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La riduzione della seconda tesi a un’eccezione della prima: l’ipotesi di “doppia mera abrogazione espressa”

1. Il dibattito sulla reviviscenza a seguito di abrogazione di norma abrogatrice

1.3. La riduzione della seconda tesi a un’eccezione della prima: l’ipotesi di “doppia mera abrogazione espressa”

Un’ulteriore precisazione alla tesi della reviviscenza quale rinvio per relationem riguarda la pos-sibilità di riconoscere, senza alcun dubbio, una volontà ripristinatoria alla norma abrogatrice di norma a sua volta abrogatrice. Si può infatti notare come la volontà oggettiva di richiamare norme abrogate sussiste in modo incontestabile solo nella peculiare ipotesi di mera abrogazione di norma meramente abrogatrice, che si potrebbe definire un caso di “doppia mera abrogazione espressa”.

Difatti, si ipotizzi che una norma A sia abrogata espressamente dalla norma B, che al contempo predispone una diversa disciplina positiva per la stessa materia. Se successivamente una norma C si limita ad abrogare meramente la norma B senza altro disporre, non può essere oggettivamente certo che la volontà del legislatore sia quella di ripristinare la norma A, poiché tale sequenza si apre ad almeno due interpretazioni22.

Si potrebbe ritenere che il legislatore abbia voluto soltanto operare per sottrazione, privando cioè di ogni disciplina specifica una certa materia, con le conseguenze tipiche che l’ordinamento riconosce a tali ipotesi. In generale, le fattispecie precedentemente previste saranno giuridicamente regolabili secondo quanto previsto da norme dettate per casi analoghi o, in assenza, secondo i principi generali, mentre laddove sussista un principio di stretta legalità (come in ambito penale) ciò che prima era vietato diviene lecito.

Un caso particolare è quello delle norme speciali, cioè di quelle che dettano una disciplina che deroga rispetto a una norma generale che resta però vigente. Se una norma speciale A è sostituita da una norma speciale B e, in un secondo momento, la norma B è espressamente abrogata, il senso dell’ultima abrogazione potrebbe essere banalmente quello di far rientrare la fattispecie speciale nella disciplina di quella generale.

Si potrebbe al contrario ritenere che il legislatore abbia inteso richiamare per relationem, secondo lo schema sopra illustrato, il contenuto della norma A23.

Parte della dottrina ritiene che, in tale circostanza, la soluzione a favore o contro la reviviscenza non possa essere dettata in via generale, ma debba essere valutata caso per caso, facendo sempre

22 Questa ipotesi «si differenzierebbe dalla doppia abrogazione espressa semplicemente per la minore “probabilità” dell’output interpretativo», inteso come «minore probabilità della reviviscenza»: così G.BARCELLONA, Votare contro. Il

referendum come opposizione e norma, Milano, 2016, p. 47 sub nota 58.

23 In questo ultimo senso cfr. A.PIZZORUSSO, La riforma elettorale, la Costituzione e i referendum possibili, in Astrid, 50, 2007, p. 13, secondo cui, pur dando conto di come la tesi non sia condivisa unanimemente in dottrina, nel caso di «una legge che abroghi esplicitamente una legge di abrogazione espressa» (ma non per forza di mera abrogazione) si può presumere «che l’intenzione del legislatore sia appunto quello di far rivivere la legge abrogata, non avendo la legge di abrogazione espressa alcun altro contenuto normativo diretto ed immediato».

riferimento all’intenzione del legislatore dal punto di vista obiettivo, ovvero ricostruita mediante cri-teri interpretativi dal tenore dell’intervento abrogativo24.

Così, ad esempio, se l’intento dell’abrogazione della norma B (che disciplina, in ipotesi, un reato o un procedimento amministrativo) è quello di depenalizzare un determinato reato o di abolire un determinato procedimento, non tornerà vigente le norma A (che originariamente prevedeva il reato o il procedimento), perché ciò vanificherebbe lo scopo della stessa legge contenente la norma C.

Diverso è il caso in cui l’abrogazione formi una lacuna in senso tecnico, ovvero lasci «senza di-sciplina un caso che in base al contesto deve essere comunque deciso con regole specifiche»25: se con gli ordinari mezzi di integrazione tale lacuna non è colmabile, allora è lecito che il giudice applichi la norma A già abrogata.

La reviviscenza sarebbe dunque un effetto sistemico e non discrezionale, determinato dall’obbligo di risolvere un caso secondo regole specifiche e dalla contestuale mancanza di tali regole a seguito dell’abrogazione della disciplina espressa dalla norma B disposta dalla norma C26.

In giurisprudenza talvolta è stato ritenuta decisiva, a favore della reviviscenza, l’esigenza di evitare che un’intera materia o settore restino completamente privi di ogni disciplina positiva a seguito di un’abrogazione27.

