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Il problema del rapporto tra generazioni e il caso di Povestea Vorbei Nel 1966 la critica letteraria Monica Lovinescu annotava nel suo diario da Parigi:

Capitolo V: La politica estera nel periodo 1965-

6.6 Il problema del rapporto tra generazioni e il caso di Povestea Vorbei Nel 1966 la critica letteraria Monica Lovinescu annotava nel suo diario da Parigi:

vi sono attualmente tre generazioni di scrittori in Romania. Una prima generazione, di grandi scrittori che si sono affermati prima o durante la seconda guerra mondiale; una seconda emersa nel periodo postbellico; una terza che appare oggi. Le prime due hanno sottomesso il loro talento ai dogmi del realismo socialista. La terza sorge ora con la fretta di riempire il vuoto rappresentato da venti anni di propaganda65.

Della prima di queste generazioni facevano parte alcuni importanti personalità come Mihail Sadoveanu (1881-1961), autore affermatosi nel proscenio nazionale già nel secondo decennio del Novecento come poeta, drammaturgo e romanziere66. Nel dopoguerra Sadoveanu virò ex

abrupto verso gli orientamenti ideologici promossi dal nascente regime “popolare”; nel 1948 divenne presidente della Grande Assemblea Nazionale (Mare Adunăre Naţională) contribuendo, con il proprio nome, al prestigio di un organismo istituzionale che non nacque da una scelta popolare. Sul piano letterario, con il romanzo Mitrea Cocor (1949), Sadoveanu segnò la propria adesione ufficiale alle convenzioni stilistiche e tematiche del realismo socialista. Nell’ambito della “prima generazione” di scrittori menzionati dalla Lovinescu rientra anche l’affermato prosatore e critico letterario George Călinescu, la cui fama è essenzialmente legata ad un enciclopedico lavoro sulla storia della letteratura romena (Istoria

literaturii române de la origini până în prezent) che venne pubblicato nel 1941.

64 ANIC, Fond CC al PCR, Sectia Propaganda si agitatie, dosarul 22/1966. 65 M. Lovinescu, Jurnalul de unde scurte, vol. II...cit., p. 183.

66 Alcune delle opere di Sadoveanu furono tradotte in italiano. Tra di esse, la più nota è probabilmente “Il

Mulino del Siret” - il cui titolo originale è Venea o moara pe Şiret – un romanzo di ambientazione storica scritto nel 1924 e pubblicato in italiano nel 1932 per i tipi della casa editrice Novissima.

Nella classificazione proposta dalla Lovinescu si tende forse a proporre al lettore un quadro eccessivamente schematico degli autori affermatosi nel periodo postbellico (la “seconda” generazione). Di essa facevano gli autori realmente ispirati ai canoni più convenzionali del realismo socialista, a partire dall’ex presidente dell’Unione degli scrittori Mihai Beniuc. Questi, in qualità di simbolo delle ‘vecchie cariatidi’ dello stalinismo appariva – dopo la sua destituzione nel febbraio 1965 - un personaggio abbastanza screditato e non soltanto agli occhi dei giovani scrittori67. Accanto al primo gruppo di autori affermatosi negli anni immediatamente posteriori alla guerra, vi era un più interessante secondo gruppo assurto a una certa notorietà a partire dalla metà degli anni Cinquanta: in esso trovava espressione la cosiddetta “letteratura di transizione” (termine entrato nell’uso corrente soltanto successivamente) nel cui ambito spiccano i nomi di Marin Preda ed Eugen Barbu. Entrambi questi scrittori possono essere ritenuti autori di opere di un certo interesse sia per lo stile di scrittura sia per le tematiche affrontate; entrambi, pur essendo saldamente inseriti nell’establishment letterario degli anni Sessanta, si erano in precedenza caratterizzati per un approccio narrativo anticonvenzionale rispetto ai canoni ideologici e all’estetica letteraria promossa dal regime (incorrendo, nel caso di Barbu, in problemi con la censura)68. Barbu, sebbene ebbe un debutto letterario forse più coraggiosamente anticonformista rispetto a Preda, sarebbe divenuto – nella fase autoritaria e poi in quella sultanista del regime – portavoce del neodogmatismo ideologico ed alfiere di un nazionalismo intransigente, non scevro da accenti xenofobi e antisemiti.

