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Le conseguenze della “dichiarazione d’indipendenza” dell’aprile

Capitolo III: Esordi e sviluppi del comunismo nazionale

3.4 Le conseguenze della “dichiarazione d’indipendenza” dell’aprile

Le conseguenze di medio periodo determinate dal nuovo corso politico romeno furono molteplici. Tra di esse possiamo individuare l’avvicinamento della Romania alla Cina nell’ambito della controversia sino-sovietica, la quale divampò platealmente nel corso del 1964. Bucarest potè accreditarsi nel ruolo di mediatore tra le parti del conflitto, senza che il ‘nuovo corso’ nazionale postulasse una reale affiliazione ideologica della Romania nei confronti dei comunisti cinesi (diversamente da quanto avvenne, invece, nel caso dell’Albania). Per la dirigenza romena il confronto tra Mosca e Pechino si configurò essenzialmente come uno strumento per preservare la propria autonomia tra i Paesi socialisti e, di riflesso, nell’ambito delle scelte perseguite sul piano interno. La fluidità delle scelte adottate dal governo romeno nelle relazioni internazionali permise un riavvicinamento alla Jugoslavia e all’Albania e, nel medesimo tempo, la prosecuzione e l’ampliamento di un’incisiva collaborazione politica ed economica con gli Stati dell’Occidente.

Nel breve periodo, la “dichiarazione d’indipendenza” comportò un peggioramento delle già tese relazioni tra Khruščëv e Gheorghiu-Dej che si risolse nel tentativo sovietico – cui non arrise successo – di provocare una riconfigurazione dei vertici di potere del PMR attraverso l’estromissione del leader romeno. Occorre sottolineare che la capacità d’intervento del Cremlino nelle vicende romene era inibita sia da più gravi ed urgenti questioni sul piano internazionale (in primis il ricordato dissidio sino-sovietico) sia dal diminuito prestigio di Krusciov derivante, tra l’altro, dalla sua periclitante posizione in seno al PCUS. Il 14 ottobre 1964 una mozione del Politburo sovietico sancì la destituzione di Krusciov dalla carica di primo segretario del PCUS. Questa circostanza apparve ai dirigenti romeni propizia per compiere un ulteriore passo in direzione del consolidamento dell’autonomia da Mosca, attraverso il respingimento dell’ingerenza sovietica nel settore strategico degli affari interni e della sicurezza nazionale. Il 21 ottobre Gheorghiu-Dej convocò l’ambasciatore sovietico, chiedendo il ritiro dei consiglieri del KGB presenti in Romania27. La veemente reazione espressa dalle autorità sovietiche per mezzo del capo del Kgb, Vladimir Semičastni, non impedì a Mosca di accogliere la richiesta di Bucarest, il che appariva forse giustificabile in un

26Declaraţia cu privire la poziţia Partidului Muncitoresc Român în problemele mişcări comuniste şi muncitoreşti

internaţionale adoptată de Plenara largită a CC al PMR din aprile 1964, Bucureşti, Editură Politica, 1964

periodo di transizione dirigenziale che suggeriva di evitare un confronto troppo acceso con le autorità romene.

Il ritiro effettivo dei consiglieri del KGB avvenne nel dicembre del 1964. La Romania fu il primo e per lungo tempo l’unico Stato del Patto di Varsavia a compiere un simile passo. Il contesto e le condizioni entro le quali si svolse il ritiro definiscono un quadro più articolato rispetto a quanto potrebbe sembrare a prima vista, disegnando il convergere di Bucarest e del Cremlino attorno a una soluzione negoziata di reciproco vantaggio. Dennis Deletant ha evidenziato come la principale condizione posta da Mosca per il ritiro dei consiglieri del KGB dal territorio romeno fu il mantenimento di una stretta cooperazione tra i servizi segreti romeni e sovietici, quale forma di adempimento da parte della Romania delle obbligazioni legate all’appartenenza al Patto di Varsavia28. Durante gli incontri bilaterali svoltisi nel corso degli anni Sessanta – in epoca krusceviana e poi brežneviana – il Cremlino ribadì la priorità accordata a una sinergia romeno-sovietica nel campo della tecnologia e della scienza. In vista del conseguimento di questo obiettivo, lo spionaggio in Occidente adempiva a una funzione tutt’altro che trascurabile. La direzione I del KGB e il GRU (i servizi di spionaggio dell’Armata Rossa) mantennero in questo ambito un incisivo ruolo di coordinamento rispetto agli organismi omologhi dei Paesi appartenenti al patto di Varsavia. In Romania, le attribuzioni legate allo spionaggio in ambito industriale e tecnologico vennero affidate alla Direzione Informativa Esterna (DIE) e alla DIA (Dipartimento Informativo dell’Esercito -

Departamentul de Informaţii al Armatei). Soprattutto durante la prima fase del regime ceausista, i comuni interessi dell’Urss e della Romania riguardo all’acquisizione dall’Occidente di un know how tecnologico (segnatamente in settori come il nucleare e l’aereospaziale) furono la base per una cooperazione efficace dei servizi segreti dei due Paesi. Occorre tenere presente questi elementi per poter valutare adeguatamente la caratterizzazione ambigua dei rapporti tra Mosca e Bucarest. Il nuovo corso nazionale della politica romena non giunse a recidere o anche semplicemente a depotenziare la collaborazione con l’Urss nel settore dello spionaggio e della stessa sicurezza interna .

