La questione della reviviscenza di norme abrogate si può porre anche con riferimento all’istituto del referendum abrogativo previsto dall’art. 75 della Costituzione per due tipi di profili.
In primo luogo ci si può chiedere se il ripristino delle norme già abrogate possa essere una delle conseguenze dell’abrogazione referendaria, quando il referendum miri ad abrogare disposizioni che hanno anche un contenuto abrogativo.
In secondo luogo ci si può anche domandare se sia costituzionalmente ammissibile una richiesta di referendum abrogativo che, abrogando una certa disciplina, abbia lo scopo esclusivo di ripristinare quella anteriore.
Le risposte a questi quesiti muovono necessariamente da una premessa.
Ci si deve infatti chiedere se il referendum abrogativo abbia una natura meramente demolitiva, consistente nella sola “sottrazione” di norme, o se invece sia ammissibile che esso comporti una ri-composizione del tessuto normativo dell’ordinamento tale da poter determinare una disciplina so-stanzialmente innovativa.
In altri termini, è necessario chiarire se la circostanza che il referendum abrogativo miri soltanto all’abrogazione di disposizioni legislative vigenti debba essere intesa come l’indicazione di una tec-nica per incidere sull’ordinamento giuridico o, invece, come un limite alla possibilità di riconoscere margini di creatività alla pronuncia popolare.
Se infatti si ritiene che il popolo, mediante referendum, pur non potendo proporre una disciplina positiva possa comunque ricorrere all’abrogazione in tutte le sue numerose potenzialità, è di conse-guenza ammissibile, in astratto, che anche l’abrogazione referendaria possa determinare la revivi-scenza, ovviamente nei limiti in cui essa si verificherebbe qualora l’effetto abrogativo fosse disposto dalla legge. Le ipotesi di reviviscenza ad opera del referendum coinciderebbero, dunque, con quelle che si possono verificare in via generale in forza di disposizioni espressamente e meramente abroga-trici (come illustrato nel secondo capitolo).
Si può al contrario ritenere che l’abrogazione disposta da referendum debba avere un ambito più circoscritto di quello che è nella disponibilità del Parlamento: l’abrogazione referendaria perderebbe così la connotazione esclusivamente tecnica tipica di ogni abrogazione, quale mera modalità di far cessare la vigenza di disposizioni normative o di parti di esse (con ogni conseguenza del caso), e comporterebbe così un divieto di quesiti referendari formalmente abrogativi, ma in concreto idonei a
porre una nuova disciplina normativa. In questo senso si esprime chi ritiene che la volontà del popolo espressa mediante referendum possa avere solo una direzione negativa, che non consente l’individua-zione di una puntuale volontà positiva1. In questa ottica, allora, la reviviscenza potrebbe essere intesa come un esito ulteriore e diverso rispetto al referendum abrogativo, istituto dalle potenzialità esclu-sivamente ablative, e pertanto dovrebbe essere considerata vietata.
In realtà l’alternativa secca fra le due ipotesi ora sinteticamente prospettate non è possibile, perché anche aderendo alla visione più restrittiva non si può negare la potenzialità di innovazione struttural-mente insita in ogni intervento abrogativo, comunque disposto.
Come già più volte ricordato, infatti, la mera abrogazione di una norma non si può mai ridurre a un atto di semplice sottrazione di norme dall’ordinamento giuridico, ma implica sempre un modo diverso di disporre rispetto a quanto previsto in precedenza2. L’ordinamento giuridico reagisce all’abrogazione in diversi modi: a seconda del caso, l’oggetto regolato da una norma abrogata sarà disciplinato da una norma generale, se questa era speciale, oppure da una norma ricavata in via ana-logica o sistematica, o infine potrà essere considerato indifferente al mondo del diritto. Anche quest’ultima ipotesi consiste in una conseguenza giuridicamente apprezzabile, poiché a seguito della mera abrogazione della disciplina che li riguardava una fattispecie o un rapporto (prima sottoposti, a seconda dei casi, a certe forme o condizioni, o ancora oggetto di obbligo o divieto) diventano com-pletamente liberi.
Secondo l’opinione prevalente, il referendum abrogativo deve essere annoverato fra le fonti del diritto3; in questo senso si esprime anche la giurisprudenza costituzionale, secondo cui «la natura del referendum abrogativo nel nostro sistema costituzionale è quella di atto-fonte dell'ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria»4.
L’esito del referendum favorevole all’abrogazione dell’atto normativo o delle disposizioni è atte-stato dal decreto del Presidente della Repubblica, che dichiara l’avvenuta abrogazione, come previsto dall’art. 37 della l. 25 maggio 1970, n. 352.