Con il suo romanzo di esordio Groapa (La fossa) - pubblicato nel 1957 – Eugen Barbu aveva acquisito considerevole popolarità ma nel medesimo aveva attirato su di sè severe critiche a causa del realismo duro e dell’assenza di una pedagogia ottimistica nel ritrarre alcuni aspetti della vita del sottoproletariato di Bucarest. Le critiche avanzate dai vertici del partito comportarono il ritiro di Groapa dalle librerie; il romanzo sarebbe stato riammesso oltre un lustro più tardi, nel 1963. Marin Preda riflette, al pari di Barbu, un percorso ideologicamente segmentato e di complessa interpretazione in riferimento agli sviluppi posteriori alla fase liberale. Due dei suoi romanzi pubblicati nel corso degli anni Settanta avrebbero assunto un ruolo di ‘rottura’ solo apparente, non ponendosi in collisione con gli intendimenti del regime ma proponendo, in maniera più spregiudicata rispetto alla

67 Dopo un saggio pubblicato da Beniuc nel dicembre del 1969 nel giornale del PCR Scînteia nel quale veniva

affrontata la questione dei valori etici nella poesia, Miron Radu Paraschivescu – che dai giovani autori di idee ‘progressiste’ era considerato una sorta di nume tutelare - ammonì “il piccolo tiranno dell’unione degli scrittori”, minacciando di dare pubblicità ad alcuni dettagli compromettenti sul suo cursus politico-ideologico, qualora avesse osato ostinarsi a scrivere ancora riguardo a problemi di etica. .A.U. Gabanyi, Literatura şi politica...p. 168

linea ufficiale, temi e interpretazioni coerenti con la temperie culturale e ideologica del tempo. In particolare, il romanzo Delirul, pubblicato nel febbraio del 1975, avrebbe destato un certo clamore per il suo tentativo di pervenire a una riabilitazione della figura del dittatore Ion Antonescu, alleato dell’Asse e conducător della Romania durante il periodo bellico. L’esordio letterario di Preda era avvenuto con il romanzo Moromeţii, pubblicato nel 1956. Il romanzo presentava alcune affinità con l’approccio narrativo evidenziato un anno più tardi in Groapa, ma - a differenza dell’opera prima di Barbu - Moromeţii venne ben accolto dalla critica ufficiale, ricevendo anche un premio letterario.

Numerosi autori della “generazione di mezzo” (tra i quali, oltre quelli poc’anzi menzionati, vanno segnalati Ion Lăncrăjan, Titus Popovici e Dumitru Radu Popescu) avevano avuto esperienze simili a quella dei loro colleghi più anziani, senza tuttavia, in ragione della loro giovane età, poter acquisire posizioni direttive durante gli anni dello stalinismo. Verso la metà degli anni Sessanta, tuttavia, erano ascesi essi stessi a posizioni di rilievo nell’apparato letterario, giungendo a godere di numerosi privilegi. Tra alcuni di essi era dunque ben presente il timore di perdere le posizioni recentemente acquisite a favore dell’esordiente generazione di giovani scrittori. Per questo, nonostante alcuni tra gli scrittori della ‘generazione di mezzo’ diedero luce, nel corso degli anni Sessanta, ad opere letterarie di un certo valore e non di rado venate di tinte anticonformiste, il rapporto che essi intrattennero con i giovani autori emergenti furono generalmente lungi dall’essere idilliaci. In un articolo scritto da Marin Preda e pubblicato il 18 novembre del 1965 nella Gazeta Literară veniva formulato un attacco contro i “creatori di parole” - sollevando un’ondata di proteste da parte dei giovani autori cui si alludeva. Tale attacco esprimeva verosimilmente un punto di vista non isolato tra gli intellettuali coetanei di Preda. I creatori di parole erano, nella visione dell’estensore dell’articolo, quegli scrittori “che non hanno nulla da dire e che possono forgiare parole per ogni tema dato”, rappresentando perciò “semplici epigoni di second’ordine di Proust, Hemingway e Salinger”69.

Anche Eugen Barbu, al pari di Preda, fu lungi dall’essere un sostenitore incondizionato della ‘nuova generazione’ di scrittori. Un’acuta osservatrice “a distanza” del dibattito culturale romeno come Monica Lovinescu nel marzo 1966 lo accusò anzi esplicitamente di essere divenuto corifeo di un nuovo conformismo, pagando pedaggio in modo eccessivamente zelante per un “breve momento di anticonformismo” (manifestato ai

tempi della pubblicazione di Groapa)70. Durante il congresso dell’Unione degli Scrittori svoltosi nel novembre del 1968, Barbu sarebbe stato esplicitamente accusato da Dumitru Ţepeneag - uno dei capofila dell’ ‘opposizione letteraria’ - di fungere da cinghia di trasmissione in ambito culturale delle critiche rivolte dalla direzione del PCR ai giovani scrittori, nel quadro di un nuovo e più insidioso dogmatismo ideologico. Nonostante ciò, durante la fase nella quale fu a capo della rivista letteraria Luceafărul (1962-1968) Barbu si mostrò incline a valorizzare alcune voci originali della letteratura emergente (tra le quali lo stesso Paul Goma). D’altra parte, la sua verve polemica gli attirò ben presto le critiche di alcuni dei giovani scrittori di cui aveva, almeno in parte, favorito l’ascesa.

