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U N ’ ORGANIZZAZIONE DIONISIACA

4. LA NOSTRA RICERCA

5.2.6 U N ’ ORGANIZZAZIONE DIONISIACA

A proposito dell’amalgama tra culture diverse abbiamo parlato della contrapposizione tra professionisti e amministrativi (o burocrati nel senso migliore). Molti caratteri delle organizzazioni teatrali richiamano il modello di burocrazia professionale:96 tra questi l’esistenza di un nucleo operativo – il personale artistico e, in misura minore, l’area tecnica – caratterizzato da un’elevata specializzazione orizzontale, dal possesso di competenze knowledge-based, spesso di natura artigianale; ma anche la stessa frequenza di conflitti tra ruoli amministrativo - manageriali e ruoli professionali.97 Questo scontro, che è oggetto di un importante dibattito negli studi di organizzazione,98 può essere anche reintrerpretato alla luce della mitologia greca e degli dei dell’arte (Apollo e Dioniso).

Qualche anno fa uno dei più famosi scrittori inglesi di letteratura aziendale, Charles Handy, ha scritto un libro, Gli dei del management,99 nel quale descrive quattro differenti modi di concepire e praticare il management, ciascuno caratterizzato dal nome di una figura mitica: Zeus, Apollo, Atena, Dioniso. Ciascuno di essi rappresenta una differente cultura entro cui il management opera.

Scrive Handy:100 “Ogni cultura – e questo risulterà evidente – ogni dio opera su presupposti completamente differenti, riguardo alle basi del potere e dell’ascendente, riguardo a ciò che motiva la gente, al come pensa e impara, al modo in cui è possibile cambiare le cose. Questi presupposti hanno come risultato un management, strutture, modi di procedere e sistemi retributivi completamente diversi… Per compiti differenti sono necessarie culture e dèi differenti.”

96 Henry MINTZBERG, Structures in Fives. Designing Effective Organization, Prentice Hall, Englewood Cliffs, 1983 (tr. it. La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna, 1985).

97 Enrico Cori evidenzia l’esistenza e la rilevanza di alcuni scostamenti dalla forma ‘professionale’ pura, al di là di una sostanziale omogeneità della struttura formale e di una dinamica abbastanza scontata di quest’ultima. Vedi Enrico CORI, “Dinamica ambientale e organizzativa del teatro lirico-sinfonico in Italia”, Sinergie, n. 54, 2001.

98 Vedi THOMPSON (op. cit.).

99 HANDY (op. cit.).

100 HANDY (op. cit.).

Handy collega Zeus-Giove con la cultura del club. La cultura del club si basa sulla rete di relazioni che si instaurano tra i membri, come una tela di ragno; questa cultura è eccellente per quanto riguarda la rapidità decisionale; ovviamente poi rapidità non è garanzia di qualità. Quest’ultima dipende dalla personalità di Giove e della sua cerchia ristretta di collaboratori: un Giove incompetente, disinteressato o che sta invecchiando contaminerà rapidamente la tela, distruggendola. Quindi la selezione e la successione sono giustamente viste come variabili critiche di queste aziende, e a esse vengono dedicati molto tempo e sforzi.

La cultura acquista rapidità attraverso un’insolita forma di comunicazione, l’empatia.

L’empatia non ha bisogno di memo, di comitati o di autorità formali. Le culture del club hanno veramente bisogno di poca documentazione. Giove non scrive, parla, se possibile, a quattr’occhi, altrimenti al telefono. L’empatia non dipende dalla cultura, ma dall’affinità e dalla fiducia. I club sono esclusivi, perché se l’empatia o la fiducia appaiono mal riposte, chi ne è responsabile viene tagliato fuori.

