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Capitolo V: La politica estera nel periodo 1965-

6.3 La liberalizzazione culturale

In ambito culturale, gli stilemi ricorrenti e la visione ideologica caratteristica dal nuovo leader del PCR, soprattutto se osservati a posteriori, non lasciano soverchi dubbi sul carattere limitato che questi intese imprimere al nuovo corso liberale. Ceauşescu, pur attraverso modalità differenti nel tempo, si espresse con costanza a favore di un modello di scrittore engagè che rispecchiasse gli intendimenti ideologici della nuova società socialista. Malgrado ciò, per il segretario del PCR fu di fondamentale importanza ottenere il sostegno di artisti e intellettuali, il che comportò, nel corso di una prima fase, il ricorso ad alcune significative concessioni. Tali concessioni vennero largamente sfruttate da importanti segmenti del mondo della cultura travalicando ampiamente, grazie al contesto favorevole, taluni limiti che ad esse Ceauşescu intendeva imprimere. L’interesse verso gli intellettuali si inseriva nel quadro di una più ampia strategia di legittimazione perseguita dal neosegretario del partito. Essa si ricollegava inoltre all’intento di assicurare una ‘base teoretica’ alla nuova ideologia comunista declinata in chiave nazionale. In questo contesto, per almeno un triennio (1965-68) si verificò un considerevole allentamento delle pressioni e richieste di conformità ideologica avanzate dal regime nei confronti di intellettuali ed artisti; tale approccio era ragionevolmente ritenuto dai dirigenti del PCR come più efficace rispetto all’adozione di una sbrigativa politica di normalizzazione nei confronti delle tendenze culturali potenzialmente ‘eretiche’ o dissidenti. Quando, a partire dalla fine del 1968, il tentativo di associare in modo

organico scrittori e poeti a sostegno della leadership nazionale si sarebbe rivelato non completamente soddisfacente, Ceauşescu avrebbe manifestato in modo più evidente la propria pretesa di esercitare una direzione di segno autoritario nel settore della cultura e di promuovere una produzione letteraria improntata a un certo didascalismo che rispecchiasse, in modo sostanzialmente convenzionale, il modello sociale propugnato dall’ideologia nazionale del regime.

A paragone con la complessa dialettica stabilitasi tra il segretario del partito e gli scrittori, maggiore successo arrise al tentativo del nuovo segretario del PCR di stabilire una collaborazione feconda con gli storici. Questi ultimi costituivano una categoria cui Nicolae Ceauşescu attribuiva particolare importanza nell’ambito del processo di legittimazione della nuova leadership e della correlata ideologia nazionale; tale legittimazione avrebbe dovuta essere infatti conseguita anche mediante una decisa valorizzazione della storia patria e una rivisitazione critica delle pregresse vicende del partito comunista, da attuarsi mediante la definitiva confutazione e archiviazione delle tesi ‘rolleriane’ che erano state predominanti in ambito storiografico e ideologico durante gli anni dello stalinismo. Nonostante il sostegno degli storici al regime non fosse uniforme o incondizionato – tra di essi, negli anni Settanta e Otttanta permase una vivace dialettica culturale che si compendiava soprattutto nell’opposizione tra ‘protocronisti’ e ‘anti-protocronisti’ – molto rari furono i casi di aperta collisione tra storici e regime (e a proposito di questi va citato l’esemplare vicenda umana e professionale di Vlad Georgescu)30.

