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Modelli di gestione delle risorse economiche nella coppia

4.1 DIMENSIONI MATERIALI E RELAZIONI FAMILIARI

4.1.3 Modelli di gestione delle risorse economiche nella coppia

“L’amore e il denaro non marciano lungo strade differenti, né sono l’uno la negazione dell’altro. Al contrario: i comportamenti concreti come il denaro nella coppia riflettono ed esprimono modi molto precisi di voler bene all’altro e di voler bene a se stessi” (Coria 1994, 14).

Questa riflessione conferma come legame di coppia e legame familiare si ergono su caratteristiche di multidimensionalità, ove sono fortemente imbricate e reciprocamente connesse gli aspetti affettivi, sentimentali, solidaristici, sessuali ma anche quelli giuridici e economici.

Nonostante sfera economica, generalmente identificata da elementi di impersonalità, neutralità e logica dello scambio e della temporaneità, e la sfera familiare, generalmente ricondotta all’affetto, alla soggettività, alla partecipazione empatica, alla logica del “dono”, rispondano a logiche totalmente difformi, se non antitetiche, molti sono i fili che legano, in modo spesso inatteso, tali sfere, andando a creare intrecci spesso positivi, talvolta anche molto problematici, ma, comunque di grande rilievo concettuale (Facchini 2008).

Le relazioni sociali comportano sempre legami di mutua dipendenza tra le parti, che non necessariamente però essi risultano bilanciati, ovvero vi può essere che uno dei partner sia più dipendente dell’altro, creando nell’altro un ruolo di maggior potere (D’Amico 2006). Come spiega Di Nicola (2008), “la relazione di coppia si basa oggi, come ieri, sulla mutua dipendenza tra i coniugi, sulla complementarietà, anche se, ovviamente, sono cambiati forme, contenuti e intensità della dipendenza (Di Nicola 2008, 74)” . Ciò conferma come il legame di coppia, come ogni legame sociale, risponda in qualche modo ad un bisogno di dipendenza, per quanto di diversa natura ed intensità, variabile nel tempo e che in ogni legame sociale, colui che possiede e controlla delle risorse, occupa una posizione di potere nei confronti di un altro che necessita e ha bisogno di esse (Di Nicola 2008).

Come evidenziato ancora negli anni Sessanta nello studio di Blood e Wolfe (1960) Husbands and Wives, vi sono ampie evidenze che confermano come la dimensione delle risorse economiche, non sia solo fondamentale in quanto consente la sopravvivenza ai membri del nucleo familiare stesso, ma sia maggiormente predittiva rispetto alle credenze e

alle ideologie, nello spiegare le dimensioni connesse al controllo del potere in famiglia, alle dinamiche di dipendenza/autonomia dei membri e alla determinazione dei ruoli e delle aspettative di genere (D’Amico 2006; Ferree 1990, Facchini 2008).

In riferimento a ciò, va tenuta in considerazione l’importanza del legame molto forte tra potere economico, distribuzione del potere all’interno della famiglia e dinamiche di dipendenza nella coppia: “chi porta a casa i soldi è colui o colei che ha più potere e può così avere anche uno standard di vita diverso rispetto a chi non contribuisce al budget familiare (D’Amico 2006, 72).

In effetti se anche si suppone che i trasferimenti nella famiglia siano tali da effettuare una equa suddivisione del reddito, non tutte le fonti di reddito vanno considerate allo stesso modo: “mille euro guadagnati dalla moglie possono assumere un valore più elevato di mille euro datele dal marito per provvedere ai bisogni della famiglia” (Atkinson 2000, 55).

Ciò perché ogni trasferimento intrafamiliare di reddito apre un problema di “dipendenza”. Ed è proprio ricostruendo i processi intrafamiliari che attengono alla gestione delle risorse economiche e analizzando tali relazioni di dipendenza che si può verificare quanto sistemi di gestione del denaro asimmetrici producono variazioni consistenti nella qualità di vita complessiva degli individui che vivono sotto lo stesso tetto, spesso con livelli di consumo più bassi per i membri dipendenti, in special modo donne e bambini (Gambardella 2004).

