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L’ EQUILIBRIO TRA DEDIZIONE E AUTO - INTERESSE

4. LA NOSTRA RICERCA

5.2.5 L’ EQUILIBRIO TRA DEDIZIONE E AUTO - INTERESSE

Il problema della motivazione è una delle questioni chiave in tutti gli studi di organizzazione. Le organizzazioni teatrali, come quelle culturali in genere, sono comunemente considerate fortunate da questo punto di vista, dovendo essere più facile coinvolgere le persone che vi lavorano, solitamente molto appassionate. D’altro canto, quando la motivazione viene meno, diventa impossibile lavorare, come dice Wilhelm Meister:79

“Povero Melina, faresti meglio a continuare a chiamarti Pfefferkuchen!80 Non nel tuo stato ma in te stesso sta la miseria che non riesci a dominare! Quale uomo al mondo che senza intima vocazione avesse scelto un mestiere, un’arte o un qualsiasi modo di vivere non dovrebbe, come te, trovare insopportabile il suo stato? Chi invece è nato con un’attitudine e la sviluppa, trova in essa la sua più bella esistenza! Nulla in terra è senza fatica; solo l’impulso interiore, lo slancio, l’amore ci aiutano a vincere gli ostacoli, ad aprirci la strada, e ci sollevano dalla cerchia angusta dove altri miseramente si

78 L’incredibile avventura di Shackleton è il soggetto di uno spettacolo del Teatro della Tosse, di e con Massimiliano Cividati. Pur essendo stata la sua terza spedizione un disastro totale dal punto di vista degli obiettivi realizzati, Shackleton non si fermò e ne organizzò una quarta (fu fermato definitivamente da un infarto quando stava per imbarcarsi).

79 Johann W. GOETHE, La vocazione teatrale di Wilhelm Meister, Mondadori, Milano, 1993, pagg. 107-109.

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affannano. Per te il palcoscenico non è che un assito, e le parti sono quello che è il penso81 per uno scolaro, e vedi gli spettatori con gli stessi occhi coi quali essi si vedono nei giorni di lavoro. A te può ben essere indifferente startene dietro uno scrittoio, chino sui registri, a segnare gli interessi versati da affamati tributari. Tu non senti il fuoco concentrato del tutto, che solo dallo spirito può ben essere scoperto, afferrato e messo in opera; tu non senti che nell’uomo vive una scintilla più alta, la quale, se non riceve nutrimento, se non è rinfocolata, viene ricoperta dalle ceneri della necessità e dell’indifferenza quotidiane, e tuttavia tarda a spegnersi e quasi mai del tutto si estingue.

Non senti nell’animo la forza di soffiare su questa scintilla, non senti nel cuore la ricchezza necessaria ad attizzarla quando è ridesta. Ti stringe la fame, ti angoscia la miseria, ma ignori che in ogni condizione stanno in agguato questi nemici, che si possono vincere solo con la letizia e l’equilibrio dell’animo. Fai bene ad aspirare ai limiti di un’occupazione comune: poiché, quale potresti adempiere che esigesse ingegno e coraggio? Dà a un soldato, a un uomo politico, a un sacerdote la tua mentalità, e con altrettanto diritto ciascuno di loro potrà lagnarsi della meschinità del suo stato. Non si son visti persino uomini così privi di umanità e di senso della vita da dichiarare che l’esistenza e la condizione dei mortali sono un nulla, sono miseria e polvere? Se fossero vive nel tuo petto le immagini di uomini operosi, se ti riscaldasse il cuore la fiamma della partecipazione, se quella disposizione d’animo che viene dall’intimo pervadesse tutta la tua persona, se i suoni della tua voce, le parole delle tue labbra avvincessero chi li ode, se in te ci fosse un sentimento abbastanza forte di te stesso, certamente ti cercheresti il luogo e l’occasione capaci di far sentire te stesso anche negli altri.”