Va rimarcato come coloro che negli anni Settanta sarebbero divenuti esponenti di un orientamento neodogmatico in campo culturale o alfieri di un’interpretazione spiccatamente sciovinista dell’ideologia ceausista avevano non di rado aderito in precedenza a istanze innovatrici sul piano culturale. Tra i nomi rispondenti a questa descrizione possiamo citare alcuni futuri esponenti del protocronismo quali Nicolae Dragoş71, Ilie Purcaru72 e Ion Lăncrănjan. Quest’ultimo, negli anni Settanta conobbe una ‘metamorfosi’ ideologica che lo condusse a divenire un acceso sostenitore di una visione della nazione virulentemente ostile alle minoranze nazionali – in particolare a quella ungherese73; tuttavia, verso la metà degli

70“1957: apparizione in Romania del romanzo di Eugen Barbu Groapa. 1966: pubblicazione a Parigi (ed. Buchet-

Castel) dello stesso romanzo nella traduzione francese. Tra queste date, quasi dieci anni, nel corso dei quali abbiamo potuto assistere all’erosione di un talento attraverso romanzi di seconda mano e la crescita quotidiana del conformismo con il quale l’autore pagava un momento di non conformismo. Su questo conformismo e sulla sua assenza di limiti, ci parlano pienamente le interviste che Eugen Barbu ha rilasciato a Parigi in occasione dell’apparizione di Groapa. Il caso è sintomatico e originale. Sintomatico perchè Barbu a Parigi riscrive la propria biografia – o più precisamente riscrive la storia del proprio libro – (...) reinventandola secondo le esigenze del momento – o, più precisamente, del partito - e sottomettendo la realtà a una continua distorsione da parte dell’ideologia. Originale perchè nessuno costringe più, a Parigi, Eugen Barbu a continuare ad avvalersi di questo metodi, a maggior ragione perchè nel momento presente neppure in patria uno scrittore è più sottoposto a pressioni in questa direzione. (...) Groapa è stato tradotto qui (in Francia) non tanto per il suo valore letterario – che pure esiste – quanto piuttosto perchè ha rappresentato uno dei momenti del primo ‘disgelo’ ideologico in Romania, venendo attaccato con violenza ed in seguito ritirato dalla circolazione, per non riapparire che al momento del secondo disgelo”. Cfr. Jurnalul de unde scurte, vol. II, p.193 – 3 luglio 1966. Lo spregiudicato opportunismo manifestato da Barbu – sottolineava la Lovinescu – si spingeva al punto di attribuire la responsabilità della censura esercitata nei confronti di Groapa non già al dogmatismo ideologico, bensì alla pretesa influenza esercitata dal clero ortodosso, e alle presunte denunce da questo formulate contro l’immoralità del romanzo.

71 Ilie Purcariu, redattore capo della rivista, Ramuri da cui aveva avuto origine l’esperimento innovatore sul

piano ideologico e letterario incarnato dalla rivista Povestea Vorbei (diretta da Miron Radu Paraschivescu) fu costretto nel 1969 a cedere il proprio posto a un ‘dogmatico’ quale il critico Alexandru Piru, redattore capo del quotidiano di partito Scînteia. Cfr. A.U. Gabanyi, Literaturǎ şi politicǎ...cit., p.144

72 Nel giugno del 1969, Nicolae Dragoş fu sollevato dal ruolo di redattore capo del quotidiano dell’UTC,

Scînteia Tineretului. Sotto la sua direzione, la pubblicazione della Federazione Giovanile Comunista aveva abbandonato l’intransigenza ideologica manifestata negli anni precedenti, ‘aprendosi’ alle istanze degli intellettuali riformatori e degli scrittori e poeti della giovane generazione.Ibidem

