• Non ci sono risultati.

Politiche per l’agricoltura urbana

Fonte: Legambiente

3.9 Politiche per l’agricoltura urbana

Considerare l’esperienza del Parco eco-archeologico come un vero e pro- prio processo di sviluppo locale virtuoso perché strutturato su una coscienza di luogo richiama in causa il ruolo della politica e del governo del territorio.

Sebbene il progetto sia nato da un’azione collettiva dal basso, come spesso accade nelle esperienze di agricoltura urbana, tuttavia la politica gioca un ruo- lo importante nell’ostacolarne/limitarne nel tempo e nello spazio gli impatti o, al

16 «Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico definirà un nonluogo» (Augé, 2008).

contrario, può attivarsi per esaltarne il valore e l’importanza. Un intervento politico più incisivo in tal senso sarebbe auspicabile a diversi livelli.

A livello locale la legittimazione dell’esperienza del Parco eco-archeologico da parte delle istituzioni e la sua inclusione non solo nella pianificazione urba- na e territoriale, ma anche nelle politiche socioeconomiche, potrebbe ampliare la portata strategica di questo progetto, dispiegandone le valenze multiple come strumento di gestione dello spazio pubblico in grado di assicurare congiuntamente un’offerta di servizi agro-ambientali, di prossimità, d’inclusione sociale, di salva- guardia dell’identità locale e via dicendo.

Limitandoci alla pianificazione urbana, gli strumenti di policy che hanno un ruolo cruciale sono, in primis, quelli legati alla disponibilità dei fattori produttivi principali: garantire l’accesso alla terra e all’acqua rappresenta un elemento indi- spensabile per favorire la nascita e lo sviluppo dell’agricoltura urbana e periurba- na. Nella pratica esistono svariati strumenti e modalità da attivare a tal fine, come il comodato d’uso di suolo pubblico o privato, l’affidamento in gestione di spazi verdi ai privati o ad associazioni, etc. Nel caso specifico di Pontecagnano, come già evidenziato, non è tanto l‘accesso alla terra, ma è l’accesso alle risorse idriche che rappresenta un punto critico e un fattore di ostacolo ad uno sviluppo ulteriore degli orti.

Le politiche locali possono inoltre supportare le capacità delle associazioni e dei singoli agricoltori nell’organizzazione degli orti, nello sviluppo delle cono- scenze tecniche e commerciali necessarie, nella gestione e nel finanziamento dei progetti di agricoltura urbana e nell’indirizzare la gestione verso delle pratiche ecologicamente e socialmente sostenibili. Anche su questi aspetti ci sono diversi interventi di policy a disposizione e la loro efficacia risulta tanto maggiore quanto più gli strumenti messi in campo sviluppano delle sinergie con le altre politiche locali e coi diversi attori pubblici e privati. In questo senso è molto importante dare visibilità alle esperienze di agricoltura urbana e stimolare la partecipazione degli attori coinvolti ai processi decisionali, non solo negli ambiti strettamente legati alla pianificazione territoriale. Il coinvolgimento andrebbe promosso anche in tutte le altre sedi decisionali che, in modo diretto o indiretto, influenzano e sono influen- zate dalle pratiche di agricoltura urbana.

L’ingerenza della politica non è intesa in modo direttivo, come svilimento del potere definitorio della collettività locale da cui si è originata l’esperienza degli orti, ma come supporto e garanzia all’autogoverno del territorio, come facilitazio- ne e potenziamento della democrazia e dei processi nati dal basso.

Tabella 3.4 - Politiche e governance del progetto

POLITICHE

Aspetti negativi e minacce Assenza di sostegno da parte delle politiche.

Esclusione dei Poli urbani dal campo di applicazione dell’Asse III del PSR.

Aspetti positivi e opportunità

Finanziamenti del bando per la promozione di orti sociali (POR FSE 2007-2013, Asse III).

Possibilità di rinforzare la dimensione territoriale nella programmazione dei fondi europei (FESR-Fondo europeo di sviluppo regionale, FSE-Fondo sociale europeo e FEASR-Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) per il periodo 2014-2020.

