6.1 I CONTENUTI DELLE INTERVISTE
6.1.9 La gestione delle risorse economiche
6.1.9.1. I modelli di gestione delle risorse
Tab. n.7: I modelli di gestione del denaro secondo la tipologia di Pahl (Pahl 1989, 1995).
Nucleo familiare Modello di gestione del denaro assunto
Cod. Nucleo 10 Modello di gestione fondo comune parziale
Cod. Nucleo 20 Modello di gestione fondo comune parziale
Cod. Nucleo 30 Modello di gestione indipendente
Cod. Nucleo 40 Modello di gestione a salario completo
maschile
Cod. Nucleo 50 Modello di gestione fondo comune parziale
Cod. Nucleo 60 Modello indipendente
Cod. Nucleo 70 Modello indipendente
Come si nota dalla tabella n.7, in quattro nuclei familiari viene confermata l’adesione a forme di gestione del denaro di tipo indipendente, tre nuclei organizzano le proprie risorse attorno ad un fondo comune parziale, mentre in un solo caso, si ha una gestione tendenzialmente individualizzata, attraverso il salario completo maschile72.
La differenza tra la forma di gestione indipendente e il modello a fondo comune parziale pare in apparenza piuttosto sottile, poiché in entrambi i casi i partner dividono le spese e si tengono una parte dei loro guadagni in conti separati per i loro bisogni individuali.
In realtà, l’aspetto che li contraddistingue riguarda appunto il margine di condivisione: mentre nel sistema ad amministrazione indipendente si ha una ripartizione molto precisa e chiara delle sole uscite comuni, nel sistema a fondo comune si ha una elevata condivisione delle uscita ma anche delle entrate. Questo implica che i partner hanno accesso anche ad una parte dei guadagni che entrano in famiglia, ed entrambi spendono dal fondo comune, salvo per gli aspetti strettamente legati alle spese individuali. Al proposito, si nota come nelle forme di gestione maggiormente indipendente, le spese per i figli acquisiti, sono totalmente a carico del genitore naturale, ovvero vi è uno sforzo compiuto dai partner di cercare di suddividere, nel possibile, ciò che a loro appartiene. Laddove invece ci si avvicina al fondo comune parziale, i partner aderiscono una minore individualizzazione dei figli sia quelli naturali che quelli acquisiti, mettendo in comune le risorse necessarie e primarie dei membri che vivono sotto lo stesso tetto.
Nella totalità dei casi, entrambi i partner hanno un proprio conto corrente, in due nuclei su otto, il partner ha la possibilità di accedervi. .
Un esempio di gestione indipendente è reso evidente nelle parole di un intervisto:
“per pagare le bollette facciamo metà a testa poi capita che ne paga due lei poi facciamo i conti e pago io finché non raggiungiamo la parità, a fine anno io ho nel computer tutte le bollette, facciamo in modo che lei ha messo metà e io metà, i costi della casa che corrispondono al mutuo lo pago tutto io perché questa è la casa delle bambine, in futuro resterà alle bambine. Ognuno ha il suo conto corrente, ognuno è autonomo, ognuno mette quanto serve..cerchiamo di essere più precisi possibili..io lo sento corretto per entrambi..” (30,6,M, S).
72 In merito alle caratteristiche dei singoli modelli di gestione del denaro si rinvia al capitolo quarto p.103,
Diverso punto di vista emerge invece dal racconto di un altro intervistato, che ci consente di cogliere come aderisce ad una gestione del denaro sorretta da margini di più elevata condivisione di quasi tutto il denaro a disposizione per la nuova famiglia:
“non abbiamo nulla di ufficiale perché non abbiamo nulla da dividere, l’organizzazione del denaro è legata ai bisogni.
