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Il nuovo corso culturale e la sua proiezione nelle relazioni con l’estero

Capitolo V: La politica estera nel periodo 1965-

6.5 Il nuovo corso culturale e la sua proiezione nelle relazioni con l’estero

L’immagine veicolata all’estero dalla Romania attraverso il ‘nuovo corso’ nazionale fu di natura decisamente differente rispetto a quella diffusasi nella seconda metà degli anni Ottanta e al momento della caduta dal regime comunista. Malgrado l’assenza di una genuina liberalizzazione nei rapporti tra Stato e società, il regime romeno appariva incamminato sulla strada di una liberalizzazione sul piano interno. Tuttavia, ben più che le considerazioni inerenti all’ordinamento interno era la peculiare collocazione internazionale dalla Romania ad attirare valutazioni positive da parte degli osservatori occidentali: il fatto che un Paese guidato da un leader dinamico e relativamente giovane avesse saputo respingere con fermezza le pretese egemoniche avanzate dai sovietici costituiva un indiscutibile titolo di merito. Verso la metà degli anni Sessanta, la Romania conobbe inoltre una certa apertura al turismo internazionale. Il centro della capitale e in particolare taluni punti di essa come Calea Victoriei – la principale promenade cittadina che durante il periodo interbellico era stata luogo di passeggio e incontro della borghesia cittadina e dell’élite culturale – divennero noti a numerosi turisti occidentali, in particolare francesi, tedeschi e italiani. Popolarità ancora maggiore ebbero le stazioni balneari del Mar Nero e alcune stazioni sciistiche site in prossimità delle località carpatiche di Buşteni e Sinaia. Quest’ultima – che in passato era stata la residenza estiva dei sovrani romeni – divenne anche meta di una mobilità internazionale di natura eminentemente culturale, legata agli scambi con autorità accademiche e universitarie estere.

Sinaia era infatti la sede vocata allo svolgimento dei corsi estivi di lingua e cultura romena destinati agli studenti stranieri: questi ultimi provenivano sia dall’Occidente sia da Paesi del blocco socialista. Il debutto di questi corsi, avvenuto al principio degli anni Sessanta, testimoniava la volontà del regime di accrescere il proprio prestigio anche attraverso lo sviluppo di un’adeguata politica culturale, ottenendo sotto questo profilo riscontri non disprezzabili: oltre 150 tra studenti e docenti universitari, provenienti da 27 Paesi diversi, convennero a Sinaia nell’estate del 196549. Fu precisamente durante il suo primo soggiorno a Sinaia nel 1965 che Dennis Delenant – probabilmente il massimo esperto non romeno delle questioni inerenti alla repressione nella Romania ceausista – acquisì piena consapevolezza dell’inflessibile supervisione esercitata dalla Securitate sulla società romena,

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Le nazionalità maggiormente maggiormente rappresentate furono la Francia (con 12 professori e 19 studenti), l’Italia (7 professori e 13 studenti), e la RFT (5 professori e 5 studenti). Cfr. ANIC, Fond CC al PCR, Secţia

come testimoniava l’impossibilità, per gli studenti stranieri convenuti nell’occasione, di stabilire contatti con i giovani romeni del luogo50. Gli studenti stranieri erano sottoposti a un’attenta vigilanza e la possibilità di essere in futuro nuovamente ammessi ai corsi erano strettamente legate al mantenimento di un comportamento adeguato: qualsiasi atteggiamento poco rispettoso nei confronti dell’ordinamento politico comunista o di taluni aspetti della società romena contemporanea era da questo punto di vista pregiudizievole, come testimonia un documento informativo – redatto nel 1965 da alcuni ufficiali della Securitate –che aveva per oggetto i comportamenti “non corretti” (necorespunzatori) assunti da alcuni degli studenti stranieri che partecipavano ai corsi estivi di Sinaia:

Ursula Schick: “è assistente del professore Noyer-Weidner; è venuta con alcune cognizioni di lingua romena perchè ha assistito alla conferenza sulla poesia di Eminescu tenutasi recentemente a Monaco. Ha manifestato una modesta propensione allo studio della lingua romena, soprattutto nell’ultimo periodo. Ha spesso avuto un atteggiamento di fronda e talvolta ha ironizzato su taluni aspetti della vita del nostro Stato. Non è il caso che in futuro sia nuovamente invitata.”