Il 19 maggio del 1965, a due mesi di distanza dalla sua nomina alla guida PCR, Nicolae Ceauşescu ebbe un incontro con le associazioni di rappresentanza degli scrittori ed artisti romeni. A conferma dell’importanza attribuito all’evento, esso vide la partecipazione dell’intero ‘Stato Maggiore’ del PCR: Chivu Stoica, Ion Gheorghe Maurer, Gheorghe Apostol, Emil Bodnăraş, Leonte Răutu e Ştefan Voitec31. Durante il proprio intervento, Ceauşescu asserì che occorreva dare la preferenza a un’arte con una funzione “educativa”, un’ “arte realista”, piena di “ottimismo” e di “robustezza”, ossia più vicina al popolo. Egli

30

Vlad Georgescu (1937-1988) venne tratto in arresto nel 1977 con l’accusa di “tradimento” in seguito alla pubblicazione di un testo critico nei confronti del regime, il quale confluì poi nella raccolta di saggi storici

Politică şi istorie: cazul comuniştilor români 1944-1977. Nello stesso 1977 Georgescu ottenne il permesso di emigrare negli Stati Uniti, dove aveva già svolto tra il 1967 e il 1973 il ruolo di visiting professor presso le Università di Los Angeles e la Columbia University di New York. In questo quadro iniziò un’intensa collaborazione con Radio Free Europe, i cui i risultati sarebbero stati raccolti nel volume România Anilor

optzeci, Jon Dumitru Verlag, München 1994

31 Questo riferimento agli scambi culturali internazional faceva intendere agli astanti che si sarebbe loro

permesso di recarsi all’estero – cosa molto desiderata – a carico dell’erario. Cfr. A.U. Gabanyi, Literatura şi

propose a tale riguardo agli artisti alcune tematiche concrete, di valore esemplare, precisando il modo in cui desiderava che questi temi fossero affrontato: l’attività “febbrile” della fabbriche della Romania socialista, la crescita “incessante” dell’industria nazionale, la “rivoluzione” avvenuta nell’ultimo ventennio nelle condizioni di vita nelle aree rurali e, in generale, la storia più recente del Paese, dal 1944 in poi32. Difficilmente una simile visione poteva definirsi accattivante, soprattutto in riferimento agli artisti e scrittori più giovani. Tuttavia, nel medesimo consesso, Ceauşescu promise di promuovere una decisa accelerazione nel processo di disgelo in ambito culturale e politico emerso dopo il 1960, mediante una crescente attenzione alla tradizione culturale nazionale, la valorizzazione degli scrittori della nuova generazione e, non da ultimo, attraverso una crescente proiezione ed espansione nello scenario internazionale della cultura romena, sintetizzato dal richiamo alla necessità di “uno scambio di valori culturali - come pure di contatti - con artisti del mondo intero”33. Questo scambio culturale – precisò Ceauşescu – non avrebbe dovuto manifestarsi in modo acritico e non avrebbe in nessun caso dovuto condurre a ‘deviazioni’ di carattere ideologico.

Complessivamente, il ‘nuovo corso’ portò un forte impulso all’innovazione in ambito culturale, ben al di là degli intendimenti espressi dal segretario del PCR. I frutti del nuovo clima non tardarono a manifestarsi in campo editoriale: il triennio 1965-68 vide il debutto di una produzione narrativa e poetica in diversi casi brillante e talvolta ardita, soprattutto se rapportata agli schemi estetici e ideologici invalsi durante il decennio precedente. La maggiore flessibilità che contrassegnò il controllo ideologico esercitato dal partito permise l’ingresso nel proscenio culturale di un gruppo di scrittori - e ancor più poeti - particolarmente validi, tra i quali vanno segnalati Marin Sorescu, Nichita Stănescu e Ana Blandiana. Nella lirica della Blandiana - il cui esordio poetico era avvenuto con la raccolta di versi Persoana întâi plural („Prima Persona Plurale”, pubblicato nel 1964) ed aveva ottenuto nel 1966 un’importanza conferma attraverso una seconda raccolta, Călcaiul Vulnerabil („Il tallone di Achille”) - alcuni critici, come Nicolae Manolescu, ravvisarono gli intendimenti poetico-culturali espressi dieci anni prima da Nicolae Labiş (1935-1956) nella propria solitaria “lotta contro l’inerzia”34, ossia contro i clichès ideologico-culturali predominanti nel corso degli anni Cinquanta. Il debutto di giovani autori nel proscenio letterario fu accompagnato dalla riapparizione di alcuni colleghi più anziani, appartenenti alla cosiddetta “generazione perduta” incarnata da autori come Ion Caraion, Geo Dumitrescu e Ştefan Augustin Doinaş i quali nel corso della fase staliniana del regime avevano subito l’ostracismo

