4. LA NOSTRA RICERCA
5.1.3 R APPORTO DIRIGENTI – CONSIGLIO
Una delle criticità della struttura più sentite, sia in Italia che all’estero, è data dal rapporto non sempre facile, che si instaura tra la direzione e il consiglio di amministrazione nelle organizzazioni culturali.
19 NOVA, (op. cit.).
20 NOVA, (op. cit.).
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Per quanto siano molto variabili gli assetti giuridici delle organizzazioni culturali nel mondo, tutte hanno un consiglio (board in inglese).21 Secondo Marion Paquet22 il ruolo del consiglio dovrebbe essere di definire la mission dell’organizzazione, di determinare il ritmo delle sue attività, di assicurare la continuità e di promuovere la sua identità.
Cyril Houle23 identifica queste 11 funzioni:
1. Assicurare che le attività dell’organizzazione siano in linea con la sua mission 2. Stabilire i piani di lungo termine
3. Sovrintendere ai programmi dell’organizzazione 4. Nominare e supervisionare il direttore
5. Lavorare con il direttore e il resto dello staff 6. Agire da arbitro tra il direttore e il resto dello staff 7. Stabilire le politiche della gestione
8. Assicurare che siano soddisfatte le responsabilità etiche e legali 9. Acquisire e gestire le risorse finanziarie
10. Gestire la relazione tra l’organizzazione e il suo ambiente 11. Vigilare sulla performance del consiglio e dei suoi membri
Secondo Pierre-François Ouellette e Laurent Lapierre24 le responsabilità principali sono essenzialmente tre:
• L’impiego del direttore generale
• L’approvazione della direzione artistica proposta e delle proiezione annuali di budget
• La regolare valutazione dei risultati dell’organizzazione e il contributo dato dal suo direttore generale
21 Pierre-François OUELLETTE, Laurent LAPIERRE, “Management Boards of Arts Organisations” in FITZGIBBON M., KELLY A., (eds.), From Maestro to Manager: Critical Issues in Arts and Culture Management, Oak Tree Press, Dublin, 1997.
22 Marion PAQUET, Cultural Board Development Resources: An Annotated Bibliography, Centre for Cultural Management, University of Waterloo, 1988.
23 Cyril O. HOULE, Governing Boards: Their Nature and Nurture, Jossey-Bass, San Francisco, CA, 1989.
24 OUELLETTE, LAPIERRE, (op. cit.).
I problemi nascono di solito dalla mancanza di un background artistico da parte dei membri del board, che può provocare incomprensione con il corpo dell’organizzazione.
Tutti a parole sono d’accordo sulla necessità di mettere davanti a tutto le finalità artistiche, ma nei fatti capita che il consiglio senta più fortemente le pressioni da parte dei finanziatori, costringendo l’organizzazione a mettere a punto piani a lungo termine, e collocando al primo posto finalità diverse; è il caso, ad esempio, di una grande organizzazione musicale di Montreal, il cui consiglio ha dato vita ad un comitato per la pianificazione, che ha lavorato per ben due anni sull’orientamento delle politiche fondamentali dell’organizzazione senza incontrare una volta il suo direttore artistico. Si potrebbe parlare, a questo proposito, di una “dura legge della tecnocrazia”.25
Si sono consumati fiumi di inchiostro sulla corretta struttura che deve assumere il consiglio (il direttore generale dovrebbe esserne membro ex officio? Ci vuole un bilanciamento tra artisti e manager?), ma alla fine il successo o meno di ogni formula deriva dalle persone e non dalla struttura. Per evitare che direttore generale e board si danneggino l’un l’altro, ci deve essere una relazione fiduciaria tra i membri e il direttore. Molto quindi dipenderà dalle qualità dei singoli coinvolti, più che dalla formalizzazione dei ruoli. Il direttore deve sapere guadagnare la fiducia dei membri del consiglio mostrando di saper dare all’organizzazione delle competenze distintive, di saper guidare il suo staff, di saper controllare i costi e conquistare il pubblico.
Anche nei teatri di prosa italiani i rapporti fra Direttore, Consiglio di Amministrazione e Presidente sono spesso problematici e i ruoli non sempre chiari. Il “Decreto Tognoli”
assegna al direttore la responsabilità della gestione e dei programmi, che vanno
“sottoposti” al C.d.A.: l’interpretazione non è sempre univoca.26 Controverse (e soggettive) anche le funzioni dei presidenti (che hanno la rappresentanza legale e verso terzi). Per scelta o per necessità, ci sono Presidenti che di fatto svolgono funzioni dirigenziali, “invadendo” il campo del direttore. Il problema si intreccia con quello complesso e controverso della direzione unica, dell’eventuale delega artistica o
25 OUELLETTE, LAPIERRE, (op. cit.).
26 GALLINA, (op. cit.).
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organizzativa, o del recupero del modello storico della direzione a due, un artista e un organizzatore. Per metterlo correttamente a fuoco, dovremmo introdurre molti altri elementi di riflessione ma, forse, la soluzione si porrebbe comunque caso per caso, sulla base delle caratteristiche del teatro e della sua storia, del territorio e delle funzioni, della complessità aziendali, dei programmi, delle persone e delle loro competenze.
