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Possibili limiti alla reviviscenza per incostituzionalità della norma abrogatrice

La possibilità di reviviscenza di norme abrogate per incostituzionalità della norma abrogatrice sembra ormai chiaramente affermata nell’ordinamento italiano. Essa però incontra alcuni limiti.

In primo luogo, come già approfondito, si ribadisce che non ogni pronuncia di accoglimento su norme abrogatrici porta alla reviviscenza, ma solo quelle che investono la norma in quanto

abroga-trice, oppure la investono nella sua interezza determinandone la totale caducazione.

Se invece si colpiscono soltanto una o più disposizioni di un atto normativo senza che esso venga complessivamente meno e senza che siano caducate le clausole abrogatrici, è tendenzialmente indif-ferente la circostanza che le disposizioni illegittime siano state introdotte nell’ordinamento conte-stualmente all’abrogazione di una disciplina previgente.

Un esempio concreto può aiutare a cogliere la differenza.

Con la sentenza 5 novembre 2015, n. 218, la Corte costituzionale ha respinto una questione di legittimità relativa a una norma sulle assunzioni di personale a tempo indeterminato da parte di re-gioni ed enti locali. La norma impugnata faceva parte di una disciplina che aveva abrogato e sostituito una disciplina previgente91. L’Avvocatura dello Stato aveva preliminarmente eccepito che l’illegitti-mità delle norme impugnate avrebbe comportato la reviviscenza delle norme da esse abrogate. La Corte ha però rilevato che il giudizio non riguardava una norma «il cui contenuto essenziale è quello abrogativo; né di essa si chiede l’annullamento in quanto dispone l’abrogazione della vecchia disci-plina». Pertanto, non ricorrevano le condizioni per una reviviscenza: se la questione fosse stata ac-colta, la norma impugnata sarebbe meramente venuta meno, senza comportare alcun ripristino.

A parte i criteri di ordine generale ora esposti, è lecito chiedersi se in determinate ipotesi sussistano limiti particolari alla reviviscenza.

91 Più precisamente, era impugnato l’art. 3, comma 5 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114. Tale disciplina aveva abrogato e sostituito quella di cui art. 76, comma 7, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133.

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5.1. La reviviscenza di norme comportanti spese a carico del bilancio pubblico

Si potrebbe ipotizzare un limite alla reviviscenza qualora l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma abrogatrice determinerebbe il ripristino di una norma abrogata compor-tante spese per il bilancio pubblico senza però provvedere ai mezzi con cui farvi fronte, come pre-scritto dal vigente art. 81, terzo comma Cost.

Se è vero che la reviviscenza per illegittimità della norma abrogatrice ripristina le disposizioni invalidamente abrogate e, dunque, anche le eventuali previsioni di copertura, ciononostante deve escludersi che queste possano ancora essere applicabili, in assenza di una previsione nel bilancio dello Stato. Sembra infatti assolutamente ipotetico il caso in cui si abroghi una norma che prevedeva con-testualmente sia una prestazione da erogare, sia l’istituzione di specifici tributi con cui fare fronte alle spese di tale prestazione – norma che dunque, se oggetto di reviviscenza, avrebbe autonomamente i mezzi per far fronte alle spese che comporta.

Da questo punto di vista, si può ipotizzare una norma che abbia meramente abrogato la disciplina di una prestazione a carico delle finanze pubbliche, o che abbia comportato la sostituzione di una prestazione più costosa con una prestazione più economica. In tal caso, se la norma abrogatrice fosse illegittima e si dovesse ritenere la reviviscenza delle norme da essa abrogate, si verificherebbe una situazione paragonabile a quella delle sentenze c.d. “additive di prestazione”, perché si determine-rebbero nuovi oneri per lo Stato92.

In passato in dottrina si è sostenuta sia la tesi (che sembra prevalente) della sostanziale irrilevanza dei vincoli finanziari nei confronti delle pronunce della Corte93, sia invece l’opposta tesi di conside-rare vietate le pronunce additive di prestazione94. Un orientamento intermedio riteneva ammissibili tali pronunce solo se riferibili a prestazioni costituzionalmente obbligatorie e non, invece, negli altri casi95.

