• Non ci sono risultati.

Conformismo e dissenso: l’evoluzione del rapporti tra il PCR e gli intellettuali nel triennio 1965-

Capitolo V: La politica estera nel periodo 1965-

6.7 Conformismo e dissenso: l’evoluzione del rapporti tra il PCR e gli intellettuali nel triennio 1965-

Nei paragrafi precedenti sono stati segnalati alcuni dei limiti della politica di distensione culturale promossa da Ceauşescu. Tali limiti si evidenziarono già nel discorso che il segretario del PCR tenne durante il suo primo incontro con scrittori e artisti, svoltosi il 19 maggio del 1965. In tale discorso Ceauşescu apparve ridurre nelle proposizioni secondarie, apparentemente meno importanti, le concessioni enunciate nelle frasi principali. Per esempio, egli parve conferire agli scrittori e agli artisti il diritto a una formale condizione di libertà, a condizione che questa non estrasse in conflitto con lo scopo strumentale – ossia ancillare rispetto alla politica e l’ideologia – che il neosegretario del PCR, non diversamente dal proprio predecessore, attribuiva all’arte: “non c’è dubbio – sostenne Ceauşescu - che nessuno possa essere costretto ad avere un determinato modo di scrivere, dipingere o comporre, ma possiamo chiedere agli artisti di esprimere sempre la realtà e la verità della vita, di servire il popolo al quale essi appartengono”79. Ceauşescu riuscì a evitare di menzionare la desueta formula del “realismo socialista”: occorre tuttavia chiedersi fino a che punto la sua

concezione in ambito artistico-letterario fosse effettivamente lontana dagli schemi associati a tale formula. Il fatto che, in tale occasione, nelle parole del neosegretario del PCR fossero individuati accenti restrittivi rispetto al tema della libertà intellettuale, venne testimoniato dall’analisi compiuta da parte dello storico dell’arte George Oprescu nell’ambito di un intervento pubblicato nel settimanale Contemporanul il 28 maggio 196580:“ una disciplina intellettuale rigorosa e ferma, come pure una libertà assoluta nel quadro di questa disciplina – osservò Oprescu, più realista del re –sono i princìpi dai quali gli artisti non sono autorizzati ad allontanarsi”.

Ben più che sul piano dell’approccio ideologico, Ceauşescu mostrò un certo grado di apertura e comprensione delle istanze degli artisti in riferimento ad alcuni problemi di ordine organizzativo, che si intersecavano in modo concreto e tangibile con il problema della libertà di espressione. Egli accolse in linea di principio la richiesta di pervenire alla fondazione di nuove case editrici e di ammettere la pubblicazione di nuove riviste letterarie, esprimendo nel contempo comprensione per le rimostranze mostrate dagli scrittori in un documento nel quale essi stigmatizzavano la “procedura complessa e burocraticamente macchinosa per pubblicare un libro”: quest’ultima rappresentava senz’altro una parafrasi inoffensiva dell’impegno contro la censura all’epoca profuso dall’ “ala progressista” degli scrittori romeni.

Nel biennio 1965- 66, coerentemente con le richieste formulate dagli scrittori, debuttò un numero discretamente elevato di nuove riviste letterarie, sovente dai contenuti innovativi come nel caso della rivista studentesca Amfiteatru (pubblicata dal gennaio del 1966). La maggioranza delle nuove riviste - pur non assumendo una caratterizzazione angustamente ‘localista’ ed avendo anzi una proiezione su scala nazionale – era pubblicata al di fuori della capitale. Tale aspetto recepiva una ricorrente richiesta degli scrittori a favore di una vasta ‘decentralizzazione’ della stampa letteraria81. Accanto a ciò, si verificò un significativo allargamento degli spazi di libertà nell’ambito della produzione poetica e narrativa.

Sarebbe inesatto interpretare il „disgelo” culturale come un segnale di indebolimento del potere esercitato dal partito nei confronti del mondo della cultura. Tale assunto non deve tuttavia indurre a sottovalutare il fatto che il nuovo clima di libertà permise esperimenti

80 Ibidem, p.137

81

Tra le altre pubblicazioni vanno segnalate Familia, che iniziò le proprie pubblicazioni a Oradea, nel febbraio 1965; Cronica a Iaşi, nel febbraio 1966; Argeş a Piteşti. Astra a Braşov (entrambe nel febbraio 1966) e Tomis, comparsa nel luglio 1966 a Constanţa. Tutte le riviste appena menzionate – le quali erano poste sotto la supervisione dei Comitati regionali per la cultura e l’arte - traevano la propria denominazione da alcune riviste letterarie di Bucarest pubblicate nel periodo interbellico o nel secolo precedente.

