• Non ci sono risultati.

I fattori che influenzano l’approccio collettivo alla gestione dei pascol

Fonte: Legambiente

4.6 I fattori che influenzano l’approccio collettivo alla gestione dei pascol

L’approccio collettivo che nell’alta Val d’Ayas − così come in tutta la Valle d’Aosta − è alla base dell’utilizzazione delle foraggere e della gestione delle man-

drie consente di mantenere vivo e vitale il tradizionale sistema di allevamento del bestiame: e questo, in generale, viene ritenuto una assoluta priorità in considera- zione dei benefici che ne derivano per la popolazione e per l’ambiente (tabella 4.5). Tabella 4.5 – L’analisi dell’azione collettiva nella gestione dei pascoli in Alta Val d’Ayas, i fattori di successo

1) Sistema locale (beni pubblici) 2) Attori coinvolti

• Grande disponibilità di prati permanenti e di pa- scoli alpini

• Agrotecnica estensiva e allevamento bovino da latte

• Necessità di trasferire il bestiame tra le aziende

• Rete complessa di differenti attori locali (alleva- tori, proprietari degli alpeggi, trasformatori del latte, etc.)

• I proprietari (privati e Comuni) consentono agli allevatori di utilizzare i propri pascoli

3) Organizzazione istituzionale 4) Politiche e sostegno esterno

• Affitto dei pascoli

• Specifici accordi e compensi per il bestiame tra- sferito da un’azienda a un’altra

• Contratto fieno-letame

• Programma di sviluppo rurale della Valle d’Aosta (misure a supporto di foraggicoltura, alpicoltura e agricoltura biologica)

• Sostegno garantito dall’amministrazione regio- nale

Le modalità estensive di allevamento adottate sono diretta conseguenza dell’ampia disponibilità di pascoli in quota, mentre i soli foraggi freschi ed essic- cati ottenuti nei fondovalle non consentirebbero il mantenimento per tutto l’anno dell’intera popolazione bovina e ovi-caprina presente in loco. Inoltre, la gestione sostenibile delle praterie naturali alpine dipende dalla complessa rete di relazioni (cfr. par. 4.4) in essere tra diverse figure di attori quali sono gli allevatori, i pos- sessori delle malghe (non solo privati cittadini, ma anche Comuni), gli acquirenti e trasformatori del latte vaccino e ovi-caprino e, non ultimi, l’amministrazione re- gionale e gli altri enti locali.

Gli accordi che intercorrono tra i suddetti attori sono numerosi e assai diver- sificati (cfr. par. 4.1); essi riguardano non soltanto il titolo di conduzione (proprietà e comproprietà, affitto, comodato) delle superfici foraggere, ma anche le modalità in base alle quali vengono trasferiti i capi di bestiame da un’azienda all’altra durante la stagione dell’alpeggio. In aggiunta a quanto già detto, si noti che l’integrazione tra le aziende zootecniche e quelle dedite esclusivamente alla foraggicoltura viene incentivata anche attraverso specifiche forme contrattuali − formulate allo scopo di favorire il mantenimento del tradizionale sistema zootecnico − qual è, ad esem- pio, il cosiddetto “contratto fieno-letame” che prevede che le prime acquisiscano i

foraggi prodotti dalle aziende foraggicole, che a loro volta mettono a disposizione i prati per lo spandimento dei liquami e delle deiezioni prodotte dal bestiame.

Le politiche e il sostegno pubblico accordato agli allevatori e ai conduttori degli alpeggi sono senz’altro annoverabili tra i fattori di successo dell’approccio collettivo all’utilizzazione dei pascoli: infatti, sebbene l’interazione tra gli attori prima richiamati sorga spontaneamente, l’intervento del governo regionale è per- cepito quale conditio sine qua non per la conservazione del tradizionale sistema zootecnico.

L’amministrazione regionale sostiene gli allevatori attraverso specifici in- terventi attingendo sia al proprio budget, sia al cofinanziamento europeo, segnata- mente attraverso le misure pertinenti la foraggicoltura, l’alpicoltura e l’agricoltura biologica del Programma di sviluppo rurale (cfr. par. 4.2). Oltre che promuovere le pregiate produzioni lattiero-casearie che sono alla base dell’economia agricola locale, l’intervento pubblico persegue lo scopo di assicurare alla collettività la for- nitura di importanti servizi ambientali associati alla gestione dei prati e dei pascoli, quali la salvaguardia della biodiversità vegetale e della funzionalità del suolo e la conservazione del paesaggio alpino.

