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Capitolo V: La politica estera nel periodo 1965-

6.9 L’involuzione autoritaria posteriore al

Un’ interpretazione retrospettiva, diffusa tra alcuni esponenti dell’opposizione politica e letteraria in Romania, sostiene – con ragioni non infondate - che il discorso di Piaţa Palatului dell’agosto del 1968 condusse ad esiti funesti, attraverso lo stabilirsi di un legame carismatico tra leader, partito e società che preluse all’irrigidimento da parte del regime nel manifestare le proprie richieste di conformità ideologica agli intellettuali e all’insieme dei cittadini. Secondo Dumitru Ţepeneag “divenimmo così preoccupati del pericolo di un’occupazione sovietica che, per ogni eventualità, decidemmo di occuparci da noi, preventivamente”92. Un’interpretazione simile viene formulata in una lettera inviata nel 1977 da Paul Goma al dissidente cecoslovacco Pavel Kohout, esponente di punta del movimento Charta 77. In questa lettera, ripresa nel romanzo Culoarile Curcubeului (“I Colori dell’Arcobaleno”) Goma, in un contesto cronologicamente contrassegnato da una profonda involuzione autoritaria del regime romeno, dichiarava al proprio interlocutore: “voi (come, d’altra parte, anche i polacchi, i tedeschi dell’est, ungheresi, bulgari) voi siete sotto occupazione russa; noi romeni ci troviamo sotto occupazione romena – in fin dei conti, più dolorosa, più efficace rispetto ad una occupazione straniera”93.

L’involuzione autoritaria che condizionò la dialettica tra intellettuali e regime dopo l’agosto del 1968 si espresse in modo graduale, seguendo un percorso segmentato e per alcuni aspetti contraddittorio. Il congresso dell’Unione degli Scrittori svoltosi tra il 14 e il 17 novembre 1968 compendiò in sé le più esplicite e temerarie rivendicazioni di libertà mai avvenute in seno a questa organizzazione: tale assise testimoniò l’agguerrita resistenza opposta dall’ala riformatrice presente nell’Unione contro le incipienti tendenze alla normalizzazione sostenute dalla dirigenza del PCR. Il congresso si svolse, per la prima volta nella storia della Romania comunista, come incontro aperto alla generalità degli scrittori del Paese; non vi fu un sistema di delegati che impedisse la partecipazione di autori noti per le loro posizioni anticonformiste; nel medesimo tempo, durante tale consesso vennero organizzate le prime votazioni realmente libere e segrete per il rinnovo degli organi dirigenziali dell’Unione94. In numerosi incontri preliminari svoltisi a livello locale nelle

92 M. Shafir, Romania : politics, economics and society... cit., p. 150

93 Cit. da M. Stamatescu (et al.), O istorie a comunismului din Romania...cit., p.159.

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Sul piano degli incarichi conferiti nella direzione dell’Unione degli Scrittori prevalse una soluzione di compromesso attraverso l’elezione alla Presidenza di Zaharia Stancu, il quale si poteva definire ideologicamente un “centrista”. Accanto a Marin Preda, furono eletti scrittori di orientamento anticonformista come Nichita Stanescu e Marin Sorescu. Venne inoltre rieletto il mentore dei giovani scrittori anticonformisti, Miron Radu Paraschivescu.

settimane che precedettero il congresso, gli scrittori di ogni orientamento e di tutte le età ebbero l’opportunità di esprimere i propri desideri ed aspettative.

Le maggiori aspettative emerse in seno alla comunità degli scrittori possono essere sintetizzate nelle seguenti rivendicazioni: una decisa riorganizzazione del sistema editoriale, la fondazione di nuove riviste letterarie, il compimento del processo di democratizzazione e decentralizzazione avviato in seno alla direzione dell’Unione degli Scrittori e l’ampliamento degli scambi culturali con l’estero. Nel periodo immediatamente precedente allo svolgimento del congresso, si evidenziarono con chiarezza le speranze coltivate da numerosi scrittori affinché tale meeting suggellasse in modo irreversibile “la libertà di pensiero e di espressione artistica già raggiunta” – per citare la posizione di Eugen Simon (all’epoca giovane critico letterario e attualmente Presidente dell’Accademia di Romania) – come base per un futuro, ulteriore ampliamento di questa libertà. Durante il congresso, il punto di vista appena segnalato, venne ripreso da Geo Dumitrescu, redattore capo della rivista România Literară e rappresentante dell’ ‘opposizione’ letteraria: egli si pronunciò per “l’approfondimento e lo sviluppo costante dello spirito democratico che ha infine toccato anche l’attività dell’Unione degli Scrittori”. Nel corso degli interventi congressuali, Dumitrescu fu l’unico a porre esplicitamente l’attenzione sul rapporto tra libertà stilistica e libertà tematica nell’ambito della creazione letteraria, sostenendo che gli scrittori non potevano accontentarsi del mero riconoscimento dell’esistenza di una pluralità di stili, dal momento che tale riconoscimento era lungi dall’assicurare un’effettiva acquisizione di libertà in campo culturale.

