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La rilevanza delle perdite fiscali per le attività che fruiscono di

1. P REMESSA

3.3. P ROFILI SISTEMATICI DELLE PERDITE D ’ IMPRESA NELL ’IRES

3.3.3. La rilevanza delle perdite fiscali

3.3.3.1. La rilevanza delle perdite fiscali per le attività che fruiscono di

Come si è già avuto modo di rilevare, il secondo periodo del comma 1 dell’art. 83 del TUIR stabilisce la regola secondo cui per le «attività che fruiscono di un regime totale o parziale di detassazione del

reddito» la perdita assume rilevanza «nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi».

Sotto il profilo sistematico tale regola rappresenta l’attuazione, nell’ambito della disciplina delle perdite fiscali, del principio di inerenza sancito dal comma 5 dell’art. 109 del TUIR, secondo cui «le spese e gli

altri componenti negativi … sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi». Ed infatti, coerentemente con tale principio, la disposizione di

cui al secondo periodo del comma 1 dell’art. 84 del TUIR impedisce che le perdite, relative al periodo d’imposta in cui l’impresa ha fruito di detassazione del reddito, possano ridurre i redditi di successivi periodi, per un importo pari a quello dei redditi che hanno fruito di tale detassazione (416). Tuttavia, rispetto al comma 5 dell’art. 109 del TUIR, la disposizione in esame sembra operare in una prospettiva più ampia del singolo periodo d’imposta e del singolo componente di reddito (417).

(415) Così, ASSONIME, circ. 31 maggio 2007, n. 31.

(416) Cfr. ZIZZO G.,La determinazione del reddito delle società, cit., pag. 286. Tale finalità emerge anche dalla relazione di accompagnamento della Legge Finanziaria 2008, laddove si legge che la norma in esame introduce un «criterio di simmetria tra imponibilità del risultato positivo (reddito) e deducibilità del risultato negativo (perdita)».

(417) Secondo STEVANATO la disposizione sembra «superare il principio di autonomia dei periodi d’imposta e … considerare l’arco temporale in cui opera l’agevolazione come un unico “maxi-periodo”, trasformando le perdite dei singoli esercizi in una sorta di micro-componenti negativi da portare a diretta riduzione del coacervo di redditi che fruiscono dell’esenzione». Pertanto, secondo tale A., «se si considera l’arco pluriennale agevolato come un unico maxi-periodo, le perdite fiscali conseguite nel maxi-periodo si comportano come “componenti negativi” relativi al

Sempre sul piano sistematico può osservarsi come la regola in esame rappresenta la conferma della tesi – qui condivisa – secondo cui la perdita costituisce anch’essa reddito, sebbene di segno opposto a quello imponibile. Ed infatti detta regola, prevedendo che le «perdite

fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi», stabilisce un’assimilazione, in valore

assoluto, della perdita al reddito.

Restando sul piano sistematico, occorre valutare l’impatto della regola in esame rispetto alle conclusioni cui erano giunte in passato la dottrina e l’Amministrazione Finanziaria, circa l’utilizzabilità delle perdite fiscali conseguite da imprenditori cui fanno capo gestioni sia esenti che imponibili. In particolare, nell’interpretare il previgente art. 52, comma 2, del TUIR (418), secondo cui «nella determinazione degli utili netti non si

tiene conto delle perdite relative ai cespiti che fruiscono di esenzione»,

era stato sostenuto che tale disposizione se, da un lato, non consentiva di dedurre i costi relativi a ricavi non imponibili, dall’altro lato non escludeva la possibilità di utilizzare la perdita relativa alla gestione esente in diminuzione dei redditi relativi alla gestione imponibile, nell’ambito della determinazione del reddito complessivo dell’imprenditore (419). Ebbene, la regola introdotta al secondo periodo

norme in materia di inutilizzabilità delle perdite in presenza di esenzioni del reddito o dell’utile, in Dial. Dir. Trib., 2007, fasc. 4, pag. 547).

(418) Secondo l’ASSONIME la disposizione di cui al secondo periodo del comma 1 dell’art. 83 del TUIR «sembra rimettere in discussione» e «in qualche modo sovvertirne la portata» del principio secondo cui la perdita relativa alla gestione esente è utilizzabile in diminuzione dei redditi relativi alla gestione imponibile. In particolare, secondo tale associazione, «la disposizione nella sua formulazione letterale», come stabilita dalla Legge Finanziaria 2007, «si preoccupa solo di limitare il riporto a nuovo della perdita, consentendolo in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un risultato imponibile positivo». Pertanto, sembrerebbe che il legislatore abbia «preso in considerazione» il caso «di un’impresa commerciale esercente un’unica attività fruente di esenzione parziale», per la quale «le eventuali perdite derivanti da tale attività sono riportabili in compensazione dei risultati positivi e parzialmente imponibili della medesima attività relativi al quinquennio successivo, in proporzione alla misura di imponibilità accordata ai redditi dell’attività in questione», mentre sembrerebbe non aver contemplato «l’ipotesi … di un’impresa che abbia sia una gestione produttiva di redditi esenti che una gestione i cui risultati sono imponibili: ipotesi, questa, da cui nasce, … la problematica della compensabilità o meno dei risultati positivi e negativi delle due gestioni» (così, circ. n. 31 del 2007 cit.).

