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Il criterio per l’imputazione dei componenti di reddito al periodo

1. P REMESSA

1.2. L A DIMENSIONE TEMPORALE DEL REDDITO NELLA PROSPETTIVA TRIBUTARIA

1.2.5. Il criterio per l’imputazione dei componenti di reddito al periodo

Strumentale alla misurazione del presupposto in periodi d’imposta e al conseguente principio di autonomia dei periodi d’imposta è a sua volta il principio di competenza (92).

siano rilevanti per più periodi di imposta». Sul medesimo argomento, INGRAO G.,La rilevanza del giudicato nel processo tributario, in Rass. Trib., 2006, fasc. 6, pag. 1954, ID., Il giudicato esterno nell’ipotesi di tributi differenti: un ripensamento della

Cassazione?, in Rass. Trib., 2007, pag. 556; GLENDI C.,Giuste aperture al «ne bis in

idem» in Cassazione ma discutibili estensioni del «giudicato tributario» extra moenia, in GT- Riv. Giur. Trib., 2006, fasc. 6, pag. 557; MAGNANI C., È rilevabile in cassazione il giudicato esterno formatosi per altro periodo d’imposta, in GT- Riv. Giur. Trib., 2006, fasc. 9, pag. 755; TESAURO F.,Giudicato tributario, questioni pregiudiziali e imposte periodiche, in Boll. Trib., 2006, fasc. 10, pag. 1175; BASILAVECCHIA M., PACE A., Valenza ultrannuale del giudicato tributario, in Corr. Trib., 2006, fasc. 34, pag. 2694; GRASSI E., All’esame delle Sezioni Unite della Cassazione il contrasto emerso tra le diverse pronunce delle Sezioni semplici in tema di ultrattività del giudicato esterno e, in seno alla sezione tributaria, relativamente all’ultrattività del giudicato medesimo nel processo tributario, in Il Fisco, 2006, fasc. 32, pag. 1-4921.

(92) Secondo CICOGNANI A.,Il principio di competenza nel T.U. con particolare riguardo all’art. 75., 1°, 2°, 3° comma, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, Padova, 1988, pag. 568, il principio di competenza «è la naturale conseguenza dell’aver voluto spezzare in tanti periodi di tempo separati … un fenomeno in continuo divenire (werden) come la vita dell’azienda con conseguente continuo flusso di entrate e di uscite. Ora, per la necessità pratica di conoscere il risultato economico di un dato esercizio (e il fisco per applicare in relazione a quel risultato economico le imposte sul reddito per il periodo di imposta corrispondente) sono sorti … i problemi che concernono l’attribuzione ad un esercizio di tutti e soltanto i ricavi e i costi di competenza di quell’esercizio».

Per approfondimenti sul principio di competenza si veda: CICOGNANI A., Il principio di competenza nel T.U., cit., pag. 567; ID., L’imposizione del reddito d’impresa, pag. 147; LA ROSA S., Le norme generali sui rapporti tra bilancio e dichiarazione, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, Padova, 1988, pag. 581; TINELLI G., Il principio di competenza nella determinazione del reddito d’impresa, in Boll. Trib., 1980, pag. 1545; ID., Il reddito d’impresa nel diritto tributario, Milano, 1991, pag. 229; CROVATO F.,L’imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, cit.; PANSIERI S., Evoluzione del principio di competenza e sue differenti interpretazioni, in Riv. dir. Trib., 1992, II, pag. 265; DE ANGELIS G., Quantificazione del reddito d’impresa: i costi ed i ricavi nella disciplina della riforma, in Incontri con il Banco di Roma. Il reddito d’impresa, Convegno di studi 10-12 dicembre 1973, Caserta, 1974, tomo III, pag. 136; LUNELLI R., Nuovi orientamenti sul principio di

competenza nella determinazione del reddito d’impresa imponibile,inBoll. Trib.,1982,

pag. 1174; NANULA G., Il principio di competenza economica nella tassazione del reddito d’impresa, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1986, I, pag. 206; PETTINATO S., Alla ricerca della competenza economica nel TUIR. Piccoli appunti sui suoi tradimenti,

Se, da un punto di vista economico, il principio di competenza economica permette di considerare il risultato di esercizio ben più preciso e vicino a quello reale e, quindi, l’evidenziazione dello stesso più significativa ai fini informativi sulla gestione aziendale cui è diretta la rappresentazione contabile, da un punto di vista tributario, invece, la scelta tra un sistema fondato sul principio di cassa oppure su quello di competenza non è più motivata da un’esigenza di logica economica, ma trova fondamento nel principio dell’autonomia dell’obbligazione tributaria relativa a diversi periodi d’imposta (93).