poetici e narrativi brillanti, talvolta temerari, i quali non erano sovente inquadrabili nell’ambito dei desiderata ideologici del partito. La nuova libertà concessa in campo artistico e culturale si esprimeva sia sul piano estetico sia nell’ambito dei contenuti: si trattava, molte volte, di aspetti tra loro strettamente intersecati. Sul piano estetico le principali innovazioni si compendiarono in utilizzo creativo degli spazi di libertà che il regime aveva concesso mediante la rinuncia all’impiego dei canoni più convenzionali dell’arte ‚socialista’. Nel corso della fase liberale del regime si ravvisarono tendenze espressive nella letteratura le quali si collocavano agli antipodi di una visione e di un’estetica realista dell’arte. Un’espressione originale di questa tendenza fu rappresentata dal menzionato movimento ‘onirista’. L’esperimento artistico degli oniristi venne ammesso dalle autorità a condizione che nei suoi contenuti – spesso erano strettamente legati alla dialettica e cultura politica contemporanea e alle relative problematiche – non si collocassero espliciti riferimenti a una pedagogia politica di segno antiautoritario e ‘antisocialista’. Quando questo rischio emerse in forme più visibili – ossia a partire dal 1968 – gli scrittori appartenenti al gruppo ‘onirista’ furono emarginati dal proscenio culturale e di fatto messi a tacere.

Sul piano dei contenuti, è interessante notare che durante la fase liberale furono per la prima volta ammesse alla pubblicazione opere che pervenivano a formulare una denuncia od una rivisitazione critica degli abusi commessi in epoca staliniana. I dirigenti e la leadership del PCR ammisero, entro una certa misura, il debutto di questi esperimenti narrativi per rimarcare la propria distanza rispetto a Gheorghiu-Dej e alla sua epoca. Tuttavia, la denuncia degli abusi dello stalinismo non era autorizzata a tradursi in una critica franca nei confronti di un passato recente nel cui ambito potesse essere ravvisata una corresponsabilità della dirigenza del partito in carica e del suo leader. L’establishment politico fu dunque disposto ad ammettere la pubblicazione di opere che analizzavano criticamente soltanto la fase ‘stalinista’ (ossia ‘sovietica’) del regime comunista romeno. Se fino al 1968, prevalse una certa elasticità da parte dei censori, dopo quella data si manifestò la più rigorosa intransigenza nei confronti delle opere che pretendessero di lasciare margini interpretativi ambigui, il che poteva avvenire – in un opera letteraria ove si esprimessero critiche nei riguardi del periodo stalinista - attraverso una non chiara delineazione cronologica del contesto entro il quale si dispiegava la narrazione.

Un esempio originale di produzione narrativa di quegli anni ove si esprime una sintesi tra il genere ‘fantastico’ e la critica al regime stalinista fu la novella di Ion Băieşu intitolata

Acceleratorul (L’acceleratore), la quale venne pubblicata nell’autunno del 1965. La trama del racconto si dipana a partire dal 1952: in quell’anno, il personaggio principale viene

condannato al carcere duro in seguito a una denuncia menzognera. Dopo la propria riabilitazione, avvenuta dieci anni più tardi, egli riesce a costruire un marchingegno – precisamente l’acceleratore che dà il titolo alla novella – che gli permette di evadere dal proprio tempo e, implicitamente, dalla traumatizzante realtà. La collega che l’aveva denunciato nel 1952 cerca ora ad ogni costo di “salvarlo” per il bene della società ma, nell’intero racconto, il “dogmatismo etico” di cui è rappresentante questa donna appare in una luce non meno negativa rispetto alla denuncia compiuta dieci anni prima.

Nell’autunno del 1965 vennero pubblicate le poesie di un giovane autore di talento come Marin Sorescu e inoltre le raccolte di racconti di Ştefan Bănulescu (Iarna bărbaţilor) e di Ion Băieşu (Sufereau împreună). La prosa satirico-fantastica di Bănulescu esprimeva un atteggiamento relativamente diffuso tra i giovani scrittori romeni dell’epoca, ossia il rifiuto totale di “rispecchiare” la ‘realtà oggettiva’82. Nel biennio 1965-66 comparvero nuove raccolte poetiche di Ana Blandiana e Nichita Stănescu: durante questa fase entrambi gli autori menzionati intesero ricollegarsi esplicitamente alla visione poetica di colui che fu considerato un dissidente ante litteram della letteratura romena, ossia Nicolae Labiş.