Io verso un assegno di mantenimento alla mia ex,in realtà metà di quello che aveva deciso il giudice perché se no non ce la si fa, poi lei non ha mai posto legami se non mi paghi non li vedi […]Per le spese della casa non abbiamo un’organizzazione strutturata. Abbiamo provato il mese scorso a decidere un tot. fisso per esempio per fare la spesa in cui ognuno metteva metà però poi c’è sempre qualcosa che non ti ricordi o se hai una cena da fare però non abbiamo mai avuto questioni legate ai soldi […]. Abbiamo due conti separati e uno per il tempo libero poi io metto i soldi in un fondo per i bambini. Dal punto di vista organizzativo abbiamo diversi elementi in cui vengono distribuiti i risparmi poi per le spese mettiamo sempre assieme. Per le vacanze troviamo dei compromessi, a me piace più la montagna a lei più il mare per cui facciamo un tot e un tot” (50,10,M).
Va sottolineato, come sia il sistema indipendente che quello a fondo comune parziale, siano modelli che trovano fondamento essenzialmente sul fatto che entrambi i partner abbiano il loro reddito, così che entrambi possono tenere del denaro sotto il proprio controllo personale, mentre nello stesso momento contribuiscono alle spese della vita quotidiana: il sistema fa affidamento sul fatto che la coppia accetti una distinzione tra spese comuni e spese personali.
Considerando questi due sistemi lungo un continuum che va da una maggiore condivisione delle spese e da un minor controllo personale di entrate e uscite, verso il polo opposto che trova una maggiore suddivisione di responsabilità delle spese e un maggiore controllo personale delle proprie risorse, è risultato interessante ciò che alcuni intervistati hanno fatto emergere rispetto al fatto che, nella loro vita familiare, vi sia stata un’evoluzione lungo questo continuum in corrispondenza di alcuni cambiamenti avvenuti in famiglia e tra i partner:
Una intervistata narra infatti di aver compiuto delle riflessioni con il partner rispetto all’avanzare dell’età e, di conseguenza, alla potenziale crescita di esigenze di cura tra i membri la coppia, e come queste considerazioni abbiano comportato l’avvicinarsi verso forme di maggiore condivisione nella gestione del denaro:
“all’inizio della relazione non abbiamo affrontato il tema della gestione del denaro..e il nostro modo di organizzarci nelle spese era un po’..diciamo lasciato al caso..a chi combinava di andare a pagare la bolletta… le pagava e basta….il fatto invece di metterci a tavolino a capire come organizzare il denaro, lo abbiamo affrontato poi successivamente nell’ultimo anno […].. si anche perché, sa, io son divorziata lui è ancora separato e allora lui si è posto anche il problema e dice se a me viene, che ne so, sto male ..con l’avanzare dell’età magari ci sono delle esigenze diverse e cosa fai te se io ho bisogno??o non lo so se tu hai bisogno? …così abbiamo deciso che io mettessi almeno la firma nei suoi conti perché così posso gestire e prelevare se servono delle spese” (10,1,F,C).
In relazione al caso appena riportato, è utile specificare che l’accesso formale al conto, tramite la firma comune, non può essere considerata di per sé condizione necessaria e sufficiente per la gestione a fondo comune delle finanze familiari, poiché l’attribuzione di uno specifico potere nell’accesso reale al conto comune è fortemente dipendente dalla possibilità data al partner di prelevare denaro, di usare il bancomat, di firmare assegni. Seguendo le parole dell’intervistata, sembra che la scelta della firma sul conto sia legata maggiormente ad un suo riconoscimento di ruolo, quale attuale partner rispetto all’ex moglie, che può potenzialmente vantare dei diritti allorquando il partner non li possa esercitare, piuttosto che di una reale condivisione nella gestione del denaro di quest’ultimo. Si nota infatti come la scelta dell’accesso al conto corrente del partner assume, in questo caso, un alto valore simbolico in termini di poter rendere effettiva l’assunzione di una responsabilità diretta di un partner rispetto all’altro, laddove, in queste famiglie, non sussiste alcuna legittimazione formale rispetto ai compiti di cura intergenerazionale e tra le generazioni.