Tuttavia, fu precisamente sulla confutazione delle tesi ‘liberalizzanti’ avanzate da personalità come Dumitrescu che si focalizzò la “dichiarazione programmatica” elaborata e pubblicata da una commissione dell’Unione degli Scrittori prima dell’apertura dei lavori del congresso. Tale dichiarazione rappresentava il punto di vista del PCR – e, in modo più specifico, della leadership del partito - rispetto alla questione della valenza politico- ideologica rivestita dalla letteratura: in essa si esprimeva, di conseguenza, un punto di vista ideologicamente ‘ortodosso’, nonostante nel preambolo di tale dichiarazione si ponesse l’accento sul fatto che i nuovi statuti dell’Unione avrebbero dovuto sancire la democratizzazione della vita culturale.

Per quanto riguarda il problema delle relazioni tra artisti e società, l’orientamento ideologico espresso nel documento era efficacemente compendiato in un passo: “il marxismo respinge .

con decisione il concetto di una cosiddetta ‘indipendenza’ o ‘autonomia’ dell’arte di fronte alla società”. Il fatto che per il partito, la diversità degli stili non andasse in nessun caso interpretata come il riconoscimento di un’autentica libertà nella creazione artistica – e, in ciò paradossalmente, vi era concordanza con le tesi di Dumitrescu - appariva confermato da un secondo passaggio contenuto nella stessa dichiarazione programmatica: “la diversità stilistica deve svilupparsi per trovare una superiore sintesi in un approccio culturale le cui coordinate sono stabilite dall’estetica marxista”. I critici letterari, in questo quadro avrebbero dovuto assumere il compito di divenire promotori di “una letteratura impegnata, rivoluzionaria, basata sul principio dell’umanesimo socialista”95. E’ evidente il divario tra questa interpretazione convenzionale del ruolo della letteratura nel socialismo - interpretazione promossa dal PCR e almeno parzialmente accolta e sostenuta da personalità come Marin Preda ed Eugen Barbu – e la tesi sostenuta durante il congresso dall’ala “liberale” dell’Unione degli Scrittori, nel quadro di un dibattito svoltosi in condizioni di sostanziale libertà. Secondo Annele Ute Gabanyi, l’intervento svolto durante il congresso da Miron Radu Paraschivescu - intervento di cui non ci sono pervenuti resoconti stenografici o ampie sintesi – sarebbe stato eccezionalmente polemico nei confronti della politica letteraria adottata dal PCR. Malgrado le pressioni del partito, tale intervento non potè essere completamente occultato nel resoconto del congresso presentato dalla rivista România Literariă. Secondo la rivista, Paraschivescu avrebbe descritto “in modo critico” l’organizzazione della vita letteraria dell’epoca, organizzata in modo desueto e inefficiente, e avrebbe perorato, tra le altre cose l’ampliamento del numero di riviste letterarie pubblicate, la costituzione di “case editrici” autonome dal partito e il potenziamento dei contatti degli scrittori romeni con la realtà culturale di altri Paesi attraverso una politica più in generosa in materia di borse di studio.

Il segretario del PCR prese parte al consesso degli scrittori attraverso un intervento formulato l’ultimo giorni di svolgimento dei lavori – intervento che venne pubblicato integralmemente nell’edizione di România Literariă del 21 novembre. Come preambolo del proprio discorso, Ceauşescu sostenne che molte delle osservazioni critiche formulate durante il congresso erano fondate, in particolare quelle relative all’incompiuta democratizzazione e decentralizzazione in seno all’Unione degli Scrittori e nella stampa. Dopo questa captatio

benevolentiae nei confronti del proprio uditorio, il leader del partito formulò con chiarezza la sua interpretazione dell’idea di libertà in ambito culturale: tale libertà andava intesa nell’accezione hegeliana - rivisitata in senso leninista - della “comprensione della

95 Arhivele naţionale ale Romaniei (coord.), PCR si intelectualii în primii ani ai regimului Ceauşescu (1965-

necessità”96; la letteratura doveva – ed era questo, per Ceauşescu, un assioma incrollabile – servire fedelmente gli interessi della società e diffondere presso le masse popolari un’immagine della cultura conforme con l’ideologia marxista leninista; in questo ambito “giochi formali senza senso” non potevano trovare spazio. Ceauşescu si peritò inoltre di ricordare il diritto del partito a “prendere le misure necessarie” nel caso in cui gli interessi della società fossero messi in pericolo dalle pretese di determinati artisti anticonformisti97.

