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Una questione all’origine del dibattito sulla giustizia costituzionale: la posizione di Kelsen sulla reviviscenza e il suo recepimento nella vigente Costituzione austriaca

Il problema della reviviscenza delle norme illegittimamente abrogate si è posto fin dalle origini del dibattito sulla giustizia costituzionale in Europa; escludere o ammettere la possibilità di un effetto ripristinatorio è infatti una circostanza che concorre in modo non secondario a definire l’ampiezza e l’incisività del controllo di costituzionalità.

5 Cfr. R.GUASTINI, Le fonti del diritto. Fondamenti teorici, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni e continuato da P. Schlesinger, Milano, 2010, p. 315; G.BARCELLONA, Votare contro.

Il referendum come opposizione e norma, Milano, 2016, p. 39-40, secondo cui in tale ipotesi si riscontra «un’inefficacia

originaria della disposizione illegittima, che generalmente impedisce a questa di sostituirsi alla norma preesistente»; R. MASTROIANNI,Conflitti tra norme interne e norme comunitarie non dotate di efficacia diretta: il ruolo della Corte costi-tuzionale, in Dir. Un. Eur., 2007, p. 599, secondo cui è più preciso definire il fenomeno come «mantenimento in vigore,

incidendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale precisamente sull’atto abrogativo, che perde valore ex tunc». In questo anche chi non ammette che una norma abrogata possa essere nuovamente efficace a seguito della dichiara-zione di illegittimità della norma abrogatrice e precisa che ove anche si sostenesse il contrario, ritenendo che la legge incostituzionale sia nulla-inesistente, non si tratterebbe comunque di reviviscenza, ma della «fine di una semplice sospen-sione di efficacia in fatto erroneamente avvenuta ma giuridicamente mai verificatasi» così F. MODUGNO, Problemi e

pseudo-problemi relativi alla c.d. reviviscenza di disposizioni abrogate da legge dichiarata incostituzionale, in Rass. giur. sarda, 1966 e poi in AA.VV., Studi in memoria di Carlo Esposito, I, Padova, 1972, p. 669; in senso adesivo cfr.

P.A.CAPOTOSTI,Reviviscenza di norme abrogate e dichiarazione di illegittimità conseguenziale, in Giur. cost., 1974, p.

1405.

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Nei fondamentali studi di Hans Kelsen sulla giustizia costituzionale si ritrovano alcune riflessioni preziose.

Pur qualificando la decisione del Tribunale costituzionale (ovvero dell’organo a cui è assegnato il controllo di costituzionalità sulle leggi) come annullamento, egli riteneva che da ciò conseguano sol-tanto limitati effetti retroattivi7.

Per quanto interessa nel presente studio, secondo tale autorevole prospettiva l’annullamento di una norma non investe «gli effetti che la sua entrata in vigore ha avuto sulle norme che fino a quel mo-mento avevano regolato il medesimo oggetto»: non si verifica affatto «il ripristino della situazione di diritto anteriore alla sua entrata in vigore», ma soltanto una situazione di «vuoto giuridico»8.

Kelsen ammetteva però subito che una tale configurazione degli effetti dell’annullamento potrebbe portare a inconvenienti, specie nel caso in cui la legge oggetto di giudizio sia incostituzionale per vizi di natura meramente formale. Per ovviare a una conseguenza così rigida, egli proponeva due possibili soluzioni idonee ad evitare la creazione uno spazio giuridico non regolamentato, conferendo così un potere discrezionale al Tribunale costituzionale.

a) Una prima ipotesi consiste nell’attribuzione al Tribunale della facoltà di modulare nel tempo

gli effetti della propria decisione, differendo a un termine posticipato rispetto alla pronuncia la de-correnza degli effetti derivanti dalla stessa. In tal modo, il legislatore avrebbe il tempo di adottare una nuova disciplina prima che l’annullamento esplichi i suoi effetti nell’ordinamento, evitando così che la materia resti priva di una regolamentazione e, al contempo, escludendo che si possa verificare un fenomeno di reviviscenza.

b) Una seconda ipotesi consiste nella previsione della facoltà in capo al Tribunale costituzionale

di «stabilire, nella decisione con la quale annulla una norma generale, che l’annullamento rimette in vigore le norme generali che regolavano la materia prima che intervenisse la norma annullata»9. Si tratterebbe in questo caso di una effettiva reviviscenza, determinata espressamente in modo da non lasciare dubbi.

Entrambe le soluzioni che Kelsen propose presentano due profili analoghi.

a) Da un lato, si riscontra in ciascun caso una soluzione orientata a garantire la certezza del diritto.

