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Come si compongono le famiglie?

2.2 LE FAMIGLIE IN ITALIA: UNO SGUARDO AL PROFILO DEMOGRAFICO

2.2.2 Come si compongono le famiglie?

Con il passaggio dell’Italia da paese agricolo a industriale prima, e terziario poi, si è assistito ad un dimezzamento della dimensione media delle famiglie (da 4 unità al censimento del 1951 si è ridotto a 2,6 in occasione dell’ultima rilevazione censuaria del 2001, scendendo a 2,5 alla luce delle risultanze anagrafiche a fine dicembre 2004), tanto che alcuni studiosi parlano di fenomeno della polverizzazione delle strutture familiari (cioè famiglie sempre più numerose ma sempre più piccole (Blangirado, Rimoldi 2006, 77).

La variazione del numero medio di componenti è, tuttavia, una misura di sintesi che esprime solo parzialmente l’importanza della metamorfosi avvenuta: nel corso di cinquant’anni si è stravolto il rapporto tra numero di famiglie minime (uni personali che nel 2003 sono del 25,8%) e il numero delle famiglie più grandi (con al meno cinque componenti che nel 2003 sono appena il 6,4%) (Blangiardo, Rimoldi 2006, 77-99).

Come mostrano i dati Istat (2004), crescono i single (da 19,3% del 1988 a 25,8% del 2003) e le coppie senza figli (nello stesso arco di tempo sopra menzionato passano da 17,8% a 19,7% ), mentre diminuiscono le coppie con figli (dal 49,4% al 40,0%) (Blangiardo, Rimoldi 2006, 77-99).

E’ necessario comunque tenere conto di come le strutture familiari risentono delle specificità socio demografiche e culturali che si diversificano a livello territoriale nel nostro Paese. L’Italia Centro-settentrionale, caratterizzata da una struttura per età della popolazione più vecchia, presenta anche la maggior quota di famiglie costituite da persone sole: rispettivamente il 28,7% nel Nord-ovest, 28 % nel Centro e 26% nel Nord-est (Blangiardo, Rimoldi 2006, 77-99).

Il fenomeno dell’accrescimento della contrazione della famiglia e dell’aumento delle famiglie uni personali, rappresenta uno degli aspetti più caratteristici dei cambiamenti della famiglia italiana. Ad esso vengono attribuite molteplici cause: da un lato il progressivo incremento della vita media porta all’aumento delle famiglie uni personali costituite da anziani in condizioni di vedovanza; dall’altro l’instabilità coniugale ha prodotto un progressivo frazionamento della coppia, con o senza figli, in una pluralità di forme familiari più piccole (Istat 2000).

Contemporaneamente la riduzione delle famiglie numerose più essere correlata ai cambiamenti sotto il profilo sociale e culturale che hanno modificato il rapporto tra i sessi (maggiore impiego delle donne nel mercato del lavoro e riduzione della fecondità), il rapporto tra le generazioni (il venir meno del modello patriarcale), sotto il profilo economico (aumento del valore costo dei figli) e sotto quello organizzativo (la difficile conciliazione fra tempi di lavoro e quelli di famiglia) (Istat 2005).

Centrale nel tema della trasformazione della famiglia è, dunque, la questione della drastica riduzione della natalità in Italia, la cui portata non sta tanto nella battuta d’arresto che si rileva tra la metà degli anni settanta e la metà degli anni ottanta, quanto nel fatto che il ristagno e il ritmo della discesa delle nascite hanno tenuto il passo anche negli anni successivi, sebbene con alcuni momenti di lieve ripresa. E ciò è avvenuto per la maggior

parte grazie all’aumento dell’afflusso migratorio verso il nostro Paese di individui che hanno conservato per qualche anno i comportamenti riproduttivi e demografici dei paesi di provenienza.

Al proposito, si porta all’attenzione come nel 2008 sono stati registrati circa 13 mila nuovi nati in più rispetto all’anno precedente; in media le donne residenti hanno avuto 1,42 figli. Questi dati sono in linea con la ripresa avviatasi a partire dalla seconda metà degli anni ’90, dopo 30 anni di calo ed il minimo storico delle nascite e della fecondità registrato nel 1995.

