4. LA NOSTRA RICERCA
5.2.3 D ICOTOMIA TRA LA DIMENSIONE ECONOMICA E QUELLA ARTISTICA
Abbiamo visto come nel mondo dello spettacolo debbano lavorare insieme persone dai percorsi culturali e formativi molto diversi; questo fenomeno è collegato a un altro aspetto problematico nella gestione delle aziende culturali, vale a dire la tensione fra la dimensione artistica e quella più strettamente economica. C’è una sorta di equivoco che rende spesso difficile la comprensione fra il mondo degli artisti e la cultura manageriale e che talvolta si traduce in contrasti fra la direzione artistica e quella amministrativa.61 La prima è tesa alla creatività, all’innovazione, all’espressione del potenziale artistico di cui l’azienda è portatrice e talvolta percepisce la parte amministrativa come un freno al libero sviluppo di idee; ne deriva la tendenza ad imporre scelte artistiche che richiedono risorse economiche superiori alle disponibilità e che rischiano di compromettere l’equilibrio economico e finanziario. La parte amministrativa non è sempre in grado di cogliere il valore del progetto culturale di cui l’azienda è portatrice, e di comunicare l’importanza dell’economicità come condizione di funzionamento e di sopravvivenza dell’azienda.62
La ricerca sistematica di efficienza e produttività comporta standardizzazione, rigidità dei processi, e può essere percepita come avvilimento della libertà nelle scelte: in realtà essa deve essere finalizzata a liberare risorse da impiegare nella valorizzazione della creatività e delle spinte innovative proprie delle attività artistiche e culturali.63
Il contrasto tra dimensione artistica ed economica può condurre, se non correttamente gestita, a conseguenze negative sull’operatività del teatro e sui risultati dello stesso. Si consideri, al riguardo, il caso della produzione di una commedia musicale (Jake’s Women di Neil Simon) al Teatro di Tampere,64 un importante teatro della cittadina di Tampere, rinomato centro culturale finlandese. Esso ha un ampio repertorio, formato da commedie, musical, e lavori più impegnativi, e ha una struttura con circa 100 dipendenti
61 DIMAGGIO, (op. cit.).
62 DUBINI P, (op. cit.).
63 DUBINI P, (op. cit.).
64 Caso tratto da ROPO, ERIKSSON, (op. cit.).
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tra attori, tecnici e personale amministrativo. I principali organi di responsabilità del teatro sono il consiglio direttivo, il direttore del teatro e il direttore amministrativo.
La commedia Jake’s Women fu inserita per la prima volta, come nuovo allestimento, nel programma della stagione 1994. Il direttore del teatro identificò il regista dello spettacolo e gli attori principali. Dopo un lungo periodo di allestimento e di prova, lo spettacolo, pur apprezzato dalla critica, ebbe un gradimento di pubblico molto modesto, al punto che dopo una decina di rappresentazioni fu sospesa la programmazione.
La ragione fondamentale dell’insuccesso è stata ravvisata nella divergenza degli obiettivi che gli attori-chiave del processo riponevano sul titolo e nella mancanza di un adeguato processo di comunicazione all’interno della struttura organizzativa. Da un lato, il direttore amministrativo e quello del teatro consideravano il titolo come un
“prodotto commerciale”: esso doveva essere realizzato con costi limitati, con un stile di rappresentazione “leggero” e moderno, in modo tale che lo spettacolo fosse considerato dal pubblico come un’opera di intrattenimento. L’obiettivo era “l’audience” e il successo economico dell’iniziativa. D’altro lato, il regista – un professionista scritturato per il titolo in questione che non aveva esperienza con il teatro e non conosceva il corpo artistico – intendeva realizzare un “prodotto artistico”, ovvero voleva esaltare la dimensione simbolica ed espressiva del titolo e il suo significato umano e culturale, e non gradiva l’imposizione di vincoli economici e la restrizione della sua libertà artistica.
Gli attori principali e lo staff tecnico non riuscirono a intendere l’obiettivo prioritario dell’opera e non entrarono in sintonia con il nuovo regista: ciò determinò la rinuncia all’incarico del protagonista e l’insorgenza di malumori e incomprensioni nello staff artistico e tecnico.