Il settore culturale fu tra gli ambiti maggiormente interessati dal processo di recupero dell’identità nazionale associato all’emancipazione della tutela sovietica. Nel 1964 venne smantellato l’Istituto Gorkij di Bucarest, preposto alla diffusione della cultura russa nel Paese. Al principio dall’anno scolastico 1963-64 il russo cessò di essere lingua di insegnamento obbligatorio nelle scuole, venendo progressivamente marginalizzato a vantaggio di altre

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lingue europee e segnatamente del francese, il quale potè parzialmente riacquistare la preminenza tradizionalmente accordatagli dal mondo culturale romeno e dalle istituzioni educative del Paese.

Robert King ha evidenziato come il nuovo corso nazionale della leadership romena, pur rafforzando i sentimenti antirussi e antisovietici della popolazione romena, seppe muoversi con la cautela necessaria ad evitare un scontro diretto, con i dirigenti sovietici, le cui conseguenze sarebbero state imprevedibili29. Spregiudicatezza e accorta valutazione e dei tempi e dei metodi del confronto con Mosca furono in eguale misura elementi costitutivi del comunismo nazionale romeno. In questa linea si iscrisse, il 24 ottobre del 1964, la tardiva pubblicazione (il manoscritto era fin dal 1960 a disposizione del curatore dell’opera, l’accademico romeno Andrei Oţetea30) di Insemnari despre Români (“Note sui romeni”) una raccolta miscellanea di appunti e interventi di Karl Marx nella quale si evidenziava l’autorevole sostegno accordato dal padre del socialismo scientifico alle rivendicazioni nazionali romene sulla Bessarabia e la sua opposizione al dominio zarista sulla regione. Il progetto editoriale e la pubblicazione del volume non vennero demandati alla casa editrice del PCR incaricata delle controversie ideologiche (l’ Editură Politică), bensì all’Accademia di Romania al fine di mantenere la parvenza di un dibattito di natura culturale piuttosto che politica. Insemnari despre Români ebbe una tiratura di 20.500 copie, rapidamente esaurite, a riprova del diffuso interesse suscitato da un argomento cui il regime – facendo leva sui sentimenti antirussi prevalenti tra la popolazione – poteva attingere per consolidare la propria popolarità.

La pubblicazione di Insemnari despre Români rompeva un tabù impostosi dagli esordi del regime comunista, riportando all’attenzione dell’opinione pubblica romena il destino della popolazione bessarabena, composta per quasi il 70% da romenofoni e sottoposta a un incisivo processo di snazionalizzazione da parte delle autorità sovietiche. Le controversie relative a questa regione esordirono in età contemporanea nell’anno 1812, quando l’impero zarista occupò il territorio posto tra i fiume Dnestr (Nistru) e Prut, smantellando la storica integrità del principato di Moldavia. La metà orientale della Moldavia passò sotto la dominazione russa e assunse la denominazione di Bessarabia (fino ad allora impiegata per indicare soltanto la parte meridionale del suo territorio), mentre la parte occidentale del principato costituì – insieme alla Valacchia - una delle componenti storiche della Romania dalla cui unione nacque nel biennio 1859-61 il moderno Stato romeno. L’attribuzione della Bessarabia allo Stato

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R. King, A history of the romanian communist party...cit., p.125

romeno in seguito ai trattati di pace del 1918 concorse a determinare, durante il periodo interbellico, uno stato di cronica tensione nelle relazioni romeno-sovietiche - cui si accompagnò la chiusura delle frontiere tra i due Paesi - che fu soltanto formalmente attenuato dall’adesione dai governi di Bucarest e Mosca alla convenzione che nel 1934 dispose il riconoscimento diplomatico dei territori de facto occupati31. Nel 1940 la parziale disarticolazione territoriale della România Mare (“Grande Romania”) nata al termine della prima guerra mondiale condusse alla riannessione della Bessarabia da parte dell’Unione Sovietica. L’effimera rioccupazione del territorio bessarabeno attuata da parte della Romania antonesciana nel corso della seconda guerra mondiale si concluse nel 1944 con l’arrivo delle truppe dell’Armata Rossa e la successiva riconferma della sovranità sovietica sull’area annessa nel 1940.