Pertanto dipendenza e potere, pur apparendo a prima vista due caratteristiche estranee al codice dell’amore, di fatto rappresentano due dimensioni trasversali eminentemente costitutive delle relazioni familiari, la cui presenza e forza si coglie, però, in particolare allorquando implodono situazioni di conflitto.

Sono, infatti, i modi in cui le risorse economiche vengono gestite al suo interno, e più specificatamente nella coppia, che comportano che eventuali differenze dei redditi di uomini e donne, genitori e figli, si traducano in un riequilibrio dei livelli di consumo individuali e negli standard di vita o, al contrario, producano asimmetrie tra i partner e tra le generazioni.

L’attenuazione, piuttosto che la conferma o l’accentuazione delle differenze extrafamiliari dipendono da “quanto” dei redditi individualmente percepiti viene destinato al bilancio familiare e dalle voci che tale bilancio prevede da un lato, da “come” esso viene

ripartito tra i diversi componenti e, più in generale, tra consumi, risparmi, investimenti dall’altro.

Si precisa che le scelte a riguardo alle modalità di gestione dei beni prodotti sono il portato di processi decisionali, riconducibili in parte al dato economico, ossia all’ammontare delle risorse o alle complessive necessità familiari, ma anche in buona parte ai modelli culturali sottostanti ai rapporti di coppia e a quelli tra le generazioni e, più ancora, al ruolo assegnato, nei processi di costruzione della propria identità, alla reciprocità e all’appartenenza familiare piuttosto che alla propria soggettività (Mingione 1999)

I modelli di gestione del denaro sono notevolmente mutati nell’ultima metà del secolo, anche se il connubio tra tradizione e innovazione è ancora molto forte, in particolare nel nostro Paese ove non si sono manifestate forme di individualizzazione spinta dei percorsi familiari analoghe a quelle registratesi in altri paesi europei (Facchini 2004).

Non meno di cinquant’anni fa’ c’erano delle concezioni diffuse e comunemente accettate sulla distribuzione del denaro all’interno della famiglia e sui modi in cui le politiche sociali dovevano provvedere ai bisogni degli individui nelle famiglie65: la coppia sposata costituiva una un’unità finanziaria, in cui l’uomo era il precettore di reddito e la donna accettava una dipendenza economica in cambio di una sicurezza finanziaria. Ciò a conferma di come erano le norme e l’ideologia dominante, che regolano le relazioni familiari, più che non la disponibilità reale e concreta di risorse, a determinare chi esercitava potere in merito alla gestione del denaro.

Le ricerche compiute negli anni cinquanta mostrano che i modi con cui le coppie organizzavano le loro finanze rifletteva l’idea tradizionale dell’uomo come “bread winner”, la cui identità si radicava sul ruolo di capofamiglia.

Per quanto riguarda il rapporto delle donne con il denaro, i contributi prevalentemente di matrice psicologica, lo affrontano evidenziandone l’esistenza di un “disagio di genere”, originato dal fatto che il denaro assume nell’inconscio collettivo femminile il significato di un simbolo di valore riservato al mondo maschile (Valcareghi

65 Al proposito si segnala che il Belveridge Report, che gettò le fondamenta dello stato assistenziale in Gran

Bretagna, affermava che “tutte le donne con il matrimonio acquisiscono un nuovo status economico e sociale con rischi e diritti diversi da quelli delle nubili. Con il matrimonio una donna guadagna il diritto legale al mantenimento da parte del marito come prima linea di difesa contro i rischi che ricadono direttamente sulla donna sola; accetta al tempo stesso di svolgere un servizio vitale ma non pagato e si rende esposta a nuovi rischi, incluso il rischio che la sua vita da sposata possa finire in modo prematuro per vedovanza o separazione” (Beveridge 1942 in Pahl 2004 p.107).

1997). Il disagio di genere nei confronti del denaro avrebbe origine dai fenomeni di esclusione dal lavoro e, soprattutto di esclusione dall’esercizio di una capacità di gestione delle risorse economiche, sancita per lungo tempo anche dall’organizzazione del nostro Paese, che ha impedito alle donne di sentirsi in diritto di guadagnare, spendere, gestire, investire, rischiare per conto proprio e senza autorizzazione di altri. Di fatto, alle donne spettavano compiti di amministratrici del patrimonio in modo “materno”, ovvero come ambito in cui si esprimevano le competenze tipicamente femminili del lavoro di cura della famiglia e dei suoi membri.