A seguito della l. cost. 20 aprile 2012, n. 1, che ha modificato il testo dell’art. 81 della Costituzione in senso più rigoroso rispetto alla formulazione precedente, introducendo esplicitamente il principio

92 La definizione è di L.ELIA, Le sentenze additive e la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale: ottobre

1981-luglio 1985, in Scritti in onore di V. Crisafulli, Padova, 1985, p. 314.

93 Cfr. L.ELIA, Le sentenze additive e la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, cit., p. 311 ss.; V. ONIDA, Giudizio di costituzionalità delle leggi e responsabilità finanziaria del Parlamento, in AA.VV., Le sentenze della

Corte costituzionale e l’art. 81, u.c., della Costituzione, Atti del Seminario svoltosi in Roma Palazzo della Consulta nei giorni di 8 e 9 novembre 1991, p. 19 ss.; M.LUCIANI, Art. 81 della Costituzione e decisioni della Corte costituzionale,

ivi, p. 53 ss.; S.SCAGLIARINI, La quantificazione degli oneri finanziari delle leggi tra Governo, Parlamento e Corte

costituzionale, Milano, 2006, p. 37 ss.

94 Cfr. V. CAIANIELLO, Corte costituzionale e finanza pubblica, in Giur. it., IV, 1984, p. 273; M.NIGRO, Le

giurisdi-zioni sui pubblici poteri fra sistema normativo e spinte fattuali, in Dir. proc. amm., 1984, p. 455.

95 Cfr. A.GIORGIS, Uno spunto in tema di tutela costituzionale dei diritti sociali e reviviscenza delle norme

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dell’equilibrio di bilancio, ci si può chiedere se anche le sentenze della Corte costituzionale debbano essere sottoposte a un vincolo più stringente.

Nella sentenza 11 febbraio 2015, n. 1096, la Corte modulò nel tempo gli effetti della pronuncia di incostituzionalità della norma oggetto del giudizio, la c.d. “Robin tax”, ritenendo che il regime ordi-nario degli effetti della dichiarazione di illegittimità avrebbe determinato «una grave violazione dell’equilibro di bilancio ai sensi dell’art. 81 Cost.». La pronuncia non è affatto un’additiva di pre-stazione, ma è comunque idonea a incidere sul bilancio dello Stato determinando minori entrate; in essa il rispetto dell’equilibrio di bilancio è stato considerato, secondo parte della dottrina, «un prin-cipio costituzionale capace di prevalere in modo assoluto sulle altre norme di valore costituzionale, come quelle che disciplinano il funzionamento stesso della Corte»97.

Il rilievo sembra però sfumare a fronte della di poco successiva sentenza 30 aprile 2015, n. 7098, in cui la Corte ha dichiarato incostituzionale il meccanismo di blocco della rivalutazione automatica delle pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, in cui sembra che la Corte stessa abbia ignorato il parametro dell’art. 81 Cost99.

Una recente pronuncia sembra infine confermare tale orientamento: nella sentenza del 16 dicembre 2016, n. 275, la Corte afferma che, secondo una visione corretta del concetto di equilibrio del bilancio, «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condi-zionarne la doverosa erogazione».

Tale ultima affermazione sembra riecheggiare le posizioni della dottrina secondo cui, quantomeno in relazione alle prestazioni derivanti da un obbligo costituzionale, non può essere evocato il vincolo di bilancio: «i principi costituzionali vanno applicati anche qualora ciò comporti uno sforzo finanzia-rio non previsto»100.

Qualora la nuova spesa derivi da una norma abrogata che ritorna efficace in forza dell’incostitu-zionalità della norma abrogatrice non sembra ci si debba scostare dalla prassi e dalle indicazioni più condivise in dottrina: spetterà alla sensibilità della Corte costituzionale ammettere la reviviscenza o trovare una soluzione differente, qualora l’impatto sulle finanze statali di un eventuale reviviscenza comportante spese fosse confliggente con altri diritti o esigenze che trovano tutela nella Costituzione.

96 Per i profili ora in esame, su tale pronuncia v. I.CIOLLI, L’art. 81 della Costituzione: da limite esterno al

bilancia-mento a super principio, in www.forumcostituzionale.it, 26 maggio 2015.