La crescente pretesa esercitata da parte della leadership del partito di parlare a nome dell’intero popolo romeno era prevedibilmente carica di implicazioni illiberali e di forti richiami prescrittivi per quanto atteneva al ‚ruolo sociale’ dell’artista. Durante il biennio 1969-1970 a risentire di questo clima di incipiente normalizzazione furono principalmente alcuni autori più schiettamente (e radicalmente) anticonformisti come Paul Goma e Dumitru Ţepeneag. Significativa, nel complesso, fu però la diversità tematica e stilistica offerta nelle opere pubblicate in questa fase. Nel romanzo intitolato F (pubblicato al principio del 1969) Dumitru Radu Popescu si soffermò sugli abusi e le violazioni della legalità socialista commessi verso la fine degli anni Quaranta nel quadro della collettivizzazione forzata delle terre. Nell’ambito di una esplicita polemica nei confronti della prima fase del comunismo romeno si colloca anche il romanzo Principele (“Il Principe”) di Eugen Barbu. L’azione narrativa di questa opera si svolge nei Principati romeni durante il periodo fanariota (1711- 1821). Il romanzo descrive la decadenza morale di un principe il quale è posto sotto l’influenza di un consigliere straniero ed è indifferente al destino dei propri sudditi. Si trattava di un’allegoria chiaramente riferita a Gheorghiu-Dej e al rapporto di subordinazione da questi intrattenuto – per almeno un decennio – nei confronti dell’Unione sovietica. In

Principele, Barbu riuscì ad evocare l’atmosfera di repressione e delazione predominante negli anni Cinquanta, senza peritarsi di mascherare eccessivamente le corrispondenze tra azione narrativa e realtà storica: in un determinato passo del romanzo vengono infatti descritte le vicende dei detenuti costretti al lavoro coatto per la realizzazione di un canale; tale descrizione rimanda con assoluta evidenza all’impegno profuso dal regime dejista (con successo soltanto parziale) per la realizzazione del canale Danubio-Mar Nero. Al di là del brio stilistico e della perizia nella costruzione narrativa, Principele è un romanzo privo di qualsiasi connotazione autenticamente temeraria: Barbu, in qualità di apologeta giornalistico-letterario dell’emergente autoritarismo ceausista, interpretava con coerenza un ruolo di sostegno alla

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Ibidem, p.40

nuova leadership del partito attraverso un’abrasiva polemica egualmente rivolta contro la “vecchia guardia” e contro le audaci ambizioni di rinnovamento di alcuni giovani autori.

Alcuni scrittori ed intellettuali non potevano ritenere soddisfacente il fatto che la critica rivolta agli errori del passato si risolvesse nell’adesione ad un nuovo conformismo – di segno ‘patriottico’ – talora, come nel caso di Barbu, scaltramente mascherato da un certo eclettismo ideologico o da talento narrativo. Al principio del 1969, due importanti romanzi ‘politici’ vennero ultimati e consegnati alle case editrici in vista di una loro pubblicazione. Si trattava di Ostinato di Paul Goma – di cui, come precedentemente ricordato, erano stati già pubblicati frammenti in alcune riviste letterarie - e di Păsările (“Gli Uccelli”) di Alexandru Ivasiuc. Per gli autori di questi due romanzi la valutazione e rivisitazione critica del passato non rappresentava soltanto una questione di fondamentale importanza sul piano culturale, ma anche un problema di natura esistenziale. Simile era stata la prima parte dell’itinerario biografico dei due scrittori; simili erano anche le vicende raccontate, in termini non velatamente autobiografici, nei loro romanzi: un innocente viene incarcerato sulla base di capi d’imputazione di natura politica; più tardi, egli viene liberato ma non è più in grado di ritrovare il rapporto con se stesso nella nuova condizione di uomo libero.

