2.2 LE FAMIGLIE IN ITALIA: UNO SGUARDO AL PROFILO DEMOGRAFICO
2.2.3 Fratture nella storia familiare: separazioni e divorzi
Il legame di coppia rappresenta il punto di incontro e di mediazione tra storie familiari, ed insita nel suo divenire, vi è la fortuità ma anche l’imprevedibilità.
Oggigiorno all’imprevedibilità dell’incontro si aggiunge l’incertezza della sua durata e spesso, già nel momento in cui la coppia si forma, viene posta la domanda sulla possibilità o meno del prolungamento nel tempo del legame. L’etica della “scelta” che caratterizza
14%). In generale, a tutte le età, i maschi mostrano una maggiore resistenza rispetto alle femmine ad abbandonare il nido: setano in casa oltre il 70% dei maschi 25-29enni e quasi il 38% dei 30-34enni (Blangiardo, Rimoldi 2006, 87).
l’attuale fase storica portata ai limiti estremi significa che anche nel matrimonio, come in ogni altro aspetto della vita (lavoro, scuola, amicizie), nessuna scelta è irrevocabile.
La relazione di coppia come s’è detto si è “privatizzata”, si è cioè liberata da un’armatura (l’intervento delle famiglie d’origine nella scelta del coniuge, i vincoli sociali) e ha fatto emergere la relazione allo stato puro, che vede la sua consistenza nella qualità del legame e la giustificazione di una sua rottura nel decadimento di tale qualità. Le alte aspettative reciproche dei due coniugi, la ricerca del benessere personale, unite al calo del controllo sociale, fanno sì che la coppia, assai più facilmente del passato, si confronti e riveda più volte il patto a suo tempo stabilito e può accadere che da questo processo di revisione la relazione coniugale ne esca sconfitta. Pertanto la natura incerta e fragile della coppia sempre più autocentrata e sempre meno sostenuta dalla dimensione sociale del patto che lega, rende oggi il divorzio una prova possibile, un evento che può accadere nella storia coniugale.
Per quanto riguarda il fenomeno delle separazioni in Italia, la sua diffusione è stata alquanto lenta: l’incremento del tasso di separazione totale è stato contenuto sia negli anni ‘70 che negli anni ‘80 (in cui si assiste piuttosto ad una stagnazione), proprio quando nella maggior parte dei paesi occidentali è avvenuto il boom della diffusione delle rotture coniugali. A partire dagli anni ‘90 il numero di separazioni è iniziato a salire più rapidamente, in particolare dal 1996 in poi. La salita della curva è stata meno ripida tra il 2003 e il 2004, e nel 2005 si è registrato un lieve calo rispetto all’annata precedente, ciò nonostante nel periodo 1990-2002, le separazioni si sono quasi raddoppiate (Di Nicola 2008, 83).
Nel 2007 risultano complessivamente 81.359 separazioni (+1,2 rispetto al 2006) e 50.669 divorzi (+2,3%), pari rispettivamente a 273,8 e a 170,5 ogni 100.000 persone coniugate residenti (Istat 2009). L’86,3% delle separazioni e il 78,3% dei divorzi si sono conclusi con il rito consensuale.
Escludendo i procedimenti avviati in modo consensuale, il 73,3% delle richieste di separazione è stato presentato dalla moglie, mentre il 55,2% delle istanze di divorzio è stato presentato dal marito. All’atto della separazione i mariti hanno mediamente 44 anni e le mogli 41, mentre al divorzio rispettivamente 46 e 42 anni. In particolare, il 16,6% delle separazioni e il 19,8% dei divorzi riguardano donne dai 50 anni in su, percentuali in crescita rispetto al 2000 (erano pari rispettivamente, a 13,2% e 18,1%) anche per effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature (Istat 2009).
Risultano occupati circa l’85% dei mariti e il 65,5% delle mogli separatisi nel 2007; i coniugi occupati rappresentano rispettivamente l’86,1% e il 74,3% di coloro che hanno divorziato nel 2007.
