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L’esclusione del riporto delle perdite fiscali in caso di

1. P REMESSA

3.3. P ROFILI SISTEMATICI DELLE PERDITE D ’ IMPRESA NELL ’IRES

3.3.4. Il riporto delle perdite fiscali

3.3.4.3. L’esclusione del riporto delle perdite fiscali in caso di

Nel capitolo precedente si è già avuto modo di rilevare che il riporto delle perdite, per poter assolvere alla propria funzione di elemento di commisurazione del reddito d’impresa su base pluriennale, presuppone la continuità del soggetto e dell’attività economica da cui le derivano perdite, posto che da tale attività scaturiscono i redditi che il soggetto può diminuire dell’importo delle perdite stesse. Da tale

(446) Così, ris. 13 dicembre 2012, n. 129/E.

(447) Cfr. REBECCA G.,ZANNI M.,Perdite fiscali. Guida Operativa, Milano, 2012, pag. 40.

(448) Tale considerazione sembra trovare una indiretta conferma nella citata risoluzione n. 129/E del 2010, con cui l’Agenzia delle Entrare ha chiarito, tra l’altro, che «nel modello di dichiarazione relativo al periodo d’imposta» in perdita «il contribuente indicherà direttamente l’importo relativo alla perdita fiscale riportabile nei periodi d’imposta successivi» già ridotta dell’ammontare degli utili esenti.

considerazione si desume che laddove la predetta continuità viene meno perché la perdita, che ha assunto rilevanza in capo ad un soggetto in relazione ad una determinata attività, è utilizzata in diminuzione dei redditi conseguiti da un altro soggetto in relazione ad un’altra attività, la funzione del riporto delle perdite è distorta.

Per questa ragione l’ordinamento guarda con sfavore a tutti quei casi in cui il riporto delle perdite è impiegato non già come correttivo della suddivisione in periodi d’imposta, bensì per conseguire un indebito vantaggio fiscale consistente nell’utilizzo di perdite altrui. Tali casi sono riconducibili al fenomeno comunemente denominato, con accezione negativa, come “commercio delle perdite” oppure commercio delle “bare fiscali”, per il fatto che esso si manifesta in relazione a quelle imprese che non solo sono titolari di perdite fiscali pregresse, ma, al contempo, sono oramai inidonee ad esprimere una potenzialità (rectius, vitalità) reddituale e produttiva, capace di assorbire le predette perdite (449). In particolare, l’assenza di tale potenzialità economica è ritenuta una circostanza idonea a presumere che eventuali operazioni straordinarie, riguardanti tali soggetti, siano poste in essere al solo scopo di conseguire i predetti indebiti vantaggi, in quanto dette operazioni comportano modificazioni e compenetrazioni soggettive e, dunque, una commistione o un trasferimento di situazioni tributarie soggettive, tra le quali rientra anche il diritto al riporto delle perdite. E’ questo il motivo per il quale legislatore tributario ha previsto, nell’ambito della disciplina riguardante le operazioni straordinarie (450), specifiche regole che subordinano il trasferimento delle perdite alla circostanza che l’impresa che ne è titolare presenti una vitalità idonea ad escludere che l’operazione sia posta in essere al solo scopo di consentire l’utilizzo delle sue perdite ad un altro soggetto.

Tuttavia, l’ordinamento guarda con sfavore anche alle ipotesi in cui le perdite, pur rimanendo formalmente in capo al medesimo soggetto giuridico, sono trasferite ad un soggetto economicamente

(449) Il fenomeno è ben descritto da CROVATO F., Riporto delle perdite ed operazioni straordinarie, in AA.VV., La fiscalità delle operazioni straordinarie d’impresa, a cura di R. Lupi e D. Stevanato, Milano, 2002, pag. 609, il quale osserva come «il mercato delle perdite può tranquillamente essere realizzato senza che sia necessario ricorrere ad operazioni di fusione o scissione. Difatti anche il conferimento, in una società con perdite, di aziende redditizie, ovvero l’acquisto di “bare fiscali” e la canalizzazione su di esse di operazioni redditizie, consentono di raggiungere il medesimo obiettivo».

diverso rispetto a quello in capo al quale esse hanno assunto rilevanza, attraverso un mutamento della compagine sociale del soggetto giuridico titolare delle perdite stesse. In questo caso, dal momento che le perdite restano formalmente in capo allo stesso soggetto, la reazione dell’ordinamento è attuata non già limitando il trasferimento delle perdite, come accade nell’ambito delle operazioni di fusione e scissione, bensì negando direttamente il diritto al riporto delle perdite.

