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La reviviscenza quale modalità per garantire certezza alla supremazia della Costituzione

La reviviscenza a seguito di illegittimità di norma abrogatrice può in potenza determinare problemi di conoscibilità del diritto e, soprattutto, può essere ritenuta sussistente da alcuni giudici e non da altri, con conseguente lesione della certezza giuridica, quantomeno finché uno degli orientamenti non si afferma.

Il problema non si pone se la Corte costituzionale determina la reviviscenza con un dispositivo che non è di “mero” accoglimento, bensì ricorrendo a dispositivi manipolativi, in cui ad esempio una disposizione abrogatrice è dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevede che l’abrogazione abbia effetto soltanto a partire da certe condizioni future11. In tutti gli altri casi, però, manca un’espressa indicazione nel dispositivo e pertanto è possibile che i giudici ordinari si sentano liberi di trarre conclusioni diverse in relazione all’annullamento di una disposizione abrogatrice.

Deve tuttavia essere evidenziato che tali rischi sembrano connaturati a un sindacato di costituzio-nalità accentrato, quale quello italiano, nel quale non è riconosciuto alla Corte costituzionale il potere di imporre ai giudici comuni la propria interpretazione circa gli effetti in concreto della dichiarazione di illegittimità, tra i quali ci può essere proprio la reviviscenza.

L’eventualità che gli effetti delle pronunce di accoglimento siano valutati in modo difforme dai giudici ordinari, infatti, non è limitata all’ipotesi in cui si discuta se l’illegittimità ha causato o meno il ripristino della norma abrogata, ma investe potenzialmente ogni declaratoria di incostituzionalità:

10 Cfr. D. ZOLO, Teoria e critica dello Stato di diritto, in P.COSTA,D.ZOLO (a cura di), Lo Stato di diritto. Storia,

teoria, critica, Milano, 2002, p. 39; G.PECES-BARBA, Teoria dei diritti fondamentali, Milano, 1993, p. 223 ss.; C. L UZ-ZATI, La vaghezza delle norme, Milano, 1990, p. 421; A.PIZZORUSSO,Certezza del diritto: II. Profili applicativi, in Enc. giur., VI, Roma, 1988, p. 2 ss.

11 È il caso, ad esempio, di Corte cost., sent. 18 marzo 1992, n. 106 (per la quale si rinvia al paragrafo 4 del quinto capitolo); un dispositivo simile è quello di Corte cost., sent. 21 ottobre 2004, n. 308 (per la quale si rinvia al paragrafo 2 del settimo capitolo).

come noto, nell’ordinamento italiano la valutazione in concreto degli effetti delle pronunce di acco-glimento è demandata all’autorità giudiziaria12.

Si pensi, ad esempio, alla divergenza di interpretazioni giurisprudenziali circa gli effetti dell’inco-stituzionalità di norma penale sostanziale diversa da quella incriminatrice nei confronti delle sentenze di condanna passate in giudicato nelle quali tale norma aveva determinato l’irrogazione di una pena illegittimamente più severa (profilo che, tra l’altro, riguarda anche i casi di reviviscenza di una disci-plina penale più favorevole illegittimamente abrogata13). Un primo orientamento giurisprudenziale14 affermava la necessità di rideterminare le pene, superando il limite del giudicato; un secondo orien-tamento riteneva invalicabile il limite del passaggio in giudicato della sentenza di condanna15. Le Sezioni unite della Cassazione risolsero il contrasto facendo proprio l’orientamento favorevole alla rideterminazione16.

In passato, tuttavia, sono state poste alcune autorevoli critiche alla configurabilità della revivi-scenza a seguito di illegittimità della norma abrogatrice, fondate proprio su esigenze di certezza del diritto, ma sotto un profilo diverso: secondo questo orientamento, il ripristino della norma abrogata per illegittimità della stessa abrogazione avrebbe ferito i principi di certezza del diritto e di ugua-glianza, poiché la norma ripristinata non si sarebbe potuta più applicare ai rapporti esauriti17.

