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La reviviscenza fra rimedio all’incertezza e manifestazione dell’incertezza

Come si è illustrato nei precedenti capitoli, la reviviscenza in senso proprio, intesa quale restitu-zione di piena efficacia a una norma abrogata, può ricondursi a due ipotesi.

In primo luogo, si ha reviviscenza della norma abrogata nel caso di abrogazione di norma abroga-trice, ma, quantomeno nella ricostruzione dottrinaria, soltanto in via eccezionale, quando ricorrano condizioni davvero peculiari: in sintesi, qualora all’abrogazione della norma abrogatrice non sia pos-sibile conferire un significato diverso da quello di ripristinare la norma a sua volta abrogata da que-sta1.

In secondo luogo, la reviviscenza della norma abrogata può essere determinata dalla dichiarazione di illegittimità di una norma abrogatrice, qualora ovviamente tale norma sia annullata nella sua inte-rezza (e, pertanto, non sia colpita soltanto la disciplina da essa posta, ma ogni suo effetto, ivi incluso quello abrogativo2), oppure una norma abrogatrice in quanto tale (cioè qualora sia proprio l’abroga-zione a determinare il vizio della norma)3.

Entrambe le ipotesi hanno carattere eccezionale e rappresentano, nel complesso, un’eventualità non frequente nella vita dell’ordinamento giuridico4.

Tuttavia, a rigore, la reviviscenza a seguito di abrogazione della norma abrogatrice sembra davvero un’ipotesi che si verifica raramente; non per questo, però, si può ritenere che la sua configurabilità in astratto non ponga problemi. Vi sono stati casi, come già approfondito, in cui tale tipo di reviviscenza si è verificata, tra l’altro in settori dell’ordinamento per nulla marginali. Un noto esempio fu quello, già ricordato in precedenza, del ripristino temporaneo delle norme previgenti al testo unico sull’edi-lizia; come già approfondito5, tale vicenda presentava però profili molto particolari, poiché la giuri-sprudenza prevalente riconobbe la reviviscenza delle norme abrogate a seguito della problematica posticipazione di entrata in vigore di un atto normativo che, in realtà, era già vigente.

La reviviscenza a seguito di illegittimità di norma abrogatrice, invece, ha più probabilità di verifi-carsi, stante soprattutto la crescente sensibilità della Corte costituzionale nel censurare vizi procedu-rali attinenti alla formazione degli atti normativi; sono noti i casi, già richiamati nel quinto capitolo,

1 Per le ipotesi di reviviscenza a seguito di abrogazione della norma abrogatrice si rinvia al capitolo secondo. 2 Cfr. A.CERRI, Prolegomeni ad un corso sulle fonti del diritto, III ed., Torino, 2011, p. 140-141.

3 Per le ipotesi di reviviscenza a seguito di invalidità della norma abrogatrice si rinvia al capitolo quinto. 4 Cfr.A.CELOTTO, Reviviscenza degli atti normativi, in Enc. giur., XVII, Roma, 1998, p. 6.

della reviviscenza per vizi formali di norme penali abrogate. Si pensi, ad esempio, agli effetti di Corte cost., sent. 23 gennaio 2014, n. 5, che ha dichiarato incostituzionale per carenza di delega legislativa l’abrogazione del reato che puniva le associazioni di carattere militare; oppure si pensi agli effetti di Corte cost., sent. 25 febbraio 2014, n. 32, che ha dichiarato incostituzionale, per violazione dei limiti all’emendabilità del decreto-legge in sede di conversione, la disciplina dei reati sugli stupefacenti, con l’effetto di ripristinare la formulazione previgente delle disposizioni illegittimamente sostituite6.

Come si è più volte evidenziato nei precedenti capitoli, è difficile ridurre a unità le due ipotesi generali ora richiamate di reviviscenza, stante la differenza dei presupposti che le determinano e degli effetti che ne derivano, soprattutto in relazione ai rapporti giuridici sorti medio tempore, cioè ai rap-porti sorti nel periodo di vigenza della norma abrogatrice, poi a sua volta abrogata o dichiarata ille-gittima.

L’efficacia nel tempo della norma “reviviscente”, infatti, è inevitabilmente determinata dal mezzo con cui essa si verifica. Pertanto essa tornerà efficace soltanto pro futuro, lasciando impregiudicati i rapporti sorti durante il periodo della sua abrogazione, allorché sia disposta con abrogazione non retroattiva della norma abrogatrice; essa dovrà invece essere considerata come mai abrogata nel caso di invalidità della norma abrogatrice, con la conseguenza di estendere la sua efficacia anche ai rap-porti sorti durante il periodo in cui era stata considerata abrogata, salvo ovviamente i c.d. raprap-porti esauriti.

La differenza più pregnante fra le due ipotesi, però, riguarda in realtà i presupposti in base ai quali si verifica il ripristino di una norma abrogata; la diversità degli effetti del ripristino è infatti dovuta agli effetti tipici che si riconducono all’abrogazione, da un lato, e all’invalidità, dall’altro lato.