L’attenzione rivolta dalle autorità romene alla questione bessarabena, mantenutasi silente fin dall’instaurazione del regime, assunse dunque una rilevanza pubblica in concomitanza con la pubblicazione di Insemnari despre Români e di altri saggi di poco posteriori32. L’argomento della Bessarabia venne toccato da Ceauşescu durante il suo primo incontro ufficiale con Brežnev a Mosca, nel settembre 1965, confermando le divergenze di opinioni tra i due Stati a tale riguardo. Riferimenti più o meno velati alla questione ricorsero in alcuni interventi del neosegretario del PCR nel corso degli anni Sessanta. L’atteggiamento adottato leadership romena fu tuttavia orientato ad evitare che nell’agone della politica nazionale entrassero argomenti apertamente revanscisti o che si portasse all’esasperazione il già teso confronto con l’Urss. A paragone di questo approccio relativamente pacato, più accesi furono i toni assunti dal dibattito in ambito giornalistico e nei settori propriamente pertinenti alla storia e alla storiografia. La polemica irruppe in una fase storica che conferiva alla dirigenza romena fondati motivi di preoccupazione riguardo alla sorte della comunità romena presente nella Moldavia sovietica. Nel corso degli anni Sessanta proseguì infatti uno spedito ed energico processo di russificazione che interessò principalmente ed efficacemente il settore nevralgico dell’istruzione e della pubblica amministrazione. A questo aspetto si era aggiunta, da almeno un decennio, la teorizzazione da parte delle locali autorità sovietiche di un’identità moldava distinta da quella romena sia sul piano nazionale sia in un ambito

31 Per un’approfondita descrizione delle vicende della Bessarabia durante il periodo interbellico si rimanda al

volume di A. Basciani, La difficile unione. La Bessarabia e la Grande Romania 1918-1940, Roma, Aracne, 2007

32 Alla fine del 1964 veniva pubblicata una lettera di Engels inviata al socialista romeno Ion Nădejde nel 1888,

nella quale veniva duramente stigmatizzata la politica dell’impero zarista nei confronti dei principati romeni. Engels sottolineava il concorso russo alla repressione della rivoluzione del 1848 nei territori romeni, la politica snazionalizzatrice condotta dall’impero zarista in Bessarabia, e le ripetute minacce poste in essere nei confronti dello Stato romeno, considerato da Mosca una semplice via d’accesso al Bosforo. Cfr. F. Constantiniu, De la

specificamente linguistico, sebbene, soprattutto in riferimento a questo secondo aspetto, tale tesi non fosse basata su argomentazioni fondate (di fatto le differenze tra la “lingua moldava” e il romeno sono sostanzialmente le medesime che possono intercorrere tra austriaco e tedesco).

La risposta sovietica alle critiche provenienti dalla Romania si ebbe nel 1965 con la pubblicazione del nuovo manuale di storia destinato agli studenti delle scuole superiori di lingua romena della RSS Moldavia. In esso si poneva l’accento sugli aspetti “progressisti” assunti fin dall’800 dalla dominazione russa in Bessarabia, sul carattere imperialistico dell’annessione della regione da parte della Romania burghezo-moşieresc (ossia borghese- latifondista, termine che riproduceva una terminologia largamente invalsa nella Romania comunista) e infine sulla “sanguinosa repressione fascista” condotta in Bessarabia dall’esercito di Antonescu. Non mancavano tuttavia segnali in direzione di un’interpretazione “condivisa” della storia bessarebena, laddove il nuovo manuale, a differenza delle precedenti edizioni, riconosceva le popolazioni geto-daciche come ”il più antico antenato del popolo moldavo”33.

La divergenza di vedute tra le parti nazionali interessate si ripropose in diverse occasioni34 durante il biennio 1965-66, e proseguì in modo discontinuo nel corso degli anni successivi, venendo tuttavia prevalentemente ospitata da media che non chiamavano direttamente in causa le leadership nazionali di Romania e URSS. Malgrado riferimenti – generalmente indiretti - alla questione bessarebena venissero invocati da Bucarest in talune fasi del confronto con il Cremlino, Ceauşescu si attenne nel corso degli anni Sessanta e Settanta a un approccio sostanzialmente moderato, evitando che il tema potesse agitare ulteriormente i non ottimali rapporti di vicinato con l’Urss. La questione della Transilvania, piuttosto che la Bessarabia, costituì l’ambito nel quale si esercitarono le policies e le strategie di legittimazione in chiave nazionale perseguite dalla dirigenza romena in epoca ceausista. A questo atteggiamento concorse il fatto che la Transilvania costituiva una regione direttamente sottoposta alla sovranità di Bucarest, nella quale era presente una importante comunità ungherese (ascendente al 30% della popolazione locale) e significative minoranze tedesche, ma egualmente importante era la centralità detenuta da questa regione nella storia e nella

