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2. LA CORNICE GIURIDICA

2.2.3 L A SCRITTURA

La produzione teatrale ha per sua stessa natura carattere di stagionalità e da sempre i rapporti di lavoro si contraddistinguono per un’elevata flessibilità e di fatto per la precarietà di occupazione dei lavoratori. Il contratto di lavoro di un attore (e delle altre figure artistiche e tecniche coinvolte nella produzione), la “scrittura”, è sempre – salvo rarissime eccezioni – a tempo determinato. La sua durata può anche essere molto breve (non sono previsti limiti di durata del contratto) ed è comunque sempre strettamente legata alla vita stessa dello spettacolo o nella migliore delle ipotesi alla durata della stagione teatrale di un’impresa. Il termine finale del contratto è vincolante in egual misura per entrambe le parti; infatti per questi lavoratori non esistono nel CCNL termini di preavviso per potersi licenziare; in caso di risoluzione anticipata il lavoratore come l’impresa è tenuto a risarcire l’altra parte (CCNL, art.19 – penale). Il compenso è soggetto a libera trattativa: i minimi giornalieri di retribuzione e trasferta fissati dal CCNL, non costituiscono per il settore tanto un parametro, quanto una salvaguardia, sia per gli attori giovani (per cui è previsto anche il minimo “allievi”), che nel caso di produzioni con budget particolarmente ridotti (situazioni in cui viene applicato abbastanza diffusamente, indipendentemente dall’anzianità e dalla carriera professionale dei lavoratori), sia per i lavoratori soci di cooperative, condizione frequente nel settore, perché i minimi contrattuali non possono essere disattesi dagli organismi sovvenzionati dallo Stato.

Il compenso si stabilisce in misura giornaliera – si usa infatti ancora dire “la paga giornaliera” – ed infatti anche i minimi contrattuali sono definiti “al giorno”, non a settimana o mese come avviene per la maggior parte dei contratti collettivi di lavoro.

Per gli attori spesso si usa anche definire un compenso a recita, in genere quando questo è di importo elevato.

Altri benefici tipici dei rapporti di lavoro dipendente, non esistono nel CCNL di questo settore, ci riferiamo alle ferie, alle mensilità aggiuntive (13ma e 14ma) a permessi retribuiti e non, alla stessa indennità di licenziamento (TFR). Data la temporaneità del

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rapporto, che caratterizza il lavoro nella produzione, lo stesso CCNL ha accolto e regolato questi benefici fissando una percentuale fissa di aumento del “minimo contrattuale giornaliero”.

Le altre indicazioni che la parte salariale del CCNL offre per la definizione dell’accordo economico sono minime: non si prevedono, ad esempio, maggiorazioni per anzianità, livelli retributivi diversificati per qualifiche analoghe; solo una particolare clausola è rilevante, a salvaguardia dell’economia delle imprese, quando le retribuzioni eccedono il minimo contrattuale e cioè la facoltà di corrispondere la cosiddetta “paga prove”: per un periodo comunque non superiore a 1/7 dell’intera durata della scrittura, la retribuzione può essere ridotta (è una norma interessante per l’analisi della figura dell’attore, lavoratore dipendente anomalo: non ci risultano altri contratti in cui la retribuzione può essere ridotta per un certo tempo).

Il contratto, per motivi complessi da ambo le parti, non si è adeguato alla progressiva riduzione della durata delle scritture, ad esempio – come sarebbe stato possibile – con l’introduzione di minimi differenziati (più breve il contratto, più alto il minimo). A fronte della prassi – sempre più in uso – di stipulare contratti molto brevi o di sommare più scritture in una stagione, lo “spirito di continuità” sancito dal CCNL si neutralizza e l’attore non dispone di strumenti di tutela, se non la sua personale forza contrattuale (ovviamente molto differenziata). Non si è trovato ancora un punto di incontro fra la tutela professionale ed occupazionale e la precarietà economica fisiologica delle imprese di spettacolo, che ha sempre costretto ad un’assoluta flessibilità ante litteram, a discapito dei più deboli, ma anche delle imprese stesse, che hanno dovuto fronteggiare negli anni – ma hanno anche avallato – la crescita a spirale dei complessi di un ristretto numero di attori, collegate ad un particolare star system nostrano, che fanno sì che oggi i nostri minimi salariali siano i più bassi, ma le retribuzioni dei primi attori le più elevate d’Europa.

La parte normativa del CCNL – come il regolamento di palcoscenico – è invece un riferimento fondamentale per l’organizzazione del lavoro su aspetti particolarmente importanti in prova e in tournée:

• Orari di lavoro (mediamente 8 ore spezzate o 7 ore continuative) e straordinari

• I riposi (la domenica in teatro non è il giorno di riposo per eccellenza e non esiste la settimana corta)

• La disciplina delle trasferte (inclusi mezzi di trasporto e orari di viaggio; l’itineranza è una condizione di lavoro assolutamente normale)

• Il numero di spettacoli che possono essere richiesti a settimana (al massimo 8).

Nella trattativa individuale con un attore e nel contratto (che è individuale e deve avere forma scritta) entrano tuttavia in campo molti altri aspetti.

a) Alcuni elementi, essenziali per la stessa validità del contratto, devono essere definiti con chiarezza:

• I dati anagrafici e fiscali di entrambe le parti (impresa e scritturato)

• La data di inizio e termine della scrittura

• La prestazione dovuta dallo scritturato e il relativo compenso b) Altre precisazioni possono essere o meno rilevanti per la trattativa

Alcune sono fondamentali, come lo spettacolo o gli spettacoli, il ruolo, o i ruoli (e le eventuali sostituzioni) e sono di solito indicate.