Di particolare importanza appare in questa sede ripercorrere sinteticamente le vicende biografiche di Paul Goma, di cui – rispetto a Ivasiuc – decisamente più duraturo e profondo sarebbe stato il contributo nell’ambito della dissidenza (non soltanto letteraria) nella Romania ceausista. Goma è nato nel 1935 in Bessarabia. I suoi genitori erano entrambi insegnanti. Suo padre venne arrestato e incarcerato su disposizione delle autorità sovietiche nel 1940, subito dopo l’annessione della Bessarabia da parte dell’Urss; due anni dopo la sua liberazione, la famiglia potè trovare rifugio in territorio romeno, stabilendosi dapprima a Sibiu e poi a Bucarest. Goma venne arrestato una prima volta nel 1951, all’età di sedici anni, con l’accusa di aver manifestato l’intenzione di unirsi a un gruppo di resistenti anticomunisti operanti nei monti Făgăraş; venne liberato dopo 11 giorni di detenzione. Nel 1954 fu ammesso nell’Istituto di letteratura e critica letteraria di Bucarest dove nel 1956, durante un seminario, lesse un frammento di un proprio racconto, nel quale il protagonista dichiarava la propria intenzione di fondare un movimento studentesco simile a quello frattanto costituitosi nel corso della rivoluzione ungherese. A questo temerario debutto letterario seguì un secondo arresto, che ebbe implicazioni decisamente più pesanti rispetto a quello avvenuto cinque anni prima. Goma venne infatti condannato a due anni di reclusione, in base all’accusa di aver tentato di organizzare uno sciopero all’Università di Bucarest. Scaduto il termine della detenzione, nel 1958, egli non torno in libertà: dovette infatti scontare quattro anni di domicilio coatto in una

località nella desolata regione del Bărăgan. Liberato nel 1962, non avendo la possibilità di riprendere gli studi a causa della sua condizione di ex detenuto politico, lavorò come operaio non qualificato, fino alla promulgazione del decreto del 1965 che riammise alle università coloro che avevano subito condanne per reati ‘contro la sicurezza dello Stato’. Goma si iscrisse allora alla facoltà di arte all’università di Bucarest, ma abbandonò gli studi poco prima della conclusione del primo anno accademico98.

Anche Ivasiuc, al pari di Goma, era stato condannato nel 1956 a scontare una pena detentiva in ragione del suo coinvolgimento nei movimenti studenteschi nati in concomitanza con gli sviluppi della rivoluzione ungherese99. L’incontro tra i due scrittori era avvenuto a Bucarest nel 1963; da tale incontro erano nata un’amicizia; dalla metà degli anni Sessanta Goma e Ivasiuc si erano avviati verso percorsi differenti, che condussero quest’ultimo a una moderata ‘normalizzazione’, laddove Goma scelse – segnatamente dopo il 1968 - una strada caratterizzata da maggiore intransigenza nei confronti del regime, fatto che avrebbe tra l’altro condotto alla rottura dei rapporti tra i due scrittori.

La rivista letteraria Viaţa Românească nel giugno 1969 annunciava l’imminente pubblicazione di Ostinato, la quale, invece, non avrebbe avuto luogo in patria fino alla caduta del regime. Goma, dinanzi alle reiterate difficoltà opposte dalla censura, nel 1971 si rivolse a una casa editrice di Monaco di Baviera, la Suhrkamp Verlag100 al fine di ottenere la pubblicazione del suo romanzo: entrato in esplicita collisione con le autorità, venne espuslo dal PCR. Le ragioni del dissidio tra Goma e il regime comunista romeno, sebbene coinvolgano aspetti che esulano dall’opera letteraria, ebbero nelle travagliate vicende censorie che riguardarono il manoscritto di Ostinato un caso emblematico. Ostinato, descriveva le reminiscenze di un giovane intellettuale romeno, nella fase anteriore e successiva alla sua liberazione avvenuta dopo aver scontato una condanna a due anni di reclusione. Dinanzi all’inasprimento delle pressioni ideologiche posteriori al 1968, la censura indicò a Goma una serie ampia e articolata di “riformulazioni” del testo di Ostinato necessarie per renderne possibile la pubblicazione. Goma acconsentì a modificare il manoscritto in diverse parti: l’opera di revisione non rese tuttavia più accettabile agli occhi del censore la versione emendata del romanzo. Nel descrivere la condizione dei penitenziari e dei campi di lavoro, come pure delle pratiche invalse presso la Securitate, Goma aveva travalicato i limiti ammessi

98 D. Deletant, Ceauşescu şi Securitatea...cit., p. 136-37.

99 Il coinvolgimento del giovane Alexandru Ivasiuc nelle manifestazioni studentesche svoltesi a Bucarest nel

1956 è menzionato da J. Granville, «If hope is sin, then we are all guilty»...