L’ammontare dei nati del 2008 potrebbe rappresentare un massimo relativo, cioè un picco difficilmente superabile nei prossimi anni, date le attuali caratteristiche e i comportamenti riproduttivi della popolazione femminile in età feconda (le stime per il 2009, ad esempio, sono inferiori di circa 7 mila nati) (Istat 2009). Meritano, inoltre, particolare attenzione le diverse modificazioni strutturali che caratterizzano il fenomeno: continua l’invecchiamento delle madri: il 5,7% dei nati ha una madre con almeno 40 anni, mentre prosegue la diminuzione dei nati da madri di età inferiore a 25 anni (l’11,1% del totale). Segue poi la crescita dei nati da genitori non coniugati: dall’8,1% del 1995 al 19,6% del 2008 (Istat 2009).

Tutto ciò conferma quanto sostiene Volpi “per la prima volta nella storia dell’umanità, la famiglia in quanto istituzione non tende necessariamente ai figli ma risulta, al contrario, da essi sempre più svincolata. Si può fare famiglia […] a prescindere dai figli, anche senza mettere al mondo dei figli […]. La qualità della di famiglia connessa a una coppia non è data dalla quantità di figli, non trova in ciò la sua forza quanto piuttosto nella qualità del legame di coppia che si estrinseca in durata e amalgama la coppia” (Volpi 2007, 31-34).

Il ritratto della famiglia italiana che ne esce, a seguito di questi cambiamenti demografici, è piuttosto variegato rispetto al passato: si riducono i fratelli, i cugini stanno sparendo, il numero di anziani supera quello dei bambini (si parla di 3,4 anziani di 65 e più anni per ogni bambino con meno di 6 anni (Volpi 2007, 8), si prolunga la permanenza dei figli nella famiglia d’origine (si parla che ben il 60% dei 18-34enni viva con almeno un genitore)36, aumentano le unioni libere, ma anche le separazioni e i divorzi (Blangiardo, Rimoldi 2006).

36 Rispetto ai primi anni Novanta l’incremento complessivo di questa proporzione è stato di quasi 4 punti

A partire dagli anni settanta, qualcosa quindi è cambiato nel comportamento degli italiani riguardo a questioni fondamentali quali il matrimonio, la famiglia e i figli. Sebbene la famiglia rimanga una delle aspirazioni a cui gli italiani anelano, le concezioni tradizionali cominciano ad incrinarsi e a declinare per lasciare spazio a visioni più moderne e laiche. Anche in Italia si afferma una pluralità di forme di vita sociale alle quali viene attribuita, o che rivendicano per sé, la qualifica di “famiglia”. Ciò conferma come il comportamento degli italiani comincia ad avvicinarsi a quello dei popoli degli altri paesi europei.

Ma il volto della famiglia italiana del XXI secolo, quand’anche rimodellato sotto il profilo del numero e della natura dei suoi componenti e “colorato” con i segni della multi etnicità, non sembra, tuttavia, denunciare i sintomi di una stagione di crisi, né sembra che l’istituzione familiare abbia perso in questi anni quella centralità nelle storie di vita che si fonda tipicamente sulla condivisione di un consolidato sistema di valori, tanto a livello individuale quanto nella società nel suo insieme. E’ ben vero che ci si sposa di meno, che si fanno complessivamente meno figli (ma il desiderio e la stessa propensione a divenire genitori non si contrae) e che l’instabilità matrimoniale così come la diffusione di “nuove” forme familiari si accresce, ma va allo stesso modo considerato che la famiglia resta ancor oggi sia il nodo centrale della vita affettiva, sia il modello di riferimento che più di ogni altro garantisce e distribuisce aiuto e solidarietà nonché costituisce il principale produttore e riproduttore di legami sociali.

Comprendere la morfogenesi della famiglia italiana oggi implica leggerne i cambiamenti in chiave dinamica, processuale e relazionale quali composti di mutamenti delle strutture e dei modelli culturali.