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Sulla configurabilità del riporto delle perdite come diritto soggettivo

1. P REMESSA

2.2. S ULLA NATURA DEL RIPORTO DELLE PERDITE FISCALI

2.2.2. Sulla configurabilità del riporto delle perdite come diritto soggettivo

In dottrina si registrano posizioni discordanti in ordine all’interrogativo se il riporto delle perdite attribuisca al contribuente un vero e proprio diritto soggettivo.

Gli autori che si sono espressi in termini affermativi ritengono che la possibilità «di invocare la compensazione di che trattasi è … una

sorta di ‘diritto fiscale’ a sé stante ed esterno al periodo in cui venne utilizzato» (227), oppure che il riporto delle perdite rappresenta una posizione giuridica soggettiva di carattere vantaggioso, riconducibile al novero di quelle posizioni di potere che, accanto a quelle di dovere, caratterizzano l’attività di quantificazione della base imponibile delle imposte sul reddito (228). A questa posizione è riconducile anche quella

quinquennale al riporto delle perdite «si applica oggi a tutte le imprese, incluse quelle di nuova costituzione per le quali il conseguimento di perdite negli anni iniziali è, spesso, un purgatorio imposto dalle regole del mercato. La norma proposta … mira proprio a rimuovere questo tendenziale svantaggio delle nuove iniziative garantendo alle stesse la piena riportabilità, senza limiti di tempo, delle perdite fiscali realizzate nei primi tre periodi d’imposta».

(227) In tal senso, FAVARA F., Il riporto delle perdite di esercizi precedenti, in Rass. Avvocatura dello Stato, 1988, parte I, sez., I, pag. 18, secondo cui è «del tutto erroneo» ritenere che «la perdita di esercizi precedenti sarebbe ‘reddito negativo’».

Ritengono che il riporto delle perdite attribuisca un diritto, TESAURO F., Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale, Torino, 2008, ed. VIII, pag. 227; PANSIERI S.,Il riporto delle perdite nelle fusioni di società, in Rass. Trib., 1987, I, pag. 282; SPECA P.,Il riporto delle perdite per la società risultante dalla fusione, in Dir. Prat. Trib., 1987, vol. LVIII, I, pag. 374; PACIERI A.,Il riporto delle perdite pregresse nella scissione societaria, in Rass. Trib., 1998, fasc. 4, pag. 1037; STEVANATO D.,Riporto delle perdite ed elusione tributaria, in Riv. Dir. Trib., 2000, I, pag. 1140; POTITO E., Il sistema della imposte dirette, Milano, 1989, pag. 336, il quale riconduce la possibilità di riportare le perdite «tra i diritti nei quali … subentra» la società risultante dalla fusione; LAROMA JEZZI P., Il riporto delle perdite pregresse tra norme antielusive “speciali” e “generali”, in Rass. Trib., 2002, fasc. 1, pag. 201; ZOPPINI A., Disapplicazione dei limiti al riporto delle perdite fiscali nelle operazioni di fusione e scissione, in Rass. Trib., 2004, fasc. 4, pag. 639; ANDRIOLA M.,Limiti al “commercio delle perdite” nel passaggio dall’Irpeg all’Ires: stabilità e mutamento delle strategie di pianificazione fiscale, in Rass. Trib., 2005, fasc. 3, pag. 792. Per quanto attiene il regime della trasparenza fiscale, SCALIA R.,Il riconoscimento del credito d’imposta a fronte di redditi esteri alla prova della trasparenza ex art. 5, Tuir, in Riv. Dir. Trib., 2011, fasc. 6, pag. 127.

(228) Cfr. ZIZZO G., Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi, Milano, 1996, pag. 237. L’A. muove dalla constatazione che la «situazione di cui si discute è una posizione giuridica soggettiva di carattere vantaggioso, avente la sua

di chi, facendo leva sulla formulazione letterale della disposizione che riconosce il riporto delle perdite esprimendosi in termini di “possibilità”, sostiene, come il COCIVERA, che «la compensazione fra perdite e utili

sembra concepita come una facoltà («può essere portata in diminuzione») del contribuente» (229), oppure, come il MONTUORI,che «il

fonte nella normativa sulla determinazione della base imponibile delle imposte reddituali, che si estrinseca nel “potere” di considerare, nel conteggio della base imponibile relativa ad un determinato periodo d’imposta, le perdite fiscalmente riconosciute».