100 I complessi rapporti con il censore che indussero Goma a rivolgersi a una casa editrice estera sono rievocati in

del regime. Non era la prima volta che il delicato tema dell’ingiustizia e dell’umiliazione legata alla repressione politica veniva affrontato nel corso della “fase liberale” del ceausismo. Nondimeno, Ostinato appariva, nella propria denuncia, decisamente più esplicito rispetto ad altre opere, non soltanto in ragione di ciò che l’autore osava mettere per iscritto nel romanzo ma anche – elemento forse ancor più importante – per ciò che egli rifiutava di porvi. In altre parole, non vi era traccia di ottimismo verso il futuro e i crimini descritti nella trama coinvolgevano personaggi il cui modus operandi non era unicamente ascrivibile alle ‘aberrazioni’ compiute durante gli anni dello stalinismo, in assenza di implicazioni rispetto al presente. Agli occhi del censore appariva inoltre inammissibile il fatto che uno degli aguzzini descritti in Ostinato detenesse il grado di capitano nelle forze di sicurezza e che gli ‘abusi’ non fossero quindi riconducibili a personale di modesto rango101.

Differente furono le vicende seguite da Alexandru Ivasiuc per ottenere la pubblicazione del romanzo Păsările. In seguito alle pressioni delle censura, Ivasiuc modificò il suo tragico racconto, riguardante le vicende di un uomo condannato al carcere per non aver voluto denunciare alcuni uomini innocenti. Nella versione definitiva del romanzo – pubblicata nel 1970 - più chiara fu resa la collocazione temporale in epoca staliniana, meno categorici i giudizi di condanna e più ottimistica l’impostazione complessiva dell’opera, a detrimento della sua incisività e delle stesse qualità letterarie102. La progressiva ‘metamorfosi’ politica di Alexandru Ivasiuc e la sua volontà, confermata in una fase successiva, di non travalicare i limiti posti del regime nei riguardi della rivisitazione critica del passato non fu un caso isolato; essa testimoniò la capacità del PCR di assumere una posizione egemone nel confronto degli scrittori. Tale approccio si venne ulteriormente rafforzando nel corso della fase autoritaria del regime. L’elezione nel Comitato Centrale di tre scrittori relativamente giovani (Nicolae Breban, Eugen Barbu, Dumitru Radu Popescu), avvenuta nel 1969, confermò l’efficace opera di cooptazione messa in atto dal partito nei confronti degli intellettuali. Eugen Barbu, in particolare, manifestò a partire da quel momento un conformismo dogmatico che potremmo definire esemplare. Divenuto nel 1969 direttore del periodico România Literară, Barbu compì una spedita opera di normalizzazione rivolta a giornalisti e collaboratori colpevoli di tendenze ‘eretiche’. Nel dicembre del 1970, egli passò a dirigere un giornale di partito fino ad allora privo di importanza, ossia Săptămîna: il carattere di rivista illustrata -

101Goma descrisse l’atteggiamento del censore con le seguenti parole: “mi venne detto: il capitano non va bene,

rendilo un sottoufficiale,,,gli ufficiali non possono compiere abusi. Se lo facessero, il lettore sarebbe indotto a pensare che le istituzioni stesse sono sbagliate...inoltre, devi soppesare attentamente il finale del libro...bisogna a tutti i costi, vedere il futuro splendere radioso” . Cit. da Dossier Paul Goma: l'ecrivain face au socialisme du

silence (Paris, Albatros, 1977) in M. Shafir, Romania : politics, economics and society...cit., p.169

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abbastanza inconsueto in quel periodo - che Barbu conferì a tale periodico attrasse un elevato numero di lettori; ad eccezione di alcune poesie, tuttavia, Săptămîna non pubblicava testi letterari; essa si sarebbe piuttosto distinta in seguito - al pari del Luceafărul – quale agguerrito organo di stampa del nazionalismo protocronista: vi collaborò anche Corneliu Vadim Tudor divenuto, verso la fine degli anni Settanta, ‘aedo di corte’ del clan Ceauşescu e successivamente - nella fase postcomunista - segretario generale del partito di estrema destra

România Mare.

Come in precedenza osservato, gli anni immediatamente posteriori al 1968 presentarono importanti avvisaglie della svolta autoritaria effettivamente realizzatasi nel 1971. Durante la prima fase del periodo liberale - ossia nel corso del triennio 1965-68 - numerosi giovani scrittori di tendenze riformatrici o addirittura anti-sistema avevano avuto la percezione di poter giungere a un confronto franco le autorità del regime. Durante il biennio 1969-70, malgrado permanessero importanti fermenti di libertà, il consolidamento dell’establishment letterario e la sua progressiva saldatura con il potere politico, unita alla