Si tratta di prospettiva presente in tutte le riflessioni di Kelsen sulla giustizia costituzionale, soprat-tutto nei termini della stabilità della normazione e dei rapporti giuridici che oggi si definirebbero esauriti. Secondo Kelsen, l’esigenza di certezza del diritto potrebbe giustificare l’apposizione di un

7 Cfr. H.KELSEN, La garantie jurisdictionelle de la Constitution (La justice constitutionnelle), in Rev. dr. publ., 1928, trad. it. La garanzia giurisdizionale della Costituzione (La giustizia costituzionale) in ID., La giustizia costituzionale, a cura di C. Geraci, Milano, 1981, p. 170, p. 192 e passim.

8 Ivi, p. 192. 9 Ibidem.

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termine fisso, stabilito dalla stessa Costituzione, entro cui una norma possa essere annullata: la circo-stanza che una norma sia stata vigente per lunghi anni, infatti, renderebbe “increscioso” (per utilizzare le parole di Kelsen) il suo annullamento. Parimenti, esigenze di certezza del diritto portano a esclu-dere che l’annullamento della norma possa rimettere in discussione gli atti giuridici posti in essere sulla base della stessa fino a quel momento, fatti salvi quelli nei confronti dei quali non vi sia stata

medio tempore una pronuncia di un’autorità pubblica10).

Non possono sorgere contrasti o dubbi sul ripristino di norme incostituzionalmente abrogate, poi-ché nell’ipotesi del differimento degli effetti ciò sarebbe evidentemente escluso, mentre in quella del ritorno in vigore disposto dalla stessa pronuncia di annullamento l’interprete troverebbe già una pre-cisa indicazione nel dispositivo della sentenza.

b) Dall’altro lato, non può trascurarsi la circostanza che poteri di questo tipo presentano

potenzial-mente ampi margini di discrezionalità, in quanto previsti per ragioni di opportunità in concreto. Esclu-dere l’automaticità della reviviscenza quale effetto conseguente dall’annullamento di una norma abrogatrice, in altre parole, significa aumentare in modo notevole il ruolo in senso lato “politico” del Tribunale costituzionale, chiamato a valutare circostanze di fatto che vanno al di là della questione della legittimità della norma oggetto di giudizio. Tuttavia, come si vedrà meglio oltre, l’esperienza di alcuni ordinamenti in cui strumenti di questo tipo sono previsti dimostra forse il contrario, ovvero che soluzioni ispirate alle proposte ora descritte possono determinare l’instaurarsi di rapporti colla-borativi e non ostili fra Parlamento e giudice costituzionale.

Una espressa eccezione a tale assetto consiste nell’ipotesi di annullamento di una legge meramente abrogatrice, il cui unico effetto non può che consistere nella «scomparsa della sola conseguenza giu-ridica della legge – l’abrogazione della legge precedente – cioè il ripristino di quest’ultima»11; tale eccezione sembra dimostrare come non si possa escludere a priori e in toto la reviviscenza, se non al prezzo di uno svuotamento di senso della garanzia del giudizio di costituzionalità.

Il modello kelseniano, come noto, trova precisi riscontri nella Costituzione austriaca, la quale nel vigente articolo 140 prevede una disciplina molto dettagliata. Anzitutto si segnala che a norma del comma 7 le decisioni della Corte costituzionale hanno efficacia ex nunc, salvo che sia diversamente disposto nella stessa pronuncia (come in realtà di regola avviene). Il comma 5 prevede che gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità possono essere posticipati fino a diciotto mesi. Infine, ed è questo il dato che qui rileva maggiormente, nel comma 6 è esplicitamente prevista la reviviscenza

10 Cfr. ivi, p. 191.

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delle disposizioni di legge abrogate dalla legge illegittima, salvo che la Corte stessa non disponga altrimenti12.

Non si tratta esattamente della soluzione proposta da Kelsen, poiché si presume l’automatica revi-viscenza delle norme abrogate per effetto della dichiarazione di illegittimità della norma abrogatrice, salvo che nella propria sentenza la Corte costituzionale austriaca disponga esplicitamente in senso opposto. Tuttavia, l’impostazione di fondo sembra la medesima, spettando espressamente alla Corte la decisione circa il ripristino delle norme illegittimamente norme abrogate.

Va anche evidenziata la norma che prevede che nella pubblicazione della pronuncia di incostitu-zionalità deve essere precisato quali disposizioni legislative eventualmente ritornino vigenti: ciò co-stituisce una garanzia della certezza del diritto, perché l’interprete troverà una puntuale indicazione delle disposizioni che devono considerarsi nuovamente vigenti, eludendo in radice il rischio che la reviviscenza possa diventare oggetto di dibattito giurisprudenziale ed evitando così che insorgano situazioni che mettano in pericolo la certezza del diritto.

3. Gli orientamenti della dottrina sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalità di una

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