Uno dei fattori di difficoltà è costituito dal sistema dei valori tipici dell’organo di governo delle aziende teatrali.27 Quest’ultimo è tipicamente formato dai rappresentanti degli enti pubblici e dei privati che hanno dato vita all’istituzione e che ne finanziano istituzionalmente l’attività, vale a dire dei conferenti di capitale dell’azienda. Seppur i membri dell’organo di comando rivestono un ruolo fiduciario nei confronti del soggetto che li ha nominati, similmente alle imprese private nelle quali il consiglio di amministrazione è l’espressione dei proprietari, le regole comportamentali e il sistema dei valori tipici di tali soggetti assumono caratteristiche differenti. Alcune particolarità del funzionamento dell’organo di governo di aziende teatrali possono essere sintetizzate nel modo seguente:
• L’esercizio del potere gestionale è vincolato da regole statutarie definite a monte, cioè dalla volontà espressa dal fondatore. L’organo di governo è quindi sottoposto a vincoli gestionali, non potendo modificare, se non marginalmente, la destinazione del patrimonio sociale, l’obiettivo di fondo dell’istituto, l’impostazione strategica dell’attività. Esso si pone essenzialmente come lo strumento tecnico per la realizzazione degli obiettivi istituzionali all’interno di un quadro di vincoli predefiniti. Peraltro, il consiglio di direzione, fatti salvi i limiti sopra indicati, svolge un ruolo molto ampio, essendo responsabile in autonomia dell’amministrazione ordinaria e straordinaria dell’ente. Tale situazione è tipica delle organizzazioni non profit giuridicamente gestite come fondazioni. La volontà statutaria del fondatore non può essere modificata nello svolgimento dell’attività da parte dell’organo amministrativo, che rimane vincolato a tale espressione di volontà. La dottrina parla infatti del consiglio di amministrazione come “organo servente” del fondatore.
27 NOVA, (op. cit.).
• I meccanismi di funzionamento dell’organo di governo sono basati sulle regole tipiche dei “sistemi di clan”,28 ossia su rapporti di condivisione di valori basati sulla fiducia, sul senso di identificazione nell’istituzione, sulla comunanza di obiettivi immateriali e non misurabili. Ciò vuol dire che le dinamiche comportamentali interne all’organo di governo, connesse all’organo di governo, connesse alla selezione dei componenti, all’attribuzione delle cariche di gestione, all’esercizio del potere conferito e al controllo reciproco sono essenzialmente di natura sociale. Non esistono le regole di condotta tipiche del “mercato” o della “gerarchia”, ma valgono sistemi di funzionamento basati su vincoli, limiti e prassi non codificate, difficilmente misurabili e poco controllabili.
• La fonte di legittimazione degli amministratori si trova nel potere e nell’autorità dell’ente pubblico o del finanziatore privato che li ha nominati. Si verifica quindi una situazione complessa nella quale i componenti del consiglio devono esercitare il potere decisionale in autonomia rispetto ai soggetti da cui sono nominati ma, nello stesso tempo, sono strettamente legati, con relazioni personali e legami politici e sociali, al soggetto nominante. Pertanto, l’organo di governo può risultare formato da componenti che basano la loro capacità di direzione in parte sull’autorevolezza professionale (formazione accademica, competenze tecniche e artistiche, conoscenza del settore, visibilità su riviste specializzate e così via) e in parte sulla forza delle relazioni interpersonali con gli enti nominanti e sulla notorietà individuale. Ciò può influire sull’autonomia di direzione dell’organo di gestione, limitandone il grado di responsabilizzazione, la capacità di influenza e l’indipendenza di giudizio.
In sintesi, il funzionamento dell’organo di governo è caratterizzato, in gradi variabili a seconda dei casi, dall’esistenza di vincoli statutari all’esercizio del potere, da regole di comportamento di stampo “sociale” e da meccanismi di legittimazione di tipo politico.