La rivista Luceafărul tra l’ottobre e il novembre del 1965 pubblicò in tre puntate la novella Leul Albastru (Il leone azzurro) scritta dal redattore capo della rivista Tribuna di Cluj, Dumitru Radu Popescu (da non confondere con il quasi omonimo scrittore e dirigente di partito Dumitru Popescu). Nel descrivere le proprie esperienze con il sistema scolastico e universitario in epoca comunista, D.R. Popescu delineò in Leul Albastru un ambiente caratterizzato da incompetenza, dogmatismo, clima di delazione e immoralità. Il partito reagì in modo piuttosto duro alla condanna “globale” dei quadri didattici espressa dall’opera, come pure all’utilizzo di parole ingiuriose nel testo. Il direttore del Luceafărul Eugen Barbu fu costretto a fare autocritica e il redattore direttamente responsabile della pubblicazione del racconto, lo scrittore Ion Lăncrăjan, perdette il proprio posto di redattore nella rivista. Il partito non era interessato – come dimostrò l’articolo firmato dal critico Alexandru Piru in

Scînteia (24 novembre 1965) - a presentare in modo realistico gli evidenti paradossi del sistema, nella misura in cui essi apparivano in contrasto con i propri obiettivi educativi ed ideologici83. Uno dei motivi per i quali Leul Albastru fu esposto a severe critiche fu, secondo

82 Iarna Barbatilor e le poesie di Sorescu ricevettero un’accoglienza entusiastica da parte di Monica Lovinescu

la quale sostenne che da vent’anni si attendevano in Romania opere di simile pregio letterario che si allontanassero radicalmente dagli schemi del realismo socialista. Cfr. M. Lovinescu, Jurnal de unde scurte.... cit., p.206-207

83

Facendo riferimento alla novella di Popescu, Alexandru Piru scrisse: “nella vita esistono, senza dubbio, tipologie negative di uomini come pure comportamenti negativi. In riferimento alla qualità della creazione artistica sorge tuttavia il dubbio se una presentazione di simili aspetti della realtà abbia il permesso di degenerare

la Ute Gabanyi, un passaggio che descriverebbe l’atteggiamento del partito dinanzi agli scrittori: “nessuno (degli scrittori) deve occupare il posto che gli spetta. Tutti devono allinearsi, tutti devono essere uguali. I buoni e i cattivi scrittori. Così è molto più comodo”84.

L’eguaglianza degli autori di fronte alla storia letteraria recente era stata concepita per generare l’impressione di una continuità e di un’assenza di conflittualità nello scenario letterario posteriore al 1944 . Nella concreta prassi invalsa nella ‘fase dogmatica’ del regime - che Popescu conosceva bene in quanto esponente della “generazione di mezzo” – tale eguaglianza non fu tuttavia affatto rispettata: il valore ufficiale di uno scrittore era rappresentato dalla fiducia accordatagli dal partito; le concessioni fatte da un autore ai canoni ideologici del regime attribuivano implicitamente il diritto a un più ampio numero di opere pubblicate ed a numerosi privilegi sia in termini economici sia – non da ultimo - nei rapporti con la censura. Questa prassi, oltre a rappresentare uno svantaggio di lungo periodo per alcuni giovani autori non conformisti, favoriva opportunismo e carrierismo. Le pressioni associate alle possibilità di una promozione (o, viceversa, di una retrocessione) in termini economici e di status sulla base dell’adesione o meno alle richieste di conformità ideologica provenienti dal potere, appaiono condizionamenti decisivi in un contesto politico di natura totalitaria. Questo fu particolarmente vero, nel caso romeno, non soltanto in riferimento al periodo degli anni Cinquanta ma anche nel contesto dell’involuzione neodogmatica del regime romeno verificatasi al termine della “fase liberale”. Le rivalità emerse nel corso degli anni Settanta e Ottanta tra differenti personalità o gruppi ‘letterari’ o ‘culturali’ (le quali esistettero, e furono visibili, a dispetto dell’uniformità culturale associata a un regime come quello ceausista) ebbero verosimilmente alla propria base, in diversi casi, motivazioni principalmente legate alla competizione per il controllo delle risorse - sia in termini materiali sia di status - conferite dalla leadership politica. All’assoluta personalizzazione che venne caratterizzando il sistema ceausista nei suoi vertici politico-istituzionali, a partire dalla fase ‘autoritaria’ del regime, fece riscontro il sedimentarsi – appena al di sotto di tali vertici - di una strutturazione del potere la quale (non limitatamente all’ambito culturale) divenne caratterizzata da un certo policentrismo e dalla presenza di gruppi rivali, ciascuno dei quali aspirava ad ottenere l’imprimatur da parte della massima autorità del partito e dello Stato.

in trivialità”. A conclusione del proprio intervento Piru formulò la seguente domanda: “qual è il contributo portato da racconti come Leul Albastru all’educazione e alla formazione del gusto delle giovani generazioni ?”. Nello stesso articolo, Piru criticò con veemenza la prosa ‘onirista’ di Dumitru Tepeneag. Cfr. A.U. Gabanyi,

Literaturǎ şi politicǎ...cit., p.155.