• Non ci sono risultati.

Una condizione negativa: l’assenza di norme diverse da quella abrogatrice che regolano la stessa materia

3. Caratteri comuni alle varie ipotesi di reviviscenza 1. Ambiguità lessicali del termine “reviviscenza”

3.3. Una condizione negativa: l’assenza di norme diverse da quella abrogatrice che regolano la stessa materia

È dunque indispensabile che il venir meno dell’effetto abrogativo si accompagni all’assenza di una posteriore disciplina positiva: in altri termini, se si dovesse escludere la reviviscenza della norma A, l’interprete non potrebbe trovare una disposizione vigente che regoli positivamente quella speci-fica materia.

Sarebbe però errato parlare, in senso tecnico, di un vuoto normativo in senso letterale, perché anche in mancanza di ogni regolamentazione l’interprete può e deve ricavare comunque una

148 V. retro, paragrafo 2.5.

149 Cfr F.SORRENTINO, L'abrogazione nel quadro dell'unità dell'ordinamento giuridico, cit., p. 21, secondo cui la «reviviscenza si produce solo se l’abrogazione espressa di disposizioni implicitamente abrogatrici non sia altresì accom-pagnata dalla posizione di nuove norme relative alla materia o all’oggetto disciplinato da queste disposizioni»; come si evince chiaramente dal passo citato, l’autore si riferisce al caso di reviviscenza per abrogazione espressa di una norma tacitamente abrogatrice, ma la considerazione si può estendere a tutte le ipotesi di abrogazione di norma abrogatrice.

guenza giuridica: l’ordinamento, infatti, è improntato al principio della completezza, con ciò inten-dendo che «esiste sempre una norma o la norma con questa incompatibile»151, e pertanto offre gli strumenti per colmare eventuali mancanze di disciplina positiva su certe materie152.

Ad esempio, se originariamente la norma A prevedeva un divieto o dei vincoli per esercitare una certa attività, la mancanza di una espressa disciplina e l’eventuale impossibilità di ricavarne una me-diante l’analogia o il ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 12 delle Preleggi dovrà comunque risolversi in una norma (priva di puntuale disposizione) che implicitamente consente l’attività in precedenza vietata o non impone particolari modalità o oneri nel suo esercizio. Nelle riflessioni che seguono, dunque, l’espressione “vuoto normativo” dovrà essere intesa come il riferimento a uno spazio ritenuto dall’ordinamento giuridicamente indifferente, in cui non sono posti obblighi o divieti153.

Non è però indispensabile che tale ipotetico vuoto normativo sia provocato dal venir meno nell’or-dinamento della norma B: è infatti possibile che questa si sia a suo tempo limitata ad abrogare la norma A senza porre alcuna nuova disciplina per la fattispecie e che, dunque, la mancanza di regola-mentazione fosse già sussistente nell’arco di tutto il secondo periodo. Si possono così distinguere due ipotesi.

La prima ipotesi è quella di una fattispecie che è stata positivamente regolata nel tempo da en-trambe le norme A e B in successione154, sicché è la caducazione della norma B a determinare il vuoto normativo: affinché tale vuoto si crei, dunque, la norma B deve essere oggetto di mera abrogazione (non, dunque, oggetto di abrogazione tacita o implicita, che determinano sempre l’apposizione di una nuova disciplina e quindi non determinano alcun vuoto) o di una dichiarazione d’illegittimità “secca”,

151 Così N.BOBBIO, Saggi sulla scienza giuridica, cit., p. 65; v. anche R.BIN,G.PITRUZZELLA, Le fonti del diritto, cit., p. 10 ss.

152 Cfr. H.KELSEN, Lineamenti di dottrina pura del diritto, 1934, tr. it. Torino, 1984, p. 125-126: «all’interpretazione viene attribuita una funzione speciale, quella di colmare le lacune. Non esistono però lacune vere e proprie nel senso che una lite non possa essere decisa secondo norme vigenti, perché la legge, come si suol dire, non può essere applicata per mancanza di una disposizione che si riferisca al caso. (…) Una decisione è sempre possibile e precisamente sempre in base alla legge, cioè in applicazione della legge. L’ordinamento giuridico vigente è applicato anche nella decisione che respinge la pretesa (…) Se tuttavia, in certi casi, si parla di ‘lacuna’, questo non significa, come erroneamente risulta dall’espressione, che per mancanza di una norma sia logicamente impossibile una decisione, ma soltanto che la decisione logicamente possibile, che approva o respinge, viene ritenuta come troppo inadatta allo scopo o come troppo ingiusta dall’organo chiamato alla decisione, cioè all’applicazione della legge (…) Questa stessa supposizione è però irrilevante relativamente all’obbligo stabilito dalla costituzione di applicare la norma che il legislatore ha emanato di fatto, e non quella che presumibilmente avrebbe emanato».