GOVERNANCE TERRITORIALE

Aspetti negativi e minacce

Il progetto degli orti urbani si è sviluppato con un sostegno pubblico minimo e co- munque giudicato come insufficiente (e non solo in termini finanziari), sia rispetto alle singole iniziative, che al progetto complessivo. La mancanza di riconosci- mento e di appoggio da parte delle istituzioni locali non consente di dispiegare al massimo le ricadute del progetto per la comunità locale.

La scarsità delle risorse idriche impedisce di estendere il numero di orti, nono- stante le numerose richieste e la disponibilità di terreno.

L’intervento pubblico non assicura la sicurezza dell’area mediante un sistema adeguato di recinzioni e di vigilanza in grado di arginare la presenza ricorrente dei furti.

La logica attraverso cui questi interventi dovrebbero agire, si ribadisce, non è una logica settoriale, ma piuttosto integrata, che riflette il vasto raggio d’azione dell’agricoltura urbana che va, solo per citare qualche campo, dal welfare (Caggia- no, 2010) all’educazione (Caggiano, 2009). Nel caso di Pontecagnano, ad esempio, sarebbe importante mettere in campo degli strumenti utili a migliorare la sicurez- za dell’area in grado di evitare i continui furti nel Parco eco-archeologico.

La prospettiva attraverso cui affrontare le politiche per l’agricoltura urbana si confronta, inoltre, con la perdita di significato della classica dicotomia campa- gna città, concetti che di fronte alle crescenti e diversificate dinamiche di urba- nizzazione della campagna e ruralizzazione della città non sono più in grado di descrivere e riscoprire il senso dei luoghi (Pascale, 2009).

L‘integrazione del rapporto tra campagna e città, diversamente declinato come “rurbanizzazione” (Bauer e Roux, 1976), città campagna (Donadieu e Fleury, 2003), città emergente che integra campagna e natura (Dubois e Chalas, 1997), urban-rural partnerships (OECD, 2013), muove la ricerca di nuove categorie sim-

boliche e operative attraverso cui gestire in modo organico, né conflittuale, né funzionale, il territorio. Questa sfida è stata colta dagli approcci emergenti nella pianificazione territoriale, come l’agriurbanisme (Vidal e Fleury, 2009) e l’agricul- tural urbanism/urbanisme agricole (Boucher, 2009), e in parte dai nuovi strumenti, come il Parco agricolo o la Progettazione integrata territoriale. La zonizzazione proposta nell’attuazione della Politica agricola comune (PAC) per i trascorsi perio- di di programmazione non rispetta invece quest’esigenza d‘integrazione.

Allo stato attuale non risulta ancora chiaro il ruolo che l’agricoltura urbana avrà nella nuova PAC 2014-2020, né quali siano le problematiche e le opportunità riservatele dalla sua implementazione da parte delle diverse autorità di gestione. Sebbene l’integrazione dei fondi strutturali (FESR-Fondo europeo di sviluppo re- gionale, FSE-Fondo sociale europeo e FEASR-Fondo europeo agricolo per lo svi- luppo rurale) in un quadro strategico comune e la presenza di un orientamento e di strumenti (come gli Investimenti territoriali integrati in aree urbane) favorevoli alla promozione di un approccio allo sviluppo territoriale rappresentino certamen- te un passo cruciale per l’attuazione di interventi idonei a valorizzare e sviluppare l’agricoltura urbana.

Riferimenti bibliografici

Alaimo, K., Packnett, E., Miles., R.A. and D.J. Kruger (2008) Fruit and vegetable intake among urban community gardeners. J Nutr Educ Behav., 40:94-101. Ascher, F. (2008) Les nouveaux compromis urbains: lexique de la ville plurielle. Ed.

de l’Aube, La Tour d’Aigues.

Augé, M. (2008) Nonluoghi, introduzione a una antropologia della surmodernità. Eutherpa, Milano.

Barthel, S., Folke, C. and J. Colding (2010) Social-ecological memory in urban gardens: retaining the capacity for management of ecosystem services. Global Environmental Change 20(2):255-265.