Laszlo Gálayi, “riconosciuto specialista nel settore della lingua e della linguistica romena (soprattutto in campo stilistico) con alle spalle numerosi e apprezzati lavori, tra i quali alcuni pubblicati nel nostro Paese. E’ venuto regolarmente ai corsi e ai seminari, nell’ambito dei quali si è mostrato attivo. E’ intervenuto durante quasi tutte le lezioni. Il carattere lascia a desiderare. Politicamente inopportuno, talvolta insinuante o addirittura ostile; ha svolto tra i suoi colleghi stranieri alcune conversazioni particolari (a volte anche durante le lezioni) nelle quali ha criticato l’impostazione dei corsi; ha inoltre denigrato alcuni aspetti relativi alla realtà romena (ha affermato, per esempio, che non esisterebbero tradizioni folkloriche specificamente romene). Ufficialmente, ha dichiarato che è molto soddisfatto dei corsi e che apprezza la nostra attenzione all’obiettività etc. Non crediamo sia il caso che in futuro venga nuovamente invitato” 51

A partire dalla metà degli anni Sessanta, sotto la direzione di Ceauşescu la propaganda culturale rivolta all’estero fu scrupolosamente ed efficacemente valorizzata. Un ruolo importante in tal senso venne affidato all’associazione culturale România - presieduta dallo storico Virgil Cândea52 - la quale costituiva di fatto una superfetazione del CC del PCR incaricata di fungere da ambasciatrice presso l’Occidente della cultura romena “ufficiale”, in un contesto nella quale quest’ultima non si identificava ancora con l’assordante retorica propagandistica successivamente tributata al regime e al suo leader. La valenza ‘ideologica’ e ‘patriottica’ e della collaborazione culturale con l’estero fu tuttavia fin da principio evidente: essa venne sottolineata, nel corso della conferenza dell’Unione degli Scrittori tenutasi nel

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D. Deletant, Ceauşescu şi Securitatea..., cit., p.13

51Cfr. ANIC, Fond CC al PCR, Secţia Propaganda si agitatie, Dosarul 20/1965.

52 Cândea fu per un certo periodo segretario dell’AIESEE (Association International d’Etudes du Sud-Est

Europeen), nel cui ambito collaborò con numerosi studiosi occidentali e – nello specifico – italiani, tra i quali Bianca Valota, docente presso l’Università degli Studi di Milano ed esperta di storia e letteratura romena.

febbraio 1965, dall’accademico Mihnea Gheorghiu, il quale attrasse l’attenzione dell’uditorio sull’importanza di attivare “l’intero potenziale della propaganda romena all’estero, per dimostrare il talento e il patriottismo dei nostri scrittori”. Gheorghiu aggiunse: “questa offensiva della nostra arte e cultura deve continuare in modo massiccio e in una prospettiva di lungo periodo”53.

Nella seconda metà degli anni Sessanta, la cooperazione culturale e scientifica fu considerevolmente ampliata e vennero resi più facili i soggiorni all’estero di artisti, letterati o uomini di scienza romeni. L’intensificazione delle relazioni culturali e scientifiche con l’estero venne resa più spedita attraverso lo stabilirsi di relazioni diplomatiche con nuovi Stati54. La cooperazione culturale tra Romania e Italia fu rafforzata rispetto agli anni precedenti: essa fu nel complesso caratterizzata da dinamismo, mantenendo comunque un prevalente profilo interstatale e istituzionale55.Già al termine dell’epoca dejista, la ripresa dei rapporti culturali italo-romeni fu testimoniata da una ripresa dell’attività del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bucarest (fondato nel 1908 e rimasto inattivo dall’instaurazione del regime comunista fino al principio degli anni Sessanta)56. Modesto fu comunque il numero di opere italiane tradotte in lingua romena nel corso degli anni Sessanta: da segnalare, a questo proposito, la traduzione del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, pubblicato per la prima volta in romeno nel 196457. Controverso fu il caso rappresentato dalla pubblicazione in Italia di una raccolta di versi del poeta romeno Tudor Arghezi (1880-1967), ufficialmente tradotti - o ‘adattati’ - in italiano dal premio Nobel Salvatore Quasimodo. Fu Monica Lovinescu a sollevare la polemica da Parigi, sottolineando come Quasimodo - il quale non conosceva affatto il romeno – si fosse basato su una traduzione letterale (e a giudizio della Lovinescu, piuttosto pedestre) elaborata da un poeta romeno poco noto, Dragoş Vrânceanu58.

53 A. U. Gabanyi, Literaturǎ şi politicǎ...cit., p.156

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L’1 settembre 1966 vennero stabilite relazioni diplomatiche con l’Olanda, il 30 gennaio 1967 con la Repubblica Federale Tedesca, il 5 aprile dello stesso anno con il Canada e, pochi mesi dopo, con numerosi Stati dell’America Latina.

55 In questo contesto, la Secţia Propaganda şi Agitaţie segnalava, al principio del 1968, come la Presidenza della

Repubblica Italiana avesse manifestato l’intenzione – cui non seguirono peraltro atti concreti – di conferire allo storico ed archeologo Emil Condurachi e al matematico Octav Onicescu (quest’ultimo aveva studiato a Roma negli anni Venti ed era stato allievo di Tullio Levi Civita e Guido Castelnuovo) la medaglia al valore della Repubblica. Cfr. ANIC, Fond CC al PCR, Secţia Propaganda si Agitaţie, dosarul 26/1968.

