4.2. FAMIGLIE RICOMPOSTE E GESTIONE DELLE RISORSE ECONOMICHE
4.2.2 Cosa ci si divide? Cos’è di tua competenza? Cosa resta della mia?: fare i conti nelle
Come pensare e negoziare le transazione economiche nella complessa trama di relazioni delle costellazioni familiari ricomposte? A quali logiche di scambio rispondono ? Attraverso quali tipi di trasferimento si manifestano questi scambi (soldi liquidi, doni, regali)? qual è infine la loro durata e la loro evoluzione lungo la storia del bambino e quella della ricomposizione?
Trovare delle risposte a questi quesiti non è però semplice poiché per le “nuove” coppie che si formano dopo le precedenti unioni, le problematiche sono un po’ differenti rispetto a quelle della famiglia tradizionale, poiché non si tratta di saldare i conti, ma al contrario di inventare un meccanismo economico che permetta loro di vivere insieme.
Oltre a ciò la famiglia ricomposta non viene considerata da punto di vista giuridico (Rubellin-Devichi 2002), tant’è che i legami che esistono tra i membri di una famiglia ricomposta non vengono riconosciuti nel loro insieme, bensì ciascun sottosistema può prevedere diverse regolazioni giuridiche.
67 Ci si riferisce al proposito ad una ricerca di ateneo dell’Università “La Sapienza” di Roma coordinata dal
E’ però verosimile che anche la famiglia ricomposta, a prescindere da una formalizzazione, sia essa stessa una formazione sociale di sviluppo delle persona, meritevole di essere assistita, da una particolare tutela costituzionale. Peraltro, in difetto di una regolamentazione giuridica, i rapporti patrimoniali della famiglia ricomposta risentono talvolta di un pregresso e di un successivo e, quindi, in ogni caso esercitano effetti attuali e futuri di status dei figli, di coniuge e di parente di ciascun componente.
L’esame della regolamentazione legislativa porta a ribadire che anche la ricostituzioni di nuovi nuclei familiari da parte dei genitori separati e divorziati deve prevedere il protrarsi della responsabilità genitoriale rispetto ai figli dell’unione precedente, la quale rimane legato ai due parametri: le risorse dei genitori e i bisogni del minore.
Ma al di là delle dichiarazioni di principio, niente è veramente semplice quando bisogna fare i conti a più riprese, e con degli interlocutori con cui non si divide la vita e che non si sono scelti. Una coppia ricostituita deve necessariamente farlo con i partner precedenti, coinvolgendoli nei propri conti e in questa operazione si devono mettere a confronto diversi comportamenti, valori, stili educativi e disponibilità di risorse.
Si cita a titolo di esempio come la molteplicità di scenari che le ricomposizioni possono assumere, anche da un punto di vista patrimoniale, può incidere sull’obbligo a corrispondere l’assegno di mantenimento allorquando la nuova convivenza di un genitore avvenga con una persona benestante e con forti vincoli di solidarietà anche economica, ove il nuovo partner, seppur non chiamato a rispondere per i bisogni dei figli della precedente unione, fornirebbe una “contribuzione sotterranea” e tuttavia indiretta. In tal caso, il genitore non convivente, debitore del mantenimento, potrebbe ridurre o addirittura rimuovere tale obbligo di corrispondere l’assegno, previa decisione del giudice. Non già tuttavia perché è sorto un obbligo di legge in capo ai conviventi della nuova famiglia ricomposta salvo per il proprio genitore, ma in forza della destinazione sistematica di parte del reddito di questa famiglia al figlio in via di fatto o di accordo (Bruscuglia 2005).
Per quanto riguarda una contribuzione diretta del genitore acquisito, vi sono Paesi in cui si è tentato di definire, sulla base della volontà del genitore sociale o di altri criteri come la durata della coabitazione, la possibilità di stabilire un obbligo legale per il mantenimento dei figli di una precedente unione del partner. Si tratta comunque di una questione controversa in cui non è facile tramutare ciò che di fatto avviene, spesso in base ad una sorta di dovere morale e solidale, in un obbligo legale. D’altra parte finché ciò non
accadrà, il genitore acquisito non potrà usufruire neanche di eventuali benefici riservati a chi mantiene minori.
Un altro caso di ridimensionamento dell’assegno di mantenimento può avvenire nel caso in cui nascono nuovi figli che hanno gli stessi diritti di quelli nati dalla precedente unione ad essere mantenuti dai propri genitori: l’aver costituito una nuova famiglia e il dover contribuire ad un nuovo partner non viene preso in considerazione, ma la nascita dei figli può influire sul calcolo delle risorse economiche di un genitore separato.
