4. LA NOSTRA RICERCA
5.3.2 L A CONCORRENZA
Per descrivere il livello di concorrenza interna tra istituti teatrali è necessario considerare i fattori che influiscono sull’evoluzione del mercato. Una ortodossa analisi di settore mostra che l’intensità della concorrenza dovrebbe essere molto elevata.115 In primo luogo è stato calcolato un eccesso di offerta nel settore teatrale rispetto alla domanda potenziale; Paola Dubini116 sostiene che in ogni settore culturale l’offerta
114 WEICK, (op. cit.).
115 NOVA, (op. cit.).
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supera notevolmente la domanda. Per esempio, nel settore teatrale operano 3311 aziende tra teatri, enti lirici, compagnie e orchestre (dati 1990), mediamente di piccole e piccolissime dimensioni. La tendenziale superiorità dell’offerta, rispetto al consumo potenziale, è dipesa, almeno in Italia, dalla rilevante crescita dell’offerta avvenuta negli anni Settanta e Ottanta spinta dalle elargizioni pubbliche, e dalla stagnazione della domanda che si è avuta negli anni Novanta.
A questo proposito, però, Carlo Repetti ritiene che quest’ottica sia sbagliata e che nel settore culturale sia l’offerta a creare la domanda. “A Genova troviamo due esempi significativi. L’arrivo di due grandi librerie – Mondadori e Feltrinelli – di alta qualità, non ha spazzato via le realtà più piccole, come si temeva, ma ha piuttosto allargato il mercato dell’acquisto del libro, alzando la qualità dell’offerta e della domanda, facendo leggere persone che prima non leggevano, e aumentando le letture di chi già leggeva.
Per i teatri è successa la stessa cosa. Nello stesso tempo hanno aperto la Corte, Sant’Agostino, il Modena e il Carlo Felice. Differenziando le proposte con l’immissione del teatro privato (il Genovese) l’offerta è più ampia, più specifica, con più qualità.
Ogni teatro ha trovato una sua distintiva identità. Il numero globale dei fruitori nei confronti del totale degli anni ’80 è cresciuto molto.”117
Carlo Fuortes118 fa un ulteriore passo avanti, collegando l’aumento della domanda che può derivare dall’aumento dell’offerta, con gli effetti in senso contrario legati al contemporaneo aumento di competitività di altri settori culturali; egli inoltre fa entrare in gioco una variabile fondamentale: il limite del tempo libero. In questo settore, infatti, non è possibile acquistare più di quanto si riesca a consumare, elemento distintivo di ogni comportamento consumistico.
Infine, sembra dimostrato che, in particolare nei sistemi culturali evoluti, un ampliamento della domanda non può che essere collegato ad un allargamento della fruizione dei beni e servizi culturali a quelle ampie fasce di popolazione che ne sono attualmente escluse. Obiettivo quanto mai complesso, alla luce dei vincoli e delle
116 DUBINI, (op. cit.).
117 Intervista del 9 aprile 2003 a Carlo Repetti, direttore del Teatro di Genova.
118 Carlo FUORTES, “La domanda di beni culturali in Italia. Alla ricerca di un modello esplicativo”, in Economia della cultura, a. XI n. 3, 2001.
