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L A STRUTTURA E IL POTERE

4. LA NOSTRA RICERCA

5.1.1 L A STRUTTURA E IL POTERE

cultura; 5.2.2 Amalgama tra diverse culture; 5.2.3 Dicotomia tra la dimensione economica e quella artistica; 5.2.4 La memoria organizzativa; 5.2.5 L’equilibrio tra dedizione e auto-interesse; 5.2.6 Un’organizzazione dionisiaca; 5.3.1 L’ambiente; 5.3.2 La concorrenza; 5.3.3 I network e la cooperazione interaziendale; 5.3.4 I rapporti con i finanziatori privati; 5.3.5 L’importanza delle relazioni esterne.

5.1.1 La struttura e il potere

La nostra analisi dell’organizzazione seguirà, per semplicità, le quattro variabili fondamentali individuate da Massimo Ferrante e Stefano Zan ne Il fenomeno organizzativo.1 Esse sono: la struttura, il potere, la cultura e l’ambiente. Non bisogna però cadere nell’errore di ritenere queste variabili indipendenti tra loro; al contrario, le interdipendenze sono così forti che l’analisi concreta, sviluppata nei prossimi paragrafi, delle organizzazioni teatrali sarà ricca di collegamenti trasversali, rinvii e, a volte, sovrapposizioni.

Partiamo dalla struttura, definita da Ferrante e Zan come “l’insieme delle specifiche modalità con cui ciascuna organizzazione gestisce e governa i processi di differenziazione e integrazione”.2 Nella nostra analisi, poi, sarà sostanzialmente accorpata alla variabile struttura la variabile potere. Prenderemo infatti in considerazione solo il potere legittimo, o autorità, derivante in maniera abbastanza

1 Massimo FERRANTE, Stefano ZAN, Il fenomeno organizzativo, Carocci, Roma, 1994.

2 FERRANTE M., ZAN S., (op. cit.), pag. 48. La definizione di organizzazione da cui partono è:

“l’organizzazione è una forma di azione collettiva reiterata basata su processi di differenziazione e di integrazione tendenzialmente stabili e intenzionali” (pag.31, corsivo originale).

lineare dall’organigramma, senza approfondire la possibile esistenza di potere come scambio asimmetrico di risorse e come influenza;3 questo per l’evidente difficoltà di comprendere certi fenomeni con una semplice intervista alla direzione.

La struttura organizzativa delle aziende culturali varia tipicamente in funzione della dimensione operativa delle stesse.4 Nelle piccole aziende la struttura è elementare, e caratterizzata da bassa formalizzazione, inesistenza di organi intermedi e stili gestionali basati sulle regole di clan. Con la crescita dimensionale la struttura diviene più articolata. Tipicamente si riscontra una struttura funzionale, preferita a quella divisionale in relazione alla specializzazione nelle mansioni tecnico-artistiche. Nelle aziende di maggiori dimensioni, si può trovare anche una struttura “a matrice”, con presidio di specifici prodotti a fianco della specializzazione per funzione. Inoltre gli assetti organizzativi presentano sovente stili gestionali burocratici, improntati al rispetto di regole e norme di legge, di procedure formali e di meccanismi di coordinamento rigidi, in coerenza con la frequente derivazione pubblica.5

La nostra ricerca evidenzia come per i teatri valga lo stesso discorso. Si parte dalla bassa formalizzazione delle strutture più piccole, e si arriva, nelle organizzazioni più grandi, a strutture articolate su molti livelli. Si forma una sorta di continuum, come nel mondo delle imprese for profit: maggior dimensione si traduce in maggior bisogno di coordinamento e supervisione; si introduce maggior burocrazia e aumentano così i controlli impersonali, che portano maggior assenteismo e mobilità del personale;

maggiori le dimensioni, più ridotta sarà la quantità media di comunicazione tra i membri, aumenterà la specializzazione e diminuirà la complessità di ogni lavoro; più importante ancora, il crescere della dimensione va di pari passo con lo sviluppo del sistema dei ruoli.6

3 FERRANTE, ZAN, (op. cit.), pag. 175.

4 Silvia BAGDADLI, “Organizzazione delle aziende culturali”, Quaderni di ricerca, Università Bocconi, Milano, 1996.

5 Per i concetti di struttura funzionale, divisionale, “a matrice” e di burocrazia rinviamo a FERRANTE, ZAN (op. cit.), oltre che ai classici Peter DRUCKER, The Practice of Management, Harper & Row, New York, 1964 e Max WEBER, Economia e società, Comunità, Milano, 1961.

6 Charles HANDY, Gli dei del management, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1993.

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Nel nostro campione è già visibile una certa differenza tra il Teatro Stabile di Genova, che ha una struttura piramidale weberiana, con la fondamentale presenza della segreteria generale sotto il livello del direttore generale, e gli altri due stabili (vedi le schede dei teatri). Pur essendo realtà importanti, avendo la qualifica di Stabili, Tosse e Archivolto mostrano una struttura molto piatta e, soprattutto, poca cultura dei ruoli (di questo riparleremo nel capitolo sulla cultura).