In questo caso, si può cogliere come tra i partner di queste famiglie, segnate da una molteplicità di appartenenze, a fronte di relazioni piuttosto consolidate e funzionanti, specie allorquando i figli sono adulti, si sviluppino degli interrogativi sul tipo di lealtà che le relazioni di cura entro la famiglia possono assumere, valorizzando e sostenendo l’importanza di legami di lealtà fondati sulla convivenza quotidiana, anche a scapito di quelli fondati sui legami di sangue.
“i figli della mia compagna sono ormai grandi…uno lavora in Cina…la figlia, ha un compagno e ha già una figlia…eh anche lei si è già separata e ha già un nuovo compagno..siamo tutti una continua famiglia ricomposta…ma siamo felici…a parte questo ecco per esempio io mi sento il nonno della piccola Teresa.. e lei mi chiama così…non sono il nonno di sangue…lui peraltro si è dileguato..ma quando la figlia della mia compagna ha bisogno di una mano per la bambina, lei sa che può fare affidamento su di me..io sono spesso a casa..io e Teresa ce la spassiamo..facciamo spesso le vacanze tutti insieme… e penso , anzi spero, che se un domani le cose continuano così, io penso che se avrò bisogno di una mano…la figlia della mia compagna..anche se non è mia figlia…ci sarà…o almeno mi piace pensare così” (10,2,M,C).
Anche un altro intervistato evidenzia che ci sono state delle evoluzioni nell’organizzazione delle risorse, per motivazioni legate invece all’oscillazione dei redditi percepiti tra i partner:
“noi ora dividiamo tutte le spese per due. La voce principale è spese alimentari, poi ci sono le bollette di luce gas e telefono e queste sono tutte divise per due. Nei primi anni le pagavo tutto io perché guadagnavo di più perché lei era part-time […] i primi 8 anni io ho pagato tutte le spese, dall’ottavo anno in poi quando i nostri stipendi e le entrate si equivalevano abbiamo sempre diviso 50%. Le spese condominiali relative alla casa le pago invece tutte io al 100% perché la casa è di mia proprietà, se ci sono piccole riparazioni le dividiamo in due. Abbiamo due conti correnti separati perché lavoriamo tutti e due, siamo tutti e due stipendiati, è inevitabile, abbiamo due entrate diverse e anche spese diverse perché tutte le spese relative a Lorenzo sono divise tra Anna e il suo ex marito, anche volendo non potremmo avere un conto unico” (20,4,M,S).
Queste tracce di narrazione ci consentono di fermare l’attenzione su due aspetti insiti nei modelli di organizzazione del denaro.
Innanzitutto l’ammontare del reddito familiare complessivo e il fatto che la donna lavori a tempo pieno e abbia un reddito relativamente alto, modifica le scelte relative alla gestione. L’aumento dell’entità totale di reddito e la duplice presenza di entrate per l’uomo e la donna fa crescere la propensione per il sistema indipendente, mentre mano a mano che cala si tende ad optare verso forme di maggiore condivisione per arrivare a forme di gestione in cui uno dei partner assume su di sé la responsabilità.
Quindi le finanze della famiglia sono gestite in modo indipendente quando entrambi possono godere di un senso di libertà e di autonomia personale, che è tale finché
il loro reddito è in linea di massima equivalente e i costi del mantenimento dei figli siano equamente distribuiti.
Si vede infatti che laddove la donna abbia un proprio reddito, ma parte di esso sia utilizzato per coprire il costo dei figli della precedente unione o dell’unione stessa, rimane un modello di indipendenza nella gestione del denaro che però è a svantaggio del partner che ha uscite personali maggiori ed entrate minori.
“Abbiamo due conti separati .e questo è importante perché ognuno dal proprio conto usa i soldi per i figli…i miei ormai sono grandi ma li devo comunque aiutare..il più piccolo ..oddio è maggiorenne..ma studia.. quindi sono io che l’ho sempre aiutato..suo padre si è volatilizzato e non ha mai messo una lira… quindi in casa ora .beh dividiamo praticamente quasi tutto o meglio è una divisione così l’affitto a metà, le bollette quelle più grosse le paga lui, quelle più piccole le pago io e la spesa la facciamo insieme, o meglio mi capita di farla più spesso io, e poi se ci sono spese importanti da fare in genere se ne occupa lui perché lui sta meglio di me economicamente quindi che ne so cambiare il divano o cambiare l’elettrodomestico, la lavatrice, quello si arrangia lui diciamo che siamo quasi a meta con una prevalenza un pochino sua però è una gestione che viene così di mese in mese rispetto alle spese che ci sono..io ho la firma nei suoi conti però non li uso mai cioè non…” (10,1,F,C).