Tale ricostruzione appare fondata allorché reputa che, nelle ipotesi di reviviscenza, i rapporti giu-ridici ormai non più sottoponibili a giudizio non potrebbero giovarsi dell’applicazione della norma ripristinata. Si potrebbe però obiettare che una situazione di questo tipo non pone in realtà problemi particolari, perché si tratta dell’ordinario limite agli effetti delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale; anzi, si potrebbe notare che l’esclusione degli effetti retroattivi della dichiarazione di illegittimità nei confronti dei rapporti esauriti si giustifica proprio in ragione della certezza del diritto,

12 Cfr. E.LAMARQUE,Il seguito giudiziario alle decisioni della Corte costituzionale, in E.MALFATTI,R.ROMBOLI,E. ROSSI (a cura di), Il giudizio sulle leggi e la sua diffusione, Torino, 2002, p. 204; V.ONIDA, Problemi e falsi problemi in

tema di efficacia temporale della pronuncia di incostituzionalità delle leggi, in Giur. cost., 1988, p. 2414 ss.; R.PINARDI,

La Corte, i giudici ed il legislatore, Milano, 1993, p. 124-125.

13 È il caso, ad esempio, degli effetti della già ricordata Corte cost., sent. 25 febbraio 2014, n. 32, il cui effetto è stato quello di ripristinare la previgente e generalmente più mite disciplina penale sugli stupefacenti.

14 Espresso inizialmente da Cass., sez. I pen., 27 ottobre 2011, n. 977 e poi fatto proprio dalla giurisprudenza preva-lente.

15 Tale orientamento fu espresso da Cass., sez. I pen., 19 gennaio 2012, n. 27640.

16 Cfr. Cass., sez. un., 24 ottobre 2013, n. 18821, e Cass., sez. un., 29 maggio 2014, n. 42858. Sulla vicenda v. E.N. LA ROCCA, Adeguamento della pena per sopravvenuta illegittimità costituzionale dell’aggravante: poteri «inediti» al

giudice dell’esecuzione, in Arch. pen., II, 2012, p. 1 ss.; C.PECORELLA, La rideterminazione della pena in sede di

esecu-zione: le Sezioni Unite danno un altro colpo all’intangibilità del giudicato, in Dir. pen. proc., 2015, p. 181 ss.; S.R UG-GERI, Giudicato costituzionale, processo penale, diritti della persona, in www.penalecontemporaneo.it, 22 dicembre 2014; sia consentito anche rinviare a N.CANZIAN,Quando è incostituzionale la pena. Illegittimità di norme penali so-stanziali non incriminatrici e tutela della libertà personale, in Giur. cost., 2015, p. 1121 ss.

17 Cfr. F.PIERANDREI,Corte costituzionale, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 976, ripreso sul punto da F. MODUGNO,

Problemi e pseudo-problemi relativi alla c.d. reviviscenza di disposizioni abrogate da legge dichiarata incostituzionale,

in Rass. giur. sarda, 1966 e poi in AA.VV., Studi in memoria di Carlo Esposito, I, Padova, 1972, p. 675-676; P.C APO-TOSTI, Reviviscenza di norme abrogate e dichiarazione d’illegittimità conseguenziale, in Giur. cost., 1974, p. 1407.

quale stabilità della cosa giudicata18 – e infatti tale esclusione viene meno laddove le esigenze di giustizia prevalgono su quelle di certezza: come noto, ai sensi dell’art. 30, ultimo comma, l. 11 marzo 1953, n. 87, fanno eccezione al limite del giudicato le sentenze penali di condanna.

Poiché la reviviscenza segue il regime degli effetti del mezzo con cui è attuata, non v’è dunque nulla di peculiare se, in tale ipotesi, la norma “reviviscente” troverà il limite delle situazioni giuridi-camente esaurite19. Altrimenti dovrebbe ritenersi che ogni ipotesi di illegittimità costituzionale di-chiarata in via incidentale comporti una lesione alla certezza del diritto e al principio di uguaglianza, con maggiore o minore estensione a seconda del periodo di illegittima vigenza della norma incosti-tuzionale.

