6. PROFILI GESTIONALI
6.1.2 L A SELEZIONE DELLE OSPITALITÀ E DELLE PRODUZIONI
Una distinzione chiave per capire le dinamiche gestionali dei teatri, riguarda la presenza o meno di attività di produzione. Rispetto agli esercizi che praticano esclusivamente l’ospitalità, i teatri di produzione ricavano dalla presenza degli spettacoli direttamente realizzati, la fisionomia artistica e le linee guida per improntare anche la scelta degli ospiti. Le sfumature, tuttavia, possono essere molte: in alcuni teatri di produzione l’ospitalità sembra quasi un accessorio ingombrante, in altri, all’opposto, la produzione appare quantitativamente e qualitativamente minoritaria, in altri ancora si sviluppa un’anima culturale-organizzativa particolarmente forte che, se pure, quasi sempre, in coerenza con le scelte produttive, attribuisce ai progetti di ospitalità un significato particolarmente rilevante.9
Le direzioni artistiche ed organizzative dei teatri sono di solito responsabili di tutti e due gli aspetti, e, soprattutto le realtà caratterizzate da una forte presenza della propria attività in sede, operano con sostanziali identificazioni anche dei quadri intermedi, che
8 NOVA, (op. cit.).
9 GALLINA, (op. cit.).
sono impegnati tanto nella produzione che nell’esercizio (sia a livello tecnico che organizzativo e amministrativo, fanno eccezione quasi sempre i ruoli “di sala”).
La presenza di una propria attività produttiva è, per un teatro, un vantaggio evidente in termini di “identità”. Ma la capacità di proporsi al pubblico con caratteristiche
“identificabili” è per qualunque teatro, soprattutto nelle aree metropolitane, il punto intorno a cui si giocano il suo significato, il posizionamento sul mercato e, sul territorio, le possibilità di successo.10
Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che identità e fisionomia artistica derivino solo dagli spettacoli che un teatro presenta. Molti altri fattori possono contribuire a determinarlo:
• Le caratteristiche architettoniche dell’edificio.
• La distribuzione interna degli spazi.
• L’arredo.
• La posizione nella città.
• La capienza.
• La storia e la tradizione di una sala.
A questi si aggiungono altri imprescindibili aspetti materiali e in particolare valutazioni tecniche (le caratteristiche del palcoscenico) e quelle economiche conseguenti (i possibili incassi e i costi di gestione).11
La programmazione di tutte le sale teatrali si articola in cartelloni stagionali, che vanno di solito da ottobre a maggio, caratterizzati da periodi chiusi, teniture (ovvero i periodi di programmazione di ciascun spettacolo) abbastanza uniformi (da un solo giorno in un teatro di provincia ad un massimo di 4/5 settimane in alcuni teatri di Roma e Milano, ma anche di Genova), riposi di solito comuni nelle maggiori città (tradizionalmente il lunedì).
La linea di un teatro e di un direttore, la tradizione della sala, il suo pubblico, orientano la scelta delle compagnie ospiti e portano l’attenzione verso determinati generi,
10 GALLINA, (op. cit.).
11 GALLINA, (op. cit.).
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proposte, progetti. Ma la formazione di un cartellone non è una somma di scelte, una sequenza di spettacoli e compagnie; l’abilità, qualunque sia la tendenza, consiste nell’insieme e nella combinazione delle proposte, nella loro articolazione temporale, nella capacità di intuire e prefigurare i risultati, di aggirare o utilizzare i limiti (tecnici, economici), nell’interpretare e assieme stimolare il pubblico, nella dialettica fra coerenza e rinnovamento delle proprie linee e formule, nella corretta interpretazione della posizione di una sala nel sistema, e molto altro ancora: è un impegno complesso, in cui le competenze culturali-artistiche ed organizzative s’intrecciano.