Tale prospettiva sembra escludere che vi siano casi in cui il legislatore voglia stabilire soltanto l’eliminazione di ogni regolamentazione relativa a una certa materia; in effetti, si tratta di un’ipotesi di estrema rarità e probabilmente di scuola, posto che normalmente interventi volti ad abrogare un certo complesso normativo che regola uno specifico settore sono accompagnati dall’apposizione di nuove norme, nelle forme ad esempio di testi unici o codici (che possono essere di pari grado o di grado inferiore rispetto alle norme previgenti) e questa circostanza ovviamente esclude in radice la configurabilità di un ripristino di norme anteriori.

24 Cfr. R.GUASTINI, Le fonti del diritto, cit., p. 315; G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale, cit., p. 43; A. FRANCO., Illegittimità costituzionale e abrogazione. La reviviscenza di norme abrogate, Torino, 1988, p. 91 ss.

25 Così G.U.RESCIGNO, Reviviscenza di disposizioni giuridiche e referendum abrogativo, cit., p. 734.

26 Questa tesi è sostenuta da Cfr. G.U.RESCIGNO, Reviviscenza di disposizioni giuridiche e referendum abrogativo, cit., p. 732-733.

27 Cfr. Cass. civ., 12 dicembre 1939, n. 3296, in Foro it., 1940, I, p. 348, secondo cui «la legge abrogata torna in vigore per l’abolizione della nuova legge abrogativa (…) se contemporaneamente non vengono emanate norme giuridiche rela-tive alla stessa materia»; Cass., 28 settembre 1968, n. 3019, in Foro it., 1968, I, p. 2690 ss., secondo cui la reviviscenza può essere riconosciuta dall’interprete, anche in assenza di una espressa indicazione ripristinatoria nel testo della legge, «nella eventualità in cui dall’abrogazione di una legge e dalla mancanza di una nuova e diversa previsione sia possibile desumere la precisa volontà del legislatore di rifarsi alle norme precedenti, non essendo ammissibile che una determinata

materia resti, nel suo complesso, del tutto sfornita di regolamentazione», precisando che «tale situazione può

concreta-mente realizzarsi solo nel concorso di determinate circostanze, limitataconcreta-mente, cioè, a leggi che disciplinano la materia in via esclusiva (…) ed in relazione all’integrale ripristino di un intero complesso normativo» (corsivo aggiunto). Cfr. anche T.A.R. Toscana, sez. I, 21 giugno 1995, n. 343, secondo cui «l’abrogazione di una norma abrogativa non determina l'effetto di ridare vigore alla norma da quest'ultima abrogata: tale effetto potrà discendere solamente in conseguenza della previsione espressa da parte della nuova legge, oppure nel caso in cui sia desumibile implicitamente tale effetto

dall'esi-genza secondo la quale, a seguito dell'abrogazione di una legge ed a causa della mancanza di una nuova e diversa

Tuttavia, ricavare da questo dato empirico una regola generale secondo cui sarebbe inammissibile che «una determinata materia resti, nel suo complesso, del tutto sfornita di regolamentazione»28 sem-bra essere una prospettiva giustificata più da horror vacui che da motivi strettamente giuridici; ragio-nare in questi termini, inoltre, significa anche prescindere dalla ricerca di una pur implicita volontà ripristinatoria del legislatore, stante il fatto che si ritiene che sia l’ordinamento a non tollerare che il diritto si ritragga da un certo settore.

In alcuni casi, inoltre, si potrebbe altresì ritenere che l’abrogazione retroattiva di norma espressa-mente ma non meraespressa-mente abrogatrice indichi una precisa volontà del legislatore di ripristinare la norma originariamente abrogata29.

A questo orientamento si può opporre che non sembrano specificati a sufficienza i requisiti per cui si debba considerare che sussista la lacuna in senso tecnico, stante anche la difficoltà di concepire vere e proprie lacune in un ordinamento giuridico fondato sul dogma della completezza, ovvero for-nito di mezzi ordinari – fra cui, come già illustrato, non figura la reviviscenza30 – per colmare ogni vuoto nella disciplina positiva. Piuttosto sembra questo il caso in cui sussista un obbligo discendente dalla Costituzione e gravante sugli organi legislativi di prevedere una specifica disciplina in certi settori, ipotesi che presenta profili peculiari, come si vedrà più oltre.

Più in generale, sembra comunque difficile ammettere la correttezza di una soluzione per cui la scelta, di volta in volta, dipende dalle valutazioni dei singoli interpreti: si rischierebbero forme arbi-trarie di ripristino, con grave pregiudizio della certezza giuridica.