Com’è noto, gli ultimi decenni hanno visto la diffusione ed estensione di una serie di trasformazioni in tutti gli ambiti della famiglia, che hanno dato avvio a processi di trasformazione sia della struttura demografica della popolazione (forte contrazione dei tassi di natalità, posticipazione delle scelte riproduttivie, diminuzione dei quozienti di nuzialità, aumento dei divorzi e delle separazioni e delle seconde unioni), sia delle tipologie familiari, nonché i rapporti tra le generazioni e la struttura della parentela (allungamento delle generazioni compresenti e restringimento dei soggetti presenti per ogni generazione).

A fronte dei processi di cambiamento che hanno investito la famiglia, sostenuti tra l’altro dall’affermarsi di un modello relazionale basato non più sulla gerarchia, ma sull’autonomia dei soggetti e un’accentuazione del ruolo giocato dall’affettività e dall’intimità per quanto riguarda la relazione di coppia, unitamente ai cambiamenti nei modelli di intimità femminili anche i modelli di gestione del denaro e i “contratti di genere” sono stati attraversati da una serie di modificazioni (Ruspini 2003).

Come evidenzia Pahl (2004), “i modelli di gestione del denaro all’interno della famiglia sono interessanti non tanto in sé stessi, ma per quello che ci svelano riguardo ad altri soggetti. Il modo in cui la coppia gestisce le proprie finanze, il modo in cui i partner spiegano i loro accordi finanziari, può rivelare le loro aspirazioni e le loro paure riguardo alla relazione. Più in generale, esaminare i modelli di gestione del denaro può aiutarci a capire i contesti sociali, economici, culturali in cui vivono le coppie. Infine i modelli di gestione del denaro riflettono gli sviluppi dello stato sociale e il modo in cui la coppia gestisce le finanze può influenzare il benessere degli individui che vivono nella famiglia” (Pahl 2004, 107).

Prendendo come riferimento gli studi e le ricerche compiute sui modelli di gestione delle risorse economiche in famiglia, alcuni autori (Pahl 1989, 1995, 2004; Vogler e Pahl

199466) sono giunti ad individuare sei tipologie attorno alle quali si possono riassumere i comportamenti assunti dai componenti la coppia attorno alla questione del denaro:

 il sistema a fondo comune: comporta una completa o quasi completa condivisione delle entrate; entrambi i partner hanno accesso a tutto o quasi tutto il guadagno che entra nella famiglia ed entrambi spendono dal fondo comune, che spesso è un conto in banca comune;

 il sistema a contributo coinvolge separate sfere di responsabilità per le spese della casa. Tipicamente il marito da alla moglie una somma fissa di denaro per le spese della casa, alla quale lei può aggiungere i suoi guadagni, mentre il resto del denaro rimane sotto controllo del marito ed egli paga per le altre spese;

 il sistema dell’intera busta paga alla donna detto salario completo femminile comporta che il marito passi a sua moglie l’intera busta paga, tranne i soldi per le spese personali; la moglie aggiunge i suoi guadagni, se ce ne sono, ed è responsabile per la gestione degli affari finanziari della famiglia;

 il sistema dell’intera busta paga al marito detto salario completo maschile comporta che il marito si tiene tutta la busta paga ed assume da solo la responsabilità di gestire e controllare le finanze all’interno della famiglia; questo sistema può lasciare le mogli che sono senza lavoro senza alcun denaro da spendere;

 il sistema ad amministrazione indipendente detto gestione indipendente comporta che i partner hanno le loro proprie entrate e nessuno dei due ha accesso alle finanze della famiglia; tipicamente si suddividono le responsabilità delle bollette tra loro;

 il sistema a fondo comune parziale comporta che i partner mettono parte dei loro guadagni in un fondo comune, tipicamente in un conto bancario comune che usano per pagare le bollette principali, ma si tengono una proporzione sostanziosa dei loro guadagni in conti separati per le loro spese individuali.