(419) In passato l’Amministrazione Finanziaria ha avuto modo di chiarire che le perdite che «si sono generate in periodi d’imposta in cui la società usufruiva dell’esenzione totale del reddito sono interamente riportabili nei periodi d’imposta successivi ed utilizzabili nei limiti del quinquennio previsto dall’art. 102 del TUIR». In

del comma 1 dell’art. 83 del TUIR sembra negare tale utilizzabilità laddove, nell’escludere la rilevanza della perdita derivante dall’attività esente, ne impedisce l’utilizzo in diminuzione degli altri redditi del contribuente.

Passando all’analisi del contenuto della disposizione in esame, si evidenzia anzitutto il riferimento alle «attività» (420), assente nella disposizione introdotta al previgente secondo periodo del comma 1 dell’art. 84 del TUIR che si riferiva invece ai «soggetti». Il riferimento alle attività è di notevole importanza sul piano delle conseguenze applicative della regola in esame, in quanto consente di contenere l’agevolazione alla sola attività esente, sterilizzando la rilevanza della perdita fiscale in misura corrispondente ai redditi derivanti da tale attività (421). Pertanto, nel caso in cui l’impresa eserciti una sola attività,

particolare l’Amministrazione, pronunciandosi in ordine alla possibilità di utilizzare le perdite «in compensazione nei periodi d’imposta in cui la società ha evidenziato un utile d’esercizio, che non ha dato luogo ad un reddito complessivo imponibile per effetto dell’esenzione totale dell’IRPEG», ha chiarito che se «il reddito complessivo imponibile … usufruisce dell’esenzione totale … non si creano i presupposti per l’utilizzazione delle perdite dei periodi d’imposta precedenti» e che, pertanto, le perdite «potranno essere riportate integralmente e, alla scadenza dell’agevolazione, utilizzate in diminuzione del reddito complessivo del periodo d’imposta 2002 e nei successivi per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile, sempre nei limiti temporali previsti dall’art. 102 del TUIR (cinque anni a decorrere dall’esercizio in cui la perdita si è generata)» (così, ris. 15 maggio 2003, n. 108/E).

(420) Con riguardo alla precedente formulazione della norma, l’ASSONIME aveva ritenuto che il legislatore avesse «preso in considerazione» il caso «di un’impresa commerciale esercente un’unica attività fruente di esenzione parziale» per la quale «le eventuali perdite derivanti da tale attività sono riportabili in compensazione dei risultati positivi e parzialmente imponibili della medesima attività relativi al quinquennio successivo, in proporzione alla misura di imponibilità accordata ai redditi dell’attività in questione», mentre sembrerebbe aver non contemplato «l’ipotesi … di un’impresa che abbia sia una gestione produttiva di redditi esenti che una gestione i cui risultati sono imponibili: ipotesi, questa, da cui nasce, … la problematica della compensabilità o meno dei risultati positivi e negativi delle due gestioni».

(421) Secondo l’esempio elaborato da MICHELUTTI R.,Profili elusivi del riporto delle perdite nel consolidato fiscale e nella trasparenza, in AA.VV., Elusione ed abuso del diritto tributario, a cura di G. Maisto, collana Quaderni della Rivista di Diritto Tributario, 2009, Milano, pag. 146, nota 22, si pensi «al caso di una impresa armatoriale che esercita parzialmente la sua attività mediante utilizzo di navi iscritte nel Registro internazionale il cui reddito, ai sensi dell’art. 4 D.L. 30 dicembre 1997, n. 457 … concorre in misura pari al 20 per cento a formare il reddito complessivo assoggettabile a IRES. Nel caso in cui l’utilizzo di tali navi dia luogo a perdite, anziché ad utili, in base al disposto dell’articolo 83 TUIR, esse saranno rilevanti solo nei limiti del 20 per cento a prescindere dalla circostanza che si traducano in perdite di

che fruisce di un regime di parziale esenzione del reddito, le perdite derivanti da tale attività assumono rilevanza e possono essere utilizzate in diminuzione dei redditi parzialmente imponibili di tale attività in proporziona alla quota di imponibilità applicabile in presenza di un risultato positivo. Nel caso in cui l’impresa svolge più attività, alcune delle quali imponibili e altre che fruiscono di un regime di parziale esenzione, è possibile utilizzare le perdite delle attività parzialmente esenti con i redditi di quelle imponibili, ma solo in misura parziale, e cioè nella stessa misura in cui sarebbe stato tassato il risultato positivo (422).

