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La negazione della reviviscenza in ragione della definitività dell’effetto abrogativo

3. Gli orientamenti della dottrina sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalità di una norma legislativa abrogatrice

3.3. La negazione della reviviscenza in ragione della definitività dell’effetto abrogativo

Un primo orientamento nega la possibilità di reviviscenza sulla base della presupposta definitività dell’effetto abrogativo.

Pur riconoscendo che la dichiarazione di illegittimità non coincide con l’abrogazione, quanto a causa e soprattutto quanto a effetti nell’ordinamento, tale orientamento ritiene che in entrambi i casi l’avvenuta abrogazione sia un limite invalicabile.

22 In questo senso cfr. R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998, p. 508; F.MODUGNO, Validità

(diritto costituzionale), in Enc. dir., XLVI, Milano, 1994, p. 73 ss. Cfr. anche F. PIERANDREI,Corte costituzionale, in Enc. dir., X, 1962, p. 972 e C.ESPOSITO,Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalità delle leggi in Italia, Padova,

1950, p. 269 ss., i quali riconoscono un valore a un tempo dichiarativo della nullità (e dunque non ritengono si tratti di annullabilità) e costitutivo della cessazione di esecutorietà.

23 Cfr., per tutti, G.PARODI, Art. 136, in R.BIFULCO,A.CELOTTO,M.OLIVETTI (a cura di), Commentario alla

Costi-tuzione, Torino, 2006, p. 2648; A.M.SANDULLI, Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della Corte costituzionale sulla

legittimità delle leggi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1959, p. 42.

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Le concezioni di teoria generale presupposte da tale orientamento sono le medesime già illustrate in precedenza25: pur fondandosi su ricostruzioni diverse e fra loro inconciliabili, si riscontra in cia-scuna di tali posizioni la conseguenza dell’irrevocabilità dell’effetto abrogativo, che resterebbe in-sensibile non soltanto alla successiva abrogazione della legge abrogatrice, ma anche alla sua even-tuale dichiarazione di illegittimità.

a) Così, secondo l’orientamento più rigoroso, si afferma che la forza formale della legge, che

comprende anche la sua vis abrogans, discende direttamente dalla Costituzione: la definitività dell’abrogazione dipende dunque dalla stessa Costituzione e si pone come un limite assoluto rispetto ad ogni effetto retroattivo che incida sulla norma abrogatrice, sia esso disposto da una successiva norma abrogatrice, discenda esso invece da una pronuncia di illegittimità26.

A ciò si potrebbe obiettare che sembra scorretto assimilare, sia anche soltanto quanto a effetti, le ipotesi di abrogazione e di illegittimità di norma abrogatrice, che dovrebbero restare invece distinte. Tale orientamento, inoltre, sembra trascurare il fatto che in questo modo si giungerebbe alla conclu-sione paradossale per cui sarebbe la stessa Costituzione a porre al riparo una sua violazione dalla possibilità di essere sanata: se allora si vuole ritenere che dalla Costituzione discenda la forza abro-gatrice di una legge, e che il relativo effetto sia definitivo, non si può però logicamente ammettere che ciò si verifichi proprio quando tale abrogazione, per qualunque vizio di costituzionalità, risulti illegittima.

b) La tesi maggioritaria in sede di teoria generale, secondo cui l’effetto abrogativo discende

dall’atto normativo, che è “istantaneo ad effetti permanenti”27, nella sua declinazione più diffusa ri-conosce parimenti il carattere definitivo dell’effetto abrogativo, che si consuma in modo puntuale e istantaneo nel momento dell’entrata in vigore dell’atto.

In questo ordine di idee, si ritiene che tale effetto non possa essere travolto dalla pronuncia di incostituzionalità, poiché quest’ultima determina la cessazione di efficacia soltanto con riferimento al contenuto normativo dell’atto o della disposizione viziata, ma non può invece colpire gli effetti che si sono verificati istantaneamente e sono ormai consumati, fra cui quello abrogativo28.