32 Ibidem 33 Ivi

ideologico e financo il carcere (nel caso di Doinaş). I due ‘gruppi’ letterari appena segnalati portarono una ventata di freschezza e di non conformismo nella letteratura romena contemporanea, promuovendo una produzione poetica e narrativa legata a una visione personale ben distante dai canoni del ‘realismo socialista’. Nel quadro di questa clima di apertura, la rivista letteraria Luceafărul diretta da Eugen Barbu, fu la prima a conferire una

chance all’ex detenuto politico Paul Goma, consentendo – nel numero del 24 dicembre 1966 - la pubblicazione di un frammento del romanzo incompiuto Ostinato. La coraggiosa testimonianza di Goma in direzione di una letteratura innovativa in termini sia etici sia estetici ottenne ulteriori, importanti (e tuttavia effimere) conferme nel 1968, durante l’apogeo della ‘fase liberale’. Nel febbraio del 1968 nuovi e più ampi ‘stralci’ di Ostinato sarebbero stati pubblicati nella Gazeta literară, organo ufficiale dell’Unione degli Scrittori35. Il 20 agosto del 1968 - lo stesso giorno dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia - Goma ottenne l’imprimatur editoriale per un volume di racconti brevi dal titolo Camera de alături (“La Camera accanto”).

Dai ranghi della generazione dei giovani intellettuali e scrittori affermatisi durante la fase liberale del regime provenivano sia Ana Blandiana, sia Adrian Păunescu, nati rispettivamente nel 1942 e nel 1943. La poetessa Blandiana sarebbe divenuta negli anni Ottanta una delle figure di spicco del dissenso letterario romeno. Decisamente differente fu l’itinerario politico svolto dal giornalista Adrian Păunescu. Questi, dalla fine degli anni Settanta divenne uno dei più zelanti aedi del culto della personalità tributato a Nicolae Ceauşescu, assumendo un originale ruolo di vestale ideologica di tale culto attraverso la creazione, nel 1977, del festival Cântareă României. Tale festival avrebbe rappresentato una

kermesse destinata a un pubblico giovanile, nella quale l’intrattenimento dal vivo attraverso

folksingers e musica pop di marca occidentale (come i Beatles) si abbinava a un kitsch ideologico che si esprimeva nell’esaltazione della figura del conducător. Il percorso politico- biografico di Păunescu fu tuttavia più complesso e segmentato di quanto si possa supporre dagli elementi poc’anzi riportati. Questi fu infatti, nella seconda metà degli anni Sessanta, una delle voci più severamente critiche nei confronti degli stilemi culturali del realismo socialista e delle componenti conservatrici dell’establishment letterario. Nella fase liberale l’impegno in campo culturale di Adrian Păunescu fu dunque connotato dall’adesione allo spirito anticonvenzionale e all’abrasiva critica nei confronti del dogmatismo ideologico che avrebbe accomunato una parte significativa dei poeti e letterati suoi coetanei. Egli apparteneva a una generazione di intellettuali nel suo complesso contrassegnata da modesta preparazione

35 Il medesimo frammento sarebbe stato pubblicato in dicembre da un’altra prestigiosa rivista culturale, România

ideologica ed estranea alla repressione culturale avvenuta nel corso degli anni Cinquanta, la quale individuò il proprio bersaglio polemico negli scrittori del periodo precedente, a partire dal ‘vate letterario’ dell’epoca staliniana Mihai Beniuc. Quest’ultimo divenne, durante l’epoca liberale, il simbolo eponimo del vecchio sistema invalso nell’epoca staliniana, considerato un giano bifronte che associava in sè rigidezza dogmatica con doppiezza e spregiudicato opportunismo.