97 Così I.CIOLLI, L’art. 81 della Costituzione, cit. Per una lettura meno radicale cfr. L.MADAU, L’incidenza del nuovo

articolo 81 Cost. sui giudizi di legittimità costituzionale: prime osservazioni, in www.contabilita-pubblica.it, 3 dicembre

2015, p. 20 ss.

98 Su cui v. A.MORRONE, Ragionevolezza a rovescio. L’ingiustizia della sentenza n. 70/2015 della Corte

costituzio-nale, in www.federalismi.it, 20 maggio 2015; A.ANZON DEMMIG, Una sentenza sorprendente. Alterne vicende del

prin-cipio dell’equilibrio di bilancio nella giurisprudenza costituzionale sulle prestazioni a carico del pubblico erario, in Rivista AIC, settembre 2015.

99 Cfr. A.MORRONE, Ragionevolezza a rovescio, cit., p. 4.

100 Così A.PIZZORUSSO, Tutela dei diritti costituzionali e copertura finanziaria delle leggi, in Riv. dir. proc, 1990, p. 263.

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5.2. La reviviscenza della norma abrogata per effetto dell’illegittimità sopravvenuta della norma abrogatrice

Con l’espressione “illegittimità sopravvenuta” talvolta la dottrina indica una categoria eterogenea di pronunce della Corte costituzionale accumunate dalla circostanza di dispiegare un effetto limitato nei confronti dei rapporti giuridici passati, facendo così salvi, almeno in parte, gli effetti della norma illegittima in relazione ai rapporti sorti durante la sua vigenza101.

Si tratta pertanto di dichiarazioni di illegittimità che, per via della limitazione cronologica degli effetti, non travolgono del tutto la norma incostituzionale. Ci si può pertanto chiedere se vi sia la possibilità di reviviscenza a seguito di illegittimità sopravvenuta della norma abrogatrice.

Con riferimento alla illegittimità sopravvenuta in senso proprio, essa consiste nell’ipotesi in cui una norma originariamente valida divenga successivamente invalida per via del sopraggiungere di un nuovo parametro di costituzionalità.

La norma colpita da illegittimità sopravvenuta, pertanto, è valida ed efficace nel momento in cui entra in vigore; se si tratta di una norma abrogatrice, anche l’effetto abrogativo nei confronti della norma previgente si dispiega validamente.

Il successivo mutamento di parametro, pertanto, non sembra idoneo a travolgere l’effetto abroga-tivo. Ciò vale, ovviamente, qualora si supponga che l’effetto abrogativo sia istantaneo e definitivo: secondo tale orientamento, il fenomeno abrogativo si verifica in un preciso momento e dunque, se effettuato validamente, resta poi insensibile alle vicende che colpiscono la norma abrogatrice102.

A conclusioni diverse si giunge qualora si preferisca l’orientamento minoritario secondo cui l’ef-fetto abrogativo dipende dalle vicende dell’efl’ef-fetto normativo: seguendo tale orientamento, in qualun-que modo venga meno la norma abrogatrice cessa anche l’effetto abrogativo e, per tale motivo, l’il-legittimità sopravvenuta sembra una causa idonea a determinare la reviviscenza della norma abro-gata103.

101 Cfr. PINARDI,La Corte, i giudici e il legislatore, Milano, 1993, p. 38 ss.; D.DIACO, Gli effetti temporali delle

decisioni di incostituzionalità tra Legge fondamentale e diritto costituzionale vivente, in Consulta online, I, 2016, p.

194 ss.

102 Cfr. C. ESPOSITO,Caratteristiche essenziali (e comuni) dei testi unici di leggi, in Giur. cost., 1961, p. 502 sub nota

11;

G.GUARINO,Abrogazione e disapplicazione delle leggi illegittime, cit., p. 371; M.PARODI GIUSINO, Effetti della

dichiarazione di incostituzionalità delle leggi penali, cit., p. 948 s.

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5.3. Modulazione degli effetti nel tempo della sentenza di accoglimento della Corte costitu-zionale

La sentenza n. 10 del 2015, già citata nel paragrafo 5.1, presenta un ulteriore aspetto che può interferire con la reviviscenza: in quel caso, infatti, la Corte modulò nel tempo gli effetti della dichia-razione di illegittimità costituzionale. Si tratta di un’ipotesi che a volte è definita come illegittimità sopravvenuta in senso lato, ma sembra preferibile mantenere distinti i fenomeni della modulazione degli effetti e quello della illegittimità sopravvenuta vera e propria, poiché i presupposti sono diversi. Nell’ipotesi ora in esame, che talvolta è indicata come illegittimità differita, la norma è invalida sin dall’origine, ma per evitare conseguenze ancora più gravi la Corte costituzionale si auto-riconosce il potere di modificare il regime degli effetti dell’accoglimento.