Bauer, G. and G.M. Roux (1976) La rurbanisation ou la ville éparpillée. Seuil, Paris. Bauman Z. (2001) Community. Seeking Safety in an Insecure World. Trad. it.: Voglia

di comunità, Ed. Laterza, Bari.

Byberg L., Melhus H., Gedeborg R., Sundström J., Ahlbom A., Zethelius B., Berglund L.G., Wolk A. and K. Michaëlsson (2009) Total mortality after changes in leisure time physical activity in 50 year old men: 35 year follow- up of population based cohort. BMJ, 338:b688. doi: 0.1136/bmj.b688. Boucher, I. (2009) D’agriculture urbaine à urbanisme agricole: une participation

au développement durable, une contribution à la production alimentaire. Affaires municipales, régions et occupation du territoire, Document de veille- MAMROT, Québec.

Caggiano, M. (2009) Tutti giù per terra: verso un’ecologia della mente, in Giarè F. (a cura di), Mondi agricoli e rurali. Proposte di riflessione sui cambiamenti sociali e culturali, INEA, Roma.

Caggiano, M. (2010) Esperienze di welfare partecipato e rigenerativo nelle aree rurali, Proceedings of the 3th ESPAnet Italia, 30 settembre − 2 ottobre, Napoli. Dematteis, G. (1985) Le metafore della Terra. La geografia umana tra mito e

scienza. Feltrinelli, Milano.

Donadieu, P. (1998) Campagnes urbaines. Arles Actes Sud/ENSP.

Donadieu, P. and A. Fleury (2003) La construction contemporaine de la ville- campagne. Revue de géographie alpine, 91 (4): 19-28.

Dubois-Taine, G. and Y. Chalas (1997) La ville émergente. L’Aube, Paris.

Foster, S. (2011) Collective action and the urban commons. Notre Dame Law Review, 87.

Hartig, T. and C. Cooper-Marcus (2006) Healing gardens−places for nature in healthcare. Lancet 368: 536–537.

Hine, R. (2008) Care farming: bringing together agriculture and health. ECOS 29 (2): 42-51

Hirschman, A.O. (1958) The strategy of economic development. Yale University Press, New Haven; trad. it. La strategia dello sviluppo economico, La Nuova Italia, Firenze 1968.

Ingersoll, R. (2004) Sprawltown. Meltemi, Roma.

Kaplan, R. and S. Kaplan (1989) The experience of nature: a psychological perspective. Cambridge University Press, New York.

Litt J.S., Soobader, M.J., Turbin, M.S., Hale J.W, Buchenau M. and J.A. Marshall (2011) The Influence of social involvement, neighborhood aesthetics, and community garden participation on fruit and vegetable consumption. Am J Public Health 101 (8):1466-73. doi: 10.2105/AJPH.2010.300111.

LPR Marketing (2013) Gli Italiani e l’agricoltura, III rapporto. LPR, Fondazione Univerde, Coldiretti.

Luginbühl, Y. (2001) La demande sociale de paysage. Rapport pour le Conseil National du Paysage, Ministère de l’Aménagement du Territoire et de l’Environnement.

Magnaghi, A. (2007) Il territorio come soggetto di sviluppo delle società locali. Etica ed economia, vol. IX, 1/2007.

Magnaghi, A. (2010) Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo. Bollati Boringhieri, Torino.

Mind reports (2007) Ecotherapy: the green agenda for mental health. Mind week report. Mind, London.

OECD (2013) Rural-urban partnerships: an integrated approach to economic development. OECD Publishing, Paris.

Pascale, A. (2009) Coi concetti di urbano e rurale non si riscopre il senso del luogo. Agriregionieuropa, n. 18, settembre.

Polanyi, M. (1966) The tacit dimension. Routledge University of Chicago Press, London.

Pretty, J. (2004) How nature contributes to mental and physical health. Spirituality and Health International 5(2): 68-78.

Pretty, J., Peacock, J., Sellens M. and M. Griffin (2005) The mental and physical outcomes of green exercise. International journal of Environmental Health Research 15(5): 319-337.

Pretty, J., Peacock, J., Hine R., Sellens, M. South N. and M. Griffin (2007) Green exercise in the UK countryside: effects on health and physiological well-

being, and implications for policy planning. Journal of Environmental Planning and Management 50(2): 211-231.