Un’altra intervistata racconta:
“..io non voglio chiedere al mio compagno oltre al minimo essenziale che mette per le bollette..cerco di coprire con i miei fondi le spese per la casa..perché lui ha tutti i caos con la sua ex moglie ancora in piedi… la sua ex moglie non accetta di aver perso lui e il tenore di vita che avevano da sposati…quindi per calmare gli animi, non voglio appesantirlo, dicendogli di mettere più soldi..spero che nel tempo, lei si calmi.., non voglio anch’io fargli pesare che non mette come me…per fortuna il mio ex marito mi da i soldi regolari..così riesco a pagare il mutuo e le spese” (70,13,F,C).
Da questi stralci di racconti, si coglie come l’esistenza di un secondo reddito costituisce senza dubbio una variabile che porta verso una maggiore indipendenza dei partner nelle spese, anche se l’accesso a tale modello diminuisce progressivamente laddove l’entità di risorse percepite dai due partner sono differenti. Questo conferma come, anche in presenza di due redditi nella coppia, in talune occasioni si possa ancora scegliere forme di gestione del denaro, anche avvicinandosi alle forme del salario completo.
Nel caso dei nostri intervistati, tale modello è adottato da un nucleo familiare su otto: si tratta di una coppia, caratterizzata dall’unione esogamica italiano/camerunense, unita in seconde nozze. A differenza di quanto confermato dalle ricerche nazionali secondo cui quando è il partner maschile ad essere il più istruito, cresce il salario completo maschile, mentre quando lo è la donna aumenta il fondo comune o quello indipendente (Facchini 2004), nel caso in analisi si ha una situazione diversa, sulla quale risulta interessante soffermarsi. Nello specifico, in questo nucleo, la partner ha un titolo di studio elevato, anche se però non è riconosciuto in Italia, ma comunque superiore a quello del partner. La stessa ha quindi dovuto ripiegare su un impiego meno retribuito rispetto all’attuale marito.
Entrambi hanno comunque due stipendi. Ciò nonostante, dai loro racconti si coglie come abbiano impostato la vita familiare su logiche piuttosto tradizionali, che seguono l’idea che la coppia debba essere un’unità finanziaria, in cui l’uomo sia il principale precettore di reddito e la donna debba accettare una dipendenza economica in cambio di una sicurezza finanziaria.
Come spiega la partner:
“non mi da fastidio fare la spesa..anzi la vorrei fare, ma lui vuole che le spese della casa siano tutte sue, […] penso che lui faccia così perché anche nel primo matrimonio era sempre abituato a fare tutto lui..a me piacerebbe partecipare alle spese..ma lui non vuole..io mi gestisco i miei soldi che sono intestati anche a lui. Lui ci tiene ad occuparsi lui delle spese..lui nel mio conto ha messo una base dalla quale non andare oltre. Abbiamo due conti cointestati..io sono sicura che lui è rispettoso, per me….se dobbiamo fare acquisti che riguardano la casa li fa lui, ma se io vedo qualcosa che mi piace, tipo da vestire, lui mi chiede quanto ho speso. […], oggi per esempio ho fatto la spesa e lui vuole darmi i soldi ma io non glieli chiedo…” (40,7,F,C).