33 ANIC, Fond CC al PCR, Secţia propaganda si agitaţie, dosar 33/1965, datato 9 luglio 1965

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In concomitanza con il 25° anniversario dell’annessione sovietica della Bessarabia, l’organo di partito della RSS Moldava, Kommunist Moldavii, riprodusse un collage di articoli nei quali si evidenziava il sostegno del PCR interbellico al mantenimento della Bessarabia sotto la sovranità sovietica. Cfr. R. King, Minorities under

communism – nationalities as a source of tension among Balkan communist states, Cambridge –Harvard University Press, 1973, p.229

mitologia nazionale romena, a paragone della “perifericità” anche geografica della Bessarabia.

Il nuovo corso nazionale romeno condusse, tra gli altri esiti, alla nazionalizzazione dell’immagine del partito, ritraendo quest’ultimo quale difensore delle principali aspirazioni nazionali e, nel medesimo tempo, iniziatore e sostenitore di strategie di recupero e valorizzazione della tradizione storica e culturale romena. Questa interpretazione, tesa ad attribuire al partito comunista e al suo segretario in carica il ruolo di eredi e continuatori della lotta per l’unità e l’indipendenza nazionale, si accompagnò a una rivisitazione critica di alcuni aspetti e momenti salienti delle vicende del PCR nel periodo interbellico. Emblematico sotto questo aspetto appare il discorso pronunciato da Ceauşescu il 7 maggio 1966, in occasione del 45° anniversario della fondazione del PCR. In tale occasione il Segretario Generale sottolineò esplicitamente il ruolo svolto dal partito comunista in qualità di “continuatore delle lotte secolari condotte dal popolo romeno per la liberazione del Paese, per la formazione dello Stato nazionale unitario e per l’accelerazione del progresso sociale e lo sviluppo della Romania lungo la strada della civilizzazione”35. Proseguendo il proprio intervento, Ceauşescu criticò le risoluzioni adottate durante il III°, IV° e V° congresso del PCR (svoltisi rispettivamente nel 1924, 1928 e 1931) , nelle quali la disarticolazione territoriale della Romania, definita un “tipico Stato multinazionale” basato sull’ “occupazione di territori stranieri”; compariva come una delle priorità nell’agenda politica del PCR nel quadro della lotta contro l’imperialismo. Le indicazioni dettate dal Comintern al PCR in merito alla questione delle nazionalità coabitanti nello Stato romeno erano giudicate “profondamente sbagliate”. Durante il discorso venne ribadita la caratterizzazione della Romania come Stato unitario – principio confermato nella Costituzione approvata nel 1965 - né mancarono alcune allusioni ai diritti storici della Romania sulla Bessarabia, senza che quest’ultima venisse espressamente nominata36. La critica rivolta al ruolo svolto dal Comintern nel periodo interbellico costituì il preludio per un riferimento all’attualità, attraverso la contrarietà espressa da Ceauşescu ad attribuire a un “singolo organismo direttivo” un ruolo di regia e di

35 N. Ceauşescu, Expunere la adunarea festivă organizată cu prilejul aniversării a 45 de ani de la crearea PCR.

7 mai 1966. Editura Politică, Bucureşti, 1966, p.5

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“Le indicazioni date al partito per lottare al fine di sottrarre alla Romania alcuni territori popolati in misura

assolutamente predominante da romeni, non tenevano conto delle condizioni concrete della Romania – stato unitario. Esse erano profondamente sbagliate, spingevano di fatto allo smembramento dello Stato romeno e alla disarticolazione dell’unità del nostro popolo. L’insegnamento marxista-leninista proclama il diritto di ciascun popolo all’autodeterminazione non allo scopo di smantellare gli Stati nazionali costituitisi ma, al contrario, al fine di garantire la liberazione dei popoli oppressi e la loro collocazione in Stati nazionali sovrani, in conformità con la volontà e la decisione espressa dalle grandi masse popolari”. Ibidem. L’intervento succitato è riportato anche in N. Ceauşescu, 1968, România pe drumul...vol. I, p.360 citato da Dennis Deletant, Ceauşescu şi

supervisione nei confronti delle strategie messe in atto dai differenti partiti e movimenti comunisti. Nel contesto della relazione pronunciata dal segretario del PCR vennero dunque evidenziati con chiarezza gli elementi salienti del nuovo corso politico non limitatamente all’ambito internazionale, ma anche in riferimento alla riformulazione in atto dei rapporti intercorrenti tra partito comunista, ideologia e cultura nazionale.

3.5 Autonomia o indipendenza? La nuova collocazione della Romania nel quadro