Rao, V. (2005) Symbolic public goods and the coordination of collective action: a comparison of local development in India and Indonesia. Policy Research Working Paper Series 3685, The World Bank.

Taylor, P. (1993) The Texts of Paulo Freire. Open University Press, Buckingham. Vaezi-Nejad, S. (2008) De la socialisation des connaissances à l’émergence du

sens commun dans une communauté scientifique et technique. Sciences de la société 75: 69-83.

Van Veenhuizen, R. (Ed) (2006) Cities farming for the future, urban agriculture for green and productive cities. IIRR/RUAF/IDRC.

Vidal R. and A. Fleury (2009) Aménager les relations entre la ville et l’agriculture, de nouveaux enjeux territoriaux et une nouvelle approche «agriurbaniste». Revue Urbia n. 8, pp. 127-142, Institut de Géographie de Lausanne.

Wenger, E. (1998) Communities of practice: learning, meaning and identity. University Press, Cambridge.

D’AYAS

4.1 Inquadramento generale

Gli obiettivi dello studio e i metodi dell’indagine

Oggetto di analisi nel presente capitolo è l’approccio collettivo caratterizzan- te il tradizionale sistema di sfruttamento dei prati e dei pascoli alpini e di gestione degli animali in produzione zootecnica nell’alta Val d’Ayas (Valle d’Aosta) che, ol- tre ad essere di fondamentale supporto alle tipiche produzioni lattiero-casearie, assicura la fornitura di preziosi beni e servizi pubblici, specialmente a carattere ambientale, all’intera comunità locale e ai turisti.

Dalle informazioni contenute nel database amministrativo della Regione Autonoma Valle d’Aosta (RAVA) si rilevano la disponibilità foraggera e il movimento stagionale dei capi di bestiame, mentre il complesso sistema di relazioni che in- tercorre tra allevatori e proprietari dei terreni (land-owners privati ed enti pubbli- ci) emerge dall’indagine di campo condotta a mezzo di interviste semi-strutturate rivolte ad allevatori, rappresentanti degli agricoltori, amministratori e professio- nisti che esercitano la loro attività nel locale settore agro-zootecnico. Essi sono interpellati allo scopo di reperire, innanzitutto, notizie in merito alla gestione dei pascoli e degli animali in produzione zootecnica; dalle interviste emergono, poi, le motivazioni, le percezioni e i meccanismi di apprendimento che sono alla base delle interazioni tra i diversi soggetti nonché le specifiche valutazioni in merito alla qualità dell’intervento pubblico a sostegno del sistema agro-pastorale e le neces- sità attuabili nella prossima programmazione delle politiche di sviluppo rurale.

Attraverso lo studio ci si propone, infatti, di mostrare la validità dell’approc- cio alla gestione delle risorse foraggere e delle mandrie in Val d’Ayas − e, più in

generale, nella regione alpina − evidenziando le criticità e le problematiche che in- contrano gli allevatori e i conduttori degli alpeggi. Dall’indagine emergono, infine, considerazioni circa gli effetti sortiti dagli interventi di politica agricola sul sistema agro-pastorale locale e le esigenze sviluppabili nella ri-programmazione rurale per il periodo 2014-2020.

Il contesto territoriale

Sebbene il complesso sistema di relazioni finalizzato allo sfruttamento delle superfici foraggere che intercorre tra allevatori di bestiame, proprietari dei prati e dei pascoli alpini e che prevede lo scambio interaziendale dei capi di bestiame du- rante la stagione estiva sia tradizionalmente diffuso nell’intero territorio della Val- le d’Aosta, come già detto, l’attenzione è qui focalizzata su quanto accade nell’alta valle percorsa dal torrente Evançon, tributario di sinistra della Dora Baltea; vale a dire, della Val d’Ayas e, segnatamente, del territorio (circa 185 km2) dei comuni di Brusson e di Ayas1, entrambi facenti parte della Comunità Montana Evançon (figura 4.1).