E’ questa la ratio del comma 3 dell’art. 84 del TUIR, il quale subordina il riporto delle perdite al ricorrere di due condizioni, complementari tra loro, reputate dallo stesso legislatore indicative della non coincidenza economica tra il soggetto in capo al quale hanno assunto rilevanza le perdite e quello a beneficio del quale dovrebbe operare il riporto di tali perdite. In particolare, secondo la predetta disposizione, il riporto delle perdite è escluso allorquando «la

maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo» e, inoltre,

«venga modificata l’attività principale in fatto esercitata nei periodi

d’imposta in cui le perdite sono state realizzate» (451). Pertanto, la disposizione è volta a scongiurare gli effetti elusivi sottesi al fenomeno dell’acquisizione di società dotate di perdite riportabili, al solo fine di conferirvi aziende che, pur svolgendo un’attività di diversa natura, siano tuttavia portatrici di utili da compensare con le suddette perdite (452).

Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la prima delle suddette condizioni, che si ha quando il trasferimento delle partecipazioni della società che riporta le perdite dà luogo nei confronti dell’acquirente all’acquisizione del controllo della società stessa, si realizza tanto «nel

caso di trasferimento di un pacchetto di per sé di controllo», quanto

(451) In passato, la dottrina aveva osservato che il verificarsi delle suddette condizioni fosse idoneo a precludere non solo il riporto delle perdite ordinarie riportabili nel limite del quinquennio, ma anche il riporto delle perdite illimitatamente riportabili relative ai primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione (cfr. Assonime, circ. 27 maggio 1998, n. 42). Tale interpretazione deve ritenersi ancora valida anche a seguito della novella recata dal decreto-legge n. 98 del 2011, che, da un lato, ha eliminato il limite quinquennale al riporto delle perdite e, dall’altro lato, ha limitato l’utilizzabilità delle perdite ordinarie all’80 per cento del reddito del periodo d’imposta.

«nel caso in cui l’acquisizione del controllo avvenga a seguito di

integrazione della partecipazione già posseduta» (453).

Inoltre, detto controllo può realizzarsi non soltanto mediante il trasferimento della proprietà della partecipazione, ma anche mediante altri tipi di negozi giuridici come, ad esempio, il trasferimento dell’usufrutto della partecipazione stessa, e ciò in considerazione «dell’ampia formulazione della norma che, con riferimento

all’acquisizione della maggioranza delle partecipazioni, usa la locuzione “comunque acquisita”». Pertanto, come osservato dalla dottrina,

l’acquisizione della maggioranza delle partecipazioni che danno diritto di voto nelle assemblee ordinarie si verifica anche per effetto della sottoscrizione di un aumento di capitale sociale da parte della società che riporta le perdite (454). Inoltre, dal momento che la norma spiega efficacia anche nel caso in cui il trasferimento della partecipazione avvenga solo temporaneamente, devono ritenersi inclusi tra i negozi che possono comportare il trasferimento della maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto anche il riporto, il contratto di pronti contro termine e di prestito titoli (455).

Per quanto attiene alla condizione della modifica dell’attività principale, da intendersi come «l’attività che sulla base di riscontri

fattuali risulti quantitativamente superiore, con riferimento ai ricavi, ad altre comunque svolte dalla società ceduta o trasferita» (456), il