La variabile cultura è fondamentale e non può essere ignorata quando si pianifica un processo di cambiamento della struttura. Non a caso sono segnalati in letteratura diversi casi di resistenze al cambiamento organizzativo; ne parlano Baggioni e De Carlo riferendosi al Teatro La Fenice;7 ne parla anche Nova, che evidenzia le preoccupazione dei responsabili delle diverse funzioni del Teatro alla Scala verso l’introduzione di nuovi sistemi manageriali.8 Sempre Nova commenta questa situazione così:

“L’organismo personale delle aziende teatrali è difatti, in gran parte, composto da soggetti con competenze in campo artistico e con sistemi valoriali e logiche di comportamento sviluppati nell’ambito di organizzazioni culturali, tipicamente burocratiche, caratterizzate da scarsa autonomia gestionale, lentezze procedurali, parametri di giudizio rispondenti a obiettivi sociali e a convenienze politiche. Tali caratteristiche sono sedimentate nelle aziende qui indagate e costituiscono spesso vincoli al cambiamento. Le resistenze sono legate ai timori di limitazione della libertà artistica, alle preoccupazioni di perdita di ruoli di potere, ai dubbi circa l’utilità di strumenti di governo economico mutuati dalle imprese in aziende che operano senza il fine di lucro. Dal che la trasformazione formale dei meccanismi organizzativi rischia di non produrre effetti positivi, se non è supportata da processi di crescita culturale interni alle organizzazioni”.9

Avviare un processo di trasformazione della struttura organizzativa significa, quindi, non limitarsi a progettare un nuovo organigramma sulla carta, ma pianificare fin

7 BAGGIONI S., DE CARLO M., “Cambiamento istituzionale e innovazione gestionale: l’esperienza del Teatro La Fenice”, in G. BRUNETTI (a cura di), I teatri lirici. Da enti autonomi a fondazioni private, ETAS, Milano, 2000.

8 NOVA, (op. cit.).

9 NOVA, (op. cit.), pag. 182.

dall’inizio la formazione del personale, per permettere a tutti di prendere confidenza con le nuove idee che si vogliono introdurre, con gradualità e senza scossoni e lacerazioni.

Può essere il caso, ad esempio, della revisione della struttura attraverso un processo di delayering, ovvero l’eliminazione di alcuni livelli per ottenere una struttura piatta, processo comune e abbastanza di moda nelle grandi aziende. L’obiettivo di queste modifiche è quello di aumentare e migliorare la comunicazione e diminuire il tempo necessario per prendere delle decisioni, senza venir meno alle necessità di coordinamento di tutti i decisori.

Un'altra trasformazione, che va necessariamente affiancata a un processo di formazione, è l’introduzione di sistemi di programmazione e controllo di derivazione aziendale.

Strumenti utilissimi per la circolazione delle informazioni interne, per la pianificazione e l’assunzione di decisioni strategiche, ma che per funzionare hanno bisogno che la loro logica sia compresa e assimilata da tutti gli operatori dell’azienda.

Un esempio importante è dato dal Teatro alla Scala, che ha avviato negli ultimi anni un processo di rinnovamento della struttura organizzativa di grande rilievo.10 L’obiettivo della dirigenza è stato quello di sviluppare una cultura organizzativa improntata ai modelli di funzionamento tipici delle imprese, e funzionale rispetto alle caratteristiche di un’istituzione finalizzata alla creazione artistica e alla divulgazione musicale. Sono state tracciate e perseguite tre linee di azione:

• È stata progettata e implementata una nuova struttura organizzativa, ispirata ai principi aziendali di specializzazione e delayering. Si tratta di una struttura di tipo funzionale relativamente piatta, essendo articolata su due/tre livelli gerarchici. Al vertice è collocato il Sovrintendente, coadiuvato dal Direttore musicale: essi rispondono al Consiglio di Amministrazione, composto da sette membri, nominato dall’Assemblea dei soci fondatori, che svolge un ruolo consultivo e di orientamento generale delle strategie gestionali. Sotto il Sovrintendente vi sono sei funzioni, due di carattere artistico (direzione artistica e direzione degli allestimenti scenici) e quattro di carattere manageriale (amministrazione e controllo, marketing, rapporti istituzionali, organizzazione e personale).

10 NOVA, (op. cit.).

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• È stato introdotto un sistema di crescita delle risorse umane e di comunicazione interna, finalizzati allo sviluppo delle capacità di adattamento del personale alle mutate esigenze della fondazione e al nuovo contesto aziendale e ambientale. In particolare, si tratta di politiche di comunicazione delle nuove finalità strategiche dell’istituto e di attività di formazione del personale.

• È stato elaborato un piano di sviluppo del sistema informativo aziendale, che consenta l’integrazione e l’ottimizzazione dei flussi informativi all’interno dell’azienda. Tale linea operativa si è concretizzata nello studio e nella successiva introduzione di un complesso di strumenti informativi, in gran parte tra loro integrati, gestiti su supporti informatici e cioè: un sistema di contabilità generale funzionante secondo i principi della competenza economica, un sistema di controllo di gestione, un sistema informatico di emissione dei biglietti. In particolare, lo sviluppo del sistema di controllo di gestione consente di elaborare budget economici preventivi e di introdurre la logica del reporting consuntivo e dell’analisi degli scostamenti: quindi fornisce un supporto alle decisioni strategiche di grande importanza per la definizione dei programmi artistici, nonché permette il monitoraggio dei costi operativi e il miglioramento della redditività della gestione artistica.

Per contestualizzare questo esempio, va ricordato che il Teatro alla Scala è una realtà, per rilievo internazionale, fondi a disposizione e ampiezza degli organici, che non ha paragoni validi in Italia, neppure tra i teatri d’opera. Ciò non toglie che molto può essere fatto anche nelle realtà più contenute della prosa, dove, però, ad esempio, l’esistenza di pochi livelli è già un fatto, come per la Tosse e l’Archivolto, date le dimensioni strutturali.

Nei prossimi paragrafi ci concentreremo sugli aspetti di maggiore criticità dell’assetto strutturale dei teatri, mettendo a confronto le interpretazioni e le prescrizioni operative della letteratura aziendale specialistica, con i risultati della nostra indagine tra i teatri stabili genovesi.