73 Nel 1982, il volume di Lăncrăjan Cuvînt despre Transilvania (Discorso sulla Transilvania) – violentemente

antimagiaro – ottenne riscontri positivi da numerosi esponenti di prima fila del PCR ma attirò i malumori della minoranza ungherese, le cui possibilità di esprimere liberamente le proprie rivendicazioni erano peraltro all’epoca fortemente inibite. La rivista samizdat della minoranza ungherese Ellenpontok chiese alla direzione del

anni Sessanta Lăncrăjan era stato un severo critico della politica letteraria adottata dal neosegretario in ambito culturale, in nome di una più genuina liberalizzazione74. Tale approccio antidogmatico si riflesse chiaramente nei contenuti e nelle scelte stilistiche presenti nel suo romanzo d’esordio Eclipsa de soare (“Eclissi solare”), pubblicato nel 196675.

Uno degli esperimenti più originali e brillanti prodotti nel quadro della nuova temperie culturale fu incarnato dalla fugace esperienza rappresentata dalla rivista letteraria Povestea

Vorbei (Il racconto della parola). A capo di questa esperienza vi fu Miron Radu Paraschivescu (1911-1971), decano dell’anticonformismo culturale all’interno del PCR. Attivista del partito nel periodo interbellico, Paraschivescu venne emarginato durante il periodo staliniano a causa delle sue posizioni anticonvenzionali. Nel quadro del ‘disgelo culturale’, egli svolse un’importante funzione maieutica nei riguardi di numerosi giovani scrittori e poeti privi di possibilità di affermazione negli spazi controllati dell’establishment letterario ed editoriale. Paraschivescu disponeva di prestigio e di protezioni nel mondo politico che gli permisero di esercitare un certo mecenatismo culturale, dagli accenti talora spiccatamente ‘eretici’ senza divenire oggetto di plateali politiche persecutorie. Tra i “protettori” di Paraschivescu vi era il segretario del Comitato Centrale e futuro primo ministro Manea Mănescu76.

Nel maggio del 1965 Paraschivescu assunse la direzione della rubrica destinata alla corrispondenza con i lettori del mensile letterario Ramuri di Craiova, di cui era direttore Ion Stănescu77. Poco meno di un anno dopo, nell’aprile del 1966, egli riuscì a trasformare la rubrica in un supplemento letterario di quattro pagine, intitolato Povestea Vorbei. Al nome di

partito di prendere le distanze dal lavoro di Lancrajan, senza conseguire alcun risultato. M. Shafir,

Romania...cit., p.201

74 Rivendicando un cambiamento del procedimento “obsoleto” ed “estremamente restrittivo” cui erano

subordinata la pubblicazione delle opere letterarie, Lăncrăjan scrisse, in un articolo pubblicato sul Luceafărul l’8 ottobre 1966:“lo sviluppo della letteratura, i bisogni e le possibilità attuali differiscono notevolmente da quelle degli anni 1948-1950. Malgrado ciò, le case editrici non sono affatto cambiate; esse hanno conservato una buona parte dei vecchi sistemi burocratici che impediscono lo sviluppo della letteratura, invece di stimolarla”. Lăncrăjan sostenne inoltre che decine di manoscritti non pubblicati giacevano da mesi o addirittura da diversi anni negli scaffali delle case editrici, venendo sottoposti a un “processo di distillazione, dimenticando il fatto che la letteratura non è vino”. A.U. Gabanyi, Literaturǎ şi politicǎ...cit., p.143

75 Una breve descrizione della trama del romanzo pone in evidenza l’inconsueto registro critico in esso adottato:

protagonista è un giovane ingegnere da poco entrato in un’azienda, il quale assume presto consapevolezza dell’esistenza di numerosi problemi di natura organizzativa all’interno del nuovo ambiente di lavoro; tuttavia, a causa della corruzione dell’amministrazione e del disinteresse del segretario locale del partito, il protagonista non è in grado di apportare alcun cambiamento. I personaggi “negativi” (a partire dal segretario locale del PCR) sono controbilanciati dall’immagine positiva assunta dall’ex grande proprietario terriero del villaggio dove si svolge il romanzo, il quale accusa il regime di una politica agraria completamente inadeguata. Il romanzo si conclude in modo tragico: l’ingegnere perde la vita in condizioni misteriose e tutto rimane immutato.

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Mănescu in un’intervista rilasciata ad Adrian Păunescu nel 1967 dichiarò “la propria stima ed eccezionale considerazione” nei riguardi di Paraschivescu,, rammentando come su suggerimento di questi si fosse iscritto al PCR. Cfr. A.U. Gabanyi, Literatura şi politica..., cit., p.167

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Povestea Vorbei è legato un esperimento unico nella politica letteraria romena, legato l’esistenza – per un periodo di tempo di appena 8 mesi – di una pubblicazione letteraria indipendente.