Secondo Mimma Gallina12 i vincoli e le pressioni cui è sottoposto un cartellone spesso sono tali da ridurre molto progettualità e libertà (ad esempio gli impegni di scambio o la necessità burocratica di raggiungere certi risultati quantitativi). “A costo di sembrare astratti, riteniamo si possa e si debba procedere comunque disegnando il proprio cartellone ideale e, a partire da quello, analizzare ed affrontare condizionamenti e compromessi (se inevitabili): qualcosa del progetto iniziale forse resterà, mentre difficilmente riusciremo a raggiungere un’idea partendo dal compromesso.”13
Su questo tema Fitzgibbon14 riporta questa testimonianza di Patrick Mason, direttore artistico dell’Abbey Theatre di Dublino: “Questo teatro, per definizione essendo un teatro nazionale, e per tradizione, è guidato dall’arte: tiene per prima cosa all’integrità della creazione dell’artista e non è reattivo in senso consumistico. Non risponde al mercato. Cerca di guidare il mercato. Non ha mai voluto essere un teatro commerciale ed è stato fondato per dei chiari fini artistici. Così abbiamo ancora una grande dedizione a quei fini. Ciò ci porta in conflitto la maggior parte del tempo con quelli che chiamerei i trend di mercato. Ora, la verità è che viviamo in un’economia mista. Non abbiamo abbastanza sussidi da essere interamente liberi dal botteghino. Non dico che vorremmo esserlo – quello potrebbe portare ai suoi vizi. Ma non abbiamo abbastanza per essere liberi come vorremmo dalle pressioni del botteghino. Così proviamo a bilanciare il programma facendo il nostro nuovo lavoro e spingendo la barca fuori mentre facciamo anche pièce che sono provate, che noi sappiamo possono attrarre pubblico.
12 GALLINA, (op. cit.).
13 GALLINA, (op. cit.), pag. 255.
14 FITZGIBBON, (op. cit.).
Sfortunatamente quel repertorio è molto piccolo ed è quello su cui ci fanno concorrenza molti altri posti. Una volta che una pièce è fatta, ci vogliono almeno cinque o sei anni prima che possa essere fatta di nuovo. Così la cosa è trovare il nuovo repertorio spendibile e impiantarlo: questo è molto rischioso, estremamente rischioso.
[…] Il bilanciamento del programma è importante. Nessuno è su una torre d’avorio: le nostre teste non sono tra le nuvole. E chiaramente ci sono pure nuovi scrittori, nuovi talenti, che devono essere portati allo scoperto. Ci sono pièce che non saranno commerciali ma che hanno un’enorme importanza artistica – Cechov, Ibsen, Shakespeare. Queste devono essere parte del repertorio: è parte del nostro compito come Teatro Nazionale. Queste sono le nostre linee guide principali nella selezione del programma. Ora abbiamo anche una responsabilità di stare nel business – uno deve scegliere la propria via tra ogni sorta di cose. Come direttore artistico, credo che dobbiamo essere anti-riduttivi, anti-consumistici. Siamo qui per sollevare una voce per dire che ci sono delle alternative; c’è un altro modo di guardare alle cose che non è riduttivo, che non è la dura maniera materialista. Sto parlando della vita dell’immaginazione, dell’estetica, la vita emozionale e psichica degli artisti e degli spettatori. Il Teatro Nazionale è qui per impegnarsi per e nutrire quel bisogno. Alla fine devo iniziare a parlare dell’anima. Questo mette le persone del mondo degli affari incredibilmente in imbarazzo, ma io insisto su questo vocabolario dell’anima perché l’altro vocabolario è fin troppo predominante. Dobbiamo realizzare un ruolo storico.
Nella parte iniziale del secolo, il teatro era impegnato ad elaborare con fatica l’intera questione dell’identità nazionale. Penso che ora sia qui per esaminare la relazione tra arte e commercio, per parlare la lingua dei bisogni nascosti, non dei duri bisogni materiali.
Fitzgibbon: Ma vivete in un duro mondo materiale.
Mason: Ma certo. Ed è questo il punto!”
Le politiche riguardanti il cartellone sono abbastanza differenziate tra i teatri genovesi, rispecchiando le differenze di ruolo e di personalità di ciascuna organizzazione.
Al Teatro della Tosse “gli spettacoli sono scelti in base a un progetto triennale.
All’inizio della triennalità si stabiliscono dei percorsi; ad esempio gli spettacoli dentro
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Sant’Agostino. Si è deciso di fare i grandi libri in piazza (Jacopo da Varagine, Gerusalemme Liberata, Inferno, Boccaccio) oppure il teatro fuori dal teatro. C’è anche un guardarsi indietro per trovare i punti di forza e di debolezza del passato; si considera razionalmente cosa ci ha portato ogni spettacolo per quanto riguarda pubblico, critica e sponsor.
Ogni anno, poi, in primavera facciamo il consuntivo della stagione in corso e decidiamo quali sono i titoli di ognuno di questi filoni. Ci sono variabili date da alcune cose, come la concessione della chiesa, per fare un esempio. Un anno non ci hanno dato Forte Sperone: si rispettano le circostanze, ci si adegua. Ma si cerca di seguire sempre le linee guida e bisogna spiegarlo all’esterno.”15
Per l’ospitalità “si parte dal progetto per coerenza (l’ospitalità straniera e il giovane teatro italiano). Non può entrarci chiunque: non sono pretesti, così non metto chi non è nel filone. A mio avviso il rigore paga. Alla fine il pubblico sa che la novità dal teatro del mondo non è banale.
