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I limiti in generale all’ammissibilità dei quesiti referendari

Nonostante il referendum possa essere annoverato fra le fonti del diritto e l’abrogazione eventual-mente disposta dallo stesso referendum non abbia effetti diversi da quella disposta da un atto di rango legislativo, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha da tempo posto limiti stringenti all’am-missibilità del referendum11.

Tali limiti sono stati individuati, si potrebbe dire, proprio per evitare che l’esito favorevole all’abrogazione di un referendum produca effetti ritenuti incompatibili con la sua natura di atto nega-tivo. In altri termini, poiché l’abrogazione è una tecnica idonea a produrre effetti oggettivamente manipolativi, la Corte ha ritenuto inammissibili quei quesiti il cui esito sarebbe stato di pura manipo-lazione, ovvero un intervento di tipo eminentemente creativo: è stata così negata l’ammissibilità di proposte referendarie innovative, cioè tese a sostituire delle norme esistenti con altre totalmente nuove mediante la manipolazione delle relative disposizioni12.

Dalla giurisprudenza della Corte emerge così un indirizzo restrittivo rispetto al testo dell’art. 75 della Costituzione, che si limita a vietare il referendum «per le leggi tributarie e di bilancio, di amni-stia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali».

La Corte ritiene infatti che la struttura del quesito referendario debba rispettare i caratteri di «chia-rezza, univocità e omogeneità»13, imposti dalla necessità di tutelare la genuinità del voto14.

In estrema sintesi, il quesito deve essere chiaro, nel senso di coerente e completo, cioè non può escludere alcune disposizioni normative che la richiesta sottostante logicamente presuppone15;

uni-voco, di modo che sia palese il fine intrinseco a cui tende e gli elettori sappiano quale sarà la disciplina

alternativa eventualmente risultante dall’esito positivo del referendum16; omogeneo, quale conse-guenza del fatto che esso non può investire «una pluralità di domande eterogenee, carenti di una matrice razionale unitaria»17. In altre parole, deve emergere una finalità precisa, perché, secondo la

11 Sulla giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di ammissibilità v., per tutti, A.PERTICI, Il giudice delle

leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, Torino, 2010; M.LUCIANI,Art. 75. Il referendum abroga-tivo, cit., p. 322 ss.; P.CARNEVALE, Il “referendum” abrogativo e i limiti alla sua ammissibilità in nella giurisprudenza

costituzionale, Padova, 1992.

12 Il divieto è stato esplicitato soprattutto a partire da Corte cost., sent. 10 febbraio 1997, n. 36. Il caso riguardava la disciplina del sistema radioteleviso: tramite la tecnica del ritaglio, il quesito mirava a ridurre i tempi di trasmissione dei messaggi pubblicitari. I limiti previsti sarebbero stati sostituiti con uno notevolmente più basso, ma originariamente rife-rito a un’ipotesi diversa (il recupero delle «eccedenze» orarie nella trasmissione dei messaggi pubblicitari). Cfr. A.G I-GLIOTTI, L’ammissibilità dei referendum in materia elettorale, Milano, 2009, p. 133 ss.

13 Così Corte cost., sent. 4 febbraio 1993, n. 32.

14 Il requisito dell’omogeneità (che è poi stato declinato in vari sotto-criteri, quali chiarezza, univocità, coerenza e completezza del quesito), è stato indicato dalla Corte a garanzia degli «scopi in vista dei quali l'istituto del referendum abrogativo è stato introdotto nella Costituzione, come strumento di genuina manifestazione della sovranità popolare»: così Corte cost., sent. 7 febbraio 1978, n. 16.

15 V., ad es., Corte cost., sent. 13 febbraio 1981, n. 27.

16 V. Corte cost., sent. 3 febbraio 1987, n. 29, che riferisce l’univocità all’«evidente finalità intrinseca al quesito». 17 Corte cost., sent. 7 febbraio 1978, n. 16.

Corte costituzionale, soltanto in questo modo è possibile che il corpo elettorale chiamato a decidere esprima un voto effettivamente libero e consapevole18.

Oltre alle leggi espressamente escluse dal testo dell’art. 75 della Costituzione, secondo la giuri-sprudenza della Corte costituzionale sono vietati i referendum finalizzati alla completa abrogazione delle c.d. leggi “costituzionalmente necessarie”, ovvero di quelle «la cui esistenza e vigenza è indi-spensabile per assicurare il funzionamento e la continuità degli organi costituzionali della Repub-blica»19; un esempio paradigmatico di tale categoria è quello delle leggi che disciplinano le modalità di elezione di organi costituzionali.

Esse sono sottoponibili a referendum, poiché manifestano «una scelta politica che potrebbe essere diversa, senza che da ciò derivi una menomazione della norma costituzionale cui si vorrebbe dare attuazione»20; tuttavia, il regime dell’ammissibilità trova in questo ambito dei vincoli ulteriori rispetto a quelli valevoli in generale21, al fine di garantire che una disciplina normativa sussista a seguito all’eventuale esito positivo del referendum. Secondo giurisprudenza costante della Corte, non è infatti consentito che un referendum, abrogando in tutto o in parte norme elettorali, determini la paralisi o l’inoperatività di organi previsti dalla Costituzione22.

In merito all’ammissibilità di referendum in materia elettorale, la Corte ha individuato la «duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili a una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell’eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell’organo»23.

Di conseguenza, nei confronti delle materie regolate da leggi costituzionalmente necessarie e, in particolare, in materia elettorale i quesiti referendari non possono avere ad oggetto l’intero atto nor-mativo, ma soltanto singole disposizioni o porzioni di testo (che possono essere prive di un significato normativo autonomo), la cui espunzione lasci in vigore una disciplina in grado di garantire la perfetta funzionalità dell’organo elettivo. La Corte costituzionale riconosce così che i referendum elettorali

18 Cfr. F.PIZZOLATO,V.SATTA, Art. 75, cit., pp. 1477-1478; G.E.VIGEVANI, Art. 75, in R.CRISAFULLI,L.PALADIN, S.BARTOLE,R.BIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, 2008, p. 694-695.