Anzi, dal punto di vista di teoria generale, si potrebbe al contrario affermare che proprio il limite dei rapporti giuridici ormai esauriti consente di configurare il fenomeno come reviviscenza, e non come perdurante vigenza della norma; come si è già avuto modo di approfondire20, parte della dottrina contesta infatti che possa qualificarsi come reviviscenza una vicenda che sembrerebbe più esatta-mente configurabile come riconoscimento ex post che l’abrogazione, in quanto invalida, non è mai veramente avvenuta21.

Proprio il mantenimento dei rapporti giuridici ormai esauriti sembra invece dimostrare che, per quanto idealmente non vi sia stata successione di norme nel tempo, in realtà nella vita concreta dell’ordinamento la norma illegittima è stata considerata vigente e di tale vigenza un segno permane anche successivamente alla sua dichiarazione di incostituzionalità. Perciò configurare il fenomeno dell’annullamento della norma abrogatrice come “reviviscenza” della norma abrogata non sembre-rebbe del tutto scorretto, perché denuncesembre-rebbe che, sia pure illegittimamente, la norma che “riemerge” era stata considerata abrogata per un certo periodo.

Analogamente, il medesimo orientamento ritiene che configurare la reviviscenza potrebbe dare adito a problemi di incertezza del diritto, dati dalla difficoltà di coordinare norme vigenti nel passato, considerate – magari per molto tempo – abrogate, con le altre norme dell’ordinamento giuridico, il quale nel frattempo può essere progredito o comunque essersi trasformato in modo inconciliabile con la disciplina normativa per così dire “riesumata”22.

18 Cfr. R.GUASTINI, La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, in Le Regioni, 1986, p. 1094 s. 19 Cfr. A.FRANCO, Illegittimità costituzionale e abrogazione. La reviviscenza di norme abrogate, Torino, 1988, p. 26. 20 Si rinvia al paragrafo 1 del quinto capitolo.

21 Cfr. G.BARCELLONA, Votare contro. Il referendum come opposizione e norma, Milano, 2016, p. 39-40; R.G UA-STINI, Le fonti del diritto. Fondamenti teorici, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu, F. Mes-sineo, L. Mengoni e continuato da P. Schlesinger, Milano, 2010, p. 315; F. MODUGNO, Problemi e pseudo-problemi

relativi alla c.d. reviviscenza di disposizioni abrogate da legge dichiarata incostituzionale, cit., p. 669; P.A.CAPOTOSTI,

Reviviscenza di norme abrogate e dichiarazione di illegittimità conseguenziale, cit., p. 1405.

Tale argomento evidenzia un problema che effettivamente può verificarsi, ma che al contempo non sembra costituire una ragione sufficiente ad escludere in via assoluta la reviviscenza.

Due sono infatti i casi che si possono verificare: o, con ricorso agli ordinari mezzi di interpreta-zione, le disposizioni che devono considerarsi nuovamente vigenti sono idonee a esprimere una norma effettivamente dotata di ambito applicativo, e dunque il problema non si pone; oppure invece ciò è impossibile, ma allora dovrà ritenersi che la norma illegittimamente abrogata debba essere con-siderata comunque abrogata in modo tacito da quelle norme che, medio tempore, sono entrate in vigore e ne rendono impossibile l’applicazione23.

In tale ultima ipotesi, allora, potrà forse verificarsi una reviviscenza nel solo passato: l’interprete dovrà considerare che la norma abrogata sia stata vigente anche dopo il termine in cui è entrata in vigore la norma abrogatrice incostituzionale, ma soltanto fino al momento in cui non sia entrata in vigore la successiva e ulteriore norma idonea ad abrogarla tacitamente.

Più in generale, sembra opportuno intendere il principio di certezza del diritto non come assoluto, bensì in relazione al vizio di illegittimità che affligge la norma abrogatrice.

La Corte costituzionale ha più volte affermato che «la certezza del diritto costituisce senza dubbio un valore fondamentale dell'ordinamento da realizzare nella massima misura possibile»24. In altre occasioni la Corte ha definito la certezza del diritto come un principio «di preminente interesse co-stituzionale»25.