Il potere di limitare gli effetti delle sentenze di accoglimento al futuro o a partire da una certa data, con espressa esclusione per i rapporti sorti in precedenza, non è infatti attribuito formalmente alla Corte costituzionale; l’utilizzo di dispositivi di questo tipo è oggetto di dibattito dottrinario, per quanto siano poche le sentenze la cui efficacia sia stata effettivamente modulata nel tempo.

La Corte utilizzò tale tecnica in alcune sentenze di fine anni Ottanta104, su cui la dottrina del tempo fu divisa fra chi ammetteva tale potere105 e chi invece lo negava106. Nella più recente giurisprudenza

104 Corte cost., sent. n. 266 del 1988 (in materia di indipendenza dei giudici militari) e n. 501 del 1988 (sul trattamento pensionistico di magistrati e avvocati dello Stato). Si trattava di casi attinenti la graduale applicazione della Costituzione in cui la Corte costituzionale ha ritenuto che «ad una qualche graduazione [degli effetti delle sentenze] era doveroso arrivare per ragioni di ordine sostanziale, giacché quella graduazione era, per così dire, in rebus, essendo ricavabile dalla convergenza di elementi afferenti al parametro di giudizio e di altri attinenti alle norme sindacate» (così S.BARTOLE,

Strategie giudiziali per la delimitazione nel tempo degli effetti delle sentenze costituzionali di accoglimento, in Diritto e società, 1989, p. 204).

105 Cfr. F.MODUGNO,Considerazioni sul tema, in AA.VV., Effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere, cit., p. 15, il quale proponeva che la Corte dichiarasse incostituzionale

l’art. 30 della l. n. 87 del 1953 nella parte in cui esclude indiscriminatamente l’applicazione di leggi illegittime ai rapporti pendenti; G.SILVESTRI,Effetti normativi ed effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale: due aspetti dello stesso problema, ivi, p. 51; A.PIZZORUSSO,Soluzioni tecniche per graduare gli effetti nel tempo delle decisioni di acco-glimento della Corte costituzionale, ivi, p. 95-98, il quale però tendeva a escludere che gli effetti possano essere limitati

verso il futuro; M.LUCIANI,La modulazione degli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento: primi spunti per una discussione sulla Corte costituzionale degli anni novanta, ivi, p. 112-115; G.ZAGREBELSKY, Il controllo da parte della

Corte costituzionale degli effetti temporali delle pronunce di incostituzionalità: possibilità e limiti, ivi, p. 198; F.S OR-RENTINO, Considerazioni sul tema, ivi, cit., p. 160; T.MARTINES, Considerazioni sul tema, ivi, p. 235-241; S.P.P ANUN-ZIO, Incostituzionalità «sopravvenuta», incostituzionalità «progressiva» ed effetti temporali delle sentenze della Corte

costituzionale, ivi, p. 273-285;A.A.CERVIATI,Incostituzionalità delle leggi ed efficacia delle sentenze delle Corti costi-tuzionali austriaca, tedesca ed italiana, ivi, p. 310-319; P.BARILE,Considerazioni sul tema, ivi, p. 310-319; M.D’AMICO,

Giudizio sulle leggi ed efficacia temporale delle decisioni di incostituzionalità, Milano, 1993, p. 103 ss., che sottolinea

come la Corte in queste sentenza abbia applicato principi generali facendo ricorso ai limiti stabiliti dalla giurisprudenza comune; R.PINARDI,La Corte, i giudici e il legislatore, cit., p. 53 ss.; M.RUOTOLO,La dimensione temporale dell’inva-lidità della legge, Padova, 2000, passim.

