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La titolarità e la trasferibilità del diritto al riporto delle perdite

1. P REMESSA

2.2. S ULLA NATURA DEL RIPORTO DELLE PERDITE FISCALI

2.2.3. La titolarità e la trasferibilità del diritto al riporto delle perdite

L’aver configurato il riporto delle perdite come diritto pone il problema di stabilire la titolarità di tale diritto, problema questo che non risponde ad un interesse di natura meramente teorica, ma ha importanti riflessi in termini concreti, che si manifestano, in particolar modo, allorquando occorre verificare se e come il suddetto diritto può circolare.

A questo proposito si registrano in dottrina diverse posizioni (237). Vi è chi ritiene che il diritto al riporto delle perdite compete direttamente al soggetto individuato dall’ordinamento quale soggetto passivo d’imposta, per il fatto che l’imposta sul reddito non può che attribuire rilevanza esclusivamente al soggetto e alla sua continuità nel

(236) Così, TINELLI G.,Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 201. Secondo l’A., infatti, «le norme che ammettono la deduzione di costi nella determinazione del reddito d’impresa creano posizioni di diritto soggettivo dei contribuenti non condizionate da una espressa richiesta, in quanto costituiscono la disciplina legale della fattispecie e non disposizioni relative alla concessione di particolari benefici di carattere fiscale».

(237) Come osservato da LUPI R.,Riporto delle perdite e fusioni di società, cit., pag. 282, le perdite potrebbero astrattamente ricevere diverse forme di riconoscimento nei periodi d’imposta successivi, in quanto esse potrebbero essere scomputate: a) dai successivi redditi della stessa impresa; b) da qualsiasi successivo reddito d’impresa; c) da qualsiasi successivo reddito del soggetto, anche diverso dal reddito d’impresa.

tempo, ed ignora, invece, la variabilità delle sue attività produttive (238) o della sua compagine sociale (239).

Altri, invece, ritengono che la spettanza del diritto al riporto delle perdite fiscali postula la permanenza dell’attività economica che ha generato la perdita, nonché la permanenza del soggetto che ha

(238) Cfr. TREMONTI G.,Gruppi di società: i vincoli e le architetture fiscali, in La fiscalità industriale. Strategie fiscali e gruppi di società in Italia, a cura di G. Tremonti, Bologna, 1988, pag. 20, il quale, tuttavia, osserva come «le perdite generate da un’unità produttiva possano e debbano essere recuperate in futuro dalla stessa unità produttiva che le ha generate» sulla base della «logica della continuità dell’apparato produttivo e della sua capacità di generare profitti (da compensare con le perdite pregresse), in un orizzonte temporale più esteso del periodo d’imposta». Tuttavia, lo stesso A. ritiene che «il riporto a nuovo delle perdite compete direttamente al soggetto designato quale soggetto passivo d’imposta, essendo rilevante a tale fine solo la sua continuità nel tempo, appunto quale soggetto passivo d’imposta, essendo invece irrilevante la variabilità delle sue attività produttive, che non può essere oggetto di un sindacato di merito volto ad ammettere od escludere il riporto delle perdite, conformemente alla logica di un’imposta personale come quella sul reddito delle persone giuridiche». Nello stesso senso, LUPI R.,Riporto delle perdite e fusioni di società, in Rass. Trib., 1988, I, pag. 283; ID., Profili tributari della fusione di società, Padova, 1989, pag. 293, nota 2; FRANSONI G., Finanziaria 2008 e modifiche alla disciplina delle perdite, cit., pag. 659, il quale ritiene che «la considerazione delle perdite solo a livello dell’attività accentua in modo estremamente rilevante il carattere reale dell’imposizione, in contrasto sia con i presupposti di partenza del nostro sistema impositivo, sia con la logica stessa dell’imposizione reddituale, giacché il reddito, inteso come variazione del patrimonio in un arco temporale prestabilito, non può che essere concepito in termini personali»; ZANETTI E.,Titolarità e trasferibilità del diritto al riporto delle perdite fiscali, in Il Fisco, 2007, fasc. 36, pag. 5302; MICHELUTTI R.,Profili elusivi del riporto delle perdite nel consolidato fiscale e nella trasparenza, in AA.VV., Elusione ed abuso del diritto tributario, a cura di G. Maisto, collana Quaderni della Rivista di Diritto Tributario, 2009, Milano, pag. 141.DE MARCO S.,Il trattamento fiscale delle perdite alla luce dei più recenti interventi normativi, in Dir. Prat. Trib., 2012, vol. LXXXIII, fasc. 3, pag. 556.