56 Per una più articolata ricostruzione delle dinamiche nei rapporti culturali italo-romeni di quegli anni si

rimanda all’ultima parte del già citato volume di G. Caroli, La Romania nella politica estera italiana 1919-1965.

57 G. Tomasi di Lampedusa, Ghepardul, (traducere din limba italiană de Taşcu Gheorghiu) Bucureşti, Editura

pentru Literatură Universală, 1964.

58 M. Lovinescu, Jurnal de unde scurte, vol. II, Bucureşti, Humanitas, p. 203. Del tutto simili a quelle della

Lovinescu furono le critiche all’epoca formulate dalla studiosa e docente universitaria Rosa del Conte, già lettrice in Romania e titolare della cattedra di Lingua e Letteratura presso l’Università degli Studi La Sapienza, nonché autrice di una raccolta di poesie di Tudor Arghezi tradotte in italiano dal testo originale (testimonianza del professor Francesco Guida, relatore della presente tesi). La Del Conte – decana degli studi romeni in Italia (ha attualmente 102 anni) si è occupata anche del poeta nazionale romeno Mihai Eminescu, cui ha dedicato la

Per quanto riguarda le altre opere di narrativa della letteratura occidentale, l’attenzione delle autorità culturali romene venne posta in modo evidente sulle opere provenienti dallo spazio culturale francofono, con il quale tradizionalmente esisteva un legame privilegiato. In queste periodo apparvero in traduzione romena – con considerevole ritardo rispetto alla data di pubblicazione nei Paesi occidentali - La Peste di Albert Camus (1947) ed alcune piéces teatrali dello stesso scrittore59; inoltre La Condizione Umana di Andre Malraux, una raccolta di discorsi di Jean Paul Sartre e alcune parti del capolavoro di Marcel Proust Alla ricerca del

tempo perduto. Da non sottovalutare il fatto che, negli stessi anni, venisse tradotta e pubblicata in romeno anche un’antologia del teatro francese moderno nella quale compariva

Il rinoceronte, opera dello scrittore romeno - naturalizzato francese - Eugene Ionescu. Per quanto riguarda gli scrittori del mondo anglosassone, furono tradotti alcuni romanzi di Faulkner, Graham Greene, Henry Miller, Scott Fitzgerald e inoltre le poesie di Ezra Pound e Thomas Eliot.

I nuovi margini di libertà conferiti in questa fase agli artisti romeni diedero importanti frutti anche al di fuori dell’ambito letterario e poetico – ad esempio in ambito cinematografico, ove contribuirono ad accrescere il prestigio internazionale di alcuni giovani autori e del loro Paese. Nel 1965, il film Padurea Spânzuratorilor (La selva degli impiccati) del regista Liviu Ciulei vinse il premio per la regia assegnato dal Festival di Cannes. Un anno più tardi il film di Lucian Pintilie. Duminica la ora 6 (Domenica alle ore 6) ricevette il premio speciale del festival cinematografico del Mar de la Plata.

Contestualmente all’avvio e al rafforzamento della cooperazione culturale con l’Occidente, i legami intrattenuti in tale campo dalla Romania con i Paesi del blocco sovietico conobbero una fase di vistosa stagnazione. Il tenore di tali relazioni costituì un indicatore abbastanza attendibile dello stato – generalmente teso – del confronto ideologico e interstatale tra Bucarest e il Cremlino60. La caratterizzazione ideologicamente eclettica del comunismo romeno e il suo dinamismo multidirezionale condussero il PCR ad attribuire maggiore importanza ai propri rapporti con quei partiti comunisti – jugoslavo, israeliano,

monografia Mihai Eminescu o dell’Assoluto (pubblicata nel 1962 per i tipi della Società Editoriale Tipografica Modenese).

59 La televisione romena trasmise nel 1966 un’adattamento della piéce Le Malentendu (Il Malinteso, in italiano).

60 Un mese prima della conferenza di Karlovy Vary (aprile 1967), in un contesto contrassegnato da crescenti

tensioni tra la Romania e il Cremlino a causa della decisione di Bucarest di stabilire relazioni diplomatiche con la RFT, la direzione del PCR decise che nessuna delegazione romena avrebbe partecipato alla conferenza consacrata all’ “imperialismo contemporaneo” che ebbe poi effettivamente luogo a Mosca tra il 20 e il 25 marzo 1967 con la partecipazione di delegazioni di vari Paesi del blocco sovietico. I dirigenti romeni ritenevano che tale consesso sarebbe divenuto la sede deputata a muovere attacchi contro i nuovi orientamenti espressi dalla politica estera romena. Cfr. ANIC, Fond CC al PCR, Secţia Propaganda şi agitaţie, dosarul 36/1967.

