Come si è visto nei capitoli precedenti, la società italiana contemporanea è una realtà complessa e piuttosto diversificata, segnata da profondi mutamenti e molteplici contrasti e differenze territoriali, socio-economiche culturali, una realtà in cui troviamo compresenti la tradizione, la modernità e la post-modernità. Questa complessità e questa contraddittorietà si riflettono anche sui modi di concepire e fare famiglia, facendone emergere sia le analogie con gli altri paesi, sia le specificità e peculiarità.
Anche in Italia, l’instabilità coniugale ha modificato radicalmente le cause che stanno all’origine della formazione di altre forme di famiglia rispetto al modello della famiglia nucleare. Va precisato che, anche nel nostro Paese l’indicatore più significativo della rottura coniugale non è il divorzio, ma la separazione legale, che del divorzio ne è il presupposto necessario.
Pertanto anche nel panorama italiano separazioni e divorzi hanno introdotto nella famiglia la necessità di affrontare nuove transizioni, vale a dire la capacità di muoversi da un assetto relazione ad un altro.
Allorquando si vuole addivenire ad una quantificazione statistica del fenomeno delle ricomposizioni familiari, come già precedentemente accennato, si fa riferimento alla definizione e alla terminologia utilizzata dall’Istat che è quella di famiglia ricostituita52.
Partendo dalla definizione di cui sopra, sul piano quantitativo, l’Istat ha calcolato che nel 2003, le famiglie ricostituite sono state 721 mila e rappresentavano il 5% delle coppie; il loro numero è stato considerato in crescita rispetto a cinque anni prima, quando
52Secondo la definizione dell’Istat, per famiglia ricostituita si intende una coppia, con o senza figli, sposata o
convivente, in cui almeno uno dei partner proviene da una precedente unione matrimoniale, che si è conclusa per separazione, divorzio o morte del coniuge (Istat 1998).
ammontavano a 555 mila, cioè pari al 3,8% delle coppie (Istat 2003). Esse comprendono coppie non coniugate (292 mila) e coppie coniugate in nuovo matrimonio (429 mila).
Per quanto riguarda quest’ultima tipologia, secondo recenti dati pubblicati dall’Istat (Istat 2010), i matrimoni successivi al primo sono in aumento: 34.137 nozze nel 2008, il 13,8% del totale.
I matrimoni con almeno uno sposo divorziato ammontano a 31.430 nel 2008 (il 92,1% del totale dei matrimoni successivi al primo) (Istat 2010). Per quanto riguarda l’età, gli uomini si risposano in media a 48 anni se sono divorziati e a 61 se sono vedovi, mentre le donne alle seconde nozze hanno mediamente 43 anni se divorziate e 48 anni se sono vedove (Istat 2010).
Come è naturale, i matrimoni successivi al primo53, e quindi parte delle famiglie ricomposte, sono più diffusi laddove si registrano i tassi di divorzio più elevati.
Al proposito rispetto alla distribuzione nel territorio nazionale, risulta che complessivamente le famiglie ricostituite sono più diffuse nel Nord (6,6% nel Nord-Est e 6,2% nel Nord-Ovest) e nei comuni centro delle aree metropolitane (5,6%) e meno nelle Isole (3,2%) e nei comuni di medie dimensioni (4,7% nei comuni da 10 mila a 50 mila abitanti), dove, del resto, si registra una minore diffusione di separazioni e divorzi (Istat 2003).
La quota delle coppie non coniugate sul totale delle ricostituite, seppur ancora minoritaria, è aumentata con il passare degli anni: era il 26,5% negli anni 1993-1994 ed è arrivata al 40,5% nel 2003, anche tra coloro che hanno già ottenuto il divorzio, e specialmente se queste sono donne (Istat 2003). Questo può essere un segnale della tendenza alla de istituzionalizzazione della vita di coppia, per cui si preferisce l’informalità dell’unione anche quando sarebbe possibile formalizzarla con il matrimonio.
Per quanto riguarda le differenze di genere, emerge una maggiore tendenza di trovare donne nubili rispetto agli uomini celibi al momento della formazione della famiglia ricomposta: sono infatti nubili il 52,6% delle spose, mentre sono celibi solo il 31,3% degli sposi (Istat 2003). Ne deriva che il coniuge con alle spalle un precedente matrimonio finito
53Per quanto le percentuali più elevate di matrimoni con almeno uno sposo alle seconde nozze si osservano,
nell’ordine, in Liguria (24,2% del totale delle celebrazioni), in Friuli-Venezia Giulia (22,7%), in Piemonte (22,2%), nella Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano (21,7%). All’opposto si collocano la Basilicata (5,8%) e la Calabria (circa il 6,5%) con valori percentuali più che dimezzati rispetto al valore medio nazionale (Istat 2010).
per divorzio o vedovanza, è infatti più spesso l’uomo con una percentuale del 68,8% piuttosto che la donna la cui percentuale si attesta sul 47,4% delle coppie (Istat 2003).