(239) Cfr. ZIZZO G., Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi, cit., pag. 238; ID.,Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, in Rass. Trib., 2008, fasc. 4, I, pag. 929, il quale ritiene che «le perdite devono poter essere utilizzate dal soggetto che le ha subite, sia mediante compensazione orizzontale sia mediante compensazione verticale, perché è in gioco la corretta misurazione della sua attitudine alla contribuzione … come affermare che le perdite di un soggetto incidono sull’attitudine a contribuire di un altro soggetto, e devono pertanto potere essere utilizzate da quest’ultimo?». Lo stesso A. osserva che «se il soggetto che ha conseguito la perdita è una società, il riporto può, in linea di principio, essere abbinato ad uno o più dei seguenti fattori: alla permanenza della società quale soggetto giuridico, alla permanenza della compagine sociale che ha economicamente sofferto la perdita, alla permanenza della particolare attività che ha prodotto la perdita».

effettuato l’investimento e ha subito economicamente la perdita prodotta dalla società in cui ha investito il proprio capitale (240), e cioè il suo socio.

Altri ancora ritengono che il riporto delle perdite è ricollegabile alla permanenza dell’organizzazione produttiva e del patrimonio del soggetto nel cui contesto sono state riconosciute e nel cui contesto dovrebbero maturare anche gli utili destinati ad essere incisi dal riporto (241).

A nostro avviso le posizioni sopraesposte, sebbene tutte astrattamente corrette, non sono idonee da sole a fornire una risposta appagante all’interrogativo posto in premessa. Ed infatti, partendo dall’assunto che la perdita attiene alla delimitazione del presupposto d’imposta su base pluriennale (242), possono trarsi due ulteriori considerazioni e cioè, da un lato, che il presupposto dell’imposizione si realizza in capo al titolare della fonte produttiva da cui deriva la perdita e, dall’altro lato, che la perdita assume rilevanza allo scopo di poter essere compensata con i redditi che da quella fonte produttiva verranno generati in altri periodi d’imposta (243). Pertanto, è certamente corretto

(240) Cfr. PANSIERI S., Il riporto delle perdite, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 1987, anno X, pag. 241, pertanto, secondo l’A., «deve ritenersi che, allorchè l’attività che ha generato le perdite viene svolta a mezzo di una società, sia essa personificata oppure no, debba aversi riguardo alle persone fisiche che tramite essa hanno agito, ossia agli azionisti, o ai soci delle società di persone».

(241) Cfr. DUS S.,La fusione di società fra «vecchia» giurisprudenza e «nuovi» principi, Le società, 1985, pag. 321. Nel medesimo senso si esprime, PACIFICO L.,Il riporto delle perdite nelle fusioni di società, in Il Fisco, 1988, fasc. 34, pag. 5219. Dello stesso avviso sembra essere anche CIPOLLINA S.,La legge civile e la legge fiscale, Padova, 1992, pag. 226, che attribuisce rilevanza alla continuità del «complesso produttivo».

(242) Cfr. CROVATO F., Riporto delle perdite ed operazioni straordinarie, cit., pag. 611, il quale osserva come «se il riporto delle perdite è un istituto che attiene al concetto di reddito, non ha molto senso che il soggetto che ha prodotto una perdita possa trasferirla a terzi», in quanto non si tratta «tecnicamente di un diritto di credito, come nell’ipotesi dei crediti d’imposta» che, invece, sono astrattamente cedibili.

(243) Come osservato da DI TANNO T., Il trattamento tributario del debito nell’Ires (alla luce della Finanziaria 2008), in AA.VV., Finanziaria 2008. Saggi e Commenti, a cura di G. Fransoni, collana Quaderni della Rivista di Diritto Tributario, Milano, 2008, pag. 63, «il riporto a nuovo delle perdite trova la sua ragione nella constatazione che la perdita di un periodo può costituire la base di rilancio di un soggetto che investe … per produrre maggiore reddito … domani. Il vantaggio fiscale concesso …merita di essere mantenuto se il complesso operativo generatore di perdite sussiste ancora, quantomeno nei suoi caratteri generali. Non lo merita più se, di fatto, si è dissolto».

affermare che il riporto, essendo finalizzato a garantire la corretta commisurazione del reddito su base pluriennale (244), compete, sotto un profilo statico, al soggetto che è individuato dall’ordinamento come soggetto passivo dell’imposta (245), ma è altrettanto corretto ritenere che il riporto, sotto un profilo dinamico, è possibile se ed in quanto esisterà l’attività produttiva da cui scaturisce il reddito futuro, che viene ad essere diminuito in sede di utilizzo della perdita (246).