Anche a tale orientamento si può obiettare che la definitività dell’effetto abrogativo dovrebbe co-munque fondarsi sulla legittimità della causa che lo ha provocato: più semplicemente, qualora si ri-tenga che la reviviscenza non possa operare se è a sua volta abrogata la norma abrogatrice (vicenda che, si ripete, non presenta problemi sul piano della validità delle norme), si dovrebbe però indicare

25 V., per un inquadramento in generale, il paragrafo 2.5 del primo capitolo; in relazione all’ipotesi di abrogazione di norma abrogatrice, il paragrafo 1 del secondo capitolo.

26 Cfr. M.PATRONO, Legge (vicende della), in Enc. dir., Milano, 1973, p. 923-924.

27 Si tratta della nota e autorevole tesi sostenuta da V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 215-219. 28 Cfr. P.A.CAPOTOSTI,Reviviscenza di norme abrogate e dichiarazione di illegittimità conseguenziale,cit., p. 1406 ss.

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una specifica ragione per cui un’abrogazione posta in essere in contrasto con la Costituzione non possa essere considerata annullata quale conseguenza dell’annullamento della norma che la ha dispo-sta. In altri termini, non sembra logico postulare un effetto definitivo pur in assenza della sua validità.

c) Infine, secondo la tesi della c.d. condizione risolutiva implicita l’effetto abrogativo si verifica

in ragione di una condizione che pone la stessa norma abrogata e non in forza del nuovo atto norma-tivo: di conseguenza, «appar chiaro non soltanto che qualsiasi verificazione di un ulteriore fatto abro-gativo nei confronti della legge abrogante non incide già sull’essere essa stessa il fatto richiesto dalla prima legge abrogata perché si verificasse l’abrogazione di quest’ultima – che pertanto definitiva-mente permane –, ma anche che qualsiasi valutazione riguardante la stessa legge abrogativa non può incidere su essa medesima»29. È dunque la sola esistenza della legge abrogatrice quale “fatto” a essere «necessaria ma anche sufficiente alla verificazione della condizione posta dalla legge abroganda per la sua abrogazione»30.

Si possono opporre anche a tale ipotesi argomenti analoghi a quelli finora proposti a confutazione degli altri orientamenti circa la definitività dell’effetto abrogativo: sinteticamente, si potrebbe ritenere che la condizione risolutiva della legge abrogata non si è in realtà validamente verificata con l’entrata in vigore di una norma invalida e che pertanto si debba reputare ancora in vigore la legge o la dispo-sizione illegittimamente abrogata31.

Gli orientamenti ora esposti, che giungono con percorsi diversi alla conclusione del carattere de-finitivo e irretrattabile dell’abrogazione, hanno certamente plausibilità con riferimento alle vicende che riguardano il piano dell’efficacia delle norme e possono fondare da un punto di vista logico il divieto di reviviscenza a seguito di abrogazione di norma abrogatrice.

Tuttavia, in relazione all’ipotesi ora in esame, tali orientamenti dimostrano una minor forza per-suasiva, non giustificando in modo irresistibile come mai l’effetto abrogativo possa considerarsi va-lido e definitivo pur quando la causa giuridica che lo ha determinato sia stata annullata, magari pro-prio in ragione della circostanza che quello stesso effetto abrogativo deve essere considerato incosti-tuzionale.

29 Così F. MODUGNO, Problemi e pseudo-problemi relativi alla c.d. reviviscenza di disposizioni abrogate da legge

dichiarata incostituzionale, cit., p. 657.

30 Ibidem.

31 Cfr. A.FRANCO, Illegittimità̀ costituzionale e abrogazione, cit., p. 112 ss. per una critica all’argomento della irre-movibilità dell’effetto abrogativo (in relazione a ciascuno dei tre orientamenti ora esposti nel presente paragrafo) pur a fronte della illegittimità dell’atto da cui promana.

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3.4. La negazione della reviviscenza in ragione dei limiti agli effetti retroattivi derivanti

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