Questi dati consentono di mettere in evidenza come donne e uomini mettano in atto strategie e comportamenti differenti in seguito all’evento della separazione e come ciò condizioni le traiettorie di vita successive.
Gli uomini tornano più facilmente nella condizione di celibi, attivando un maggiore recupero della rete amicale, una intensificazione della vita relazionale, attraverso nuove e spesso frequenti relazioni affettive, che favoriscono la possibilità di dare avvio a nuove convivenze o matrimonio.
All’opposto le donne, che sperimentano la fine di un’esperienza coniugale, sembrano avere una minore propensione ad un secondo matrimonio rispetto agli uomini. Esse tendono a isolarsi e a restringere così le reti amicali, si appoggiano alla rete parentale, tornano quindi nella condizione di ‘figlie’, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso.
A ciò si aggiungono due aspetti di non poco conto: le donne sono molto spesso le collocatarie dei figli e ciò può costituire uno svantaggio alla formazione di una nuova coppia: si riducono tempo e energie per stabilire e investire in nuove relazioni affettive.
Le rilevazioni statistiche confermano come l’età relativamente avanzata in cui si divorzia penalizza maggiormente le donne, le quali presentano in generale rispetto agli uomini una maggiore fatica nel considerare chiusa la partita con l’ex marito.
Rispetto alla traiettoria che porta alla ricomposizione, come già accennato i dati ci dicono che l’aumento dell’instabilità coniugale ha modificato radicalmente le cause che stanno all’origine di nuove forme familiari, quali le famiglie con un solo genitore e le famiglie ricomposte: è sempre meno la vedovanza e sempre più la separazione e il divorzio.
I dati tratti dalle indagini statistiche dimostrano, altresì, come nelle coppie ricostituite sia maggiore la presenza di partner con esperienza di separazione o divorzio rispetto alla vedovanza: questo è vero soprattutto nelle coppie non coniugate, dove è separato o divorziato il 58,1% degli uomini e il 50% delle donne, mentre è vedovo il 9% degli uomini e il 19,3 % delle donne (Istat 2003).
L’interesse verso le tipologie familiari nate da episodi di instabilità coniugale deriva dalle importanti ripercussioni di vario ordine (economico, sociologico, psicologico) che una rottura dell’unione coniugale e la ricostituzione di nuove coppie produce sui membri della famiglia, e in particolare i nei nuovi intrecci relazionali e generazionali che si vengono a creare, soprattutto quando vi sono figli.
Si segnala come il 35,3% delle coppie ricostituite vive con i figli nati dall’attuale unione (si tratta di 255 mila famiglie), mentre il 21,1% (152 mila famiglie) vive con i figli nati da precedenti unioni assieme a figli avuti nell’ambito dell’unione attuale. Il restante 43,6% non ha figli conviventi (Istat 2003).
Come evidenzia Zanatta (2002), rispetto ad altri Paesi, in Italia “le famiglie ricostituite sono ancora poco diffuse ed anche per certi versi meno complesse (cioè meno frequentemente sono presenti e/o conviventi figli di un precedente matrimonio di uno dei partner, con o senza figli nati dall’attuale unione) per varie ragioni (Zanatta 2002, 108):
• circa la metà dei divorziati non ha figli (da noi la presenza di figli è ancora un forte deterrente alla rottura coniugale)
• l’età media delle coppie al momento della formazione della nuova famiglia è relativamente elevata (a causa della regolamentazione giuridica dello scioglimento del matrimonio) per cui non è molto frequente che dalla nuova coppia nascano altri figli;
• i divorziati italiano sposano preferibilmente e in misura crescente donne nubili, di solito senza figli;
• i figli nati da precedenti unioni vivono generalmente con la madre, che ha minori opportunità di risposarsi rispetto all’ex-marito”.
Tuttavia i dati più recenti mostrano la tendenza verso una maggiore e crescente complessità strutturale di queste famiglie: crescono quelle in cui sono presenti figli di uno solo dei partner oppure di un solo partner insieme a figli della nuova coppia (Istat 2003).
Questo aspetto diventa rilevante in quanto, come la denominazione stessa vuole indicare, presentano più variabili e fattori che possono contribuire all’aumento della complessità dei problemi da risolvere.
CAPITOLO 4
LE RISORSE ECONOMICHE: UNA CHIAVE DI LETTURA PER LEGGERE LE DINAMICHE FAMILIARI NELLE FAMIGLIE RICOMPOSTE