In tale delineato contesto si ritiene di poter condividere l’opinione di chi ha ravvisato una forma di asistematicità in quei fenomeni di fuoriuscita delle perdite dal «circuito fiscale soggettivo in cui esse si

(244) Cfr. ZIZZO G.,Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, in Rass. Trib., 2008, fasc. 4, I, pag. 941, Pertanto, «la sua alienazione, e lo sfruttamento nel calcolo dell’imponibile di un altro soggetto, ne tradirebbe la

funzione». In tal senso, CROVATO F.,Riporto delle perdite ed operazioni straordinarie,

in AA.VV., La fiscalità delle operazioni straordinarie d’impresa, cit., pag. 611, il quale osserva che «se il riporto delle perdite è un istituto che attiene al concetto di reddito, non ha molto senso che il soggetto che ha prodotto una perdita possa trasferirla a terzi», in quanto non si tratta «tecnicamente di un diritto di credito, come nell’ipotesi dei crediti d’imposta» che invece sono astrattamente cedibili.

(245) In virtù del principio secondo cui gli utili e le perdite vanno attribuiti al soggetto che li ha generati. Sul punto ved. GALLO F., La soggettività ai fini Irpeg, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, Padova, 1988, pag. 659; MICHELI G.A.,I soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, in Dir. Prat. Trib., 1973, I, pag. 1142.

(246) In tal senso ved. anche GARBARINO C.,Riporto delle perdite e operazioni straordinarie, in AA.VV., La fiscalità delle operazioni straordinarie d’impresa, a cura di R. Lupi e D. Stevanato, Milano, 2002, pag. 650, il quale evidenzia come «sotto un profilo economico-aziendale è … indubitabile che sia utili che perdite sono determinati (e quindi generati) da attività produttive, ond’è che il criterio soggettivo deve essere integrato da un criterio oggettivo-sostanziale, secondo cui, anche in capo ad uno stesso soggetto, gli utili (o le perdite) si possono compensare soltanto con perdite (o utili) “omogenee”, vale a dire con perdite (o utili) derivanti da attività poste in essere dallo stesso soggetto e, per contro, che gli utili (o le perdite) non si possono compensare con perdite (o utili) “eterogenei”, vale a dire con perdite (od utili) derivanti da attività poste in essere da un soggetto terzo … Questo criterio oggettivo-sostanziale consente di evitare compensazioni che si presentano formalmente come intra-soggettive ma che nella sostanza sono intersoggettive».

Per quanto attiene il consolidato si veda BURELLI S.,Consolidato nazionale e frammenti di autonomia privata nella determinazione della fattispecie imponibile, in Riv. Dir. Trib., 2009, vol. XIX, fasc. 2, I, pag. 265, secondo cui il riporto delle perdite «attiene al concetto stesso di reddito, di talché non sarebbe ammissibile, in linea teorica, il trasferimento della perdita ad un soggetto che non l’ha prodotta (anche perché la perdita deriva da costi inerenti di tale soggetto). Nel medesimo ordine di idee, gli elementi del presupposto sarebbero posizioni strettamente personali, non cedibili» (nota 38).

sono generate» (247), quantomeno con riferimento ai casi nei quali tale fuoriuscita non sia caratterizzata dal contestuale trasferimento del complesso produttivo (c.d. “compensazione intersoggettiva”) (248) (249). Ed infatti, in tale circostanza viene meno il legame tra il soggetto titolare del diritto al riporto della perdita e l’insieme dei beni e dei rapporti produttivi di quel reddito necessario per lo scomputo della perdita

(247) Così, POGGIOLI M., L’inafferrabile asistematicità del trasferimento intersoggettivo delle perdite fiscali, tra disposizioni antielusive analitiche e clausola generale, in Riv. Dir. Trib., 2007, II, pag. 405.

(248) L’espressione è stata utilizzata per la prima volta nella dottrina da LUPI R., Riporto delle perdite e fusioni di società, cit., pag. 285. Come messo in evidenza da ANDRIOLA M., Limiti al “commercio delle perdite” nel passaggio dall’Irpeg all’Ires: stabilità e mutamento delle strategie di pianificazione fiscale, pag. 798, i possibili utilizzi delle perdite fiscali possono, dunque, dividersi in tre differenti categorie:

1) utilizzo intrasoggettivo, allorché il soggetto passivo d’imposta utilizzi le perdite in compensazione di redditi da esso stesso prodotti nell’esercizio della medesima attività d’impresa che ha generato le perdite;

