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Il periodo d’imposta

1. P REMESSA

1.2. L A DIMENSIONE TEMPORALE DEL REDDITO NELLA PROSPETTIVA TRIBUTARIA

1.2.3. Il periodo d’imposta

Sulla base delle considerazioni sopraesposte può dirsi, dunque, che la dimensione temporale del tributo periodico è costituita dal lasso di tempo assunto a riferimento per stabilire l’imposta ciclicamente dovuta.

Per tale ragione, la legge tributaria, al pari di quella civile che impone alle persone giuridiche e agli imprenditori commerciali di ripartire la gestione in esercizi e di rendere conto dei risultati conseguiti in ciascuno di essi, impone la suddivisione (della durata complessiva del presupposto, secondo l’impostazione tradizionale) in periodi di tempo che, in genere, corrispondono all’anno solare, per le persone fisiche, e all’esercizio sociale, per le persone giuridiche (69).

Tale suddivisione determina un’evidente discrasia tra la prospettiva economico-aziendale e quella tributaria. Come si è già avuto modo di osservare in precedenza, secondo i canoni economico-aziendali i fatti di gestione, compiuti nell’intero arco vitale dell’impresa, sono considerati nella loro inscindibile unità e globalità e, pertanto, il reddito di impresa ha un senso e un autentico significato solo allorquando si identifica con il reddito totale. Senonché, tale prospettiva, pur essendo perfettamente valida e coerente in termini economici, non risulta idonea a soddisfare le menzionate esigenze erariali. Ed infatti, lo Stato non può attendere che la liquidazione dell’imposta sul reddito sia rinviata alla fine del ciclo di produzione. Da qui, quindi, la necessità di definire anche per le imprese un periodo di tempo, più ristretto rispetto al ciclo produttivo, su cui commisurare periodicamente il prelievo: il periodo d’imposta. Quest’ultimo è il periodo di commisurazione dell’imposta (70) e allo stesso tempo il periodo di tempo per il quale l’imposta è dovuta (71).

(69) A questo riguardo si veda RUSSO P.,Manuale di diritto tributario, Milano, 1999, ed. III, pag. 140, secondo cui il carattere non istantaneo ma indefinito del presupposto «induce il legislatore, per ovvi motivi, a ripartire il presupposto in una pluralità di frazioni, rapportandole ad intervalli temporali predeterminati che sogliono designare con il nome di periodi di imposta, ad ognuno dei quali corrisponde una distinta ed autonoma obbligazione».

(70) A questo proposito si ricorda che secondo una tradizionale ripartizione rinvenibile anche in QUARTA O.,Commento alla legge sulla imposta di r. m., Milano, 1920, pag. 142, nell’ambito dell’imposizione sul reddito è possibile distinguere tra:

a) il periodo di produzione del reddito;

b) il periodo di commisurazione del tributo, il reddito prodotto nel quale viene assunto come parametro per una tassazione del reddito prodotto in un periodo ad esso (immediatamente o meno) seguente;

La dottrina concepisce in vario modo il periodo d’imposta, definendolo come «quel dato tempo in cui si collocano i fatti imponibili

che nel loro quantum accertato vengono assunti come base per il calcolo di una imposta» (72), «l’unità temporale presa in considerazione

della legge» (73) per l’individuazione del reddito, «la dimensione

temporale della fattispecie imponibile» (74), «il segmento temporale in

cui isolare, ai fini della imposizione periodica, il continuo dell’attività produttiva di reddito imponibile» (75), «un elemento intrinseco alla

definizione del reddito complessivo, dal momento che discrimina gli addendi che concorrono a formarlo» (76), oppure come «lo strumento

c) il periodo di riscossione del tributo.

(71) Secondo GRANELLI A.E., Disposizioni sulla determinazione della base imponibile ai fini della imposta sul reddito delle persone giuridiche, in Dir. Prat. Trib., I, 1973, pag. 1140, secondo cui sarebbe lo stesso concetto di reddito «in quanto ricollegantesi alla nozione del ‘flusso’» a comportare una «imprescindibile determinazione temporale: infatti, la quantità di ricchezza che si è aggiunta al patrimonio di un determinato soggetto è determinabile soltanto rispetto a un dato periodo, cristallizzando, per così dire, le situazioni a due diversi momenti del tempo, nel cui confronto si evidenzieranno le variazioni (positive o negative) intervenute nel patrimonio stesso. Da ciò l’esigenza, insita in qualsivoglia tributo sul reddito, di fissare un ‘periodo d’imposta’». Nella dottrina più recente si veda, MANZONI I., VANZ G., Il diritto tributario, II ed., Torino, 2008, pag. 207, secondo cui la costruzione del periodo d’imposta è non altro che «una mera finzione giuridica, una creazione del legislatore, frutto di scelte politiche dettate unicamente da esigenze pratiche d’ordine fiscale».