(453) Così, Min. Fin., circ. 19 dicembre 1997, n.320/E. In dottrina, in senso conforme a tale conclusione si esprime, ASSONIME, circ. 27 maggio 1998, n. 43; BEGHIN M., Operazioni di riorganizzazione delle attività produttive, in AA.VV., Commento agli interventi di riforma tributaria, a cura di M. Miccinesi, Padova, 1999, pag. 427, secondo cui «è corretto affermare che la maggioranza del capitale sociale con diritto di voto non deve essere l’oggetto della cessione, ma può anche emergere mediante l’integrazione di una partecipazione già posseduta». In senso contrario, ZIZZO G.,Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, in Rass. Trib., 2008, fasc. 4, I, pag. 953, il quale ritiene che «per contrastare l’artificioso frazionamento dell’acquisizione, attualmente è disponibile la richiamata clausola antielusione, la quale potrebbe essere utilizzata dall’Amministrazione finanziaria, laddove sia possibile ravvisare un loro collegamento, per saldare i diversi atti in un’unica operazione. Per il futuro, l’inconveniente potrebbe essere superato con un intervento sulla disposizione, in guisa da stabilire che, ai fini della verifica della condizione in esame, si debbano consolidare tutti gli atti di acquisto compiuti entro un certo lasso di tempo, ad esempio nell’arco di dodici mesi».

(454) Cfr. LEO M.,Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 2010, tomo II, pag. 1448.

(455) Cfr. LEO M.,Le imposte sui redditi nel testo unico, cit., pag. 1449. (456) Così, circ. n. 320/E del 1997 cit.

medesimo comma 3 dell’art. 84 del TUIR individua un periodo temporale di osservazione nell’ambito del quale verificare la sussistenza della predetta condizione, ove statuisce che «la modifica

dell’attività assume rilevanza se interviene nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori». Pertanto, assumendo quale punto di

riferimento l’attività principale in fatto svolta al momento in cui ha assunto rilevanza la perdita, concorrono a realizzare la condizione in esame le variazioni intervenute nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento o dell’acquisizione, anche a titolo temporaneo, i due periodi di imposta anteriori a quello del trasferimento, oppure i due periodi di imposta successivi a quello del trasferimento (457).

Accanto alle suddette condizioni, il legislatore ha posto una specifica esimente che fa salvo il riporto delle perdite nel caso in cui il soggetto giuridico che ne è titolare non si trova in uno stato di decozione (458). In particolare, la ratio di tale esimente è di delimitare l’applicazione della disciplina antielusiva in esame alle sole operazioni che danno luogo ad un commercio di bare fiscale, garantendo il riporto delle perdite nei confronti di quelle società che presentavano, prima del trasferimento delle loro partecipazioni, un’idoneità produttiva e reddituale prospettica. Tale idoneità deve essere verificata attraverso alcuni parametri contabili ed extracontabili, in parte analoghi a quelli stabiliti nell’ambito della disciplina in tema di fusione e scissione (459).

A questo proposito va osservato che l’utilizzo dei medesimi parametri contabili ed extracontabili nell’ambito sia della disciplina in

(457) Così, circ. n. 320/E del 1997 cit.

(458) In particolare, ai sensi della lett. b) del comma 3 dell’art. 84 del TUIR, il riporto è consentito quando «le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori».

(459) Analogamente a quanto previsto in tema di fusioni e scissioni, l’art. 84, comma 3, del TUIR, prevede inoltre che il riporto è ammesso a condizione che dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento delle partecipazioni risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 del cod. civ., superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

tema di mutamento della compagine sociale che in tema di fusioni e scissioni si spiega con la circostanza che entrambe le discipline hanno la medesima finalità antielusiva che è quella di contrastare il trasferimento del diritto al riporto delle perdite. Tuttavia, mentre nel caso delle fusioni e scissioni il trasferimento considerato è quello che interviene tra soggetti giuridicamente distinti, nel caso di mutamento della compagine sociale detto trasferimento interviene tra soggetti economicamente distinti (460). La comune finalità antielusiva di ambedue le menzionate discipline differenzia la limitazione da esse prevista da quella operante nei confronti delle perdite maturate prima dell’opzione per il consolidato. Ed infatti, nel primo caso si tratta di una limitazione antielusiva che sterilizza il trasferimento del diritto al riporto delle perdite in relazione ad operazioni che normalmente darebbero luogo a legittime compensazioni intersoggettive (461), nel secondo caso, invece, si tratta di una limitazione strutturale volta ad impedire il verificarsi di compensazioni intrasoggettive in relazione a casi nei quali tali compensazioni risulterebbero asistematiche (462).