2) utilizzo interoggettivo, allorché il soggetto passivo d’imposta utilizzi le perdite in compensazione di redditi prodotti a seguito di acquisizioni di aziende, di rami d’azienda o di assets profittevoli da soggetti terzi; qualora i soggetti terzi acquisiscano il controllo del soggetto passivo d’imposta si verificherà un fenomeno di sostanziale utilizzo intersoggettivo delle perdite [rectius: utilizzo intrasoggettivo, previo cambiamento della principale attività in fatto esercitata e trasferimento della maggioranza delle partecipazioni a terzi];

3) utilizzo intersoggettivo, allorché le perdite fiscali di un soggetto passivo d’imposta siano utilizzate da un altro soggetto passivo d’imposta, circostanza questa che, in vigenza dell’Irpeg, si verificava solo in caso di fusione o di scissione.

(249) A questo proposito appare conferente richiamare quanto osservato da CIPOLLINA S.,La legge civile e la legge fiscale, Padova, 1992, pag. 227, laddove tale Autrice afferma che «il riporto a nuovo delle perdite fiscali pregresse si fonda “su un’assunzione economica fondamentale”: che le perdite generate da un’attività produttiva siano recuperate in futuro dallo stesso complesso produttivo che le ha subite … sul presupposto di tale continuità, si comprende anche la trasferibilità non solo delle situazioni definite (crediti, debiti, ecc.), ma anche delle cosiddette situazioni in fieri, includendo fra queste anche le perdite pregresse, che sono capaci di trasformarsi in attività effettive solo subordinatamente al verificarsi di alcune condizioni fondamentali: la continuità dell’apparato produttivo e la sua capacità di generare profitti (da compensare con le perdite pregresse) in un orizzonte temporale piuttosto ristretto (cinque anni). Tali presupposti evidentemente non si verificano quando si altera la composizione dei fattori, scindendoli: da una parte, il complesso produttivo; dall’altra perdite. Nella prospettiva economica, la logica giustificatrice del riporto delle perdite risulta ancor più stravolta quando la scissione fra apparato produttivo e perdite sia preceduta dalla dissoluzione dell’apparato produttivo, attuata mediante operazioni di scorporo».

stessa. Al contrario, dovrebbe ritenersi ammessa la c.d. compensazione intrasoggettiva (250).

Rinviando al capitolo successivo l’analisi del diritto positivo, in questa sede ci si limita a rilevare che la conclusione sopraesposta trova conferma nell’evoluzione normativa della disciplina in tema di riporto delle perdite fiscali nel reddito d’impresa. Ed infatti, la scelta originaria compiuta dal nostro legislatore di ricollegare il riporto delle perdite fiscali al soggetto passivo di imposta che le ha generate (251), è stata corretta nel corso degli anni con una serie di interventi che hanno attribuito rilevanza alla continuità dell’attività produttiva o della compagine

(250) Tali problematiche riguardano soprattutto quegli ordinamenti, come il nostro, che consentono solo il riporto in avanti delle perdite fiscali. Ed infatti, laddove è ammesso il riporto all’indietro delle perdite fiscali, le operazioni straordinarie sui beni e sui soggetti non necessariamente comportano il problema di stabilire la sorte delle perdite fiscali, giacché tali perdite potrebbero essere utilizzate mediante il riporto all’indietro in diminuzione dei redditi conseguiti prima del compimento di tali operazioni. A riguardo si veda, POGGIOLI M., L’inafferrabile asistematicità del trasferimento intersoggettivo delle perdite fiscali, cit., pag. 405, il quale osserva come l’asistematicità del trasferimento intersoggettivo delle perdite «costituisce una mera reazione rispetto ad un sistema normativo che non consente il riporto all’indietro delle perdite fiscali e che, conseguentemente, è del tutto inadeguato nei casi in cui il riporto in avanti non possa avvenire, a causa della dismissione della qualifica di imprenditore».

(251) Cfr. LAROMA JEZZI P., Il riporto delle perdite pregresse tra norme antielusive “speciali” e “generali”, cit., pag. 202, il quale evidenzia come «il legislatore tra le possibili opzioni teoricamente a sua disposizione, ha scelto, in chiave con la natura personale dell’Irpeg, di collegare il diritto di effettuare il riporto al soggetto che ha realizzato le perdite inteso come entità giuridica, e non all’attività che le ha generate, intesa come entità economica. Ne discende che il riporto è in generale consentito se e nella misura in cui il soggetto titolare di reddito d’impresa che utilizza le perdite in questione sia lo stesso che le ha prodotte; vi dev’essere cioè, da un periodo d’imposta all’altro, continuità del lato soggettivo della vicenda della rilevanza ultrannuale delle perdite, risultando invece di per sé irrilevante l’eventuale continuità dal lato del patrimonio aziendale utilizzato o dell’attività svolta».