Le ospitalità devono essere assolutamente convenienti: è merito, o colpa, dell’organizzatore riuscire a intuire in pochi momenti come sarà, portato in Italia.
Essendo gruppi sconosciuti, devono avere elementi forti di appeal, da esprimere in due parole. Non si accettano compromessi. Lo spettacolo dev’essere il massimo di quello che puoi dare.
Il criterio di fondo è: dentro la linea del progetto triennale, la qualità assoluta, con fortissimo impatto sul pubblico, e non esageratamente sofisticata. Voglio riempire la sala, non voglio una cosa per pochi. Qualità per molti, accessibile.”16
All’Archivolto “le produzioni sono scelte in base all’idea, al personale richiesto e ai soldi disponibili. Le ospitalità vengono selezionate in base a quello che noi stessi vorremmo vedere.”17
Strutturalmente diversa la strategia del Teatro di Genova; come dice Carlo Repetti “le produzioni sono selezionate attraverso tre strade:
15 Intervista del 29 aprile 2003 a Sergio Maifredi, vicedirettore del Teatro della Tosse.
16 Intervista del 29 aprile 2003 a Sergio Maifredi, vicedirettore del Teatro della Tosse.
17 Intervista del 6 giugno 2003 a Pina Rando, direttore del Teatro dell’Archivolto.
1) Si ritiene che sia importante quel testo o quell’autore, perché dice cose che sembrano importanti per la vita culturale della città e della nazione.
2) C’è la proposta di un regista, che ha su un testo un’idea da sviluppare e lo spettacolo convince.
3) Per servire la compagnia, se ci serve vedere un attore in un ruolo di un certo tipo.
Per quanto riguarda le ospitalità, si prende in base a quello che propone il teatro italiano.
Accettiamo solo teatro di qualità, non ospitiamo più il teatro di evasione, lo lasciamo fare ad altri. Una parte è guidata dalla politica degli scambi; prendiamo qui uno spettacolo da un teatro dove poi andiamo in tournée (vale soprattutto per il sostegno reciproco dei teatri pubblici).”18
Accanto al cartellone possono esserci iniziative diverse: particolari rassegne o spettacoli isolati ed iniziative collaterali o di approfondimento, che tendono a fare dei teatri, centri di cultura. Sono spesso questi fattori che fanno la differenza e possono attribuire ad un teatro, rispetto ad un altro, un valore aggiunto, un’identità più precisa.19 L’importante è la qualificazione e l’effettivo valore delle iniziative, che dipende spesso dalla capacità di costruire progetti integrati fra diverse discipline in collaborazione con personalità e realtà culturali esterne al teatro. Tutto questo in un’ottica di rafforzamento dell’identità del teatro – fondamentale soprattutto nelle aree metropolitane – e di fidelizzazione del pubblico, legata anche all’adesione ad una linea precisa.
Le iniziative culturali diverse sono numerose nei teatri genovesi, come si può vedere nelle schede dei teatri.20 Al Teatro di Genova sono presenti diversi filoni: “Le grandi parole” propongono una serie coordinata di dibattiti su alcuni grandi temi, ad esempio l’Europa nel marzo 2003. “Artisti nel foyer” anima costantemente il grande foyer del Teatro della Corte. Le Esercitazioni e le Mises en espace consentono di approfondire alcuni testi classici, le prime, o di far conoscere testi nuovi, le seconde, ad un vasto pubblico, soprattutto di giovani, data la gratuità dell’ingresso. Moltissimi sono anche i dibattiti e gli incontri promossi dal Teatro della Tosse con “Facoltà e Teatro”, che
18 Intervista del 30 aprile 2003 a Carlo Repetti, direttore del Teatro di Genova.
19 GALLINA, (op. cit.).
20 Vedi supra capitolo 4.
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garantisce uno scambio continuo di stimoli tra tutte le facoltà dell’Università di Genova e il Teatro.
A queste iniziative vanno aggiunte le attività formative proposte da ciascuna organizzazione. Il Teatro di Genova offre, per la formazione degli operatori del settore un’importante Scuola per Attori. Per gli studenti ci sono le iniziative di “Conoscere il teatro”. Sempre rivolte alle scuole sono le iniziative de “La Storia in Gioco” del Teatro della Tosse ed è ampia la collaborazione con le scuole anche del Teatro dell’Archivolto.