2. L’abrogazione come condizione preliminare della reviviscenza
2.5. Fondamento e stabilità del fenomeno abrogativo
Nonostante le divergenze già evidenziate nei precedenti paragrafi, l’aspetto dell’abrogazione su cui la dottrina è meno concorde è quello del suo fondamento giuridico.
Il dibattito potrebbe sembrare puramente speculativo, tanto che non manca chi ne ha criticato la futilità, reputando che «il “fondamento” dell’abrogazione [sia], banalmente, una norma positiva che la prevede»114 (quale nell’ordinamento italiano l’art. 15 delle Preleggi).
110 Cfr. A.M.SANDULLI, Legge (diritto costituzionale), cit., p. 647. Sulla distinzione fra vigenza ed efficacia v. anche G.U.RESCIGNO, L’atto normativo, cit., p. 94; ID., Abrogazione, cit., p. 32.
111 Sulla distinzione fra condizione giuridica e trattamento giuridico con riferimento a esistenza ed efficacia v. soprat-tutto V.MARCENÒ, La legge abrogata, cit., p. 19 e passim.
112 Così M.AINIS, L’entrata in vigore della legge, cit., p. 177.
113 Contra R.QUADRI,Dell’applicazione della legge in generale, cit., p. 30, secondo cui «non si può parlare di un atto
efficace, ma non applicabile, senza svuotare l’idea dell’efficacia dell’atto di ogni contenuto e portata». 114 Così R.GUASTINI, Le fonti del diritto, cit., p. 296 sub nota 2.
In realtà dalle posizioni che si assumono sul punto derivano diverse conclusioni circa l’ammissi-bilità e l’estensione del fenomeno della reviviscenza, ovvero conseguenze pratiche di non poco conto in relazione all’avvicendamento di norme115.
a) Una ricostruzione autorevole, ma sostanzialmente isolata, riconduce la prevalenza della norma
espressa dall’atto normativo più recente su quella espressa dall’atto anteriore sulla base della soprav-venuta inidoneità della seconda a soddisfare l’interesse pubblico: la norma abrogata è tale perché reputata non più opportuna dall’organo a cui è conferita la funzione normativa, che ha pertanto pro-ceduto ad emanare un nuovo atto normativo rispondente alle mutate esigenze sociali116. In questa prospettiva l’abrogazione è così ricondotta a quello che è stato definito un «vizio di opportunità po-litica»117.
Tale ordine di idee preclude ogni possibilità di reviviscenza, quantomeno a seguito di mera abro-gazione della norma abrogatrice; se una norma già abrogata è nuovamente ritenuta opportuna, sarà in base a una nuova valutazione dell’organo competente, senza alcun automatismo – e dunque nella forma della novazione della fonte che, come già anticipato nel primo paragrafo, non rientra nella concezione convenzionalmente intesa di reviviscenza. Tuttavia la tesi ora esposta non ha goduto di particolare eco in dottrina, probabilmente in base all’eccentricità di voler dare la veste giuridica di “vizio” a quelle che sembrano invece le ragioni socio-politiche per cui l’autorità competente procede a rinnovare una disciplina normativa.
b) La parte maggioritaria della dottrina ritiene che il fondamento dell’effetto abrogativo risieda
nell’inesauribilità del potere normativo, potere che «per sua natura trascende ogni momento del pro-prio esercizio, e quindi ogni atto specifico che ne deriva, e mantiene integro il propro-prio vigore, che non può essere compromesso né affievolito dal concreto esercizio»118. Secondo tale impostazione, l’attribuzione a un organo di potere normativo in via generale implica necessariamente che il suo attuale esercizio non trovi un limite per via del fatto che esso sia stato già esercitato in passato. La fonte normativa è dunque inesauribile, perché gli atti da essa già prodotti non possono porre un
115 Cfr. V.MARCENÒ, La legge abrogata, cit., p. 42.
116 Cfr. C.MORTATI, Abrogazione legislativa e instaurazione di un nuovo ordinamento costituzionale, in Scritti in
memoria di Piero Calamandrei, V, Padova, 1958, p. 116, secondo cui «l’effetto abrogativo discende dal conferimento
agli enti pubblici «di un potere-dovere di rivalutazione delle circostanze che ebbero a promuovere l’emanazione degli atti, onde accertare la permanenza della loro idoneità a soddisfare il pubblico interesse». A tale tesi aderisce isolatamente M.PATRONO, Legge (vicende della), in Enc. dir., Milano, 1973, p. 912, il quale precisa che «la legge abrogativa colpisce una legge valida ancorché viziata nel merito».