Dello stesso avviso è anche GARBARINO C.,Riporto delle perdite e disciplina antiabuso: profili comparatistici e di analisi economica, cit., pag. 648, il quale evidenzia come «l’analisi delle norme sul riporto delle perdite … indica che il principio generale dell’ordinamento in materia è quello secondo cui sia gli utili che le perdite vadano imputati ed attribuiti al soggetto che li ha generati».

Di diverso avviso è, invece, POGGIOLI M., L’inafferrabile asistematicità del trasferimento intersoggettivo delle perdite fiscali, tra disposizioni antielusive analitiche e clausola generale, in Riv. Dir. Trib., 2007, II, pag. 404, il quale ritiene che nell’art. 84 del TUIR «manca un espresso, incontrovertibile riferimento alla necessitata identità tra soggetto che realizza la perdita e soggetto che utilizza in compensazione la medesima».

sociale, soprattutto per prevenire comportamenti elusivi posti in essere nell’ambito di operazioni straordinarie. Invero, le compenetrazioni soggettive (si pensi alle fusioni) oppure i cambiamenti di soggetto economico (si pensi alle cessioni di partecipazioni), che derivano da tali operazioni straordinarie, stridono con «un sistema che collega

indiscriminatamente soggetto e riporto delle perdite» (252), per il fatto che il riporto rischia di diventare uno strumento per attribuire le perdite ad una diversa società, che già prima dell’operazione svolgeva una diversa e redditizia attività economica (253).

In tale prospettiva si collocano, ad esempio, i reiterati interventi legislativi che, nel tentativo di arginare il fenomeno delle fusioni di

(252) Così, LUPI R.,Profili tributari della fusione di società, cit., pag. 294-296, il quale rileva che la scelta di ricollegare il riporto delle perdite al soggetto che tali perdite ha prodotto appare distorsivo nella misura in cui permette di compensare i redditi di un certo ente con le perdite pregresse, relative non solo ad una diversa organizzazione economica, ma addirittura ad un soggetto giuridico che, nel periodo in cui furono realizzate le perdite, era del tutto distinto da quello che effettua la compensazione. Per tale ragione l’A. ritiene che «la normativa in vigore fino al giugno 1986 trascurò di tener conto che, mentre intuitivi ostacoli biologici impediscono alle persone fisiche di compenetrarsi e dar luogo a un unico soggetto, ciò non accade per le società. Le sin troppo note vicende del commercio delle c.d. “bare fiscali” e delle fusioni di comodo derivano quindi dalla mancata introduzione, a regime, di strumenti correttivi (per le persone giuridiche) del già esaminato collegamento tra soggetto e riporto delle perdite. E’ quindi da apprezzare il tentativo di reprimere il fenomeno correggendo la normativa piuttosto che facendo valere la pretesa “elusività” … di singole operazioni» (così, nota 11 a pag. 298). Dello stesso avviso è CROVATO F., Riporto delle perdite ed operazioni straordinarie, cit., pag. 614.

(253) Peraltro, per quanto riguarda le fusioni e le scissioni, il subentro della società risultante dalla fusione o della beneficiaria, in caso di scissione, nella titolarità del diritto al riporto delle perdite fiscali dei soggetti partecipanti a tali operazioni, rappresenta una conseguenza poco coerente con la ricostruzione che, sul piano civilistico, è stata fornita di tali operazioni, la cui natura ed efficacia viene individuata in chiave di mera modificazione del contratto sociale e, quindi, di compenetrazione (nel caso di fusione) o ripartizione di organismi e strutture organizzative (nel caso di scissione). In tal senso si esprime LAROMA JEZZI P., Il riporto delle perdite pregresse tra norme antielusive “speciali” e “generali”, cit., pag. 203, il quale osserva come «dal momento che né la fusione né la scissione recidono il preesistente rapporto oggettivo e funzionale tra il patrimonio dell’impresa e l’esercizio dell’attività, da un lato, e tra il patrimonio medesimo con il gruppo di soci cui tale attività, nella sua giuridica organizzazione ed imputazione, fa capo, dall’altro, è coerente apprezzare tali vicende, non già in termini estintivo-creativi della soggettività giuridica delle società in esse coinvolte, ma in chiave di prosecuzione dello stesso ciclo produttivo e reddituale; con il corollario che risulta integrata la continuità soggettiva tra i periodi d’imposta

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