Nei confronti di questa emergente generazione di scrittori e intellettuali il ‘nuovo corso nazionale’ apparve disposto ad alcune significative concessioni. Poche settimane prima dell’elezione di Ceauşescu alla guida del PCR, nel febbraio del 1965 era avvenuta – con il beneplacito della direzione del partito - la destituzione di Mihai Beniuc dalla presidenza dell’Unione. Beniuc fu sostituito dal suo coetaneo Zaharia Stancu: quest’ultimo si sarebbe mostrato decisamente più duttile nei confronti delle tendenze culturali emergenti rispetto al proprio predecessore. Nella “fase liberale” della segreteria di Ceauşescu ad essere emarginati dal nuovo proscenio letterario furono precisamente i vecchi ‘stalinisti’, ossia gli autori (Mihai Beniuc, Valeriu Gălan, Eusebiu Camilar, Remus Luca) affermatisi nel dopoguerra attraverso opere generalmente di modesto valore sul piano artistico e letterario ma all’epoca gradite alla direzione del partito proprio in ragione della supina adesione in esse espressa rispetto alle più viete convenzioni stilistiche e tematiche del realismo socialista.

Nel quadro della successiva involuzione autoritaria del regime, gli ex corifei dello stalinismo culturale svolsero un ruolo modesto e sostanzialmente ancillare nel processo di rafforzamento del dogmatismo ideologico del regime. La formazione dei presupposti ideologico-culturali alla base della stagione ‘autoritaria’ e poi di quella ‘sultanista’ della

leadership ceausista si avvalsero della volenterosa collaborazione di uomini provenienti dai ranghi della giovane generazione (Păunescu) o, in misura ancor più rilevante, di quella ‘di mezzo’ (Barbu, Lăncrăjan). Questi seppero adeguatamente mescolare opportunismo politico, richiamo al principio d’autorità ed espliciti accenti nazionalistici per produrre un contesto culturale favorevole alla nuova ideologia ceausista, nel cui ambito ebbero un ruolo decisamente secondario i riferimenti all’obsoleto dogmatismo antinazionale degli anni dello stalinismo.

La politica del segretario del PCR, volta fin dai propri esordi ad assicurare la collocazione dei propri protegés in ruoli chiave, si espresse anche nel settore strategico dell’amministrazione culturale, nel cui ambito essa si accompagnò a una certa longanimità nei confronti di personalità all’epoca ancora in vita che erano state oggetto di una politica

persecutoria ai tempi di Gheorghiu-Dej36. Importanti cambiamenti di personale riguardarono il CSAS (Consiliul de Stat pentru Arta şi Cultura – Consiglio di Stato per l’Arte e la Cultura), organismo che, come in precedenza accennato, esercitava una funzione di supervisione e indirizzo ideologico rispetto ai problemi della cultura e dell’arte. Nel giugno 1965 Alexandru Balăci e Mihnea Gheorghiu furono nominati vicepresidenti del CSAS e nell’agosto dello stesso anno Pompiliu Macovei venne posto a capo di questo organismo. Un dato che accomuna i tre neoincaricati era la buona competenza detenuta nel settore loro affidato; essi, inoltre, non aveva in precedenza ricoperto funzioni di rango superiore nel partito nè avevano assunto posizioni compromettenti negli anni del dogmatismo culturale37.

Molto più che un semplice gesto riparatore fu la ‘riabilitazione’ compiuta da Ceauşescu nei riguardi di Miron Constantinescu, ex dirigente del PCR dagli accenti riformatori che nel 1957 era stato allontanato dal partito per decisione di Gheorghiu-Dej. Nell’autunno del 1965, Constantinescu fu nominato vice-ministro dell’Educazione Nazionale, e nel 1969 divenne – per breve tempo –ministro dello stesso dicastero. Ceauşescu credette verosimilmente che l’esperienza di Contantinescu si sarebbe rivelata utile nella riorganizzazione del sistema educativo, come pure nel settore della ricerca scientifica, ossia in ambiti che godevano di maggiore considerazione presso il segretario del PCR rispetto al settore culturale inteso strictu senso.