A ben vedere, infatti, il legislatore tributario, condizionato dall’impostazione pubblicistica del bilancio dello Stato, nella scelta del criterio di imputazione temporale dei componenti di reddito, non può che orientarsi per la via dell’isolamento dell’obbligazione tributaria, relativa ad un determinato periodo d’imposta, dalle obbligazioni

aperti e nascosti, nelle norme sul reddito d’impresa, in Boll. Trib., 1991, fasc. 8, pag. 595.

(93) Come osservato da TABELLINI P.M.,L’imposta sul reddito delle persone giuridiche, Milano, 1977, pag. 252, «collaterale all’esigenza di limitare nel tempo il presupposto, è quella di attribuire certezza e definitività alla relativa obbligazione tributaria, onde evitare che questa possa essere influenzata da fatti anteriori o successivi al periodo cui è riferita. La esistenza del periodo d’imposta postula quindi l’autonomia della relativa obbligazione tributaria».

A questo proposito si veda BEGHIN M., L’azione di rimborso tutela il contribuente in caso di errata imputazione a periodo dei costi, in Corr. Trib., 2008, fasc. n. 17, pag. 1381, secondo cui «il principio di competenza si giustifica in quanto l’IRES è un tributo periodico. È una disciplina caratterizzata dalla presenza, nel proprio DNA, dell’elemento cronologico. L’impianto legislativo si innesta in uno schema di misurazione della capacità contributiva che non può fare a meno di un arco temporale di riferimento. Certo si tratta di un arco temporale convenzionale, artificiale, del tutto assente “in natura”, a tal punto che la produzione di ricchezza attraverso l’esercizio di attività commerciali si presta malvolentieri ad essere segmentata. Tale frazionamento della vita economica delle imprese, peraltro, è perfettamente in linea rispetto all’esigenza di disporre, periodicamente, di momenti funzionali alla misurazione degli incrementi o decrementi patrimoniali. I limiti che da tale convenzione derivano possono talvolta essere attenuati da alcune regole contabili, capaci, peraltro, di implicazioni di stampo fiscale (come ad esempio si verifica sul fronte della rilevazione delle giacenze iniziali e delle rimanenze finali di beni di magazzino). Però la disciplina rimane agganciata al suo “nocciolo duro”. Non si tratta solamente di intercettare criteri i quali consentano di stabilire “quali” componenti imputare al periodo d’imposta, ma anche di stabilire “quando” imputarli, in modo che la misurazione dell’idoneità soggettiva al pagamento del tributo avvenga, per tutti, secondo criteri di giustizia». In questo senso, ATTARDI C.,Inderogabilità del principio di competenza nel calcolo del reddito d’impresa, in Riv. Dir. Trib., 2009, vol. XIX, fasc. 3, II, pag. 119.

tributarie relative a periodi precedenti e successivi, limitando così la rilevanza giuridica dei componenti economici concorrenti alla formazione dei diversi redditi a quelli imputabili al periodo d’imposta. L’imputabilità al periodo d’imposta dei diversi componenti costituisce, quindi, l’elemento fondamentale per stabilire i limiti temporali dell’obbligazione tributaria, alla cui determinazione quantitativa concorre il risultato del singolo tipo di reddito (94).

In tale prospettiva possono spiegarsi i criteri adoperati per definire la competenza dei principali componenti che caratterizzano il reddito d’impresa, i quali, com’è ben noto, stabiliscono che i corrispettivi si considerano conseguiti al momento della consegna o spedizione per la cessione di beni mobili, al momento di stipulazione dell’atto per il trasferimento di beni immobili e al momento dell’ultimazione per le prestazioni di servizi. Caratteristica comune di tali criteri è quella di ancorare il periodo di imputazione a elementi materiali piuttosto che giuridici, mentre l’effetto giuridico civilistico assume rilevanza meramente residuale ed eccezionale nei casi in cui il dato materiale non riesce a qualificare, in termini di definitività, l’entrata (95).