Sergio Maifredi parla di una selezione naturale tra chi mantiene viva la passione e chi non crede più in quello che fa. “Ci sono momenti in cui alcuni iniziano a trovare il loro lavoro una fatica. Si sviluppa una sorta di processo continuo di selezione naturale: chi non se la sente di continuare, lascia. Il comune intento, poi, è contagioso. Va

80 Pfefferkuchen [panpepato] è l’ex nome d’arte del demotivato attore Melina, pieno di lamentele per la sua vita e la sua professione; con lui Wilhelm Meister passerà molte vicissitudini, guidando insieme una compagnia.

81 Lavoro scolastico dato per punizione.

considerato, però, che in un’organizzazione più strutturata c’è più difficoltà a mantenere l’entusiasmo. Se siamo tanti, non tutti possono sapere il perché si fanno certe cose.

Mantenere viva la motivazione è la cosa più difficile: è il nostro obiettivo principale.”82 Per Pina Rando “Dedizione, attaccamento, affezione e anche l’autointeresse diventano una cosa sola, unica e indissolubile, ma spesso l’autointeresse passa in secondo piano.”83

È un problema per il teatro quando le persone che vi lavorano lo fanno solo per auto-interesse. Jeremy Isaacs a questo proposito è molto deciso:84 “Bisogna dire [a chi lavora in teatro]: ciò per cui siamo qui è fare questo e farlo bene e lo dobbiamo alla gente che ci finanzia il più efficientemente possibile. Franco Zeffirelli ha detto de La Scala di Milano che è una mucca dalle mille mammelle. Voleva dire che c’erano mille persone lì – che ci sono ancora – ognuna delle quali pensa che l’obbligazione della Scala sia verso di loro e la loro vita, per tutta la durata della loro vita lavorativa – non verso l’arte e non verso il pubblico. Anche se poi fingono di essere i servitori della musica e si auto-glorificano nella réclame de La Scala. Ma principalmente vedono La Scala come la fonte dei loro mezzi di sostentamento ed entrate. Poi devi dire alle persone: voi siete in parte qui perché credete in ciò che state facendo qui, non per le remunerazioni finanziarie che vi porterà. Altrimenti, l’arte resta fuori dalla finestra o è sostenuta da un management debole in un atteggiamento di dipendenza in relazione al pubblico dal quale, in un modo o nell’altro, vengono le loro entrate.”

Per Patrick Mason, Direttore Artistico dell’Abbey Theatre di Dublino: “Naturalmente c’entra l’auto-interesse. Così usiamo il nostro sussidio, almeno in parte per pagare la gente. Quando la gente viene, ottiene almeno il minimo sindacale. Noi siamo essenzialmente un teatro professionale ed è quel teatro dove un artista può venire ed essere pagato almeno con un salario decente. Una delle prime cose che Yeats85 faceva

82 Intervista del 7 aprile 2003 a Sergio Maifredi, vicedirettore del Teatro della Tosse.

83 Intervista del 6 giugno 2003 a Pina Rando, direttore del Teatro dell’Archivolto.

84 FITZGIBBON, (op. cit.).

85 Il poeta è stato una sorta di fondatore spirituale dell’Abbey, nella veste di Direttore.

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con il suo sussidio era pagare gli attori, e da allora ad oggi questo è rimasto un valore chiave.”86

Sempre Mason ritiene che ci sia differenza nell’attaccamento tra chi opera nel nucleo artistico e chi ne è fuori. “Più ti avvicini al settore creativo, più alta la dedizione:

nessuno farebbe l’attore a meno che non volesse fare nient’altro nella vita. È la vita più terrificante possibile. Pochissimi sperimentano il glamour di un pugno di star. Il teatro è tenuto in funzione da migliaia di attori che lavorano molto duro e vengono sfruttati.