Secondo il medesimo A., in ogni caso, per poter considerare il riporto delle perdite come diritto soggettivo, è comunque necessario assumere un’accezione ampia del concetto di diritto soggettivo, «coincidente con il mero agere licere, e idonea perciò a ricondurre nella categoria anche situazioni eminentemente unilaterali». L’A. riprende tale concetto dalle considerazioni formulate in tema di esenzione da LA ROSA S.,Riflettendo su un caso clinico, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1988, pag. 547, il quale a proposito della «configurabilità di un diritto soggettivo all’esenzione» ritiene che la negazione di tale configurabilità «è corretta se di quest’ultimo si postula la correlazione necessaria a situazioni di “obbligo”, nel quadro di “rapporti giuridici” intersoggettivi; forse non lo sarebbe, ove, invece, quella nozione fosse delineata in funzione del mero agere licere, o comunque estese a situazioni eminentemente unilaterali, quali quelle che Santi Romano qualificava in termini di diritti assoluti; e non può in ogni caso saltarsi dalla eventuale inconfigurabilità, nell’esenzione, di una qualsivoglia situazione giuridica soggettiva alla totale negazione del relativo effetto giuridico, per la non assoluta coincidenza dei piani della teoria dell’efficacia giuridica e di quella delle situazioni giuridiche soggettive … la configurazione del “diritto” ad un’esenzione fiscale è da considerare … tecnicamente impropria … ma nulla vieta che venga adottata nella prassi, quanto meno per contraddistinguere, ad esempio, i casi in cui il beneficio è normativamente costituito ex lege, da quelli nei quali ha invece la sua fonte in provvedimenti amministrativi». A riguardo si vedano le considerazioni formulate in passato da GIUSSANI B.,Diritti soggettivi e interessi legittimi nel rapporto d’imposta, in Riv. Ital. Dir. Fin., 1942, anno VI, I, pag. 1, circa la possibilità di considerare le «norme … dettate allo scopo di disciplinare l’applicazione del tributo» al pari di «norme che hanno come finalità precisa quella di garantire i diritti dei singoli nei confronti delle pretese della pubblica amministrazione» e, dunque, come norme che «hanno … lo scopo e la individualizzazione propria delle norme dalle quali nascono diritti soggettivi per i singoli consociati».

(229) Così, COCIVERA B., Guida alla nuova disciplina delle imposte dirette, Milano, 1980, pagg. 536, 1040 e 1078. In termini di facoltà si esprime anche GLENDI

C.,I crediti d’imposta, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, Padova,

1988, pag. 233. Tale A. trova «assolutamente impossibile utilizzare ancora lo schema dell’obbligazione per rappresentare una disciplina dove tali riporti non sono predeterminati e derivano di volta in volta da un’opzione del singolo contribuente. Tutto, invece, diventa molto più semplice e chiaro ove si consideri che la dimensione temporale della funzione impositiva può ben essere condizionata dall’esercizio o meno di una facoltà di scelta del contribuente, perfettamente inquadrabile quale

verbo potere dell’art. 17 va interpretato proprio in relazione al principio di autonomia, al quale, nella fattispecie consente un’eccezione. La formula usata (le società e gli enti possono…) vuol dire che, essendo la compensazione un diritto del soggetto passivo, questi deve esercitarlo: in poche parole, che la compensazione deve essere chiesta espressamente dal soggetto passivo. La sede più opportuna per questa richiesta è la dichiarazione annuale» (230). Peraltro, tra coloro i quali ritengono che il riporto delle perdite costituisce una facoltà, vi è chi ritiene che proprio in quanto «facoltà del contribuente … occorre una

esplicita richiesta» (231).

Coloro che, in dottrina, si sono espressi in termini negativi ritengono, invece, che il riporto delle perdite rappresenta una mera possibilità di scomputare «tali perdite nella misura in cui il soggetto

realizzi futuri utili», ossia «un mero elemento di calcolo dell’imponibile, non cedibile a terzi» (232), oppure che si tratta di «una posizione

soggettiva, collegata alla permanenza della organizzazione e del patrimonio del soggetto tassabile in base la bilancio nel cui contesto

manifestazione di una situazione di interesse legittimo già operante sul piano sostanziale in dialettica col potere dell’ente impositore».

(230) Così, MONTUORI L.,L’accertamento nelle imposte della riforma. Appunti di diritto tributario, cit., pag. 63. Anche GLENDI ritiene che il riporto delle perdite in periodi d’imposta successivi costituisce una facoltà per il contribuente e non un obbligo. In particolare, tale A. trova «assolutamente impossibile utilizzare ancora lo schema dell’obbligazione per rappresentare una disciplina dove tali riporti non sono predeterminati e derivano di volta in volta da un’opzione del singolo contribuente. Tutto, invece, diventa molto più semplice e chiaro ove si consideri che la dimensione temporale della funzione impositiva può ben essere condizionata dall’esercizio o meno di una facoltà di scelta del contribuente, perfettamente inquadrabile quale manifestazione di una situazione di interesse legittimo già operante sul piano sostanziale in dialettica col potere dell’ente impositore». GLENDI C.I crediti d’imposta, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, Padova, 1988, pag. 233.

