Fonte: Legambiente
3.7 Conoscenza e apprendimento
Gli orti urbani di Pontecagnano, con la loro diversità di colture e culture, di esperienze, vissuti e pratiche, rappresentano un terreno di apprendimento parti- colarmente proficuo ed eterogeneo. Intorno agli orti si sono sviluppati interessanti processi di generazione e diffusione di conoscenza che investono diversi campi e
soggetti. In primo luogo, grazie al progetto si è diffuso un patrimonio di saperi e competenze attinenti alle colture e tecniche di coltivazione. Al riguardo, solo una decina sono gli ortolani che avevano già esperienze e conoscenze in agricoltura, gli altri invece si sono fatti una cultura sul campo.
Il progetto ha inoltre mobilitato e sviluppato un patrimonio di conoscenze che riguardano l’ecologia, l’alimentazione e la sostenibilità ambientale, con un im- patto che va ben al di là dei suoi membri:
Gli orti rappresentano anche un importante veicolo di comunicazione, ad esempio nell’attività con le scuole, diversi bambini ritornano con le famiglie a vedere quello che avevano coltivato e così anche gli altri membri della famiglia si avvicinano al biologico, al compostaggio (Intervista n. 15).
Un altro campo di competenze importanti riguarda le conoscenze organiz- zative e gestionali, nonché le capacità relazionali legate alla vita associativa, alla condivisione di una progettualità e di uno spazio comune, all’organizzazione di eventi e manifestazioni aperte al pubblico. Questo patrimonio di conoscenze inte- ressa in maniera estremamente diversificata gli attori, divenendo più importante con la crescita del livello di implicazione e coinvolgimento nel progetto, fino a ma- turare nei soggetti più motivati una crescita del senso civico, della consapevolezza e dell’impegno politico che si esprime anche al di fuori del perimetro del Parco eco-archeologico.
Gli orti sono, inoltre, un terreno fertile per coltivare una serie di conoscen- ze afferenti ai più svariati campi, dalle competenze informatiche del progetto NONNET, alla conoscenza del patrimonio storico e archeologico locale, grazie a delle progettualità specifiche e occasionali che si attivano intorno alla comunità degli ortolani, riconoscendola come un punto di riferimento della società civile locale. I processi di consapevolezza e autodeterminazione innescati grazie agli orti hanno, infine, promosso nei partecipanti una diversa esperienza nella modalità di relazionarsi al proprio territorio che ha investito anche la dimensione affettiva, determinando un diverso sguardo interpretativo nella “struttura dei sentimenti” attraverso cui è vissuto e curato il territorio. Per diversi soggetti si è attivato un vero e proprio percorso di coscientizzazione, in cui i processi di apprendimento innescati sono diventati coscienza critica13.
13 «An important element of this was his concern with conscientization - developing consciousness, but consciousness that is understood to have the power to transform reality» ( Taylor, 1993).
Diversi sono i canali attraverso cui si sviluppano le suddette competenze e conoscenze, un ruolo importante ha la trasmissione orale:
Parla con uno, parla con l’altro, noi veniamo qui tutti i giorni (Intervista n. 16).
Rilevanti sono anche lo scambio materiale di semi, piante, ricette e i proces- si d’imitazione:
Ero completamente a digiuno dell’argomento, in verità prima non conoscevo neppure quest’area, mi ha aiutato e continua ad aiutarmi don Vincenzo che ha fatto per 40 anni lo spazzino, ma ha appreso da suo padre tutti i segreti dell’agricoltura (Intervista n. 20).
Gli ortolani sono anche coinvolti in tentativi di sperimentazione, grazie a cui si elaborano dei processi incrementali che procedono per tentativi ed errori:
La lettura è una cosa e la pratica è un’altra, per la gestione dell’orto serve conoscere tante piccole cose, che si metabolizzano solo quando le fai (Intervista n. 16).
Questi processi di apprendimento sociale e relazionale, che si sviluppano attraverso lo scambio e l’interazione, mobilitano e accrescono un patrimonio di sa- pere tacito («…ciò che si conosce, ma non si esprime perché non si può o sarebbe inutile farlo: possiamo conoscere più di quanto possiamo esprimere…», Polanyi, 1966), contestuale (in quanto ha senso in uno spazio situato) e interpretativo (in quanto legato all’azione).
Questo bagaglio di conoscenze si combina, tuttavia, con un insieme di ap- prendimenti codificati, elaborati a livello individuale, grazie a diverse fonti come le letture specializzate su carta o on-line, oppure ricevuti in modo collettivo, sia in maniera continuativa dal Centro di educazione ambientale presente nel Parco, sia in maniera più puntuale, durante i momenti di formazione organizzati da Legam- biente con il ricorso a esperti o in altre occasioni di scambio con l’esterno.
Abbiamo fatto diversi incontri di formazione con l’AIAB per illustrare i vantaggi del biologico e diffonderne le pratiche e tecniche di coltivazione. Abbiamo fatto anche delle lezioni di compostaggio e ogni settore dell’orto ha una sua compostiera (Inter- vista n. 15).