Naturalmente accanto ai fattori di successo sopra richiamati sussistono di- verse criticità, emerse con estrema chiarezza dalle interviste (cfr. par. 4.5), che sono di ostacolo alla tradizionale gestione dei pascoli e delle mandrie (tabella 4.6). Innanzitutto, giova ribadire che, alla luce dell’estrema parcellizzazione della pro- prietà fondiaria, per assicurarsi la disponibilità di pascoli sufficienti per l’alimenta- zione del bestiame i conduttori degli alpeggi debbono stipulare molteplici contratti di affitto con diversi proprietari e questo risulta sovente oneroso per gli allevatori. Tabella 4.6 – L’analisi dell’azione collettiva nella gestione dei pascoli in Alta Val d’Ayas, le principali barriere

Costi progetto e costi di transazione

La forte parcellizzazione dei fondi costringe gli allevatori-conduttori degli alpeggi a sottoscrivere un elevato numero di contratti di affitto per garan- tirsi la disponibilità delle superfici foraggere.

Comportamenti opportunistici

Tendenza da parte delle aziende a sottoutilizzare le superfici foraggere più difficilmente accessibili o più lontane dal centro aziendale.

Le aziende che riescono a disporre di sufficienti superfici a prato e a pasco- lo nei fondovalle tendono a non trasferire più i capi di bestiame in alpeggio nei mesi estivi e a destagionalizzare i parti.

Si evidenziano, inoltre, comportamenti opportunistici da parte delle aziende d’alpeggio che tendono, a volte, a sottoutilizzare i pascoli più difficilmente acces- sibili e più lontani dal centro aziendale, con conseguenze negative sulla compo- sizione floristica e tendenza alla trasformazione dei pascoli in arbusteto e in lan- da. Accade pure che le aziende zootecniche che riescono a disporre di sufficienti superfici prative nei fondovalle tendano a non trasferire più i capi negli alpeggi e a destagionalizzare i parti delle bovine per garantirsi una produzione costante di latte durante tutto l’anno.

Quanto ora detto rende evidente come le motivazioni alla base del compor- tamento degli allevatori siano innanzitutto economiche: essi tendono quanto più possibile a valorizzare le produzioni lattiero-casearie e a incrementare la redditi- vità del proprio lavoro (tabella 4.7). Gli agricoltori interpellati, infatti, denunciano il forte disequilibrio tra lavoro investito e ricavi ottenuti e, a fronte di un importante investimento in termini di ore di lavoro e dell’aumento del costo dei fattori produt- tivi, lamentano il mancato adeguamento dei prezzi dei prodotti.

Tabella 4.7 – Motivazioni e attitudini degli agricoltori

Economiche

L’esigenza di incrementare il reddito aziendale fa sì che gli allevatori facciano quanto pos- sibile per contenere i costi di produzione e per valorizzare le produzioni lattiero-casearie. La necessità di alimentare le vacche con fieni prodotti localmente (cfr. disciplinare Fontina DOP) fa sì che gli allevatori utilizzino le superfici foraggere disponibili anche alle quote più elevate.

La necessità di integrare l’offerta turistica con prodotti tipici dell’eno-gastronomia locale resi disponibili dall’attività agro-zootecnica.

Sociali Mantenere vive e vitali le tradizioni locali.

Ambientali

Per sfalciare e affienare i foraggi nei fondovalle è necessario che il bestiame in estate venga trasferito negli alpeggi.

Gli agricoltori sono consapevoli delle esternalità positive − in termini ambientali e paesag- gistici − derivanti dal loro lavoro.

Lo sfruttamento delle superfici foraggere costituisce, naturalmente, un’e- sigenza imprescindibile per gli allevatori, in quanto il disciplinare di produzione della DOP Fontina impone che le lattifere siano alimentate con foraggi locali; si è già notato, inoltre, che il trasferimento del bestiame in alpeggio durante i mesi estivi agevola lo sfalcio e l’essiccazione dei fieni nei fondovalle al fine di ricostituire le scorte di foraggio invernali.

È altresì indubbio che gli agricoltori intervistati nel corso dell’indagine mani- festino una forte consapevolezza delle esternalità positive − in termini ambientali e paesaggistici − derivanti dal loro lavoro e, in alcuni casi, proprio la cura del terri- torio figura tra le motivazioni determinanti la scelta di avviare l’attività zootecnica o di non dismettere la conduzione dell’allevamento. Laddove vi è la presenza di un forte legame tra agricoltore e territorio, la volontà di mantenere in buono stato le proprietà e di prendersi cura di un territorio appartenuto alle precedenti genera- zioni sembra essere la motivazione fondante la decisione di rimanere nel settore agricolo, prescindendo anche da valutazioni più strettamente economiche. Questa forte motivazione viene affievolita laddove, invece, il legame tra l’agricoltore e il territorio è meno sentito e, di conseguenza, il criterio di scelta preponderante ri- mane la redditività del lavoro.