rigidità derivanti dai fattori “istruzione” e “prezzo” e del mercato concorrenziale del tempo libero sempre più competitivo. Ma risultato assolutamente da perseguire per garantire un vero ampliamento del mercato dei beni e servizi culturali e dare piena legittimazione sociale alla spesa pubblica del settore.119
Altri fattori da considerare per la concorrenza sono, ad esempio, la struttura produttiva caratterizzata pesantemente dai costi fissi, che rende pressante l’esigenza di perseguire elevati livelli di impiego della capacità produttiva e ha effetti sulla competizione di prezzo (soprattutto nei teatri lirici).120 Ancora, si consideri l’esistenza di forti “barriere all’uscita”: la rilevanza sociale e culturale della produzione delle aziende artistiche erige barriere, non tanto economiche, quanto emozionali e sociali, all’uscita dal settore, cosicché lo stesso continua a essere popolato da un numero elevato di aziende, molte delle quali operano con efficacia artistica ed efficienza gestionale modeste.121
L’unica variabile che sembra alleviare parzialmente l’intensità della concorrenza è la tendenziale distanza geografica tra teatri. Tale fattore è stato nel passato un freno alla competizione per l’esistenza di barriere alla mobilità del pubblico, freno che tende peraltro in prospettiva a venire meno con la riduzione delle limitazioni fisiche e psicologiche al movimento dei consumatori e, almeno in alcune aree, con l’incremento della concentrazione di istituti teatrali.122
Nella valutazione della concorrenza va anche considerata un’ulteriore circostanza. La concorrenza tra teatri non si svolgerà più solo nell’attrazione di clienti, ma anche nella raccolta di fondi da privati, in ragione della tendenza alla riduzione dei contributi pubblici e dell’importanza crescente del finanziamento privato alla cultura. In questo senso la competizione si integra di componenti nuove: essa non sarà più solo finalizzata ad attrarre spettatori e vincolata all’ambito territoriale dove risiede il teatro, ma amplierà i suoi confini. Si tratterà di competere in un ambito competitivo più esteso nella
119 FUORTES, (op. cit.). Un ulteriore approfondimento sulla domanda di beni culturali in Italia è svolto nel terzo capitolo di questa tesi.
120 NOVA, (op. cit.).
121 NOVA, (op. cit.).
122 NOVA, (op. cit.).
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selezione di contributi da privati e magari, in un prossimo futuro, il confronto con i concorrenti si porrà anche per assicurarsi l’erogazione dei fondi pubblici.
Alla luce di queste considerazioni, Nova ritiene che l’intensità della concorrenza nel settore in esame sia relativamente accesa e probabilmente crescente. Questo in un quadro di competitività allargata, in evoluzione rispetto al passato e foriero di nuove sfide gestionali per il management dell’azienda teatrale.123
Secondo Sicca124 i teatri sono un esempio assai pregnante di imprese che prima ancora di competere attraverso l’offerta (“il cartellone”), competono nell’acquisizione delle risorse (direttori, artisti, ecc.), perché è dalla capacità di acquisirle che si rende possibile realizzare un vantaggio rispetto ai concorrenti. E tutto ciò su di un mercato come quello artistico in cui, con tanto anticipo rispetto a tanti settori industriali, la globalizzazione esiste da sempre.
Si confermano quindi come fondamentali le relazioni, in questo tipo di organizzazioni più che in qualsiasi altro. Un esempio famoso e ormai storico di concorrenza tra teatri, è la “guerra dei tre soldi” tra il Teatro di Genova e il Piccolo di Milano. Tutto nacque dalla ferma volontà di Ivo Chiesa di fare delle opere di Bertolt Brecht uno dei cardini del repertorio del proprio teatro; si trovò di fronte, però, l’ancor più ferma volontà di Paolo Grassi di non cedere di un millimetro il monopolio del Piccolo, sostenuto da accordi di esclusiva con la vedova del drammaturgo Helene Weigel e con Suhrkamp Verlag, l’editrice di Francoforte che deteneva i diritti di rappresentazione. Le opere maggiori di Brecht erano una delle più importanti frecce dell’arco del Piccolo; così mentre venivano concesse agli Stabili di Firenze e di Torino solo quelle minori, a Genova Grassi non voleva cedere nulla, vedendo nel teatro di Ivo Chiesa il suo più temibile concorrente.