I personaggi leader del processo – direttore del teatro, regista, attori protagonisti – procedevano quindi secondo le personali aspettative riposte sull’opera. In sostanza, la diagnosi dell’insuccesso è legata al conflitto tra finalità operative differenti (artistiche ed economiche) e all’incapacità di comunicare le diverse esigenze e di risolvere i conflitti.
Nell’azienda teatrale la gestione delle interdipendenze presenta elementi di complessità, connessi alla forte dicotomia tra la dimensione economica e quella artistica interna a tali
organizzazioni. Nella realtà è stato riscontrato, infatti, che le istituzioni teatrali sono basate su strutture organizzative tipicamente funzionali, dove si contrappongono funzioni aventi caratterizzazione “economica” ad altre connotate da spirito “artistico”. È il caso dei grandi teatri d’opera, come quelli studiati da Auvinen, il quale ha condotto uno studio empirico sulla struttura organizzativa di quattro grandi istituzioni europee (Deutsche Berlin Oper, English National Opera, Finnish National Opera, Opéra Nationale de Paris) e ha riscontrato l’esistenza di tale dicotomia organizzativa e le difficoltà gestionali che ne derivano.65
Le coordinazioni produttive che presentano connotazione economica sono costituite, con frequenza, dall’area amministrativa, che comprende le funzioni amministrazione, finanza, legale, personale, contabilità; e dall’area del marketing in senso lato, che include la funzione di raccolta fondi, il servizio biglietteria, le attività di comunicazione e promozione. Invece, sono tipicamente caratterizzate da connotazione artistica la direzione artistica, quella musicale, quella del balletto e le funzioni tecniche (per esempio, scenografia). Tali funzioni si pongono, generalmente, sullo stesso livello della struttura gerarchica, nel senso che non esistono rapporti di sottomissione delle une (economiche) rispetto alle altre (artistiche); la struttura organizzativa è dunque relativamente piatta, impostata su un vario numero di funzioni al di sopra delle quali si pone la figura del sovrintendente.66
La divaricazione della struttura organizzativa rispecchia, di fatto, la duplice connotazione delle finalità e degli organi di governo di tali istituzioni. Si è visto, quanto agli obiettivi, che gli istituti teatrali concorrono principalmente al progresso culturale e artistico della collettività, ma che essi devono svolgere la loro funzione nel rispetto dell’equilibrio economico e patrimoniale duraturo dell’azienda e della soddisfazione dei clienti destinatari del servizio; si è visto che gli organi di governo economico sono composti da varie “anime” (tra cui quella artistica e quella imprenditoriale) che devono trovare tra loro un reciproco ed equo contemperamento. Se questa è la configurazione
65 T. AUVINEN, “Opera house: A difficult thing to manage? Artistic – economic dichotomy and its manifestations in the organisational structures of four opera organisations”, in AIMAC, Proceedings 5th International Conference on Arts & Cultural Management, Helsinki, 13-15 june 1999.
66 NOVA, (op. cit.).
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dell’assetto istituzionale, logica conseguenza è che gli organi esecutivi, che rappresentano l’assetto organizzativo e tecnico dell’azienda, si configurino in modo speculare, evidenziando tale duplice connotazione.67
La dicotomia tra dimensione artistica ed economica è quindi fattore immanente alle organizzazioni teatrali. Essa determina differenze e divergenze negli obiettivi, nei valori condivisi, negli stili di direzione, nei meccanismi di influenza all’interno della struttura operativa, e genera conseguenti difficoltà gestionali; è stato verificato, ad esempio, che la tensione tra dimensione artistica ed economica è causa di un elevato turnover del personale artistico.68
Quanto alle finalità, la sezione artistica è orientata all’espressione della creatività, alla sperimentazione e all’innovazione delle forme, all’ottenimento della qualità del prodotto; è invece disinteressata o poco attenta alla variabile economica, considerata come freno alla libertà intellettuale delle scelte artistiche e non quale vincolo necessario alla sopravvivenza dell’ente. L’anima economica è invece tesa al raggiungimento dell’economicità, nel senso di efficienza nello sfruttamento delle risorse economiche disponibili ed efficacia dei prodotti e servizi resi rispetto alle aspettative dei clienti, ed è spesso incapace di percepire e valorizzare il potenziale culturale di date proposte artistiche.69
Oltre alle differenze culturali, la parte artistica presenta spesso strutture di potere interne all’organizzazione di tipo non ufficiale, basate su organi e comitati non formalizzati, ed esercita stili di direzione di tipo informale; la parte economica è strutturata nell’aspetto organizzativo con maggiore rigore e usa meccanismi di influenza e di comando tipicamente formali e ufficiali. Tutto ciò spiega perché la gestione delle relazioni di interdipendenza e il coordinamento organizzativo siano attività dense di complessità nelle aziende teatrali. Le diversità di valori e di obiettivi, unitamente all’eguaglianza del potere a livello organizzativo, tendono a creare confusioni di ruolo, sovrapposizioni di attività e frequentemente contrasti che devono essere risolti in seno all’organizzazione.