Ciò rende difficile la formazione di una politica di governo economico stabile e condivisa. Limita inoltre l’esercizio del ruolo di indirizzo strategico delegato all’organo
28 Per il concetto di “clan” organizzativo si veda William G. OUCHI, “A Conceptual Framework for Design of Organisational Control Mechanisms”, Management Science, n. 25, 1979.
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di gestione che, nei casi patologici, può al limite trasformarsi in uno strumento formale che approva decisioni prese da altre fonti di potere.
Un altro fattore di complessità è connesso alla scarsa rappresentanza della collettività e del management nell’ambito dell’organo di governo dell’azienda teatrale29. Tali soggetti non nominano infatti generalmente propri rappresentanti diretti nell’organo di direzione, ma esercitano la loro influenza attraverso una partecipazione mediata: si tratta per la collettività dei rappresentanti degli enti pubblici, e per i lavoratori di un esponente dell’alta direzione. Tale circostanza determina il rischio di mancata o limitata tutela delle relative istanze.
La collettività è membro del soggetto economico esterno all’istituto, estraneo alla gestione operativa, dotato di scarsa capacità di influenza diretta sul consiglio di amministrazione. Cosicché, se la politica di governo impostata dal consiglio di amministrazione mentre sintetizza le aspettative dei vari attori istituzionali non tiene in debito conto gli interessi prevalenti della collettività, sorgono contrasti. La collettività potrebbe non condividere cioè la linea di governo prescelta e potrebbe manifestare il suo dissenso attraverso canali indiretti. A limitare tali potenziali conflitti esistono peraltro una serie di regole e vincoli gestionali, tra i quali la presenza di rappresentanti degli enti pubblici nell’organo di governo, la limitazione fissata dallo statuto all’azione gestionale dell’organo di direzione e, soprattutto, l’influenza indiretta che la collettività può esercitare con la valutazione culturale dell’ente. Dal che la posizione della collettività appare comunque sufficientemente tutelata.
Il management dell’organizzazione, anch’esso rispecchiato in via residuale nell’organo di governo, potrebbe trovarsi in conflitto con il consiglio di amministrazione. Anzi, la conflittualità tra organo di direzione e struttura personale rappresenta un problema tipico e frequente nel funzionamento degli assetti istituzionali di tale categoria di aziende.
In realtà, la cultura e i valori dominanti dell’organo di governo e del management, espressione di sintesi dell’organizzazione personale, possono essere disallineati. In molti casi, come detto, il consiglio di direzione esprime una cultura di gestione che è la sintesi di molteplici influenze, tra le quali le relazioni personali, i contatti politici, la
notorietà individuale possono giocare un ruolo rilevante, mentre la dirigenza basa il suo stile di gestione su prevalenti considerazioni artistiche e tecniche.
Citiamo due casi internazionali che possono aiutarci a inquadrare la concreta realtà del problema. Il primo viene dalla Spagna, ed è un tipico esempio di contrasto tra consiglio di amministrazione e management: è il caso dell’Orchestra Sinfonica di Barcellona, narrato da Castaner nel suo contributo a From Maestro to Manager.30 Isoliamo qui un episodio centrale nella storia dell’orchestra catalana: la nomina del primo direttore straniero.
Dal punto di vista della struttura, si tratta di un’orchestra governata da un organo supremo di direzione (il board) e da un direttore, cui è delegata la definizione della politica artistica e di gestione economica del teatro. Nel 1986, il board nomina, appunto, il primo direttore non spagnolo nella storia della formazione catalana, con l’obiettivo di elevare il livello qualitativo delle prestazioni artistiche, di selezionare a livello internazionale gli artisti coinvolti e di stimolare una maggiore professionalità tra i dipendenti e i collaboratori. Al momento della nomina vi è condivisione tra board e direttore sulla missione strategica da perseguire.
A tal fine, il direttore decide di ridurre progressivamente il peso delle opere di artisti catalani all’interno del programma artistico del teatro, posto che il pubblico ha dimostrato scarso interesse per tale repertorio e la qualità media delle rappresentazioni non era ritenuta soddisfacente.
La decisione operativa è volta a destinare le risorse finanziarie disponibili verso rappresentazioni più note, in modo da stimolare l’interesse del pubblico verso l’attività sinfonica proposta e, indirettamente, da incentivare il livello qualitativo delle prestazioni degli artisti.
Su tale decisione si crea un forte conflitto tra il management, rappresentato appunto dal direttore, e l’organo di governo: quest’ultimo infatti non condivide e non accetta lo stile
29 NOVA, (op. cit.).
30 Xavier CASTANER, “The Tension Between Artistic Leaders and Management in Arts Organisations:
The Case of Barcelona Simphony Orchestra”, in FITZGIBBON M., KELLY A., (eds.), From Maestro to Manager: Critical Issues in Arts and Culture Management, Oak Tree Press, Dublin, 1997.