Tuttavia, allo stato della vigente normativa, pur condividendo la medesima finalità antielusiva, i parametri contabili ed extracontabili contemplati dalla disciplina in tema di mutamento della compagine sociale presentano significative differenze rispetto a quelli previsti nell’ambito della disciplina in tema di fusioni e scissioni.

(460) Cfr. A questo riguardo l’ASSONIME osserva come le operazioni che il comma 3 dell’art. 84 del TUIR intende colpire sono evidentemente quelle in cui «l’utilizzo intersoggettivo delle perdite viene realizzato attraverso il compimento di atti collegati … che producono, sott’altra veste giuridica, il medesimo effetto intersoggettivo delle operazioni di fusione e scissione consistente nella possibilità di compensazione delle perdite di una società con gli utili di un’azienda o attività appartenente ab origine ad altro soggetto; e, in particolare, tali operazioni alternative conseguono questo effetto senza subire, anzi eludendo in un certo senso, i test di vitalità e di patrimonio netto indicati nell’art. 172, comma 7, del TUIR per le fusioni e nel comma 10 dell’art. 173 del medesimo Testo Unico, per le scissioni».

(461) Sulla ratio del limite al riporto delle perdite in caso di fusioni e scissioni, si veda, tra gli altri, ANDRIOLA M.,Perdite maturate nel gruppo e limiti al riporto in sede di fusione, in Dial. Dir. Trib., 2005, fasc. 3, pag. 389; BARBIERI L.,STEVANATO D.,Dubbi infondati in tema di disapplicazione dei limiti al riporto delle perdite in caso di fusione, in Dial, Dir. Trib., 2004, fasc. 5, pag. 647.

(462) Cfr. ZIZZO G.,Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 950, secondo cui «la logica delle regole in materia di mutamento del controllo, di scissione e di scissione è … quella di porre degli argini ad eventuali strumentalizzazioni del riporto».

In primo luogo, infatti, in caso di fusione e scissione i suddetti parametri assumono una diversa valenza in quanto operano in funzione di un limite quantitativo, quello del patrimonio netto, e non già di un’esimente come nel caso del comma 3 dell’art. 84 del TUIR (463). Inoltre, quest’ultima disposizione prevede anche un parametro aggiuntivo, stabilendo che il diritto al riporto delle perdite non è precluso se le partecipazioni sono relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità. Peraltro, in dottrina è stata messa in dubbio l’idoneità dei suddetti parametri ad individuare i fenomeni che la disciplina in esame mira a contrastare, posto che, da un lato, il numero dei dipendenti è un dato dimensionale che nulla di per sé dice rispetto alla vitalità economica dell’impresa, e, dall’altro lato, la flessione dei ricavi e delle spese di lavoro subordinato possono essere indicativi di una situazione di crisi dell’attività economica ma non necessariamente della sua definitiva decozione (464). Per questa ragione da più parti è stata auspicata la revisione dei parametri in questione (465).

In secondo luogo, in caso di fusione e scissione il riporto delle perdite è subordinato al limite quantitativo del patrimonio netto, il quale

(463) Cfr. CROVATO F., Riporto delle perdite ed operazioni straordinarie, in AA.VV., La fiscalità delle operazioni straordinarie d’impresa, a cura di R. Lupi e D. Stevanato, Milano, 2002, pag. 616.

(464) Cfr. ZIZZO G.,Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 949. Nello stesso senso, GARBARINO C., Riporto delle perdite ed elusione, in Riv. Dir. Trib., 2001, I, pag. 123; ANDRIOLA M.,Limiti al “commercio delle perdite” nel passaggio dall’Irpeg all’Ires: stabilità e mutamento delle strategie di pianificazione fiscale, in Rass. Trib., 2005, fasc. 3, pag. 792; LAROMA JEZZI P.,Il riporto delle perdite pregresse tra norme antielusive “speciali” e “generali”, in Rass. Trib., 2002, fasc. 1, pag. 200,il quale, a sua volta, osserva che «il primo problema … è che quei parametri, non solo possono essere mal congegnati, ma soprattutto sono per loro natura rigidi e, quindi, non consentono di discriminare quelle condotte che, pur essendo “tipiche”, nel caso concreto sono nondimeno assistite da valide ragioni economiche e, quindi, non hanno portato alla fruizione di riduzioni o di rimborsi di