A tal fine, è importante la figura del “direttore generale” (sovrintendente nella prassi
67 NOVA, (op. cit.).
68 CASTANER, (op. cit.).
69 NOVA, (op. cit.).
italiana dei teatri d’opera o general manager in quella anglosassone) che dovrebbe svolgere l’attività di coordinamento delle risorse, di appianamento degli eventuali conflitti interni e di sintesi in un modello unitario delle istanze e degli interessi dei diversi organi.70
Nel miglioramento della gestione del teatro è dunque importante lo sviluppo di una cultura aziendale unitaria e condivisa, congiuntamente basata sull’obiettivo artistico e sull’attenzione economica. In tale ambito, è essenziale la creazione, nella struttura organizzativa, di un ruolo di indirizzo e coordinamento, che sia capace di fondere efficacemente le istanze apportate dai due gruppi contrapposti, di appianare e risolvere i contrasti all’interno della struttura e di sviluppare nel tempo la sensibilità verso una nuova dimensione culturale nella gestione di enti artistici. Tale è il ruolo del sovrintendente, figura classica degli enti teatrali operistici avente funzioni simili a quelli di un “direttore generale” e responsabile del governo operativo dell’ente. È questa la figura professionale del manager dell’arte proprio della prassi anglosassone, soggetto che deve essere dotato di competenze artistiche e di capacità manageriali.71
Per Carlo Repetti, più che una dicotomia, c’è una “continua interdipendenza tra dimensione artistica ed economica, perché bisogna fare i conti col mercato. La nostra struttura è particolarmente sana: 50-60% di denaro pubblico, e 40-45% di entrate proprie (biglietti, pubblicità , piccoli sponsor, ecc.). La dimensione artistica talvolta può essere costretta. Mai però nel nostro teatro si è diminuita la qualità artistica per l’aspetto economico.”
Per quanto riguarda un’altra dicotomia importante per il teatro, quella tra tradizione e innovazione, essa non dipende “dall’economia, ma dalla crescita culturale del pubblico.
Il pubblico genovese è molto ricettivo, ma in quanto a innovazione non è il massimo.
Spesso delude l’accoglienza di spettacoli stranieri o di forte innovazione. Eppure non c’è un rapporto negativo con popolazione e reddito. Genova è una città molto teatrale.”72
70 AUVINEN, (op. cit.).
71 NOVA, (op. cit.).
72 Intervista del 30 aprile 2003 a Carlo Repetti, direttore del Teatro di Genova.
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Secondo Pina Rando “La dicotomia è percepita solo a livello teorico e non pratico. Per quanto riguarda l’innovazione, il nostro teatro è un teatro di innovazione per cui questa è la nostra vocazione.” 73
Sergio Maifredi crede che al Teatro della Tosse ci sia “una situazione fortunata, perché, grazie alla direzione artistica di due come Luzzati e Conte con tanti anni di esperienza, si pensa soltanto a fare in modo che il risultato sia forte dal punto di vista culturale. Ci immaginiamo lo spettatore ideale e quello che vorrebbe vedere. Tutto il lavoro di Luzzati e Conte sulle produzioni e mio per produzioni e ospitalità, è teso al risultato culturale per lo spettatore ideale. Noi pensiamo che tutta la stagione sia di richiamo, se c’è urgenza culturale. Cosa farei se mi chiedessi se i Persiani di Eschilo chiamano? Non me lo chiedo, mi chiedo ha senso raccontare la sconfitta di un popolo alla Fiumara? Se la risposta è sì, lo spettatore ideale viene. Non cerco lo scrittore più di richiamo, eccetera, ma solo l’urgenza di narrare una storia.”74