1.2 L’OGGETTO DI STUDIO “FAMIGLIA”: SEMANTICHE A CONFRONTO
1.2.2 La teoria in-distintiva: la conflazione centrale
Alla prospettiva individualista e a quella olista, si è ibridata una cosiddetta “terza via” definita “conflazione centrale” fra agency10 e strutture (Archer 1997). Questa semantica sviluppa un’idea di famiglia come “forma di vita” dipendente dalle decisioni degli individui legittimate culturalmente e strutturalmente, ovvero essa viene vista simultaneamente come una struttura capace di creare l’individuo o come una prassi individuale che genera le strutture cui poi fa riferimento come vincolo o risorsa per ogni ulteriore agire (Prandini 2006).
Caratteristica della conflazione centrale è certamente “l’ontologia della prassi” che definisce l’attore sociale in modo ipostratificato: l’idea di fondo è che “sono le pratiche sociali a costruirci” (Archer 1997). Questo comporta il dare rilevanza agli attori per ciò che fanno, mentre ciò che sono, esperiscono, pensano è meno determinante; viene da un lato omessa o trascurata la psicologia, la personalità dell’attore, dall’altro viene negata qualsiasi capacità di mediazione alla realtà extra sociale, per esempio la natura, i bisogni biologici, la trascendenza.
10 Nella accezione Archeriana, il termine “Agency” viene utilizzato come termine generico per riferirsi agli
individui nel loro agire che poi verranno distinti concettualmente in agenti, attori, persone (Archer 2006). L’
agency quindi indica la capacità di agire, l’agenzialità personale: la soggettività in atto laddove l’osservatore, più
Risulta evidente come attraverso questa semantica si compie un tentativo di superare l’inadeguatezza dei due modelli individualista e olista, retti su immagini speculari dell’essere umano l’una di completa autosufficienza dell’uomo l’altra enfatizzante la sua completa dipendenza dalla società, attraverso la combinazione, la creazione di mix o arrangiamenti tra essi. I numerosi teorici della conflazione centrale hanno in qualche modo cercato di mescolare in un unico prodotto l’ontologia personale e quella sociale, confondendole in un’ontologia monista. Per essi, la società è un orizzonte di possibilità virtuale esemplificato, momento per momento, dalla prassi degli attori che a loro volta sono “esempi” individualizzati del sociale. La realtà sociale è un sottoinsieme della cultura sociale, in quanto è socialmente costruita (Prandini 2004). In questo modo si rende indistinguibile l’azione e la struttura sociale, le quali sono mischiate assieme per cercare di “trascendere” il problema della relazione tra persona e società (Archer, 2006). Così si perde la possibilità di comprendere le loro reciproche influenze e, soprattutto, si rischia fortemente di cadere in un “sociologismo-individualistico” incapace di spiegare la morfogenesi della famiglia. L’esempio eclatante di teoria sociologica, che si basa sulla conflazione centrale, è dato dalla teoria della “dualità della struttura” di Giddens (Giddens 2000)11, che nata sull’onda dei processi di globalizzazione, sembra meglio adattarsi alle strutture sociali attuali.
Da un punto di vista della sociologia della famiglia, i lavori dello studioso Beck rappresentano un esempio di come questo approccio sociologico trovi una elaborazione teorica rilevante. Entro il “Normale caos dell’amore”, Beck (1996) sostiene che le persone oggi sono obbligate a rinegoziare tutto ciò che un tempo era considerato “solido”, in primo luogo la famiglia12 Questo porta a dover parlare sempre più di “famiglie” anziché usare il termine “famiglia” poiché, a partire dai processi epocali di cambiamento che trovano negli anni Settanta il loro punto di svolta, ogni forma di confine (interno/esterno, maschio/femmina/, padre/madre, marito/moglie) e distinzione base del modello tradizionale di famiglia (relazione tra sessi e le generazioni) viene travolto e rinegoziato.
11 Il sociologo inglese considera l’agire e la struttura come reciprocamente costitutivi e necessariamente legati
per formare una dualità:la struttura è in questo caso sia il mezzo per l’agire sia il prodotto della riproduzione delle pratiche. Le strutture e gli agenti sono ontologicamente inseparabili perché ciascuno entra nella costituzione dell’altro. Questa teoria, rende inseparabili azione e struttura, non permettendo l’analisi della loro relazione (Prandini 2004).