Quando ti metti a fare quelle che potrei chiamare – nel senso migliore – le parti più meccaniche del teatro, allora è difficile ispirare lo stesso entusiasmo. Tentiamo molto di coinvolgere ognuno nel processo, ma se ti occupi dell’entrata o del bar non è la stessa cosa che se ti occupi del palcoscenico. Ci sono delle differenze nella temperatura del coinvolgimento, dell’impegno e della dedizione.”87

Di parere opposto sono all’unanimità Pina Rando (“Non c’è differenza tra artisti e tecnici se non per la professionalità diversa”88), Sergio Maifredi (“C’è grande attaccamento in tutti i settori, tutti hanno lo stesso entusiasmo”89) e Carlo Repetti (“Non c’è differenza tra artisti e tecnici. La vita di giro aiuta molto ad unire tutta la compagnia”90).

Pare comunque generalmente confermata anche e soprattutto in teatro la superiorità degli incentivi immateriali su quelli materiali, di cui parla Chester Barnard, senza contraddire l’altra grande affermazione di Barnard: vanno ben distinti i fini dell’organizzazione dai moventi degli individui.91

A proposito del conflitto tra gli obiettivi dei singoli, studiando la gestione di una produzione teatrale in Finlandia, Ropo ed Eriksson92 ritengono che la gestione teatrale di successo richieda la messa a fuoco di una grande dedizione anche da parte dei

86 FITZGIBBON, (op. cit.).

87 FITZGIBBON, (op. cit.).

88 Intervista del 6 giugno 2003 a Pina Rando, direttore del Teatro dell’Archivolto.

89 Intervista del 7 aprile 2003 a Sergio Maifredi, vicedirettore del Teatro della Tosse.

90 Intervista del 30 aprile 2003 a Carlo Repetti, direttore del Teatro di Genova.

91 Chester BARNARD, The Functions of the Executive, Harvard College, Mass., 1938 (tr. it. Le funzioni del dirigente, UTET, Torino, 1970).

92 ROPO, ERIKSSON, (op. cit.).

manager, oltre che degli altri partecipanti chiave al processo. Nel caso da loro studiato, i conflitti nascevano dal fatto che ciascuno era dedito a obiettivi differenti (strategici e operativi). I conflitti, secondo loro, possono essere risolti in qualche misura attraverso una comunicazione migliorata. Ad ogni modo, la comunicazione non può essere vista come la panacea per tutte le difficoltà che sorgono nel gestione di una produzione teatrale.

Sulla necessaria comunicazione, è significativo quello che il filosofo Adorno scrive sull’esecuzione della musica da camera. Egli osserva che “il primo passo per eseguire la musica da camera è di imparare a non mettersi in luce, a tirarsi indietro. L’insieme non si realizza con l’autoaffermazione imperiosa delle singole parti, che produrrebbe un barbarico caos, ma riflettendo su se stessi e ponendosi dei limiti. I grandi esecutori di musica da camera, che conoscono il segreto di questa materia, tendono ad ascoltare il loro partner al punto di accennare appena la loro parte. L’analogia più prossima al comportamento degli esecutori di musica da camera è l’ideale del fair play nello sport inglese del passato”.93 L’analogia del fair play esprime la volontà dei musicisti di

“stare-insieme” e un senso di appartenenza e di adesione degli attori sociali alle regole del gioco, condivise da tutti per realizzare un unico obiettivo: “stare-insieme” attraverso la condivisione di un’esperienza estetica. Per raggiungere questo obiettivo i membri dell’organizzazione superano le distinzioni tra i ruoli e tra gli spazi prestabiliti, poiché ciascuno tende a identificarsi con l’organizzazione.94

Questo equilibrio totale è quello che sembra raggiunto al Teatro di Genova. “Siamo un modello molto compiuto di operatività aziendale, un modello di alta qualità. La società di valutazione aziendale Praxi ci ha definito un modello famigliare con monarca illuminato.”95

93 Theodor W. ADORNO, Einleitung in die Musiksoziologie. Zwolf theoretische Vorlesungen, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1962 (tr. it. Introduzione alla sociologia della musica, Einaudi, Torino, 1971).

94 SICCA, (op. cit.).

95 Intervista del 30 aprile 2003 a Carlo Repetti, direttore del Teatro di Genova.

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