Altre sono strettamente legate alle consuetudini e agli usi teatrali (e possono acquisire maggiore o minore rilevanza secondo la filosofia dell’impresa e dello scritturato): le modalità di annuncio della partecipazione allo spettacolo nel materiale pubblicitario (posizione, caratteri, formule particolari), l’ordine di camerino, l’ordine di apparizione ai ringraziamenti.

c) Infine, gli aspetti normativi del contratto possono essere messi in discussione, purché in senso migliorativo (di solito questa eventualità riguarda attori protagonisti o comunque di particolare prestigio o importanza nella compagnia). Un primo attore, in collegamento alla durata dello spettacolo o all’impegno della parte, o alle sue condizioni fisiche, potrebbe chiedere di non effettuare doppi spettacoli, di limitare le trasferte, di utilizzare un determinato mezzo di trasporto, di disporre di supporti per il suo lavoro (un rammentatore, una sarta personale, un autista), di non applicare la “paga prove”.

Naturalmente, tutti gli accordi diversi da quanto indicato dal CCNL devono risultare nelle scritture individuali.

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Tutti questi elementi entrano in campo nella definizione di una scrittura e sono interdipendenti ma evidentemente i più rilevanti, e strettamente intrecciati fra loro, sono: compenso/durata-periodo/spettacolo-ruolo.

Il livello retributivo acquisito (che non andrà, almeno in linea di massima, ignorato) è di solito il punto di partenza, più o meno trattabile. Un impegno articolato in più spettacoli e più stagioni, un periodo particolarmente lungo (o breve ma improvvisamente libero), la sede di lavoro e soprattutto la qualità della proposta, possono aiutare l’impresa nella trattativa. È raro che un attore non sia sensibile ad un ruolo importante, e disponibile a comprendere le difficoltà economiche della produzione se pensa che sia significativa per la sua carriera una determinata interpretazione o il lavoro con un certo regista o per un determinato teatro (e sempre che questo sacrificio sia coerente con la gestione della produzione: niente di più irritante che recitare con una paga inadeguata in una scena faraonica). La remunerazione di un artista, infatti, non consiste solo nella paga, ma in un complesso di riconoscimenti e soddisfazioni (pensiamo agli applausi, agli apprezzamenti della critica), fattori apparentemente immateriali ma che contribuiscono a costruire il capitale di notorietà, credibilità, professionalità che definisce la posizione di un attore sul mercato. Questa considerazione può aiutare anche i più giovani a comprendere l’attenzione a volte maniacale che gli attori riservano agli status symbol più frequenti: che sono appunto la pubblicità, il numero di camerino attribuito nei teatri, le modalità di uscita ai ringraziamenti. Naturalmente è possibile e frequente non attenersi a queste consuetudini, in una logica di gruppo, o di impegno artistico (si tratta di rituali stridenti anche per il teatro d’arte o di regia ed è frequente che anche attori anziani e affermati non ci si trovino perfettamente a loro agio), cercando magari di salvaguardarne le componenti legate al rispetto e alla considerazione per la professionalità e l’anzianità.

Abbiamo detto dei minimi giornalieri di retribuzione, ci resta da fare una considerazione sui massimali. Ci sono stati ricorrenti tentativi per il passato di definirli, a livello delle categorie produttive dello spettacolo, o come accordi “intercategoriali”, ma i risultati sono sempre stati discutibili. A fronte di alcuni concreti contenimenti si presentavano due ordini di problemi: da un lato veniva a costituirsi, di fatto, una rosa di nomi che singoli teatri ritenevano al di sopra di ogni possibile contenimento (e, di fronte

all’opinabilità di questa materia, limitare le eccezioni diventava potenzialmente impossibile), dall’altro si presentava il rischio concreto di spingere tutti (o quasi) gli attori protagonisti al livello massimo. L’unico condizionamento in funzione della calmierazione, è offerto indirettamente dalle disposizioni ministeriali, che ormai da parecchi anni, limitano la quantificazione delle sovvenzioni statali ad un massimale di retribuzione (non vuol dire che le imprese non possano corrispondere retribuzioni superiori, ma che l’eventuale eccedenza non verrà considerata per la quantificazione della quota di rimborso dei contributi previdenziali prevista dal Regolamento: si tratta di un deterrente funzionale quando applicato con rigore e come scelta decisa di politica retributiva da parte di un’impresa sovvenzionata dallo Stato).

Per concludere su questo punto, esiste però la possibilità di articolare in modi diversi il rapporto economico con un attore: ci sono casi di partecipazione vera e propria ad una società e ai suoi utili (che, come sappiamo, sono però incompatibili con i finanziamenti statali), o di integrazione dei compensi in collegamento con l’andamento di uno spettacolo (paghe variabili secondo gli incassi o integrate – eventualità piuttosto rara – da una percentuale sugli incassi). Ci sono, infine, casi in cui all’attore si chiede una maggiore partecipazione in fase progettuale ad esempio relativa alla drammaturgia, di collaborazione alla regia, o altro che può comportare il pagamento di compensi separati.

L’ultimo aspetto rilevante che dobbiamo esaminare riguarda l’opzione, di cui un’impresa può trattare l’inserimento in contratto – e che infatti di solito inserisce d’ufficio – per garantirsi la disponibilità dell’attore in caso di ripresa dello spettacolo nella stagione successiva. Si tratta di una clausola che impegna lo scritturato e ne garantisce la disponibilità, indipendentemente dalla durata della futura scrittura: il senso non va ricercato tanto in una logica di continuità occupazionale, quanto nella direzione di garantire l’integrità di uno spettacolo e limitare le sostituzioni, ma può costituire un vincolo davvero pesante per l’attore se l’impresa non la utilizza con responsabilità.13

13 GALLINA, (op. cit.).

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