italiano - che erano giudicati non totalmente subalterni nei riguardi dei desiderata sovietici. Tra il Partito comunista italiano e il PCR esistevano limitate affinità ideologiche, ma l’esperimento ‘autonomo’ avviato dalla dirigenza del PCR offriva elementi politici di un certo interesse per i comunisti italiani, i quali, segnatamente a partire dal 1968, avviarono un percorso di progressivo, moderato distanziamento da Mosca. Esponenti del PCR vennero dunque invitati a ad alcuni seminari e tavole rotonde del PCI61, mentre tra i due partiti si cercò di stabilire una collaborazione (non coronata da particolare successo) in settori come quello radiotelevisivo62.

Ai tormentati sviluppi delle relazioni interculturali che la Romania intrattenne con l’Urss e gli altri Paesi del blocco sovietico, si affiancarono segnali di apertura in altre direzioni. Il Consiglio di Stato per la Cultura e l’Arte stabilì rapporti con il COMES (Comunità Europea degli scrittori). Questa associazione era guidata da Giancarlo Vigorelli, il cui nome, probabilmente poco evocativo per il lettore italiano di oggi, fece la propria comparsa nel quadro di alcune polemiche politico-letterarie coeve63. Più rilevante fu probabilmente la ripresa dei contatti con il PEN-club internazionale, associazione legata ai principi di libertà e democrazia “borghese”. La Romania vi aveva aderito in un primo momento nel 1932 ma tale adesione non era stata rinnovata nel dopoguerra a causa del contrasto tra i principi di questa associazione e quelli del costituendo regime comunista. Nel contesto di un incipiente disgelo culturale, il governo romeno – su sollecitazione del Consiglio di Stato per la Cultura e l’Arte (CSAS) - decise di aderire nuovamente al PEN-club nel marzo del 1964. Tra il 12 e il 18 giugno del 1966 l’Unione degli scrittori fu invitata a partecipare al 34° congresso generale del PEN-club che ebbe luogo a New York; tale congresso aveva come titolo e cardine tematico la figura dello scrittore come spirito

indipendente. La scelta romena di parteciparvi può apparire coraggiosa, se si considera che era in programma un confronto sui limiti della libertà della cultura nei Paesi posti oltre la

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Ivi, Fond CC al PCR, dosar 57/1968.

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Nel marzo del 1969 la direzione del PCI avanzò una proposta di collaborazione tra Unitelefilm (società cinematografica collaterale al PCI, specializzata in lungometraggi e documentari) e la Televisione Romena. A tale scopo, il mese seguente, esponenti del CC romeno si incontrarono a Bucarest con il presidente di Unitelefilm Mario Benocci, e con Ugo Pecchioli, recentemente ammesso nella direzione nazionale del PCI. Cfr. ANIC, Fond CC al PCR, Secţia Propaganda si agitaţie, dosarul 18/1969.

63 Nel maggio del 1966, Monica Lovinescu accusò Vigorelli di essere una “banderuola” (om cîrlig) per aver

pubblicato in passato nell’organo di stampa da lui diretto (L’Europa Letteraria), numerosi testi poetici scritti dal vate dello ‘stalinismo letterario’ romeno Mihai Beniuc, per poi assumere, in una fase successiva, un ruolo di intransigente sostenitore delle posizioni ‘antidogmatiche. Cfr. Jurnal de unde scurte...pp.320-21. Il nome di Vigorelli viene inoltre menzionato da Annele Ute Gabanyi nel volume Cultul lui Ceauşescu (Il culto di Ceauşescu) per alcune sue affermazioni encomiastiche rivolte a Ceauşescu in occasione del 60° genetliaco del

conducător, nel 1978. Cfr. A.U. Gabanyi, The Ceauşescu Cult, Bucharest, The Romanian Cultural Foundation Publishing House, 2000, p. 33

cortina di ferro, e più specificamente, sulle polemiche suscitate in Occidente dalla repressione contro i dissidenti sovietici Sinjavski e Daniel.

Il CSAS e il Segretariato dell’Unione degli scrittori suggerirono alla direzione del PCR di concedere il proprio assenso alla partecipazione di una delegazione romena, al fine di evitare “interpretazioni tendenziose” della linea del partito e del governo (ossia eventuali accuse di scarso coraggio nella politica romena di differenziazione dall’Urss)64. La proposta summenzionata fu infine approvata dalla direzione del PCR, la quale dispose la partecipazione al congresso di una delegazione formata da Zaharia Stancu, Alexandru Balăci e Horea Lovinescu.

6.6 Il problema del rapporto tra generazioni e il caso di Povestea Vorbei