Affermare che la reviviscenza operi a seconda degli elementi presenti nel singolo caso appare quasi una resa di fronte a un fenomeno che non si riesce a sistematizzare: se è certamente vero che ogni momento di interpretazione del diritto, anche con riferimento alla vigenza delle norme, consiste sempre in un’attività costantemente esposta al rischio di soluzioni diverse in ragione dei percorsi logico-giuridici di ciascun interprete, è anche vero che tale attività non può essere considerata total-mente arbitraria e lasciata senza freni, se non col rischio di fare del diritto un fattore di disordine anziché di ordine.

Salva dunque l’ipotesi in cui si riscontri la violazione dell’obbligo costituzionale di prevedere una certa disciplina normativa (ipotesi in cui, si anticipa, il problema si pone più sul piano della validità della norma da ultimo abrogatrice che su quello della vigenza/efficacia), in tutti gli altri casi di abro-gazione espressa di norma espressamente, ma non meramente abrogatrice sembra preferibile e più lineare ritenere che non vi sia reviviscenza.

28 Così Cass., 28 settembre 1968, n. 3019, cit.

29 In questo senso, ad es., T.A.R. Lazio, sez. III, 4 gennaio 2006, n. 81, secondo cui «mediante l'abrogazione della norma che ne disponeva la revoca» sono rivissute «senza soluzione di continuità» alcune concessioni ferroviarie.

A fronte di una manifestazione di volontà che si presta a esiti difformi (quale l’ultima abrogazione che, come visto, non è possibile interpretare come sicura volontà ripristinatoria), sembra infatti op-portuno ricavare dalla norma C il solo senso oggettivo e indiscutibile, ovvero quello dell’abrogazione della norma B: «è ben chiaro che l’abrogazione di una legge che abbia abrogato una legge precedente, accompagnata da un intervento di ridisciplina, può vantare un autonomo e sufficiente significato nella caducazione di quest’ultima»31. Se infatti la norma B non fosse stata a sua volta abrogatrice, ma la prima disciplina posta per quella specifica materia, non sorgerebbero dubbi sul senso da riconoscere alla sua totale ed espressa abrogazione; la circostanza che quella disciplina ne avesse sostituita un’al-tra più risalente non sembra decisiva nel senso di far propendere verso una soluzione diversa da quella consueta.

La diversa ipotesi di doppia mera abrogazione, invece, presenta una struttura oggettivamente di-versa e peculiare che legittima un esito eccentrico rispetto alla generalità dei casi. È proprio con riferimento a questa particolare ipotesi, infatti, che sembra lecito chiedersi davvero quale possa essere il fine del legislatore, perché sarebbe priva di senso la mera abrogazione di una norma meramente abrogatrice se non ipotizzando un ripristino della norma originariamente abrogata.

Così, non è infrequente che in dottrina l’ipotesi della reviviscenza per doppia abrogazione espressa sia ridotta al solo caso in cui entrambe le disposizioni da cui si ricavano le norme B e C consistano in una mera abrogazione. In questo senso, talvolta questo particolare avvicendamento normativo non è nemmeno qualificato come reviviscenza in senso proprio, bensì come una modalità di novazione della fonte32.

Ricostruita nel senso ora specificato, l’ipotesi di reviviscenza come rinvio per relationem alla norma originariamente abrogata è talvolta ammessa anche dalla dottrina che ritiene non configurabile nel nostro ordinamento la reviviscenza ad opera dell’interprete in caso di abrogazione della norma abrogatrice33.

31 Così P.CARNEVALE, Tornare a vivere: ma è sempre un vantaggio?, cit., p. 7.

32 Cfr. G.U.RESCIGNO, Abrogazione, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, I, Milano, 2006, p. 33, secondo il quale il ripristino di una norma si verifica solo se vi è la sua mera abrogazione seguita da una ulteriore mera abrogazione: secondo Rescigno non si tratta effettivamente di reviviscenza, ma di «un atto banale che si ha ogni qual volta il legislatore reintroduce nel sistema disposizioni a suo tempo abrogate». Più diffusamente v. ID., Reviviscenza di

disposizioni giuridiche e referendum abrogativo, cit., p. 731-732.

33 Cfr. A.M.SANDULLI, Legge (diritto costituzionale), cit., p. 651, il quale ritiene sussistente la generica non operatività della reviviscenza, salvo che «dall’ultima legge si ricavi che il suo oggetto volle essere proprio la precedente norma abrogativa, e cioè che il suo proposito fu proprio quello di far venire meno il precedente effetto abrogativo» (citando a conferma proprio l’orientamento di Pugliatti); non si vede in quale altra ipotesi si possa ravvisare tale proposito, se non proprio nel caso in cui oggetto di mera abrogazione sia una norma a sua volta meramente abrogativa. Cfr. anche P. CARNEVALE, Tornare a vivere: ma è sempre un vantaggio?, cit., p. 3 ss.

1.4. Terza tesi: l’abrogazione come fenomeno permanente e continuo e la conseguente

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