La diversità irriducibile fra i due “tipi” di reviviscenza è tale da mettere in discussione l’idea che si tratti di uno stesso fenomeno, ma piuttosto depone a favore di una netta separazione; tale diversità si riflette, a ben vedere, anche in relazione alla giustificabilità della reviviscenza sotto il profilo della certezza del diritto.

Prima di analizzare tale differenza, va ribadito che entrambe le ipotesi di reviviscenza costitui-scono un momento critico in relazione alla certezza del diritto.

In ciascun caso, infatti, la norma è ripristinata non da una disposizione normativa che prevede espressamente la reviviscenza, bensì dall’attività di qualsiasi interprete che valuta gli effetti di vi-cende che intervengono sulla norma abrogatrice (siano queste la sua successiva abrogazione o la sua dichiarazione di invalidità). In altri termini, la reviviscenza è desunta da atti giuridici che, nella parte in cui sono vincolanti, nulla dispongono espressamente circa una conseguenza ripristinatoria; è forse

6 Sui recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale in relazione al decreto-legge cfr. A.SIMONCINI,E.LONGO,

Dal decreto-legge alla legge di conversione: dal controllo potenziale al sindacato effettivo di costituzionalità, in Rivista AIC, 3, 2014, 12 settembre 2014.

questo il tratto comune alle due ipotesi che ha spesso indotto dottrina e giurisprudenza a indicare con lo stesso nome fenomeni così diversificati.

Si è visto come nel caso di dichiarazione di illegittimità di norma abrogatrice, in realtà, la Corte costituzionale quasi sempre affermi la tesi della reviviscenza della norma invalidamente abrogata nelle motivazioni della sentenza di accoglimento; si potrebbe ritenere che l’affermazione dell’effetto ripristinatorio indicata nel testo delle motivazioni della sentenza (che è legalmente pubblicata e che produce effetti nei termini indicati dall’art. 136 Cost.) sia un fattore che garantisce certezza, perché indica agli operatori in modo chiaro e mediante un atto formale legalmente pubblicato qual è l’effetto dell’incostituzionalità in relazione alle norme eventualmente abrogate da quella oggetto del giudizio.

Non possono essere tuttavia trascurati due aspetti.

In primo luogo, la sentenza della Corte potrebbe non prendere posizione sul punto, come ad esem-pio avvenne nel primo caso in cui si verificò la reviviscenza di norme abrogate in conseguenza dell’il-legittimità di un atto normativo (Corte costituzionale del 10 aprile 1962, n. 32): la pronuncia della Corte nella sua motivazione non si pronunciava sulla reviviscenza, che fu riconosciuta ad opera esclu-siva della giurisprudenza ordinaria succesesclu-siva7.

In secondo luogo, la Corte non dispone formalmente della facoltà di dichiarare quali siano le even-tuali norme ripristinate per effetto della propria pronuncia di illegittimità8. Pertanto, quando la Corte si esprime circa gli effetti delle proprie pronunce in relazione al ripristino di norme illegittimamente abrogate, sembra difficile riconoscere a tali valutazioni circa la ricomposizione del tessuto normativo un carattere strettamente vincolante dal punto di vista giuridico: la determinazione in concreto della reviviscenza sembra gravare soprattutto sui giudici comuni. Si è però già evidenziato come, in realtà, sembri difficile che la magistratura possa rifiutare di aderire alle indicazioni fornite dalla Corte costi-tuzionale su tale punto, soprattutto quando il mancato riconoscimento dell’effetto costituirebbe una negazione della stessa dichiarazione di incostituzionalità concernente una disposizione abrogatrice in quanto tale9.

Qualunque sia la causa della reviviscenza, pertanto, la circostanza che essa sia l’esito di un per-corso interpretativo più o meno complesso comporta un rischio congenito di incertezza.

Non soltanto, infatti, manca una indicazione chiara, precisa e soprattutto vincolante – il che può considerarsi problematico dal punto di vista della conoscibilità del diritto, profilo che certamente

7 Sul punto si rinvia al paragrafo 3.6 del quinto capitolo.

8 Al contrario, come approfondito nel paragrafo 2 del quinto capitolo, di quanto previsto nell’ordinamento austriaco, in cui per espressa previsione della Costituzione la reviviscenza delle norme abrogate da norme dichiarate illegittime si presume quale effetto automatico, salva diversa statuizione della Corte costituzionale.

rientra nella concezione di certezza del diritto10; manca altresì l’assicurazione di uniformità nell’in-terpretazione e nell’applicazione del diritto, poiché ogni processo interpretativo che non si fonda su una solida base testuale si espone al rischio di non essere condiviso unanimemente.

La potenziale lesione alla certezza del diritto, però, si pone in modo radicalmente difforme nelle due ipotesi di reviviscenza; è proprio il diverso fondamento a giustificare, come si approfondirà su-bito, valutazioni diverse.

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