19 Corte cost., sent. 30 gennaio 2008, n. 15.

20 Così F.PIZZOLATO,V.SATTA, Art. 75, cit., p. 1479.

21 In dottrina si è parlato di «uno statuto particolare referendario delle leggi elettorali»: così S.BARTOLE, Corte

costi-tuzionale e comitato dei promotori di fronte alle ambiguità e ai dilemmi del referendum in materia elettorale, in R.BIN (a cura di), Elettori legislatori? Il problema dell’ammissibilità del quesito referendario elettorale, Torino, 1999, p. 4.

22 «Gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale non possono essere esposti alla eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento. Per tale suprema esigenza di salvaguardia di costante operatività, l'organo, a com-posizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, una volta costituito, non può essere privato, neppure temraneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali po-tranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di assolvere». Così, Corte cost., sent. 3 febbraio 1987, n. 29 (in merito a un quesito relativo al sistema elettorale per il Consiglio superiore della magistratura). Il concetto è stato ribadito costantemente dalla giurisprudenza costituzionale, da ultimo in Corte cost., sent. 24 gennaio 2012, n. 13.

23 Così Corte cost., sent. 4 febbraio 1993, n. 32, in linea con sent. 2 febbraio 1991, n. 47 e sent. 3 febbraio 1987, n. 29; giurisprudenza richiamata, da ultimo, in Corte cost., sent. 24 gennaio 2012, n. 13.

«risultano essere intrinsecamente e inevitabilmente “manipolativi”, nel senso che, sottraendo ad una disciplina complessa e interrelata singole disposizioni o gruppi di esse, si determina, come effetto naturale e spontaneo, la ricomposizione del tessuto normativo rimanente, in modo da rendere la re-golamentazione elettorale successiva all'abrogazione referendaria diversa da quella prima esi-stente»24.

È evidente, però, che in questo modo si ammettono referendum di tipo oggettivamente manipola-tivo, in contrasto con quanto sostenuto dalla stessa Corte costituzionale, che come appena visto vieta, in generale, tale eventualità.

La contraddizione è risolta dalla Corte distinguendo due ipotesi. Da un lato è inammissibile il referendum che, tramite abrogazione parziale, mira a introdurre una nuova disciplina i cui principi non sono già desumibili dall’ordinamento25; si può ad esempio pensare, come caso limite, a un quesito che riguardi soltanto una negazione, sì da trasformare un divieto espresso in una facoltà.

Dall’altro, è invece consentita l’abrogazione referendaria se nella normativa di risulta viene appli-cato «un criterio specificamente esistente (sia pure residuale)»26, e non uno prima sconosciuto all’or-dinamento. La manipolazione referendaria in materia elettorale (e, più in generale, in ogni materia in cui sia costituzionalmente inammissibile un vuoto legislativo27) è quindi ammessa, ma deve avere un carattere di ablazione e non di innovazione: la cancellazione di disposizioni si risolve non in un nuovo quadro normativo, ma nell’«espansione delle potenzialità intrinseche alla normativa vigente»28. L’abrogazione non si tramuta così nell’introduzione di una nuova disciplina, ma nella mera “dilata-zione” di un principio già esistente nell’ordinamento29.

A critica di tale orientamento è stato sostenuto che quelle proposte dalla Corte sono «formule oscure, quasi esoteriche (…). Dove, però, in concreto, si collochi la linea di confine tra emendamento e snaturamento – posto che, comunque, si ha a che fare con “manipolazioni” – non si può dire. Anzi: lo dice, caso per caso, la Corte costituzionale, inappellabilmente»30.

In sintesi, le posizioni della Corte limitano molto le potenzialità dell’istituto referendario; ma tali limiti si spiegano proprio in ragione del fatto che l’abrogazione disposta da referendum è assimilabile, quanto a effetti, a quella disposta dalla legge. La differenza fra le due ipotesi, dunque, non risiede in

24 Corte cost., sent. 30 gennaio 2008, n. 16.

25 È inammissibile il referendum che «si risolve sostanzialmente in una proposta all'elettore, attraverso l'operazione di ritaglio sulle parole e il conseguente stravolgimento dell'originaria ratio e struttura della disposizione, di introdurre una nuova statuizione, non ricavabile ex se dall'ordinamento, ma anzi del tutto estranea al contesto normativo»: così Corte cost., sent. 10 febbraio 1997, n. 36.

26 Così Corte cost., sent. 28 gennaio 1999, n. 13.

27 Cfr. G. ZAGREBELSKY,V.MARCENÒ, Giustizia costituzionale, Bologna, 2012, p. 498. 28 Corte cost., sent. 30 gennaio 2008, n. 15.

29 Cfr. A.GIGLIOTTI, L’ammissibilità dei referendum in materia elettorale, cit., pp. 239-244; F.PIZZOLATO,V.SATTA,

Art. 75, cit., p. 1478; E.VIGEVANI, Art. 75, cit., p. 693.

una diversa qualità dell’abrogazione a seconda della fonte che la dispone; tale differenza, piuttosto, si fonda sul divieto per il referendum di veicolare un fine in concreto propositivo che contrasterebbe con la funzione che la Corte costituzionale riconduce a tale strumento.

Resta dunque da esaminare se tale ratio sia incompatibile o meno con la reviviscenza della norma abrogata dalla disposizione oggetto di referendum abrogativo.

3. Gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza precedenti alla sentenza n. 13 del

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