In relazione all’aspetto relativo ai bisogni dei figli, ci si pone soprattutto il problema di portare allo stesso livello di benessere materiale i figli delle due famiglie di un genitore separato ed è stato riscontrato che si può pretendere una forma di condivisione proporzionale (Rescigno 2002).
Nei fatti però, ciò non è così facilmente percorribile: ogni genitore ha spesso a cuore di non mostrare alcuna preferenza verso i “propri” figli rispetto a quelli dell’altro. Ma questo postulato di partenza è spesso contraddetto dalla quotidianità. Più i bambini crescono, più le disuguaglianze rischiano di accentuarsi: come in ogni famiglia arriva un momento in cui si imporranno degli accordi, in base alle richieste di ciascuno. La difficoltà riguarda il fatto che la disuguaglianza fra fratelli fa eco a una situazione in cui, malgrado il linguaggio “ufficiale”, non tutti i bambini hanno esattamente la stessa condizione.
Si evince, dunque che, all’interno della famiglia ricomposta possano realizzarsi in concreto, in capo ai singoli componenti, o ad alcuni di essi, situazioni patrimoniali diverse e economicamente privilegiate le une rispetto alle altre che potrebbero minacciare, soprattutto a lungo andare, l’unità, la stabilità e la funzionalità della nuova struttura relazionale.
Potrebbero inoltre introdurre una maggiore difficoltà per il gruppo a riconoscere in se stesso la propria identità, in particolare nei rapporti economici verso terzi. Ad esempio in sede di adempimento dei debiti contratti per soddisfare i bisogni della famiglia che paga, oltre che prima ancora essere riconosciuto dall’esterno della società in caso di necessità, ad esempio per usufruire di eventuali vantaggi fiscali, ovvero ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e più in generale per poter esercitare diritti sociali e quindi poter godere delle misure di sostegno alla famiglia.
Di fronte a questi fenomeni, proprio con riguardo allo scarto innegabile che rimane tra fatto e diritto, non esistono nel nostro Ordinamento norme direttamente utilizzabili per la disciplina e quindi per una eventuale tutela della famiglia ricomposta. Alcuni giuristi
hanno parlato di giungere a forme di “regolamentazione pattizia”, ovvero come regolamentazione attraverso accordo, patto costituito da parte dei soggetti interessati, come sistema per colmare l’attuale vuoto legislativo che si riscontra nel nostro come in molti altri paesi (Rescigno 2002). Esso rimane sempre quello di più semplice uso in quanto appartiene al territorio dell’autonomia e della libertà dei privati.
Trovare nell’accordo la possibilità di dare una sistemazione non significa rispondere completamente e in maniera esaustiva ai problemi che insorgono in ciascun nucleo ricomposto, ma può rappresentare una possibile soluzione alla quale i soggetti si impegnano ad attenersi, e che poi siano disposti a rinegoziare. E’ evidente inoltre che ciò è possibile solo quando le parti interessate non siano coinvolte in una situazione conflittuale, particolarmente intenso e distruttivo.
Tuttavia rimane aperta la questione di richiedere la previsione a livello legislativo di strumenti che importino l’adempimento fra i componenti di idonei doveri di solidarietà economica a favore dei membri deboli o di appositi regimi patrimoniali.
Quali essi siano e come siano disciplinati, gli scambi economici nelle famiglie ricostituite non fanno che concretizzare lo stato e l’evoluzione delle relazioni che uniscono i differenti protagonisti. I soldi rimangono sempre, nel bene o nel male, l’elemento di coesione, soprattutto fintantoché i figli necessitano del mantenimento essi rappresentano il principio organizzatore delle relazioni in queste forme familiari.
Come afferma la studiosa francese Martial, che ha studiato da vicino le relazioni economiche nelle famiglie ricostituite “i soldi non traducono semplicemente la pluralità dei legami stretti fra i focolai domestici delle famiglie ricostituite e il loro carattere temporaneo. Nella maggior parte dei casi, li fa semplicemente esistere” (Martial 2004) come stupirsi, allora, del fatto che le transazioni finanziarie abbiano un tale peso nella quotidianità di tali famiglie?
PARTE SECONDA
DALLA TEORIA AL LAVORO SUL CAMPO
IL PERCORSO DI RICERCA
CAPITOLO 5
FAMIGLIE RICOMPOSTE E GESTIONE DELLE RISORSE ECONOMICHE. IL PERCORSO METODOLOGICO
5.1 IL DISEGNO DELLA RICERCA