(231) Così, GIANNETTA E., SCANDALE G., SESSA M., Teoria e tecnica dell’accertamento del reddito mobiliare, Roma, 1966, ed. III, pag. 578. Secondo gli A., la suddetta richiesta non necessariamente «deve essere fatta in dichiarazione dei redditi e, pertanto, si deve ritenere che possa essere avanzata in qualunque momento e, quindi, anche in sede di adesione all’accertamento dell’ufficio. Quando il legislatore ha voluto una esplicita richiesta in dichiarazione l’ha indicato come, ad es., … per gli ammortamenti anticipati».

(232) Così, LUPI R., Riporto delle perdite e fusioni di società, cit., pag. 283, ID., Fusione e riporto delle perdite, Padova, 1989, pag. 297, nota 10. Secondo l’A. «il riporto delle perdite consiste in una mera possibilità di scomputare tali perdite nella misura in cui il soggetto realizzi futuri utili e non è perciò un credito, come non sono un credito le detrazioni d’imposta o gli oneri deducibili».

sono state riconosciute e nel cui contesto dovrebbero maturare anche gli utili destinati ad essere incisi dal rapporto» (233).

L’Amministrazione Finanziaria sembra aver condiviso il primo dei suddetti orientamenti, laddove ha incluso il riporto delle perdite tra le posizioni soggettive che si trasferiscono per effetto delle operazioni di fusione, affermando che la possibilità di riportare le perdite costituisce un «diritto … assunto dalle società incorporanti o risultanti dalle fusioni,

di modo che queste possono detrarre dai propri redditi le perdite fiscali riconosciute alle società assorbite» (234).

Ritenendo di poter condividere la posizione di chi sostiene che il riporto delle perdite costituisce un diritto del contribuente, in quanto elemento strutturale della tassazione del reddito d’impresa, è possibile affermare che tale diritto sorge nel momento in cui la perdita assume rilevanza, come risultato fiscale di uno specifico periodo d’imposta, determinato sulla base delle regole di determinazione analitica del reddito d’impresa. Invero, la struttura giuridica dell’imposizione sul reddito d’impresa è caratterizzata dalla rigida previsione di regole di determinazione, volte a qualificare agli effetti fiscali fatti economici che si manifestano nell’ambito dell’attività di impresa. Tale impostazione sottrae il processo di determinazione del reddito di impresa al contribuente e all’Amministrazione Finanziaria, nel senso che tale processo «non può ritenersi attribuito alla libera facoltà del

contribuente, né tanto meno alla discrezionalità della amministrazione in sede di accertamento, per cui nella determinazione del reddito, l’applicazione delle norme ad essa finalizzate non costituisce un onere od una facoltà, rispettivamente del contribuente o dell’amministrazione, bensì un diritto ed un obbligo» (235). Pertanto, nella struttura giudica dell’imposizione sul reddito di impresa è assente «qualsiasi

discrezionalità del contribuente nella determinazione del reddito, non

(233) Così, DUS S., La fusione di società fra «vecchia» giurisprudenza e «nuovi» principi, cit., pag. 321. Nel medesimo senso si esprime, PACIFICO L.,Il riporto delle perdite nelle fusioni di società, in Il Fisco, 1988, fasc. 34, pag. 5219.

(234) Così, ris. min. 31 luglio 1975, n. 11/833. L’Amministrazione Finanziaria ha impiegato il termine “diritto” per riferirsi alla possibilità di riportare le perdite fiscali anche nei seguenti documenti di prassi: ris. min. 5 novembre 1976, n. 10/1429, nota min. 24 gennaio 1980, n. 9/1711; ris. 2 gennaio 1981, n. 9/1004; nota 10 giugno 1981, n. 9/806; circ. 7 novembre 1988, n. 5 (prot. n. 3401); circ. 30 novembre 2000, n. 220/E; ris. 29 ottobre 2002, n. 337/E; circ. 4 agosto 2006, n. 28/E; ris. 10 aprile 2008, n. 143/E; ris. 30 giugno 2009, n. 168/E; ris. 13 luglio 2009, n. 183/E; circ. 9 marzo 2010, n. 9/E; ris. 9 maggio 2011, n. 54/E.

potendosi considerare la richiesta di componenti negativi l’esercizio di una facoltà accordata dalla legge. Nessuna delle norme disciplinanti la deducibilità dei componenti negativi subordina la rilevanza fiscale del costo od onere ad una particolare manifestazione di volontà del contribuente, proprio perché la previsione di deducibilità del particolare componente economico discende direttamente dalla legge e non da una richiesta del titolare del reddito» (236).

Sulla base di tali considerazioni può ritenersi che il riconoscimento delle perdite costituisce un diritto, acquisto dal contribuente nel momento in cui la perdita è dichiarata come risultato di periodo, il cui esercizio è subordinato e, meglio, “sospeso” fino al verificarsi di redditi imponibili nei successivi periodi d’imposta.

2.2.3. La titolarità e la trasferibilità del diritto al riporto delle

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