Tale impostazione non può che rispondere ad una generale esigenza di certezza e di semplificazione del prelievo. Alla medesima esigenza risponde anche il requisito generale di certezza, stabilito a specificazione del principio di competenza, anch’esso finalizzato a selezionare quei componenti reddituali dotati di effettività, escludendo quelli meramente «presunti o congetturati» (96), i quali, sebbene rilevanti dal punto di vista contabile, non sono considerati idonei a determinare il prelievo fiscale sul reddito d’impresa.

Questa impostazione è diretta conseguenza della natura periodica del tributo, la cui regolamentazione si fonda su criteri di

(94) Cfr. TINELLI G., Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 232. (95) Le considerazioni svolte nel testo riguardano le regole di imputazione contenute nel TUIR applicabili nei confronti dei soggetti diversi da quelli che adottano i principi contabili internazionali (c.d. IAS-adopter). Per questi ultimi, invece, il vigente art. 83 del TUIR rinvia alle regole di imputazione temprale previsti dagli IAS. Tuttavia, nonostante tale circostanza, anche in relazione a tali soggetti vale comunque la considerazione, espressa nel testo, che le regole di imputazione temporale hanno la funzione di legare i componenti di reddito ad un periodo d’imposta in funzione della determinazione dell’obbligazione tributaria.

imputazione al periodo di sicura e non alternativa applicazione, stante anche il principio del divieto di doppia imposizione (97).

Com’è stato osservato in dottrina, dunque, il criterio di competenza, da principio di carattere economico, viene trasformato in un principio puramente tributario, che esaurisce la propria rilevanza nell’ambito dell’imputazione dei componenti di reddito al periodo d’imposta, senza essere condizionato nella propria formulazione da alcuna impostazione economico-aziendale (98).

Secondo un altro orientamento, invece, la disciplina tributaria avrebbe una valenza meramente specificante del principio di competenza stabilendo criteri autonomi solo laddove non siano soddisfatte le esigenze di certezza e stabilità del componente di reddito (99).

Sul punto riteniamo conferente riportare anche l’osservazione formulata da quella dottrina che valorizza il legame giuridico, inteso in termini temporali, tra la fonte e il reddito e che ritiene che «il tempo …

evidenzia e caratterizza il legame giuridico tra fonte e reddito, mentre, sotto altro profilo, le regole di imputazione al periodo condizionano l’imputabilità, la quale avviene allorquando la manifestazione economica si disvela pienamente» (100). In tale prospettiva il possesso dunque, stabilito quale presupposto dell’imposta sul reddito, comporta la necessità strutturale di individuare una relazione tra reddito e periodo d’imposta, con la conseguenza ineludibile di considerare intrinseca al presupposto la qualificazione temporale. Questa relazione giustifica la rilevanza sostanziale dell’imputazione al periodo, quale elemento necessario per definire compiutamente il presupposto imponibile. Inoltre, attraverso la suddetta relazione di possesso, viene individuato non solo il grado di stabilità che deve possedere il provento imponibile nell’ambito del patrimonio incrementato, ma anche il momento in cui occorre verificare l’effettività della capacità contributiva (101).

(97) Cfr. NUSSI M., Nussi M., L’imputazione del reddito nel diritto tributario, 1996, Padova, pag. 172.

(98) Cfr. TINELLI G., Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 236. (99) Cfr. ZIZZO G., Regole generali sulla determinazione del reddito d’impresa, in AA.VV., Giurisprudenza sistematica di diritto tributario. Imposta sul reddito delle persone fisiche, diretta da F. Tesauro, Torino, 1996, pag. 556.

(100) Così, NUSSI M., L’imputazione del reddito nel diritto tributario, 1996, Padova, pag. 165, secondo cui «una cosa è l’autonomia del periodo d’imposta, altra cosa sono le regole di determinazione della base imponibile».

