di cautela fiscale che di ordine prettamente economico.

A questo proposito appare interessante richiamare le argomentazioni formulate in passato da una parte della dottrina degli Stati Uniti, circa l’opportunità di mantenere l’istituto del carry-back nell’ordinamento di questo Stato (284). In particolare, tale dottrina

(281) Per un esame comparato dell’adozione degli istituti in esame si veda nella dottrina nazionale: UCKMAR V.,Il conflitto fra la vita delle imprese e la tassazione annuale dei loro redditi, in Dir. Prat. Trib., 1951, I, pag. 213; CROXATTO G.C., Divergenze tra reddito contabile e reddito fiscale di impresa: una comparazione con le legislazioni straniere, in AA.VV., Problemi societari e fiscali di attualità. Scritti in memoria di Luigi Antonelli, Milano, 1974, pag. 263; BURGIO M., Il regime fiscale secondo le proposte di armonizzazione delle Comunità Europee, in Il Fisco, 1984, fasc. 39, pag. 5193; GARBARINO C.,Riporto delle perdite e disciplina antiabuso: profili comparatistici e di analisi economica, cit., pag. 648; ZIZZO G., Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 929. Nella dottrina internazionale: MICHELSEN A., Tax treatment of corporate losses, in IFA Cahiers de droit fiscal international Volume LXXXIIIa, The Hague, 1998; STALS K.P.E., The Tax Treatment of Corporate Losses: A Comparative Study, in Intertax, 2012, vol. 40, fasc. 4, pag. 232;

(282) Ad esempio, nell’ambito dell’Unione Europea a 27 Stati, il riporto in avanti delle perdite è ammesso senza limiti di tempo nei seguenti ordinamenti: Austria, con un limite quantitativo del 75 per cento dell’imponibile, Cipro, che fino al 2002 prevedeva un limite di cinque anni, Danimarca, Francia, con un limite quantitativo pari al sessanta per cento dell’imponibile per i redditi sopra il milione di Euro, Irlanda, Malta, Slovenia, Svezia, Norvegia.

Prevedono invece un limite temporale al riporto delle perdite: Bulgaria, cinque anni, Finlandia, dieci anni, Grecia, cinque anni, Polonia, cinque anni con un limite quantitativo pari al cinquanta per cento dell’importo della perdita, Slovacchia, 7 anni.

(283) Ad esempio, nell’ambito dell’Unione Europea a 27, il riporto all’indietro delle perdite fiscali è ammesso nei seguenti ordinamenti: Francia, un anno (fino al 2011 tre anni), Irlanda, un anno in caso di attività continuative, tre anni per quelle saltuarie, Olanda, 3 anni solo per il 2009 e il 2010.

(284) Come rilevato da UCKMAR V., Il conflitto fra la vita delle imprese e la tassazione annuale dei loro redditi, cit., pag. 215, il riporto all’indietro delle perdite, nel limite di tre anni, era presente nell’ordinamento degli Stati Uniti d’America già a partire

riteneva che il riporto all’indietro (i) favorisce le imprese già affermate a danno di quelle di nuova costituzione, (ii) rappresenta una forma di «loss insurance», per mezzo del quale lo Stato si fa carico delle perdite di esercizio derivanti da spese imprudenti o eccessive, (iii) costituisce un ostacolo alla naturale tendenza del capitale ad evitare le industrie in perdita, (iv) crea complicazioni amministrative che non sussistono nel caso di riporto in avanti (285).

Anche nell’ambito della dottrina italiana non sono mancate posizioni critiche rispetto all’introduzione del riporto all’indietro, laddove è stato osservato come detto riporto «non è scevro di inconvenienti,

non potendosi, ad esempio, applicare alle perdite delle imprese appena sorte ed inoltre comportando … la restituzione di imposte già percette da parte dello Stato» (286). E’ stato inoltre sostenuto che il riporto all’indietro rappresenta una «complicazione difficilmente sopportabile,

contrastando con l’esigenza di rapidità e di certezza nella definizione dei rapporti tributari» e che, «implicando la restituzione di imposte già pagate», potrebbe costituire «un elemento di instabilità nei conti pubblici» (287). Inoltre, è stato affermato che il riporto all’indietro non offre garanzie circa la redditività delle attività in relazione alle quali verrebbe riconosciuto, con la conseguenza che esso potrebbe essere concesso anche a favore di attività che non hanno prospettive di ulteriori sviluppi. Sotto tale punto di vista, il riporto all’indietro potrebbe trovare applicazione soprattutto in relazione ad attività che proprio perché non hanno futuri redditi da compensare si vedono costrette a ricorrere a quelli pregressi. In altri termini, «se un’impresa recupera le

imposte all’indietro significa infatti che non è in grado di recuperarle negli anni successivi e vi è quindi una forte probabilità che non sia più

«dal 1921 al 1932 … nel 1932 tale periodo fu introdotto a due anni e dal 1933 non fu più permessa alcuna compensazione. In seguito alle continue e vivaci critiche della più autorevole dottrina nel 1942 fu stabilito che in caso di perdita “such net operating loss shall be a net operation loss carry-back for each of the two preceding taxable years”».

(285) Cfr. COBAU O.,Aspetti fiscali nella determinazione del reddito d’impresa, in Dir. Prat. Trib., 1974, vol., I, pag. 313.

(286) Così, POMINI, R. Sull’imposizione degli utili d’impresa, 1954, anno XIII, vol. XIII, I, pag. 408.

(287) Si veda la dottrina richiamata da CROVATO F., L’imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, Padova, 1996, pag. 36.

capace di produrre utili. E se poi la società fallisse e le perdite fossero fasulle, non ci sarebbe modo di recuperare le imposte rimborsate» (288).

D’altro canto, vi è chi ritiene che il riporto all’indietro abbia effetti positivi anche dal punto di vista economico, per il fatto che esso (i) avrebbe un maggior effetto anticiclico consentendo di poter godere dei «rimborsi nei periodi di recessione», (ii) consentirebbe alle imprese meno affermate e patrimonializzate di sopravvivere più facilmente nei periodi di perdite, (iii) renderebbe di fatto privi di ragione eventuali comportamenti elusivi posti in essere, mediante l’esecuzione di operazioni straordinarie, al solo scopo di utilizzare le precedenti perdite (289).

Ciò posto, si ritiene che il riporto all’indietro, sebbene rappresenti allo stesso tempo un fattore di rischio per le esigenze erariali e un fattore di complessità per l’attività di controllo dell’Amministrazione Finanziaria, non può essere tuttavia negato alla radice, soprattutto se si limita contestualmente il diritto al riporto in avanti. Ed infatti, negando il riporto all’indietro e limitando a pochi periodi d’imposta quello in avanti, si restringe il periodo di osservazione del reddito con la conseguenza che tale reddito risulterà più lontano da quello effettivo del contribuente.

Per la medesima ragione, il riporto all’indietro dovrebbe essere accordato senza indugio al termine dell’esistenza dell’impresa, dato che in tale evenienza non risulta più possibile ricorrere al riporto in avanti.

Da ultimo si osserva che i limiti quantitativi e temporali al riporto, in avanti e all’indietro, delle perdite fiscali sono utilizzati dai governi degli Stati per attuare politiche di bilancio pubblico (290), soprattutto per controbilanciare la riduzione delle aliquote nominali. Non sono mancati, inoltre, casi in cui tali politiche sono state ispirate dall’intento di favorire le imprese in momenti di particolare congiuntura economica negativa.

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