(72) Così, ANTONINI E., Concetto ed evoluzione normativa del periodo d’imposta, in Giur. Cost., 1961, anno VI, pag. 572. La medesima definizione è rinvenibile in MICHELI G.A.,TREMONTI G.,voceObbligazioni (dir. trib.), in Enciclopedia del diritto, XXIX, Milano, 1979, pag. 418, secondo cui «il presupposto dei tributi che … si dicono periodici … è tradizionalmente qualificato come un insieme di fatti racchiusi in un certo àmbito temporale che è detto “periodo d’imposta”, dotati di una precisa ed esclusiva attitudine a definire il criterio di determinazione dell’imponibile, e dunque l’an ed il quantum debeatur».

(73) Così, FANTOZZI A.,Il diritto tributario, Torino, 2003, pag. 800.

(74) Così, TESAURO F.,Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale, II, Torino, pag. 2323.

(75) Così, DE MITA E.,Principi di diritto tributario, cit., pag. 140.

(76) Così, CARINCI A., Il fattore temporale nell’imposta sui redditi: tra disciplina e definizione delle ipotesi categoriali e del reddito complessivo, in Riv. Sc. Fin. Dir. Fin., I, vol. LIX, 2000, pag. 660. Dal punto di vista normativo quanto fin ora considerato è tradotto in termini positivi nella disposizione contenuta nell’art. 76 del TUIR, laddove è previsto che «l’imposta è dovuta per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma salvo quanto stabilito negli articoli 80 e 84», e cioè salvo quanto stabilito in tema di crediti di imposta e riporto delle perdite fiscali.

per localizzare e circoscrivere nel tempo le situazioni di fatto che la legge considera rivelatrici di capacità contributiva» (77).

Altri invece attribuiscono al periodo d’imposta una «funzione

ontologica» essenziale, sostenendo che esso qualifica il presupposto.

In particolare, tale funzione è essenziale in quanto «qualora mancasse

la determinazione temporale non sarebbe concepibile il presupposto: il periodo d’imposta rappresenta un elemento imprescindibile per la sua realizzazione» (78), intesa come elemento di qualificazione del presupposto. Secondo tale orientamento, quindi, il reddito è definibile come il periodo di produzione del reddito imponibile. Tale periodo rappresenta non tanto un periodo storico al di là del quale assume rilevanza il reddito complessivo nella vicenda acquisitiva del prelievo diretto, bensì l’intervallo temporale (in termini di durata) cui si deve aver riguardo per la compiuta determinazione del presupposto, che è una situazione di fatto rappresentata dal reddito che si prolunga nel tempo.

Al di là delle diverse formule definitorie utilizzate in dottrina, agli effetti della nostra indagine rileva la circostanza che una volta che si è assunto il tributo periodico come il tributo destinato ad essere applicato ad intervalli ciclici, il periodo d’imposta deve essere considerato come l’intervallo di tempo in relazione al quale ripetere le rilevazioni del presupposto piuttosto che come il mezzo per selezionare e isolare taluni fatti imponibili per distinguerli da altri (79).

(77) Così, TABELLINI P.M., L’imposta sul reddito delle persone giuridiche, Milano, 1977, pag. 252.

(78) Così, INGROSSO M.,Il credito d’imposta, Milano, 1984, pag. 39.

(79) Cfr. RUSSO P.,FRANSONI G.,I limiti oggettivi del giudicato nel processo

tributario, cit., pag. 875 e FRANSONI G., Giudicato tributario e attività

dell’amministrazione finanziaria, cit., pag. 292. Sulle giustificazioni alla base dell’adozione del periodo d’imposta si veda FICARI V., Reddito di impresa e programma imprenditoriale, Padova, 2004, pag. 203, il quale, nello spiegare la scelta di delimitare gli «effetti reddituali dei comportamenti dell’imprenditore … nella grandezza rappresentata dal periodo d’imposta», afferma che tale scelta «risponde a diverse esigenze», e cioè quella di «tradurre in misure oggettive la capacità contributiva di un soggetto (imprenditore)», quella di «garantire alla finanza statale una quantità di concorso alle spese pubbliche soddisfatta», nonché quella di garantire «controllo, certezza e stabilità del rapporto tributario». Il medesimo A. osserva, inoltre, che «il frazionamento in esercizi annuali così come la corrispondenza, sotto il profilo fiscale, di ogni esercizio ad un periodo d’imposta, per quanto ispirati a criteri di semplicità, devono, però, condurre ad un risultato non disaggregato ma unitario, il quale, a sua volta, deve permettere di definire in termini complessivi uno stesso fenomeno in un rapporto equilibrato tra la dimensione progettuale ed esecutiva del programma e del periodo d’imposta».

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