117 Cfr. V.MARCENÒ, La legge abrogata, cit., p. 42.
118 Così S.PUGLIATTI,Abrogazione, cit., p. 142. Cfr. anche V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 205 ss.;L.PALADIN, Le fonti del diritto italiano, cit., p. 86 ss.;G.ZAGREBELSKY, Il sistema delle fonti del diritto, cit., p. 39 s.; A.M.SANDULLI, Legge. Forza di legge. Valore di legge, in Riv. trim. dir. pubbl., 1957, p. 272; F.SORRENTINO,
colo a quelli futuri; viceversa, è ben possibile che «le norme incessantemente prodotte possano di-vergere e confliggere tra loro»119 e il criterio per risolvere tale conflitto consiste appunto nell’abro-gazione, sulla base della regola generale per cui è la volontà successiva a prevalere su quella ante-riore120.
Pertanto, il criterio cronologico è implicito nella stessa autorizzazione ad adottare atti normativi conferita dall’ordinamento a certi organi121: nell’ordinamento italiano e con riferimento alle norme di rango primario, l’attribuzione della funzione legislativa alle due Camere ai sensi dell’art. 70 Cost. determina così la possibilità per il Parlamento di esercitare in modo permanente il potere normativo, senza che le leggi anteriori possano limitare o escludere la possibilità di adottarne nuove sulle stesse materie. Di conseguenza, ogni atto legislativo è idoneo «a innovare nell’ordine legislativo preesi-stente»122; l’abrogazione pertanto si fonda sulla forza giuridica dell’atto normativo successivo.
Se si accoglie questo orientamento l’indagine sulla reviviscenza deve muovere dall’interrogativo se il venir meno della norma abrogatrice – per ulteriore abrogazione o per invalidità – può determinare il contestuale venir meno dell’effetto abrogativo dalla stessa disposto, determinando così il ripristino della norma abrogata.
Si riscontrano in merito due orientamenti che, pur basandosi sul medesimo presupposto dell’ine-sauribilità della fonte, si distinguono in ragione della diversa stabilità riconosciuta all’effetto abroga-tivo, in ragione della sua riferibilità all’atto normativo in quanto tale o alle norme che da esso si possono ricavare.
b1) Secondo l’opinione più diffusa, l’effetto abrogativo discende direttamente dall’atto normativo,
che è «atto istantaneo con effetti permanenti». Entrando in vigore, l’atto normativo pone una certa disciplina con effetto permanente nel tempo e, contestualmente, determina in modo istantaneo l’abro-gazione delle disposizioni e delle norme previgenti che siano in contrasto con tale disciplina; in altri termini, ciò che permane sono le norme introdotte con l’atto, mentre l’effetto abrogativo si consuma istantaneamente e, perciò, in modo definitivo123.
Tale orientamento scinde gli effetti abrogativi da quelli propriamente normativi. L’effetto abroga-tivo si verifica pur sempre in ragione dell’antinomia con le norme contenute nell’atto abrogante, ma è giuridicamente riferibile all’atto stesso quale suo «effetto legale»124. Tale effetto, che è puntuale,
119 Così V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 206. 120 Cfr. N.BOBBIO,Teoria dell’ordinamento giuridico, cit., p. 96 s.
121 Cfr. H.KELSEN, La dottrina pura del diritto, 1960, tr. it. di M. G. Losano, Torino, 1966, p. 233. 122 Così A.M.SANDULLI, Legge. Forza di legge. Valore di legge, cit., p. 272
123 Cfr. V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 215-219. Cfr. M.PATRONO, Legge (vicende della), cit., p. 923, il quale non si discosta radicalmente da tale ricostruzione, ma precisa che il carattere definitivo dell’effetto abro-gativo discende direttamente dalla Costituzione: se la forza formale della legge deriva dalla Costituzione, così dalla stessa deriva anche la sua vis abrogans.