Dire che “può accadere” e rilevare la frequenza con cui di fatto accade non significa, tuttavia, ritenere che la transazione del divorzio debba essere considerata alla stregua di qualsiasi transazione del ciclo di vita familiare (Cigoli, Scabini 2000). Ogni transazione, soprattutto se innescata da una perdita, porta con sé disorganizzazione e sofferenza, coinvolgendo tutta la rete di relazioni in cui un individuo è inserito. Separazione e divorzi, in particolare, sono la conseguenza di una frattura che si inserisce entro un contesto di perdita che non di rado degenera in odio e discordia e che mette profondamente a dura prova la famiglia, lasciando tracce profonde nella vita dei suoi membri. La crisi provocata dalla separazione va ben al di là del momento puntuale in cui si verifica la frattura:occorre pertanto parlare di processo di transazione (Cigoli, Scabini 2000).
La separazioni e il divorzio hanno introdotto dunque nella famiglia italiana la necessità di affrontare nuove transizioni, che hanno la sua specificità nel mettere uomini e donne, adulti e bambini nella necessità di muoversi da un assetto relazione ad un altro. In effetti questi istituti costituiscono il punto di arrivo di un complesso lavoro di rinegoziazione di diritti e di doveri, reso ancor più laborioso per la presenza dei figli e particolarmente problematico per il fatto che non sono stati ancora sviluppati modelli di rifermento all’azione (Di Nicola 2008).
Mentre nel passato gli assetti istituzionali della società erano chiaramente definiti, attraverso un sistema di norme e di modelli di comportamento che guidavano le diverse transazioni, tanto che le transazioni più problematiche, come l’adulterio, rappresentavano un momento di riconferma e di rafforzamento delle norme e delle regole relative alle relazioni coniugali e di filiazione
Al contrario oggi manca un sistema di norme socialmente condiviso per affrontare i nuovi assetti relazionali, le diverse forme di regolamentazione dei rapporti tra gli ex coniugi, tra genitori e figli e tra vecchi e nuovi legami affettivi, che accompagnano separazioni e divorzi.
Come dunque affrontare questa transazione? Potremmo dire che l’obiettivo fondamentale è affrontare la fine del patto sapendo portare in salvo il legame medesimo. Questa considerazione ci porta a chiamare in causa la natura fondante il legame familiare, la cui specificità è data dal suo carattere multidimensionale. Va da sé quindi che tale processo
passi inevitabilmente nel coinvolgere dimensioni affettive, sentimentali, solidaristiche, sessuali, anche quelle economiche e giuridiche.
Per quanto attiene alla cornice normativa, va considerato come nel nostro Paese la legislazione che regola lo scioglimento del matrimonio è stata introdotta più tardi rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Lo scioglimento del matrimonio è stato infatti introdotto con la legge n°898 del 1970 e successivamente modificata nel 1987 e nel 2006, per le questioni relative all’affidamento dei minori.
Nel corso di questi quarant’anni dall’emanazione della legge sul divorzio, rinunciando a concepire il divorzio come colpa (divorzio quindi come sanzione per chi ha messo in forse l’unità familiare) bensì come fallimento di un progetto di vita a due, la legislazione implicitamente rinuncia a difendere l’istituto matrimoniale in sé, concentrandosi sulle azioni atte ad attenuare la conflittualità giudiziaria e per meglio salvaguardare gli interessi dei minori coinvolti. A partire dalla considerazione che “il conflitto coniugale più che raro incidente di percorso sta diventando un esito altamente probabile e come tale sta ridefinendo il senso, il valore ed il significato del legame coniugale” (Di Nicola 2008, 84), si è sempre più diffusa la convinzione di non ritenere più in sé patologica la rottura dell’unione quanto l’incapacità dei divorziandi di pervenire sollecitamente e senza eccessi di conflittualità a forme di accordo equo, stabile ed efficace, teso a preservare la relazione genitoriale e tra le generazioni.
CAPITOLO 3
LA COSTELLAZIONE FAMILIARE RICOMPOSTA