153 Sulla teoria del c.d. spazio giuridico vuoto, proposta originariamente da Bergbohm, v. S.ROMANO, Osservazioni

sulla completezza dell’ordinamento statale, Modena, 1925. Sulla diversa teoria di Zitelmann della c.d. norma generale

esclusiva, secondo cui ogni norma che regola specificamente una condotta si accompagna a una norma inespressa che esclude la proibizione per le altre condotte non considerate, v. D.DONATI, Il problema delle lacune nell’ordinamento

giuridico, Milano, 1910. Per una critica v. N.BOBBIO, Saggi sulla scienza giuridica, cit., p. 70 ss.

154 La disciplina posta dalla norma B può essere diversa, simile o anche identica a quella della norma A; l’abrogazione della norma A da parte della norma B può parimenti essere avvenuta in via espressa, tacita o implicita.

cioè consistente nell’incostituzionalità della disposizione (o delle disposizioni) da cui si ricava la norma B.

La seconda ipotesi è quella in cui la norma B si sia limitata ad abrogare espressamente la norma A senza altro disporre. In tale ipotesi, al venir meno della norma B la reviviscenza può sembrare l’unico esito logico possibile, poiché il suo solo significato nell’ordinamento era appunto quello di limitare l’efficacia della norma A.

Nella prima ipotesi, dunque, la reviviscenza evita il verificarsi di un vuoto normativo, assicurando di fatto che la fattispecie continui a ricevere una disciplina normativa; nella seconda ipotesi, al con-trario, la reviviscenza colma un vuoto che si è verificato in precedenza. Ovviamente in entrambe le ipotesi nulla vieta che, in un momento successivo, la nuovamente vigente norma A sia oggetto di un’ulteriore abrogazione o comunque possa venire meno per vicende distinte dalla sua reviviscenza. Si potrebbe così concludere che la reviviscenza sia un istituto strutturalmente idoneo a colmare le lacune che possono crearsi nell’ordinamento a seguito di avvicendamenti normativi, «cioè ad evitare che aree più o meno estese si sottraggano ad una qualche disciplina normativa, andando a creare delle zone franche del diritto»155; tale conclusione sembra però errata.

In realtà il supposto vuoto normativo non è la causa della reviviscenza, quanto piuttosto una con-dizione che ne consente la configurabilità una volta che si sia verificata una causa idonea a rimettere in discussione l’abrogazione della norma A; in altri termini, la reviviscenza non ha lo scopo di col-mare una lacuna, ma essa non può operare se non vi è una lacuna.

Se, quando viene meno l’effetto abrogativo disposto dalla norma B, l’interprete riscontra che, senza soluzione di continuità, entra in vigore una diversa norma C che disciplina la materia, egli dovrà escludere il ripristino della norma A. La norma A, in ipotesi, non sarà più limitata dalla norma B, ma la sua restituzione di efficacia non potrà verificarsi, trovando un nuovo limite nella norma C: quest’ul-tima, disciplinando lo stesso oggetto della norma A, ed essendo più recente, è infatti a sua volta idonea ad abrogarla (rectius: a non farne cessare l’abrogazione) per incompatibilità.

In altri termini, solo l’assenza di una ipotetica nuova norma C, idonea a perpetrare l’effetto abro-gativo nei confronti delle previgenti discipline sulla stessa materia, rende possibile la reviviscenza della norma A: l’assenza di una disciplina positiva a seguito del venir meno della norma B si confi-gura dunque come una condizione negativa per l’operatività della reviviscenza, non come la sua causa. È per questo motivo che, come si è già anticipato, deve escludersi che possa esserci revivi-scenza quando la norma B è abrogata in modo tacito o implicito. Tali modalità di abrogazione, infatti,

155 In questo senso M. MEZZANOTTE, Reviviscenza delle norme e principio di completezza dell’ordinamento, cit., p. 721; v. anche P.COLASANTE, La reviviscenza della norma abrogata, cit., p. 408, secondo cui «la reviviscenza della norma abrogata (è) l’extrema ratio predisposta ai fini dell’unità dell’ordinamento giuridico»; G.SERGES, Usi e abusi della

richiedono strutturalmente che vi sia un contrasto fra due discipline positive (nel nostro esempio, B e C): così non può crearsi una lacuna e, dunque, è inibita la possibilità di un ripristino della norma A. Da ciò si può ricavare una prima conclusione: la reviviscenza non è uno strumento strutturalmente idoneo a colmare qualsiasi lacuna normativa ritenuta dall’interprete a seguito di plurime abrogazioni, ma, più semplicemente, consiste nella conseguenza della cessazione dell’effetto abrogativo. Sarebbe errato ritenere che la reviviscenza costituisca un mezzo ulteriore a disposizione dell’interprete per garantire la completezza dell’ordinamento: il fenomeno è piuttosto il risultato di una particolare di-namica, originata dal venire meno dell’effetto abrogativo disposto da B e non ostacolata dalla pre-senza di un eventuale e successiva norma C.

Outline

Documenti correlati