Dopo circa dieci anni dalle prime richieste, nella stagione 1969/70 andò in scena il primo Brecht genovese (la “Madre Courage” di Lina Volonghi); ma lo scontro non si spense, anzi esplose sui giornali con una lettera, al vetriolo, inviata da Grassi alle redazioni. La guerra venne finalmente meno solo con il passaggio di Grassi alla
123 NOVA, (op. cit.).
124 SICCA (op. cit.).
sovrintendenza della Scala, e un accordo di collaborazione col Piccolo, diretto dal solo Strehler, imperniato proprio su Brecht.125
Le visioni degli operatori genovesi sul tema della concorrenza non sono univoche.
Pina Rando ritiene che non ci sia assolutamente concorrenza. “Proponiamo ognuno un tipo di teatro diverso, differente e perseguiamo tutti un unico scopo: la diffusione e il valore del Teatro e della cultura teatrale.”126
Apparentemente opposta la risposta di Sergio Maifredi: “C’è una positiva concorrenza, uno stimolo positivo; non c’è monopolio, è una cosa sana. Ci sono teatri, poi, verso cui si avverte di più una competizione e teatri con tanta distanza di programmazione. Per esempio con l’opera, Escobar ci faceva concorrenza (l’anno che è stato sovrintendente del Carlo Felice), usava contaminazioni (Pierino e il Lupo con Lucio Dalla, concerti di musica leggera, eccetera). Ci dovevamo chiedere ‘cosa c’è all’Opera questa sera?’:
adesso no. Pubblici distanti ed è giusto così. Il pubblico più vicino a noi è quello del Genovese e dell’Archivolto; hanno un programma diverso ma un pubblico simile per età e gusti al nostro. È un fatto positivo, perché possono nascere collaborazioni. È giusto consultarsi.”127
Sulla stessa lunghezza d’onda Carlo Repetti: “C’è concorrenza, ma non è il termine esatto. È un reciproco stimolo, si può dire. Non è un tentativo di strappare quote di mercato, l’ottica dell’impresa culturale è aumentare l’ampiezza e la qualità delle proposta per aumentare i fruitori. Il reciproco stimolo è essenziale perché porta a fare meglio.
Lo stesso discorso vale a livello nazionale, e Genova è considerata una delle capitali del teatro.”128
Sembra di poter riconoscere in queste posizioni la duplice natura della competizione che già era riconosciuta da Esiodo:
125 GIAMMUSSO, (op. cit.).
126 Intervista del 6 giugno 2003 a Pina Rando, direttore del Teatro dell’Archivolto.
127 Intervista del 22 aprile 2003 a Sergio Maifredi, vicedirettore del Teatro della Tosse.
128 Intervista del 9 aprile 2003 a Carlo Repetti, direttore del Teatro di Genova.
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“Non una soltanto, ma una duplice stirpe di Contese ha dimora sulla terra; l’una chi la conosce la loda, ma biasima l’altra, ché duplice è il loro animo.
L’una infatti fomenta guerra crudele e discordia,
odiosa! Non un mortale che l’ami; per necessità tuttavia, per volere immortale, è onorata, dura Contesa.
L’altra, per prima, la generò Notte oscura e la pose nel cuore della terra il figlio di Crono
che dimora alto nell’etere; molto più benefica agli uomini.
Spinge alla fatica anche chi giace inattivo.
E quando, senza lavoro, l’uomo vede il vicino,
ricco, che si affretta all’aratro e alla semina, volto alla cura della sua casa, allora gareggia il vicino con il vicino, proteso alla ricchezza; buona Contesa è questa per i mortali.
Il vasaio contende con il vasaio, il mastro col mastro, il mendicante invidia il mendicante; il cantore, il cantore.”129
Sempre nella cultura greca va ricordato che solo attraverso la gara veniva conosciuta l’opera teatrale, e l’opera d’arte in generale.130 “Competizione”, inoltre, deriva dal latino
“competere”, che significa “cercare insieme”, non “lavorare contro”. Non sono, quindi, incompatibili la competizione e l’arte, ma sempre che la competizione sia positiva e non distruttiva, stimolo a far meglio e non guerra.