A partire dal 1966 un ruolo di significativa importanza nel processo di liberalizzazione culturale fu svolto da Ion Iliescu, il quale dal 1957 deteneva ininterrottamente la carica di segretario dell’UTC (Uniunea Tineretului comunist – Unione della gioventù comunista). Nel maggio del 1966 Iliescu divenne presidente del dipartimento del Comitato Centrale dedicato all’Educazione Nazionale e alla Sanità. Nel dicembre 1967 egli giunse infine a cumulare tale funzione – insieme a quella di segretario dell’UTC - con l’incarico di ministro della Gioventù. Nella sua nuova veste, Iliescu manifestò un significativo interesse per i problemi della cultura e l’arte e un’attenta comprensione per gli artisti della nuova generazione, rispetto ai quali, per età e mentalità (era nato nel 1930) appariva molto più vicino rispetto a qualsiasi altro dirigente del Comitato Centrale. Già a partire dal 1965 erano state eliminate le ultime

36 A.U. Gabanyi, Literatura şi politica... cit., p.139

37 Pompiliu Macovei era stato nominato nel 1958 consigliere presso l’ambasciata romena di Parigi e nel 1960

ambasciatore a Roma, ricoprendo nel medesimo periodo l’incarico di presidente dell’Unione degli Architetti romeni. Mihnea Gheorghiu, docente di lingua e letteratura inglese, era dal 1961 redattore capo della rivista di letteratura universale Secolul XX e, a partire dal 1962, presidente del dipartimento cinematografico del CSAS. Alexandru Balăci, romenista di formazione e, più in generale, filologo romanzo (parlava un ottimo italiano) era divenuto nel 1960 rettore dell’Università di Bucarest.

restrizioni nell’accesso all’istruzione superiore per i giovani di origine sociale “non sana” (borghese) e fu inoltre restituita la possibilità di compiere gli studi universitari a coloro che avevano in passato espiato condanne detentive per motivi politici38. Il nuovo clima liberale in ambito universitario venne testimoniato dall’allentamento della vigilanza repressiva e dell’indottrinamento ideologico degli studenti, cui si accompagnò l’abbandono di alcune misure ‘esemplari’ precedentemente messe in atto contro gli studenti ‘dissenzienti’. Il ricorso, da parte delle autorità politico-accademiche alle espulsioni (exmatriculari) nei confronti degli studenti universitari colpevoli di un atteggiamento politicamente ‘provocatorio’ si ridussero drasticamente nella seconda metà degli anni Sessanta. Va egualmente sottolineato come per alcuni anni venne abbandonato il ricorso ai “processi politici” orchestrati contro gli studenti universitari che avessero commesso ‘gravi infrazioni politiche’: tali processi erano delle messinscene che generalmente precedevano il ricorso alla sospensione definitiva dalle attività accademiche. Può essere forse ritenuto indicativo del nuovo clima il fatto che l’ultimo ‘processo politico’ in ambito universitario di cui si ha testimonianza negli archivi dell’ANIC relativamente al periodo 1965-1971 avvenga nell’ottobre del 1965, pochi mesi prima della nomina di Iliescu alla guida del Dipartimento Educazione e Sanità del CC.

In riferimento a quest’ ”ultimo” processo politico, riportiamo di seguito il resoconto dell’arringa accusatoria approntata per l’occasione nei confronti degli studenti “ribelli” e, in particolare, del loro “leader” (Ştefan Nicolici). Tale arringa si avvalse di un repertorio fraseologico ricorrente nei numerosi “processi studenteschi” che avevano avuto luogo durante il quindicennio precedente:

Dipartimento Educazione e Sanità del CC del PCR, Allegato III, 7.X.1965

In base alle ricerche compiute dagli organi di partito si è constatato che cinque studenti della Facoltà di filosofia dell’Università di Bucarest hanno manifestato atteggiamenti ostili e tenuto discussioni provocatorie all’indirizzo del nostro Partito e Stato.