Le culture del club si gestiscono senza grosse spese. La fiducia costa meno delle procedure di controllo e l’empatia non costa un soldo. Il denaro viene dirottato dove serve, verso le persone e la promozione dei contratti personali. Sono culture efficaci nelle situazioni in cui la rapidità è più importante del dettaglio, o il costo di un ritardo più alto del costo di un errore. Sono culture piacevoli in cui lavorare, purché si faccia parte del club, perché valorizzano l’individuo, gli danno carta bianca e ricompensano i suoi sforzi. Sono culture, infine, che dipendono da una rete di amicizie, vecchie conoscenze e camerati, e quindi possono apparire come dei numeri chiusi nepotistici, impopolari in quest’era meritocratica e di pari opportunità per tutti. Puzzano di paternalismo e di culto della personalità, di proprietà privata e di potere; ma queste gerarchie organizzative sono molto efficaci nelle situazioni giuste, perché la fiducia basata sui contatti personali non è una cattiva base per portare a compimento le cose.101 Quando pensiamo a una ‘organizzazione’, di solito è la cultura del ruolo quella che ci viene in mente. È una cultura che imposta il suo approccio sulla definizione del ruolo o del compito da svolgere, non sulle personalità.

101 HANDY (op. cit.).

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Apollo è il suo dio patrono, poiché Apollo era il dio dell’ordine e delle regole.

Razionalità e logica sono qui le parole chiave. Lo stile Apollo funziona quando si può ipotizzare che domani sarà come ieri. Quello che era ieri si può esaminare, sezionare e rimettere insieme sotto forma di regole e procedure migliorate per domani. Si accettano e si incoraggiano la stabilità e la prevedibilità.

Quindi, ovunque siano validi i presupposti di stabilità, ha un senso codificare l’operazione in modo che segua uno schema definito e prevedibile. Il ruolo, la serie dei doveri, sono fissi. E l’individuo è colui o colei che ne occupano uno scomparto. La cultura del ruolo può essere vista come una negazione dell’umanità, diventando la personalità individuale un di più, a volte ingombrante. Ma può anche essere una liberazione: si sa esattamente qual è il comportamento che ci si aspetta da noi, e si può liberare tutta la propria creatività e il proprio spirito di iniziativa con ciò che più ci piace fuori dal lavoro.

La cultura di Apollo è psicologicamente sicura, di solito anche contrattualmente. Si entra nell’organizzazione e si può stare tranquilli che vi si rimarrà anche per tutta la vita, e sarà l’organizzazione stessa a fornirci tutto ciò che ci serve. È esattamente quello che succede (o, forse, succedeva) nelle grandi imprese del Giappone, il paese industrializzato sicuramente più apollineo.

Le culture apollinee sono efficienti quando la vita è prevedibile. Odiano l’opposto, il cambiamento. Hanno maggiori difficoltà a rispondere a cambiamenti drastici dell’ambiente.102

Nella cultura del fare di Atena il management è vissuto come se dovesse occuparsi principalmente della continua e felice soluzione di problemi. Quindi, come prima cosa, definire i problemi, mettere a disposizione le risorse adeguate per risolverli, dare il via al gruppo di uomini e di macchine necessari e aspettare la soluzione. Giudicare il rendimento in termini di risultati, di problemi risolti.

L’azienda in questo caso è una rete di unità - comando blandamente collegate, ampiamente autosufficienti, ma con responsabilità specifiche all’interno di una strategia globale. Quello che conta qui sono il talento, l’energia, la creatività e l’intuito. È una cultura che favorisce la gioventù, dove non conta l’età ma il contributo che si può dare

al benessere del gruppo. Dato che il gruppo ha un obiettivo comune (la soluzione di un problema) esiste un senso di entusiasmo e di impegno globale, con pochi conflitti personali rispetto alle altre culture. È una cultura eccellente per affrontare problemi sempre nuovi; ma senza il lievito della novità non sta in piedi. È una cultura costosa perché richiede persone preparate e ben pagate, a cui si aggiungono tutti i costi delle sperimentazioni. Va bene se ci sono alti margini e quando ci si avventura in situazioni nuove.103