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di conduzione del direttore, considerato che tra gli obiettivi statutari dell’orchestra è presente la valorizzazione del repertorio catalano.
Il conflitto non trova composizione: le motivazioni artistiche ed economiche avanzate dal management si scontrano con gli obiettivi sociali e statutari difesi dall’organo di governo, dove appunto il management di fatto non è rappresentato. La soluzione logica è quella delle dimissioni del direttore, che rinuncia all’incarico nel 1991.
Sempre restando nel campo delle orchestre, Nova31 cita come esempio di assetto istituzionale volto a contrastare il problema della bassa rappresentatività degli organi di governo, il caso della Colorado Symphony Orchestra.
Dopo il fallimento nel 1989 della Denver Symphony Orchestra, gli artisti che formavano tale orchestra, con il supporto di alcuni soci fondatori, decisero di lanciare una nuova fondazione musicale che potesse proporre alla città un repertorio sinfonico di buona qualità.
La forma istituzionale prescelta fu la “partnership”. In sostanza, gli artisti e i tecnici divennero fondatori della nuova istituzione, al pari dei soci pubblici e privati. Di conseguenza, il corpo artistico assunse le responsabilità e i rischi nella gestione che sono propri dei conferenti di capitale: da un lato, è divenuto parte attiva nel processo decisionale, avendo diritti di partecipazione agli organi di governo istituzionale (un terzo dei posti nei comitati amministrativi e i gestione sono riservati agli artisti), dall’altro, è remunerato in modo variabile in funzione dei risultati economici conseguiti.
La scelta di tale forma istituzionale aveva l’obiettivo principale di coinvolgere nella gestione la “risorsa chiave” per lo svolgimento dell’attività di un’azienda artistica e di migliorare l’efficienza gestionale, commisurando la remunerazione degli artisti ai surplus di bilancio. L’esperienza del primo decennio di attività ha dimostrato una coerenza dei risultati rispetto agli obiettivi prefigurati: infatti, pur esistendo inefficienze e lentezze nel processo decisionale, soprattutto al livello di scelte strategiche, la fondazione ha sempre chiuso il bilancio in pareggio.
31 NOVA, (op. cit.).
Secondo Jeremy Isaacs32, all’epoca dell’intervista direttore generale della Royal Opera House – Covent Garden, è un fondamentale prerequisito, per ogni membro del consiglio, essere appassionati d’arte, avere la capacità di sentire empatia per quello che il suo direttore e i suoi colleghi gli stanno dicendo. Non dovrebbero mai dimenticare che sono lì per evitare che tutta l’organizzazione deragli fuori dai binari; ma dovrebbero anche essere consapevoli della grande differenza che c’è tra l’amministrazione delle arti e quella di qualsiasi altro settore privato industriale o finanziario. Lì gli obiettivi sono assolutamente chiari e sono raggiunti con l’utile, la bottom line, fermi restando gli obblighi verso la forza lavoro; nelle arti la priorità non potrai mai essere l’utile. Se non si capisce questo, sostiene Isaacs, si sta solo perdendo il proprio tempo.
Per capire meglio queste dichiarazioni e l’importanza, che in Italia può apparire esagerata, data al dibattito sul ruolo del Consiglio, bisogna ricordare che vi è una grande differenza tra il Board di tradizione anglosassone e il Consiglio italiano. L’appartenenza al Board di un’istituzione artistica o culturale è subordinata ad un impegno attivo – in termini di partecipazione e di contributi finanziari – al governo economico; talvolta invece, nelle organizzazioni artistiche e culturali del nostro paese, l’appartenenza agli organi di governo economico è invece percepita come una carica onorifica.33
Analizzando la realtà degli stabili genovesi, si vede come il problema dei rapporti tra la direzione e il consiglio non è all’ordine al giorno, grazie all’intelligenza degli operatori.
Il caso più interessante è quello del Teatro di Genova. Essendo un teatro ad iniziativa pubblica ha una Assemblea, di cui fanno parte, secondo l’articolo 8 del suo statuto, i legali rappresentanti dei Soci Fondatori (Comune e Provincia di Genova, Regione Liguria) o loro delegati, e dodici membri, di cui otto nominati dal Comune di Genova, due dalla Provincia di Genova e due dalla Regione Liguria, più eventuali rappresentanti dei Soci Sostenitori, fino ad un massimo di tre. Il Consiglio di Amministrazione deve, secondo l’articolo 13 dello statuto, essere rappresentativo dei Soci Fondatori e degli eventuali Soci Sostenitori (attualmente solo la Fondazione Cassa di Risparmio di
32 Marian FITZGIBBON, “Speaking for Themselves”, in FITZGIBBON M., KELLY A., (eds.), From Maestro to Manager: Critical Issues in Arts and Culture Management, Oak Tree Press, Dublin, 1997.