Questi studenti sono:

Nicolici Stefan II anno Vasar Stelian Traian “ Nicolae Octavian “

Turcu Mihai “

Badiu Iulian “

Per smascherarli di fronte agli studenti si propone di organizzare un’assemblea presso la facoltà di filosofia, il giorno 18 ottobre alle ore 17,00. A questa assemblea è bene che vengano invitati anche gli studenti delle altre Facoltà e di altri istituti di insegnamento superiore di Bucarest. Il segretario dell’organizzazione dell’UTC o il

presidente dell’ AS (Asociaţia Studenţilor) dovrebbero tenere un discorso introduttivo riguardante i fatti commessi dagli studenti succitati, dopo di che avrebbe inizio la discussione. Si propone, analogamente, che costoro vengano esclusi dall’UTC, dall’associazione degli studenti ed espulsi dall’Università. In allegato, il materiale presentato dagli organi competenti che verrà discusso durante l’assemblea.

“Compagni,(...) gli studenti in questione senza aver approfondito le cognizioni teoriche insegnate loro in Facoltà – alcuni non conoscendo neppure l’abc del marxismo – si permettono di lanciare delle teorie revisioniste che non hanno nulla da spartire con l’insegnamento marxista-leninista nello spirito ad esso attribuito dal nostro partito. Come può esser qualificata, ad esempio, la “teoria” propagandata tra gli studenti da Nicolici Ştefan in merito al passaggio con la violenza dal socialismo al comunismo, mediante la mobilitazione generale e inducendo le masse a scendere in strada per protestare? In base alla cosiddetta teoria di Nicolici Ştefan, attraverso gli altoparlanti ubicati negli studentati di Grozaveşti e Regie sarebbe dovuta avvenire una chiamata alla mobilitazione della popolazione, incitandola a scendere in strada per chiedere la realizzazione del comunismo mediante il passaggio dalla proprietà dello Stato – dice lui – a quella dell’intero popolo. Per questo studente, la teoria marxista-leninista secondo la quale socialismo e comunismo sono passaggi dello stesso sistema è da considerarsi obsoleta e costui si ritiene la persona più indicata per spingere il popolo a rivendicare i propri diritti. Secondo Nicolici Ştefan, la direzione del partito e dello Stato nel Paese avrebbe messo a tacere il proprio spirito rivoluzionario, si sarebbe “imborghesita” e, di conseguenza, il mondo studentesco rappresenterebbe l’unico elemento rivoluzionario, a cui spetterebbe il compito, nella fase presente, di prendere misure atte a promuovere il passaggio al comunismo.(...) Per quanto riguarda gli altri studenti della facoltà, essi si sono opposte con determinazione all’attività di Nicolici Stefan e dei compagni di costui, alcuni tra di essi denunciando per iscritto alle autorità accademiche quanto in loro dovere”.

(...) Scheda informativa su Nicolici Stefan Data di nascita: 12 luglio 1941

Padre: Nicolici Dumitru, ingegnere agronomo, senza partito. Madre: (non viene menzionato il nome): casalinga, senza partito. Curriculum degli studi:

anno I: promosso con la media dell’8,28; anno II, sessione di gennaio: filosofia generale: 4”39

Come evidenziato da Annele Ute Gabanyi40, Iliescu era probabilmente il miglior comunicatore presente nei ranghi del PCR e la sua vicinanza – anche anagrafica - alle giovani generazioni lo rendeva un potenziale competitor di Ceauşescu, con il quale i rapporti, fino alla definitiva rottura consumata nel 1987, apparvero complessi e poco sereni. Il solido