In queste tre culture l’individuo è subordinato all’azienda. Nella cultura esistenziale di Dioniso, invece, l’azienda esiste per aiutare l’individuo a raggiungere il suo scopo. È questa la cultura preferita dai professionisti. Qui essi possono mantenere un’identità e una libertà proprie, sentendo di non appartenere ad alcuno. I dionisiaci non riconoscono alcun ‘capo’, anche se possono accettare di essere coordinati per una loro stessa convenienza a lungo termine. Tutta questa libertà è meravigliosa per loro ma non per chi li deve guidare, organizzare o gestire, perché non hanno alcun sanzione che possono applicare. Tutte le decisioni più importanti, infatti, sono prese tra pari grado (promozioni, premi, licenziamenti). Queste sono le organizzazioni del consenso, dove i manager dirigono con l’assenso di chi viene diretto, e non con l’autorità delegata dai proprietari.

Le quattro configurazioni elaborate da Handy non coprono però l’intero spettro della griglia mitica.104 Fra i molti altri, lo stile eroico è quello più facilmente riconoscibile.

Guardiamo le pubblicità dei vari seminari sul management di successo. Su cosa viene posto l’accento? Sulla vittoria. Sul risultato. Sulla capacità di affermarsi. Su pensieri di potenza. Sulla prestazione al massimo. Su come arrivare e restare in alto. Su come essere energici con se stessi. Su come prendere il comando e andare avanti. Guardiamo anche i consigli, la retorica e gli aneddoti dei vincitori e sui vincitori: si dice, ad esempio, che il presidente della Home Depot, nel presiedere una conferenza sul business, abbia raccontato la seguente storia:

102 HANDY (op. cit.).

103 HANDY (op. cit.).

104 HILLMAN, (op. cit.).

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“Ogni mattina, in Africa, una gazzella si sveglia e sa che deve correre più veloce del più veloce leone, altrimenti verrà uccisa.

Ogni mattina il leone si sveglia e sa che deve correre più veloce della gazzella meno veloce, altrimenti morirà di fame.

Che voi siate un leone o un gazzella, non importa: non appena sorge il sole è meglio che vi mettiate a correre.”

La cosa più importante è che Handy non giudica ogni modello in termini di migliore o peggiore, come se uno stile zeusiano di supervisione gerarchica fosse giusto, mentre l’individualismo, rilassato e vagabondo, che Handy attribuisce al modo dionisiaco fosse sbagliato; oppure come se l’ordine limpido e la formalità distaccata apollinei fossero corretti, mentre le decisione rapide e scaltre di Ermes fossero sconsiderate, precipitose e irresponsabili. Egli segue l’antico monito di Euripide: “Ciascun Dio ci fa una richiesta che possiamo pagare soltanto con la moneta degli Dei: questo è un fatto al quale non si sfugge”.105

Non si tratta, quindi, tanto di scegliere fra gli stili, quanto di percepirne la diversità.

Ogni situazione che il management si trova ad affrontare ha una differente configurazione e rivolge sue peculiari richieste, pagabili soltanto con la moneta della figura mitica che esprime quella situazione alla sua origine. L’abilità manageriale diventa allora percezione psicologica, che a sua volta diventa riflessione mitologica – cioè una sensibilità al mito, capace di guardare alle radici della difficoltà. Qual è la moneta che ci vuole in questo momento? Chi sta determinando adesso gli eventi? Qual è il mito adesso in azione? La leadership comporta l’apprendimento di questi modelli, l’apprendimento dei diversi modi degli Dei, in modo da non cadere preda delle semplificazioni monoteistiche tipo “una misura che vada bene a tutti”. Come dice Handy: “Le differenze, poi, sono necessarie e benefiche per la salute di un’organizzazione. Il monoteismo, il seguire un unico dio, non può che essere sbagliato per la maggior parte delle organizzazioni”.106

105 HILLMAN, (op. cit.).

106 HANDY (op. cit.).

Come riconoscere, allora, il modello dominante in una determinata questione? Tre sono le regole pratiche che possono esserci di aiuto. Primo, fare attenzione al proprio linguaggio. Secondo, sentire il proprio stato d’animo. Terzo, ascoltare come risponde il mondo.107 Come sempre negli studi di organizzazione “coerenza” è la parola chiave.108