106 Cfr. S.FOIS,Considerazioni sul tema, in AA.VV., Effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere, cit., p. 34-52; A.PACE, Effetti temporali delle decisioni d’accoglimento e tutela

giurisdizionale del diritto di agire nei rapporti pendenti, ivi, p. 54, salvo i casi in cui ciò fosse la conseguenza della

struttura normativa della disposizione impugnata; A.RUGGERI,Vacatio sententiae, «retroattività parziale» e nuovi tipi di

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oltre alla già ricordata Corte cost., sent. 11 febbraio 2015, n. 10107, si segnala anche la sentenza del 23 luglio 2015, n. 178 sull’incostituzionalità sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico108.

La stessa Corte costituzionale ha stabilito di poter ricorrere a dispositivi di questo tipo al fine di evitare che si verifichino «effetti ancor più incompatibili con la Costituzione” (…) di quelli che hanno indotto a censurare la disciplina legislativa»109. A livello comparato, è stato sottolineato come la pos-sibilità di modulare nel tempo le proprie decisioni renda possibile la dichiarazione di incostituziona-lità di norme che altrimenti non potrebbero essere colpite110.

Quando la Corte stabilisce la modulazione nel tempo degli effetti di una sentenza di incostituzio-nalità, tali effetti non sono retroattivi, ma decorrono dal momento stabilito nella pronuncia; in tal modo, l’eventuale effetto abrogativo disposto dalla norma abrogatrice illegittima dovrebbe essere fatto salvo.

La modulazione degli effetti, pertanto, sembra escludere la possibilità della reviviscenza: le due ipotesi non sembrano infatti strutturalmente conciliabili. La Corte costituzionale potrebbe dunque utilizzare dispositivi di questo tipo nel caso in cui ritenga che il ripristino di norme abrogate comporti conseguenze costituzionalmente intollerabili.

Un’evenienza di questo tipo non sembra plausibile qualora la norma abrogatrice risulti incostitu-zionale in ragione dell’abrogazione della norma previgente: poiché a risultare illegittima risulta pro-prio la limitazione dell’efficacia della norma abrogata, non sembra che possa aver senso una dichia-razione di illegittimità che si fonda su tale presupposto, ma si preclude al contempo di raggiungere l’unico risultato utile – cioè la reviviscenza della norma illegittimamente abrogata.

Non può invece escludersi che, in ipotesi, la Corte costituzionale decida di limitare gli effetti dell’incostituzionalità di un atto normativo o di una disposizione totalmente illegittimi, qualora le norme previgenti presentino a loro volta un vizio di costituzionalità; eppure, in casi di questo tipo potrebbe essere sufficiente il ricorso all’illegittimità consequenziale.

della Corte costituzionale: limiti pratici e teorici, ivi, p. 250-251; V.ONIDA,Considerazioni sul tema, ivi, p. 186; F.

POLITI,Gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento, Padova, 1997.

107 Su cui v. A.ANZON DEMMIG, La Corte costituzionale “esce allo scoperto” e limita l’efficacia retroattiva delle

proprie pronunzie di accoglimento, in Giur. cost., 2015, p. 67 ss.; E.GROSSO, Il governo degli effetti temporali nella

sentenza n. 10/2015. Nuova dottrina o ennesimo episodio di un’interminabile rapsodia?, ivi, p. 79 ss.; A.PUGIOTTO, La

rimozione della pregiudizialità costituzionale nella sentenza costituzionale n. 10/2015, ivi, p. 90 ss.; L.GENINATTI SATÈ,

L’irrisolta questione della retroattività delle sentenze d’illegittimità costituzionale, ivi, p. 99 ss

108 Su cui v. R.PINARDI, La modulazione degli effetti temporali delle sentenze d’incostituzionalità e la logica del

giudizio in via incidentale in una decisione di accoglimento con clausola di irretroattività, in www.giurcost.org

109 Così Corte cost. 11 febbraio 2015, n. 10. Sul punto cfr. F.MODUGNO,Considerazioni sul tema, cit., p. 15; M.

RUOTOLO,La dimensione temporale, cit., p. 360.

110 Cfr. X.MAGNON,La modulation des effets dans le temps des décisions du Juge Constitutionnel, in Annuaire Inter-national de Justice Constitutionnelle, Aix-Marseille, 2011, p. 577.

CAPITOLO VI

LAREVIVISCENZA NEI RAPPORTI FRA NORME NAZIONALI ED EUROPEE

1. La disapplicazione della norma interna per contrasto con norma dell’Unione europea

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