La Corte ha richiamato questo principio anche nella ormai più volte citata sentenza con cui ha delineato i caratteri generali della reviviscenza nel nostro ordinamento, al fine di escludere che tale fenomeno possa essere ammesso al di fuori dei limitati casi di illegittimità di norma espressamente abrogatrice e di abrogazione da parte del legislatore rappresentativo che assuma, per relationem, il contenuto di una legge abrogata: riconoscere uno spazio ancora più ampio alla reviviscenza signifi-cherebbe, secondo la Corte, esporsi al rischio che ogni intervento normativo abbia «conseguenze imprevedibili per lo stesso legislatore, rappresentativo o referendario, e per le autorità chiamate a interpretare e applicare tali norme, con ricadute negative in termini di certezza del diritto; principio che è essenziale per il sistema delle fonti»26.

Dunque, nonostante la giurisprudenza costituzionale non dubiti del ruolo fondamentale e inelimi-nabile che la certezza deve avere in un ordinamento giuridico, essa stessa ammette – sia pure con qualche cautela – che la reviviscenza quale conseguenza dell’illegittimità di una norma abrogatrice è

23 Cfr. A.FRANCO, Illegittimità costituzionale e abrogazione, cit., p. 29.

24 Così Corte cost., sent. 6 aprile 1995, n. 111, punto 4 del considerato in diritto. 25 Così Corte cost., sent. 5 aprile 2012, n. 78; sent. 17 dicembre 2013, n. 308.

26 Così Corte cost., sent. 24 gennaio 2012, n. 13, punto 5.2 del considerato in diritto; sulla vicenda referendaria che ha portato a tale pronuncia si rinvia a quanto esposto nel precedente capitolo quarto.

ammissibile nel nostro ordinamento; si tratta, come specifica la Corte, di un «caso a sé»27 rispetto a ogni altra ipotesi immaginabile di reviviscenza (ammissibile o meno).

Sempre nella pronuncia n. 13 del 2012, infatti, la Corte riconosce che nei propri precedenti la reviviscenza a seguito di illegittimità sia stata talvolta ritenuta un’ipotesi «di dubbia ammissibilità»; tuttavia, come illustrato nel capitolo quinto, la giurisprudenza costituzionale successiva alla citata sentenza non sembra aver posto più dubbi sull’operatività del fenomeno, quantomeno qualora il vizio della norma abrogatrice sia di natura formale e comporti il venir meno dell’atto normativo o di una parte di esso, includendo necessariamente anche le clausole abrogatrici o sostitutrici eventualmente presenti.

La ragione per cui non sembra corretto escludere la reviviscenza a seguito di illegittimità sembra fondarsi sul fatto che la certezza del diritto, se intesa come stabilità della disciplina nel tempo e come tendenziale divieto di norme retroattive se non in casi eccezionali, deve necessariamente cedere a fronte dell’accertamento dell’incostituzionalità.

Un sistema di giustizia costituzionale, che tra l’altro preveda l’efficacia retroattiva dell’accerta-mento dell’illegittimità, non è certo un fattore che può garantire questo tipo di certezza: poiché un tale sistema è istituzionalmente previsto al fine di eliminare le norme incostituzionali con effetto ex

tunc, esso appare porsi in opposizione alle esigenze di permanenza nel tempo delle discipline

norma-tive poste dal legislatore e alle esigenze della sicurezza che le norme sulla base delle quali i cittadini regolano la propria esistenza non siano poi rimesse in discussione “ora per allora”.

Una tale declinazione del principio di certezza del diritto sarebbe assolutamente riduttiva in un ordinamento giuridico retto da una Costituzione rigida, in cui esso deve invece essere primariamente inteso quale garanzia dei diritti fondamentali e delle procedure democratiche stabiliti dalla fonte co-stituzionale.

La certezza del diritto, in relazione alle questioni di validità della norma, non può che tradursi quale certezza del rispetto della Costituzione: nelle parole della stessa Corte, infatti, «rendere costi-tuzionalmente legittima una disciplina non solo non può “offendere” la “certezza del diritto” ma equi-vale a rendere “certa” ed “effettiva” la Costituzione repubblicana»28.