(101) Cfr. NUSSI M.,L’imputazione del reddito nel diritto tributario, cit., pag. 168, il quale ritiene che tale impostazione rappresenti il superamento della concezione

Tuttavia, l’imputazione a periodo dei componenti di redditi, quale corollario del principio di autonomia dell’obbligazione tributaria, non comporta necessariamente che «nel determinare la base imponibile, si

debba tener conto solo dei fatti di quel periodo» (102). Ed infatti, il legislatore tributario è ben consapevole che il reddito d’impresa è apprezzabile al di là del singolo periodo d’imposta e che i valori espressi dal bilancio sono espressi nella prospettiva della continuità. Pertanto, egli prevede specifiche norme che regolano il concorso alla formazione dell’imponibile fiscale di componenti di reddito a rilevanza pluriennale, i quali stabiliscono una connessione tra i diversi periodi d’imposta. Ne sono un esempio le norme riguardanti gli ammortamenti, gli accantonamenti e gli oneri pluriennali oppure la norma che consente di rateizzare in più periodi d’imposta le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni ammortizzabili. Oppure la norma secondo cui le rettifiche poste in essere da parte dell’Ufficio impositore, con riguardo alle valutazioni compiute dal contribuente in un esercizio, hanno effetto anche per gli esercizi successivi, nonché quella che impone all’Ufficio impositore di tener conto direttamente delle rettifiche operate e di procedere a rettificare le valutazioni relative anche agli esercizi successivi (103).

1.2.6. Considerazioni conclusive

La disamina sin qui svolta consente di pervenire alla conclusione che il fattore temporale assume rilievo agli effetti impositivi soprattutto in funzione della commisurazione dell’obbligazione tributaria, la quale è rigidamente legata ad un parametro temporale di riferimento individuato nel periodo d’imposta, sebbene il legislatore riconosca l’esistenza di componenti reddituali a rilevanza pluriennale che stabiliscono una connessione tra i diversi periodi d’imposta.

tradizionalmente accettata in dottrina che attribuisce al possesso la funzione di individuare «la componente soggettiva del presupposto», ossia «il legame tra l’elemento oggettivo, a cui quindi era esterno, e il soggetto passivo». In questo senso, MICHELI G.A.,Corso di diritto tributario, Torino, 1984, pag. 363; FANTOZZI A.,Diritto tributario, Tornio, 2003, pag. 582; MICCINESI M., I tributi diretti erariali, in RUSSO, Manuale di diritto tributario, 1996, pag. 496.

(102) Così, TESAURO F.,Giudicato tributario, questioni pregiudiziali e imposte

periodiche,in Boll. Trib., 2006, fasc. 10, pag. 1175. Gli esempi abbondano. L’acquisto

di un bene ammortizzabile produce l’effetto di rendere deducibile il relativo costo per un periodo pluriennale; le rimanenze finali di un periodo sono le giacenze iniziali del periodo successivo, ecc.

Tuttavia, anche tale connessione non consente di colmare il divario tra il reddito d’impresa e quello espresso dall’attività di impresa, il quale, secondo la dottrina economico-aziendale, può essere compiutamente apprezzato assumendo una prospettiva più ampia del singolo esercizio se non addirittura corrispondente a tutta la vita dall’impresa.

Ebbene, come si avrà modo di vedere nel prossimo capitolo, il riporto delle perdite rappresenta un correttivo, di matrice fiscale ma di ispirazione economica, la cui funzione è proprio quella di colmare la predetta differenza, allo scopo di rendere coerente l’imposizione con il suo presupposto.

CAPITOLO II

FUNZIONE NATURA E MODALITÀ DI UTILIZZO DELLE PERDITE NEL REDDITO D’IMPRESA

2. PREMESSA

L’aver analizzato i profili strutturali riguardanti, da un lato, la commisurazione del reddito d’impresa dal punto di vista economico-aziendale e, dall’altro lato, l’elemento della temporalità nell’imposizione sui redditi consente di poter procedere al corretto inquadramento della funzione, della natura e delle modalità di utilizzo delle perdite nell’ambito della tassazione sul reddito d’impresa.

2.1. SULLA FUNZIONE DEL RIPORTO DELLE PERDITE NELLAMBITO DEL

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