33 DUBINI, (op. cit.).
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Genova e Imperia). I Consiglieri dovrebbero essere esperti del campo teatrale o amministrativo. 34 Naturalmente, non lavorando quotidianamente fianco a fianco con la direzione, potrebbero sorgere delle incomprensioni. Ma il lavoro è sempre proceduto sereno grazie a una grande arma: la comunicazione. È da poco diventato direttore quando, il 21 agosto del 1955, Ivo Chiesa redige la prima relazione al Consiglio di Amministrazione, e continua poi a stenderle, con cadenza più o meno mensile, numerandole progressivamente e proseguendo per tutta la sua carriera, nella convinzione che “una serata di lavoro mio e una mattinata di lavoro della dattilografa avrebbero significato un buon risparmio di tempo durante i lavori del Consiglio”35. Tali documenti, sempre ancorati ai fatti e alle cifre, coniugano precisione amministrativa, chiarezza espositiva e una grande passione.36
Al Teatro di Genova oggi vi è una divisione dei compiti di questo tipo: “il direttore presenta il programma artistico e finanziario, per anno solare, come da regolamento ministeriale (resta però la stagione tradizionale, e questo complica un po’ le cose). È compito del direttore, con la consulenza del condirettore, pianificare l’attività di produzione (e le riprese), che costituisce l’attività principale in cui l’ente si riconosce.
La scelta dei testi viene fatta insieme ai registi, come la scelta del cast, dello scenografo, ecc. Tutte le scelte sono poi presentate al Consiglio di Amministrazione, insieme alla proposta di stagione in ospitalità, alla proposta di attività culturali, alla politica dei prezzi e al bilancio finanziario, che si suddivide in due grandi voci per le entrate:
intervento pubblico e incassi di gestione (in parte sponsor, pubblicità, biglietti soprattutto, affitto spazi e altri). Va notato che lo Stabile ha un rapporto unico in Europa per un ente pubblico: 56% finanziamento pubblico e 44% altre entrate.
Il direttore generale presenta un programma annuale o triennale. Il C.d.A. analizza, eventualmente corregge, approva e dà mandato di eseguirlo al direttore. Il C.d.A. poi lo presenta, insieme ai revisori dei conti, all’assemblea (che approva).
34 ENTE AUTONOMO DEL TEATRO STABILE DI GENOVA, Statuto, 2000.
35 Ivo CHIESA, Relazione al Consiglio, n.8, 18 febbraio 1956, citata in GIAMMUSSO, (op. cit.).
36 GIAMMUSSO, (op. cit.).
Poi ogni mese o anche ogni tre settimane il C.d.A. si vede con la direzione per l’analisi dei passaggi intermedi della gestione; vi è quindi una costante verifica comune dell’andamento dell’attività.”37
Più semplice la situazione per gli altri due stabili, che attualmente hanno forma cooperativa. Il Consiglio di Amministrazione rappresenta i soci lavoratori, che compongono l’Assemblea dei soci, ed è quindi formato da chi già quotidianamente lavora per il teatro (come si può facilmente osservare nelle schede della Tosse e dell’Archivolto).
All’Archivolto, per esempio, Direttore e Presidente del C.d.A. coincidono, nella persona di Pina Rando. “Non abbiamo una struttura verticale. Una o più persone si occupano di un settore e fanno sempre riferimento al direttore (Pina Rando, che è presidente del C.d.A. e legale rappresentante del teatro), che collabora strettamente col direttore artistico e si avvale di un consulente artistico/organizzativo. Il direttore è responsabile del lavoro di tutti e ne risponde al consiglio che ha il compito di amministrare e controllare la gestione. Il rapporto tra dirigenti e consiglio è sicuramente di collaborazione.”38
Per quanto riguarda i ruoli, come spiega Sergio Maifredi, al Teatro della Tosse
“abbiamo due direttori artistici, che danno la linea artistica del teatro, confrontandosi con l’assemblea dei soci e il consiglio di amministrazione. Il C.d.A. si aspetta un’ipotesi di stagione dal vicedirettore e dai direttori artistici; a quel punto è il consiglio che
“abbiamo due direttori artistici, che danno la linea artistica del teatro, confrontandosi con l’assemblea dei soci e il consiglio di amministrazione. Il C.d.A. si aspetta un’ipotesi di stagione dal vicedirettore e dai direttori artistici; a quel punto è il consiglio che