Dai pensieri di questa donna si evince che, nonostante la sua reale e oggettiva possibilità e volontà di contribuire con proprie risorse alla vita familiare, di fatto ciò le è reso impossibile dal marito. Pare che quest’ultimo necessiti di confermare, entro le mura domestiche del secondo matrimonio, l’ideologia del marito capofamiglia, che si rappresenta come tale soprattutto attraverso il controllo e gestione delle risorse. Mettere in discussione il ruolo tradizionale maschile potrebbe voler dire per esso rinunciare a parte del suo potere e ad un’identità costruita sull’essere appunto capofamiglia, in cambio di una relazione basata sulla parità e uguaglianza. Proseguendo nel discorso di questa donna:
“non riesco a fargli cambiare idee….ora non ne parliamo nemmeno più…salvo che lui mi fa il muso quando io compro troppi vestiti..eh sì..mi piace comprarli… poi io invio i soldi a mio figlio, che vive in Camerun, lui lo sa ma non posso dirgli esattamente quanto gli mando..grazie a dio,ho mia sorella che segue mio figlio, ….la scuola gliela pago io per tutto l’anno…per la paghetta mia sorella si arrangia..[…]. Ne parlo con mio marito ma non gli dico la cifra precisa …questa è una cosa mia” (40,7,F,C).
Questa frase conferma quando previsto in letteratura secondo cui “soprattutto nelle famiglie della classe operaria e delle classi inferiori in generale, i mariti raramente consentono che ci siano discussioni approfondite riguardanti la gestione del denaro, dal momento che si tratta di una problematica che, spesso, minaccia il loro senso di autoefficacia. In questi casi, l’abilità a soffocare ogni discussione riguardante i soldi costituisce un chiaro esempio della tendenza a dominare da parte del marito, che rinforza ulteriormente il suo potere attraverso il controllo delle discussioni” (D’Amico 2006, 75).
Si può ipotizzare che il mantenimento di queste norme tradizionali che regolano la relazione familiare rispetto a chi esercita il potere sulla gestione del denaro, più che la disponibilità reale di risorse tra i partner e la differenza di status sociale, possa essere alimentata e rinforzata a partire dalle diversità culturali. Proprie quest’ultime, laddove si giocano entro unioni misti, fondate da uomini italiani e donne provenienti da contesti tradizionali europei (per esempio dai Paesi dell’est) o extraeuropei (Africa e Sud-America), costituiscono delle variabili che favoriscono, anche nelle seconde unioni, istanze di “ritradizionalizzazione” della vita sentimentale e di coppia, le quali, come in questo caso, non trovano una perfetta adesione tra i generi. In effetti mentre la partner anela ad una riorganizzazione familiare “modernizzata”, che la vede assumere un ruolo paritario e indipendente rispetto al marito, quest’ultimo pare esprimere un bisogno di mantenere un legame di dipendenza con la partner, manifestando una resistenza all’instaurarsi di dinamiche entro la coppia che trovano un equilibrio tra i partner in termini di gestione del denaro, ed in fondo, di gestione del potere.
Nelle altre coppie che fanno parte dell’universo in studio, prevalgono racconti che confermano l’adesione a forme di organizzazione delle risorse e della vita quotidiana che tendono maggiormente a livelli sempre maggiori di indipendenza, anche se allorquando si entra nello specifico rispetto al reale accesso di risorse e soprattutto al suo utilizzo, si nota
che l’indipendenza sorretta da una uguaglianza è piuttosto desiderata ma difficilmente realizzata.
Si è notato infatti che l’autonomia finanziaria può creare però disuguaglianze nel potere di spesa all’interno delle coppie stesse: entrambi i partner possono godere di un certo grado di autonomia e libertà personale fin quando il loro reddito è in linea di massima equivalente.
In cinque nuclei su otto, si è potuto riscontrare come, anche in queste famiglie si rilevino differenze di genere sia riguardo alle responsabilità di spesa, sia rispetto alle differenze di guadagno. Tendenzialmente il fondo comune viene usato per pagare bollette, riparazioni di casa, acquisti per la casa, mentre in generale si occupano le donne, con propri fondi, a provvedere all’acquisto degli alimentari, alle spese per la cura dei figli della nuova coppia (vestiario, materiale scolastico etc).
Pertanto va posta molta attenzione al fatto che spesso il principio enunciato dalle