Il patrimonio di competenze degli ortolani è dunque un capitale incardinato nelle reti di relazioni, diffuso perché socializzato al resto della comunità, che si ar- ricchisce continuamente attraverso dei processi dinamici, frutto di una negoziazio-
ne permanente tra i membri che si manifesta anche in modo conflittuale, giacché i soci sono animati da prospettive e interessi diversi (Vaezi-Nejad, 2008). In parti- colare, all’interno del progetto vi è una tensione tra un’anima innovatrice che pro- muove tecniche e pratiche ecocompatibili e una fazione più tradizionale, refrattaria ad abbandonare i percorsi consueti. In alcuni casi, gioca un ruolo preponderante la questione generazionale, giacché l’età media degli ortolani è piuttosto avanzata:
C’è una certa difficoltà ad accettare che qualcuno giovane possa dare dei consigli validi. Ad esempio abbiamo dimostrato più volte l’utilità di non modificare l’ordine degli strati del terreno, ma ancora non tutti sono convinti di questa cosa e non la applicano, continuando ad usare delle tecniche di vangatura tradizionale. Altri, ad esempio, si ostinano ancora ad irrigare usando l’allagamento o direttamente alla piantina, mentre abbiamo dimostrato che con un impianto a goccia vi è un risparmio di acqua di circa il 75% (Intervista n. 16).
All’inizio c’è stata qualche difficoltà, sono abbastanza ricettivi, ma hanno comunque una certa età (Intervista n. 15).
Tabella 3.2 – L’analisi dell’azione collettiva degli orti urbani di Pontecagnano, i fattori di successo
1) Sistema locale (beni pubblici) 2) Attori coinvolti
• Complessità del sistema territoriale che include ri- sorse naturali, sociali e culturali
• Il progetto risponde ai seguenti bisogni:
• Mancanza di spazi verdi e luoghi di ritrovo pubblici • Fragilità economica con alti tassi di disoccupazione • Salvaguardia del territorio e del paesaggio dalle
minacce dell’urban sprawl • Riconquista di un’identità locale
• Gruppo eterogeneo
• Senso di comunità e strutturazione di una Comunità di pratiche
• Presenza di capitale sociale
• Disponibilità di tempo libero e ricerca di significato per il tempo liberato dal lavoro
• Ricerca di occasioni di svago e di socializzazione
3) Organizzazione istituzionale 4) Politiche e sostegno esterno
• Sistema efficace di regole definite dall’interno con ruoli semplici, un sistema di autocontrollo/controllo e presenza di sanzioni
• Ruolo di Legambiente come facilitatore
• Forte riconoscimento esterno per la rilevanza che i mass media hanno dato al progetto (principalmente grazie alla rete attivata da Legambiente)
Tabella 3.3 – L’analisi dell’azione collettiva degli orti urbani di Pontecagnano, le principali barriere
Costi progetto e costi
di transazione
Mancanza di sostegno da parte delle istituzioni. Il progetto è praticamente autofinanziato, ha ricevuto un finanziamento iniziale di 10 milioni di vecchie lire, deciso dal Comune com- missariato, usato per riscattare i pozzi e acquistare il materiale relativo alla recinzione dei primi 10 orti. Il progetto si autofinanzia con piccoli trasferimenti di Legambiente, proventi delle feste, autotassazione, lavoro volontario e piccole sponsorizzazioni puntuali legate a singoli eventi.
Comportamenti opportunistici
Non tutti gli assegnatari degli orti partecipano con lo stesso impegno alla manutenzione degli spazi comuni.
Altro
Due dei punti più critici della gestione degli orti sono: la scarsità delle risorse idriche e i continui furti.
La scarsità delle risorse idriche impedisce di estendere il numero di orti, nonostante le numerose richieste e la disponibilità di terreno.
Vi è una presenza ricorrente dei furti, che hanno interessato ad esempio gli attrezzi, il trat- tore, le caprette nane, l’attrezzatura del forno. La mancanza di sicurezza pone un limite evidente agli investimenti che potrebbero migliorare la produttività degli orti, i servizi offerti dal parco, la disponibilità di attrezzature per gli ortolani e i fruitori dell’area.
Vista da un’altra prospettiva, la forte presenza degli anziani rappresenta un elemento di ricchezza per il progetto, giacché consente il recupero e la valorizza- zione di competenze e produzioni locali, facendo degli orti uno strumento di tra- smissione anche a livello intergenerazionale.
La comunità degli ortolani, in definitiva, dà vita a una vera e propria comu- nità di pratiche (community of practice), secondo la nozione proposta da Wenger (1998), giacché l’insieme dei soci definisce dei processi di apprendimento sociale frutto di un impegno reciproco, che si sviluppa in virtù di un interesse comune e in un contesto ben definito, strutturandosi intorno a delle pratiche, che costituiscono un repertorio collettivo in una cornice di significati condivisi.
Il bagaglio di conoscenze e competenze maturato dalla comunità degli or- tolani rappresenta, pertanto, una memoria socio-ecologica locale, che gioca un ruolo essenziale nella gestione sostenibile degli ecosistemi (Barthel et al., 2010).