imposte disapprovati dall’ordinamento».In senso contrario, CROVATO F., Riporto delle

perdite ed operazioni straordinarie, cit., pag. 617, il quale ritiene che «il dato normativo in esame, per la molteplicità e l’adeguatezza dei parametri adottati, sia garanzia di buona approssimazione rispetto al fenomeno del commercio delle perdite». Nello stesso senso, FRANSONI G.,Finanziaria 2008 e modifiche alla disciplina delle perdite, in Riv. Dir. Trib., 2008, vol. XVII, fasc. 7-8, I, pag. 651.

(465) Cfr. ZIZZO G., Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 949, il quale auspica omogeneizzazione dei suddetti parametri tra la disciplina in tema di mutamento della compagine sociale e quella relativa alle fusioni e scissioni.

è assente nell’ambito della disciplina in tema di mutamento della compagine sociale (466). Tale limite sembrerebbe avere una natura diversa da quella dei parametri di vitalità, i quali, in una chiara ottica antielusiva, sono finalizzati ad individuare quei casi in cui un soggetto è economicamente appetibile solo per la sua dote di perdite. Il limite del patrimonio netto, invece, basandosi sul collegamento tra la perdita e l’attività da cui essa promana (467), impedisce la circolazione di perdite dissociata da una circolazione di lavori economici (468). A questo proposito si segnala peraltro che la dottrina non è concorde sulla validità di tale criterio. Ed infatti, da un lato, vi è chi ritiene che il limite del patrimonio netto è idoneo a perseguire la finalità antielusiva cui è preposto ed anzi ne auspica l’adozione anche nell’ambito della disciplina in tema di mutamento della compagine sociale (469). Dall’altro lato, invece, vi è chi ritiene che proprio la mancata previsione del limite del patrimonio netto nell’ambito della disciplina in tema di mutamento della compagine sociale rappresenta l’implicito riconoscimento dell’inadeguatezza di questo parametro ad esprimere non solo la

(466) Inoltre, come evidenziato da ASSONIME nella circolare 31 maggio 2007, n. 31, il test di vitalità di cui al comma 3 dell’art. 84 del TUIR è circoscritto entro un delimitato lasso di tempo, mentre con riguardo al regime delle fusioni e delle scissioni, non solo il test sul patrimonio netto, ma anche quello c.d. “di vitalità” sono applicabili sine die, senza, cioè, limiti temporali. Pertanto, sembrerebbe che la stabilità del rapporto partecipativo sia sta ritenuta dal legislatore motivo sufficiente per consentire l’utilizzo – attraverso le anzidette operazioni aggregative – delle perdite della società partecipata in compensazione dei redditi delle aziende o delle attività conferite dal socio di maggioranza.

(467) Tuttavia, anche il limite del patrimonio netto ha natura antielusiva, cfr. LUPI R.,Riporto delle perdite e fusione di società, in Rass. Trib., 1988, fasc. I, pag. 288.

(468) Cfr. ZIZZO G., Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 950.

(469) Cfr. ZIZZO G., Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, cit., pag. 951. E’ interessante osservare che in sede di adozione del Testo unico del 1986, l’On. Usellini propose la sostituzione del criterio del patrimonio netto, ritenuto eccessivamente penalizzante, con un criterio «più aderente alla sostanza economica», consistente nell’«assumere l’attivo lordo (al netto della liquidità)». In particolare, nel parere della Commissione dei Trenta l’adozione di tale criterio è motivata sulla base della considerazione che esso «appare … più significativo delle esigenze di carattere economico che dovrebbero essere alla base di un provvedimento di natura riorganizzativa e quindi atto ad evitare che vengano poste in essere operazioni con società prive di contenuti» (così, Parere al Governo sulle norme delegate relative alla riforma tributaria, in Il Fisco, 1988, fasc. 10 pag. 1658).

capacità prospettica della società risultante dalla fusione o beneficiaria di produrre in futuro redditi che vadano a compensare le perdite fiscali pregresse riportate, ma anche la misura della perdita trasferibile da un soggetto all’altro (470).

A nostro avviso, le critiche mosse al criterio del patrimonio netto

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