12 Va precisato che Beck intende per “famiglia” prevalentemente il modello statunitense degli anni Cinquanta
e Sessanta, ovvero la famiglia coniugale composta da due individui di sesso diverso, sposati, con figli, caratterizzata da una divisione del lavoro peculiare (breadwinner model) e separata dalla parentela (Prandini 2006).
Questa prospettiva tende a utilizzare come “norma sociale di riferimento” su cui analizzare le trasformazioni della famiglia, la famiglia nucleare statunitense degli anni Cinquanta Sessanta, senza considerare che quella, a sua volta, è stata una famiglia tipica solo per quell’epoca e non tipica nel senso di rappresentare un vero e proprio “universale empirico”. Secondo Beck (1996), il principio che guida e sottende questi processi, che va peraltro a costituire il lato individualistico-prassico della sua teoria, è “l’individualizzazione”13: “l’individuo deve imparare, pena la sua umiliazione, a vedere sé stesso come centro dell’azione, come ufficio programmazione delle possibilità e degli obblighi della sua esistenza. La società deve essere concepita, in rapporto a ciò che condiziona il corso di vita in formazione, come una variabile che può essere utilizzata individualmente” (Beck e Beck– Gernsheim 1996, 62). Volendo comprendere come le condizioni strutturali della società abbiano influenzato l’individualizzazione/indistinzione della famiglia, Beck aggiunge il lato strutturale sociale, andando a generare la conflazione centrale poiché a suo avviso “l’individualizzazione è la struttura sociale paradossale della seconda modernità” (Beck e Beck–Gernsheim 1996, 100).
Da un lato, si instaura un modello attivo dell’agire quotidiano che ha al centro l’io e che porta i legami sociali, le relazioni, i sistemi di credenze della prima modernità a perdere di significato. Ma dall’altra la differenziazione delle condizioni individuali procede di pari passo con un alto grado di standardizzazione. Le scelte e i tipi di comportamento, che inizialmente appaiono come del tutto privati, sono in realtà sempre più vincolati alle istituzioni come il mercato del lavoro, la cittadinanza, il sistema educativo, quello della sicurezza sociale.
Queste sfere sociali istituiscono norme sociali indirizzate agli individui e non più alle famiglie, producendo una cultura degli individui che deve rompere i legami e vivere solo di “legami liquidi”. Sorge quindi una nuova forma di soggettività e individualità sociale nella quale privato/pubblico, individuo/società si mescolano, si incrociano, si spingono a vicenda. Pertanto non esiste più alcuna norma familiare definitiva, anche perché lo stesso tentativo di definirla e oggettivarla, diventa ideologia, discriminazione nei confronti di altri punti di vista.
13 Per Beck (1996) “individualizzazione” significa che la biografia delle persone viene liberata dalle direttive e
dalle sicurezze tradizionali, dai controlli esterni e dalle leggi sul buon costume sovraregionali, posta nell’agire di ogni singolo, in modo aperto, dipendente dalle decisioni e come compito. Le quote della possibilità di vita sulle quali per principio non si può decidere diminuiscono, e aumentano le quote della biografia suscettibile di decisione, che si può stabilire da sé. La biografia normale si trasforma in biografia della scelta con tutte le costrizioni che i “brividi della libertà” che così si danno in cambio (Beck e Beck–Gernsheim 1996, 14).
In questo senso va evidenziato come la semantica della conflazione centrale interpreti il fenomeno “istituzionale” come capacità di controllo sociale e non come capacità di “ordinamento simbolico”di una realtà anche pre e meta sociale. Per esempio il diritto è concepito come “strumento” di legittimazione di nuove fenomenologie sociali e non con come forma istituzionale del sociale-umano. A ciò si collega il fatto che la teoria della conflazione centrale concepisce i fenomeni di de-istituzionalizzazione della famiglia come trade off con l’istituzionalizzazione, mentre evidentemente si tratta di re- istituzionalizzazione: una società senza norma è un controsenso (Prandini 2006). In conclusione, gli studiosi che seguono questa linea di pensiero preferiscono parlare di “costellazioni di quasi-famiglie” piuttosto che di “famiglia” e di una ricerca sociologica postfamiliare (Prandini 2006).