Tuttavia, le suddette conseguenze applicative possono divenire irragionevoli laddove la regola in esame impedisce alle perdite del periodo d’imposta, in cui è fruita la detassazione, di ridurre l’imponibile dei periodi d’imposta successivi, per un importo superiore a quello dei redditi che hanno goduto della detassazione stessa (423). Ed infatti, non essendovi alcun legame tra l’importo della perdita riportabile e l’entità dei redditi ammessi in concreto a fruire dell’agevolazione, la disposizione produce l’effetto di trasformare l’agevolazione in una penalizzazione (424), in quanto determina la tassazione di imponibili che, in assenza dell’esenzione, avrebbero potuto essere diminuiti delle perdite fiscali. A questo proposito è stato osservato che, nel caso in cui la perdita si riferisca ad un’attività che fruisce di un regime di esenzione totale dei redditi, la suddetta perdita non assumerà più rilevanza agli

esercizio da riportare a nuovo o siano assorbite nel medesimo periodo di imposta da utili derivanti da altre attività».

(422) Cfr. REBECCA G.,ZANNI M.,Perdite fiscali. Guida Operativa, Milano, 2012, pag. 38.

(423) Cfr. ZIZZO G.,La determinazione del reddito delle società, cit., pag. 286. (424) Cfr. STEVANATO D., Prime riflessioni sulle nuove norme in materia di inutilizzabilità delle perdite in presenza di esenzioni del reddito o dell’utile, in Dial. Dir. Trib., 2007, fasc. 4, pag. 545, il quale, con riferimento alla previgente disposizione contenuta nell’art. 84, comma 1, del TUIR, ha osservato come «non è affatto chiara la ratio della disposizione che finisce per penalizzare quei soggetti che, potendo beneficiare di un regime di esenzione del reddito, si trovano invece a conseguire delle perdite» e che essa «sembra quasi una legge del contrappasso, per cui si fa “pagare caro” un regime di esenzione concesso per ragioni di volta in volta prescelta dal legislatore … negli esercizi in cui tale regime non sarà più operante … E’ come se le perdite fossero “segregate”, e potessero essere utilizzate soltanto per diminuire i redditi esenti (che peraltro, in quanto tali, non hanno alcun bisogno di essere diminuiti dalle perdite». L’A. pone in evidenza non solo che la disposizione prescinde dalla effettiva fruizione del regime di esenzione, ma produce effetti distorsivi tanto nel caso in cui tale fruizione sia effettiva quanto nel caso nel caso in cui sia solo potenziale.

effetti fiscali, ancorché intacchi il capitale investito nell’attività di impresa agevolata e, dunque, «ancorché … l’imprenditore non solo non ritragga

risultati positivi dall’attività agevolata ma veda, piuttosto, “falcidiato”, dai risultato negativi di gestione, l’investimento “a richiesta” effettuato» (425). Sempre sul piano dell’analisi della disposizione in esame, si possono formulare due osservazioni con riguardo all’agevolazione che dà luogo all’irrilevanza della perdita, e cioè al regime di «parziale o

totale detassazione del reddito».

La prima osservazione è che l’agevolazione deve necessariamente riguardare il periodo d’imposta cui si riferisce la perdita (426). Tuttavia, non è necessaria la concreta fruizione di tale agevolazione (427).

La seconda osservazione è che il secondo periodo del comma 1 dell’art. 84 del TUIR, contrariamente alla sua previgente formulazione che faceva testuale riferimento ai regimi di «esenzione totale o parziale

del reddito», nella sua attuale formulazione sembra riferire

l’agevolazione che dà luogo all’irrilevanza della perdita non solo ai regimi di esenzione. In particolare, il riferimento alla «detassazione» contenuto nella disposizione vigente potrebbe essere indicativo della volontà del legislatore di includere altre forme di agevolazione come, ad esempio, quella accordata dall’art. 5, commi da 1 a 3-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla decreto-legge 3 agosto 2009, n. 102 (c.d. “Tremonti-ter”), che consente di escludere dall’imposizione sul reddito d’impresa un importo pari al 50 per cento del valore degli investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, infatti, tale agevolazione «consiste in una detassazione dal reddito di impresa» (428). Tuttavia, l’inclusione di forme di detassazione diverse dall’esenzione, nell’ambito di applicazione della norma in esame, appare incoerente sotto il profilo sistematico. Ed infatti le disposizioni di cui all’art. 84, comma 1, del TUIR, pur avendo la medesima ratio di

(425) Così, ASSONIME, circ. 31 maggio 2007, n. 31.

(426) In questo senso, STEVANATO D., Prime riflessioni sulle nuove norme in materia di inutilizzabilità delle perdite in presenza di esenzioni del reddito e dell’utile, in Dial. Dir. Trib., 2007, fasc. 4, pag. 546.

(427) In questo senso, STEVANATO D., Prime riflessioni sulle nuove norme in materia di inutilizzabilità delle perdite…, cit., pag. 546.

quella di cui all’art. 83 del TUIR, tuttavia si riferiscono all’esenzione e non alla detassazione (429).

Non dovrebbero rientrare nel concetto di detassazione, rilevante agli effetti della disposizione in esame, quelle forme di non imposizione accordate per ragioni sistematiche, come, ad esempio, quella prevista nell’ambito della participation exemption.

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