1 Cfr. C.CHIOLA, Il referendum come atto legislativo: conflitto tra richieste e limiti, in Pol. dir., 1987, p. 343. 2 Cfr., per tutti, V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, 1, VI ed. a cura di F. Crisafulli, Padova, 1993, p. 116. Sull’impossibilità di ridurre in generale la mera abrogazione a un atto a contenuto esclusivamente negativo si rinvia al paragrafo 1.3 del primo capitolo.
3 V., per tutti, M.LUCIANI,Art. 75. Il referendum abrogativo, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca
e A. Pizzorusso, La formazione delle leggi, tomo 1, 2, Bologna-Roma, 2005, p. 603 ss.; R.BIN,G.PITRUZZELLA, Diritto
costituzionale, XIV ed., Torino, 2013, p. 391 ss.
L’esito positivo del referendum abrogativo, pertanto, è assimilabile quanto a effetti a una disposi-zione meramente abrogatrice5; parte della dottrina ritiene utile specificare che l’effetto dell’esito fa-vorevole del referendum abrogativo non debba essere inteso in un’ottica riduttiva, poiché tale effetto abrogativo «non è dissimile da quello comune»6.
È proprio tale condizione a segnare un’ambiguità strutturale, per cui non sembra possibile identi-ficare pienamente il referendum abrogativo quale atto di mera negazione, se con ciò si intende un atto che non può avere effetti sistemici diversi da quelli consistenti nella mera espunzione di disposizioni. Si può infatti affermare che il referendum abrogativo sia una forma di legislazione negativa, ma il fatto che con esso «si possano solo togliere disposizioni, e non anche aggiungerne di nuove, non significa affatto che non si possano introdurre norme nuove, come effetto della “manipolazione” del testo normativo»7: dunque, anche in caso di referendum abrogativo, «l’abrogazione è un disporre diversamente e, in quanto tale, destinata a produrre un effetto innovativo del tutto assimilabile alle forme di legislazione cosiddetta positiva»8.
È infatti possibile distinguere fra oggetto del quesito referendario, che riguarda soltanto le dispo-sizioni, e oggetto dell’abrogazione che si verifica se il referendum ha esito favorevole, che riguarda invece le norme9; nulla di diverso, come si vede, dalla normale dinamica di produzione normativa, in cui la distinzione fra disposizioni e norme rende evidente come un intervento meramente di sottra-zione di disposizioni o parti di esse può tradursi in un intervento di creasottra-zione di norme.
Pertanto, l’abrogazione referendaria di una disposizione abrogatrice, in teoria, non sembrerebbe trovare un ostacolo insormontabile nel mezzo: non sembra corretto distinguere gli effetti dell’abroga-zione a seconda che essa sia disposta da una legge o un atto avente forza di legge, oppure sia disposta dall’esito favorevole di un referendum abrogativo10. Il divieto di reviviscenza tramite abrogazione referendaria, come si vedrà subito, sembra fondarsi non sull’inidoneità della tecnica abrogativa in quanto tale, ma sulla valutazione di ammissibilità del referendum stesso.
5 Cfr. R.GUASTINI, Le fonti del diritto. Fondamenti teorici, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni e continuato da P. Schlesinger, Milano, 2010, p. 323, che sottolinea il carattere “nega-tivo” del potere normativo attribuito al popolo mediante il referendum abrogativo.
6 M.LUCIANI,Art. 75. Il referendum abrogativo, cit., p. 649.
7 Così R.BIN,G.PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., p. 392. Cfr. anche R.GUASTINI,Senza argomenti. La Corte sulla reviviscenza (e dintorni),in Giur. cost., 2012, p. 115-116.
8 Così F.PIZZOLATO,V.SATTA, Art. 75, in R.BIFULCO,A.CELOTTO,M.OLIVETTI (a cura di), Commentario alla
Costituzione, vol. II, Milano-Torino, 2006, p. 1479. Cfr. anche A.D’ATENA, Abrogazione referendaria ed effetto
ripristi-natorio, in Giur. cost., 2012, p. 119.
9 Cfr. M.LUCIANI,Art. 75. Il referendum abrogativo, cit., p. 645 ss.
10 Cfr. A.D’ATENA,Abrogazione referendaria ed effetto ripristinatorio, cit., p. 119, secondo cui la differenza fra
legislatore rappresentativo e legislatore referendario non consiste nel risultato (che in entrambi i casi è normativo), ma nei mezzi. In questo senso v. anche P.TORRETTA, Ancora sull'inammissibilità della “reviviscenza” da abrogazione