Deve infatti essere considerato qual è lo scopo effettivo della giustizia costituzionale, per come tale sistema è stato attuato nell’ordinamento italiano. Il sindacato di costituzionalità è un meccanismo finalizzato non già ad una astratta esigenza di legittimità delle norme vigenti, quanto piuttosto ad una reale ed effettiva tutela in concreto dei diritti fondamentali e delle libertà inviolabili, nonché delle

27 Così ancora Corte cost., sent. 24 gennaio 2012, n. 13, punto 5.3 del considerato in diritto. 28 Così Corte cost., sent. 13 luglio 1987, n. 255.

procedure che caratterizzano il nostro ordinamento giuridico come democratico (e, dunque, del cor-retto funzionamento dei procedimenti di adozione degli atti normativi di rango primario)29.

Se un vizio di legittimità, in ipotesi, riguarda proprio l’effetto abrogativo, di modo che l’unica possibilità per rendere (nuovamente) conforme alla Costituzione una certa disciplina consista nel ri-pristinare le norme previgenti, non si vede perché questo debba essere impedito adducendo quale ostacolo un principio di certezza del diritto, che appare sordo alle ragioni dell’illegittimità: «v’è cer-tezza del diritto, insomma, fintantoché e dove v’è garanzia dei diritti»30.

In tale ottica, dunque, la reviviscenza della norma abrogata quale effetto della illegittimità della norma abrogatrice sembra poter essere valutata come una garanzia della completezza della tutela costituzionale: essa evita che il legislatore possa, tramite abrogazione, sottrarre alcuni rami dell’ordi-namento dalla concreta possibilità di essere resi conformi alla Costituzione. Del resto, negare la revi-viscenza significherebbe “sanzionare” il legislatore soltanto nelle ipotesi in cui ponga una disciplina positiva incostituzionale, escludendo invece un rimedio alla diversa – e forse più grave – ipotesi in cui esso proceda alla completa abrogazione di una disciplina, lasciando un vuoto normativo costitu-zionalmente intollerabile.

Sono questi i motivi per cui non sembra esserci ragione di contrapporre alla reviviscenza per ille-gittimità le ragioni della certezza del diritto: tale reviviscenza, infatti, è un mezzo a garanzia della certezza, se declinata quale supremazia della Costituzione.

29 Il ruolo assunto dalla Corte costituzionale nel nostro ordinamento è modellato «sul valore fondamentale della rein-tegrazione degli interessi costituzionalmente protetti»: così G.SILVESTRI, Effetti normativi ed effetti temporali delle

sen-tenze della Corte costituzionale: due aspetti dello stesso problema, in AA.VV., Effetti temporali delle sensen-tenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere: atti del Seminario di studi tenuto al Palazzo della Consulta il 23 e il 24 novembre 1988, Milano, 1989, p. 52. R.ROMBOLI, Il giudizio costituzionale incidentale come

processo senza parti, Milano, 1985, p. 28, ritiene che l’adozione di un sistema di accesso in via incidentale attribuisca al

controllo di costituzionalità una funzione «essenzialmente giurisdizionale-garantistica, a tutela dello specifico diritto o interesse del singolo violato da una legge incostituzionale»; A.D’ATENA, Costituzionalismo moderno e tutela dei diritti

fondamentali, in A.D’ATENA,P.GROSSI (a cura di), Tutela dei diritti fondamentali e costituzionalismo multilivello. Tra

Europa e stati nazionali, Milano, 2004, p. 29, ritiene che l’istituzione del sindacato di costituzionalità delle leggi abbia

comportato la garanzia della tutela giurisdizionale nei confronti della funzione legislativa «con riconoscimento al giudice del potere di restaurare la legalità violata»; S.RUGGERI, Giudicato costituzionale, processo penale, diritti della persona, cit., p. 9, nota che «da tempo ormai diffusamente si riconosce che, pur restando la Corte costituzionale essenzialmente giudice delle leggi, il controllo da essa esercitato è indirizzato a una verifica di conformità alla legalità costituzionale orientata alla tutela dei diritti della persona».

30 A.RUGGERI,La cedevolezza della cosa giudicata all’impatto con la Convenzione europea dei diritti umani ... Ov-verosia quando la certezza del diritto è obbligata a cedere il passo alla certezza dei diritti, in Rivista AIC, 2, 2011, p. 15.

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