124 Così P.CAPOTOSTI, Reviviscenza di norme abrogate e dichiarazione d’illegittimità conseguenziale, in Giur. cost., 1974, p. 1407.
resta successivamente autonomo dalle norme poste dall’atto abrogante, che sono invece permanenti: le vicende riferibili all’efficacia nel tempo di tali norme, dunque, non si riverberano sull’effetto abro-gativo, che resta irreversibile125. Allo stesso modo si potrebbe ritenere che l’effetto abrogativo, in quanto istantaneo e definitivo, non possa essere rimesso in discussione dalla successiva dichiarazione di invalidità della norma abrogatrice, poiché quest’ultima potrebbe colpire solo l’efficacia in rela-zione a quanto ancora di permanente introdotto con l’atto invalido, e non invece «l’efficacia della legge rispetto alle leggi a cui succede»126. Sembra così negata ogni ipotesi di reviviscenza.
b2) Secondo un indirizzo meno condiviso, l’effetto abrogativo non discende dall’atto normativo
abrogante, ma direttamente dalle norme che da esso sono ricavabili: l’effetto abrogativo altro non è che una esplicazione del più generale effetto normativo, dal quale non è possibile distinguerlo con nettezza. Come l’effetto normativo, così anche quello abrogativo è permanente e continuo: esso cioè non si verifica in modo puntuale e irretrattabile, ma è dato continuamente dal perdurante contrasto fra discipline, cosicché qualora venga meno – per qualunque ragione – la norma abrogante, quella abrogata potrà tornare a esplicare piena efficacia127. Si tratta, come è evidente, dell’orientamento più favorevole in assoluto al fenomeno della reviviscenza, ma che, come si illustrerà, si presta a critiche in punto di certezza del diritto: come evidenziato dalla Corte costituzionale nella già citata sentenza n. 13 del 2012, aderire a tale orientamento implica considerare le norme abrogate come quiescenti, ovvero idonee a tornare automaticamente vigenti ogniqualvolta la norma abrogatrice, per un qualsiasi motivo, venga meno.
c) Altra parte della dottrina fonda il fenomeno abrogativo non sulla forza dell’atto o della norma
abrogatrice, bensì su una condizione posta dalla stessa norma abrogata. Si tratta della teoria della “condizione risolutiva implicita”, secondo la quale ogni norma contiene in modo implicito la propria
125 Cfr. M.PATRONO, Legge (vicende della), cit., p. 923, secondo cui la vis abrogans, derivando direttamente dalla Costituzione, «non costituisce, in sé e per sé, un’energia potenziale che accompagna la legge nel corso del suo vigore e che si trasforma in attuale solo eventualmente e di volta in volta, ma piuttosto ha carattere istantaneo e si risolve senza residui nella sua unica esplicazione, ossia nel suo effetto».
126 Cfr. anche F.PIERANDREI,Corte costituzionale, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 975-976, con riferimento
all’ille-gittimità costituzionale.
127 Cfr. F.SORRENTINO, L'abrogazione nel quadro dell'unità dell'ordinamento giuridico, cit. Aderiscono a tale tesi F. POLITI,Gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale, Padova, 1997, p. 374; P.C OLA-SANTE, La reviviscenza della norma abrogata, cit., p. 389 ss.
condizione risolutiva, che è subordinata all’entrata in vigore di una norma successiva incompati-bile128. Secondo tale orientamento, «ogni atto normativo può disporre, in principio, della propria per-manenza in vigore e della propria efficacia129», ma senza giungere a stabilire la propria assoluta im-modificabilità – poiché anche una norma nominalmente immodificabile contiene, in realtà, la propria condizione risolutiva di efficacia. Questa dottrina giustifica quelle clausole, che talvolta si riscontrano nella legislazione, per cui un atto dispone di essere modificabile e abrogabile solo in via espressa; tuttavia, l’orientamento maggioritario, non accogliendo la tesi della condizione risolutiva implicita130, nega che da disposizioni di questo tipo possa derivare un vincolo per il legislatore futuro131.
L’altra conseguenza pratica di questo orientamento consiste nella riduzione al minimo della revi-viscenza. Se il fondamento dell’abrogazione, infatti, risiede nella stessa norma abrogata, il venir meno della norma abrogante non ha modo di dispiegare alcun effetto nei confronti della stessa, essendosi già perfezionato il verificarsi della condizione risolutiva; soltanto nel caso di nullità-inesistenza della norma abrogatrice (ma non di mera invalidità) la norma abrogata può tornare in vigore, ma soltanto in ragione della circostanza che l’abrogazione non si è mai giuridicamente verificata132.
Questi i termini generali degli orientamenti a cui è possibile ricondurre le varie posizioni assunte da dottrina e giurisprudenza in tema di reviviscenza; prima di affrontare tale dibattito, sembra oppor-tuno precisare alcuni ultimi concetti circa il ripristino di norme in via generale.
3. Caratteri comuni alle varie ipotesi di reviviscenza