L’ambizione di Paraschivescu – come espressa nel manifesto d’esordio della rivista - era quella di proporre uno spazio letterario libero, ”una vera agorà dove si possa discutere liberamente di opinioni tra loro in contraddizione, un Hyde Park tipografico, nel quale si respiri lo spirito della spontaneità e non dell’uniformità”.78 La concezione alla base di

Povestea Vorbei si allontanava vistosamente dagli assiomi della politica letteraria comunista anche da altri punti di vista. La rivista intendeva rappresentare i gusti e le prospettive di un gruppo ben determinato. “Intendiamo rappresentare – affermava Paraschivescu nella menzionata ‘dichiarazione d’intenti’ – un gruppo con un determinato gusto estetico, con determinati criteri di valore, con affinità spirituali e sentimentali che si differenziano da quelli delle altre riviste. L’unica cosa importante è che questo gruppo non rimanga chiuso, ma si arricchisca sempre con nuove opere e nomi, senza per questo abbandonare le proprie caratteristiche di base”. Va ricordato, a tale riguardo, che lo “spirito di gruppo” nell’ambito delle arti era stato per lungo tempo considerato l’equivalente del “settarismo” a livello di partito, venendo di conseguenza combattuto con asprezza. Sul piano dell’estetica letteraria e dei contenuti, Paraschivescu si espresse a favore di una letteratura moderna, avanguardista, in diretta contrapposizione alla letteratura pedagogica, improntata al realismo socialista, tipica degli anni Cinquanta. Attenendosi all’esempio dato dallo stesso Paraschivescu, che aveva svolto la propria attività nella rivista Ramuri in qualità di direttore onorario e senza percepire alcuna retribuzione, era previsto che i giovani autori valorizzati in Povestea Vorbei non ricevessero compensi per i testi pubblicati, diversamente da quanto avveniva in altre riviste letterarie. Si trattava di un approccio coerente con la concezione di libertà artistica proposta da Paraschivescu, in base alla quale ad un’arte autenticamente libera non era permesso di trasformarsi in un “affare spicciolo”. Paraschivescu riconobbe il pericolo insito sistema letterario ufficiale, all’interno del quale gli emolumenti percepiti da poeti e scrittori erano basati sull’utilizzo di un Fondo governativo per la letteratura, il cui impiego era naturalmente condizionato dalle posizione ideologiche espresse dai singoli artisti: non si può ignorare la fondatezza di simili preoccupazioni, soprattutto alla luce dei successivi sviluppi nella politica culturale del regime.

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La campagna lanciata dal partito contro Povestea Vorbei - rispetto alla quale il

Luceafărul di Eugen Barbu e il periodico culturale Contemporanul funsero da cassa di risonanza - condusse alla soppressione della pubblicazione di Paraschivescu nel dicembre 1966. Gli otto mesi di questo esperimento letterario non rimasero tuttavia privi di un lascito. Il gruppo di giovani autori cresciuti artisticamente sotto l’egida di Povestea Vorbei – molti tra i quali effettivamente debuttanti - aveva fatto riferimento a un’ampia gamma di tendenze da un punto di vista stilistico. Una straordinaria affinità si formò in quegli anni tra Paraschivescu e il gruppo degli ‘oniristi’, il cui leader indiscusso era Dumitru Ţepeneag. Differenziandosi programmaticamente sia dalla letteratura surrealista sia dalla letteratura fantastica – rispetto alla quale, pure, si riscontravano importanti affinità - gli oniristi si proponevano ambiziosamente, nelle parole dello stesso Ţepenag di “appropriarsi dell’essenza della realtà”, rinunciando tuttavia tanto alle categorie di pensiero realiste (spazio, tempo) quanto ad alcuni dei ‘contenitori’ letterari tradizionali (come il romanzo e la poesia). La teoria e la pratica degli onirici costituivano, in tal modo, una negazione categorica del realismo e un cosciente rifiuto dei principi dialettici del materialismo storico. Le idee di questo gruppo avrebbero svolto un ruolo non indifferente nella dialettica tra tendenze anticonvenzionali e spinte alla normalizzazione nell’ambito della scena culturale dei primi anni della ‘liberalizzazione’.

6.7 Conformismo e dissenso: l’evoluzione del rapporti tra il PCR e gli intellettuali nel