Figura 4.1 - Alta Val d’Ayas

 

1 Ayas è in realtà un comune sparso al quale non corrisponde un abitato specifico; è meglio noto con il nome delle varie località che lo compongono: Antagnod (sede del municipio), Champoluc, Cunéaz, Frachey, Lignod, Periasc, Pilaz, Saint-Jacques.

La popolazione residente ammonta a 2.230 abitanti (densità: 12 abitanti/ km2) e l’altitudine media è assai elevata: 1.332 m s.l.m. per il comune di Brusson, 1.699 m s.l.m. per quello di Ayas. Dal turismo sia estivo che invernale proviene il contributo prevalente all’economia locale legata, dunque, in special modo ai pro- venti derivanti dagli esercizi commerciali (alberghi, ristoranti, bar, negozi, rifugi, etc.) e di altre attività del settore terziario. Le attività artigianali e agricole rivesto- no una grande importanza per il contributo da esse fornito nell’integrare e com- pletare l’offerta turistica del territorio.

L’allevamento bovino e ovi-caprino costituisce l’attività agricola di gran lun- ga più importante, fondata sullo sfalcio e sul pascolamento dei prati e dei pasco- li. Attraverso il Sistema informativo agricolo regionale (SIAR) si desume che in quest’area la Superficie agricola utilizzata (SAU) destinata alle coltivazioni forag- gere permanenti assomma a circa 3.840 ettari, oltre l’80% dei quali sono relativi agli alpeggi2, mentre una quota significativamente più contenuta riguarda i fondo- valle e i mayen3 (tabella 4.1).

Tabella 4.1 - Alta Val d‘Ayas (AO): aziende e superfici foraggere di fondovalle,

mayen e alpeggio

Media triennio 2009-2011 Totale

Fondovalle Mayen Alpeggio

SAU totale (ha) 517,09 184,44 3.134,49 3.836,02

Aziende (n°) 58 20 42 120

Tramuti (n°) - 19 108 127

Fonte: SIAR Regione Autonoma Valle d’Aosta

Il latte bovino viene destinato alla trasformazione in Fontina DOP, in Fro- madzo DOP e in diversi pregiati Prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) la cui qualità è strettamente legata all’impiego − ai fini dell’alimentazione del bestiame − dei foraggi verdi ed essiccati di produzione locale.

2 Si definisce alpeggio l’insieme dei fabbricati e delle superfici prevalentemente sfruttate a pascolo siti in zona di montagna (a una quota variabile tra 1.400 e 2.800 m s.l.m.) che garantiscano il man- tenimento del bestiame in estate per un periodo medio di 100 giorni. In alta Val d’Ayas gli alpeggi sono gestiti da una quarantina di aziende zootecniche strutturate in oltre 100 tramuti; l’azienda di alpeggio è costituita da estese superfici a pascolo e da incolti produttivi (è concesso lo sfalcio al massimo sull’8% della superficie).

3 Si definisce mayen l’insieme dei fabbricati e delle superfici sfalciate e pascolate siti in zona di media montagna (indicativamente, a 1.000-1.700 m s.l.m.) che garantiscano il mantenimento del bestiame per un periodo medio di 50 giorni.

Il latte prodotto in alta Val d’Ayas viene pressoché integralmente4 valoriz- zato dalla cooperativa Fromagerie Haut Val d’Ayas che riunisce una cinquantina di soci conferitori, di cui 40 aziende zootecniche operative in loco per tutto l’anno più una decina di aziende d’alpeggio (aventi sede legale in altri comuni della Valle d’Aosta) che monticano il bestiame da metà giugno a fine settembre.

La Fromagerie (con sede in Brusson) si occupa della raccolta e della tra- sformazione del latte vaccino e caprino (circa 21.000 quintali all’anno, l’80% dei quali è destinato alla produzione di Fontina DOP). Il caseificio (ivi compresi i mac- chinari e le attrezzature di base) è di proprietà della RAVA e gestito dalla coopera- tiva, mentre l’annesso punto vendita appartiene alla cooperativa stessa.

È importante sottolineare che oltre l’80% del latte è ottenuto conforme- mente ai disciplinari dell’agricoltura biologica, consentendo di valorizzare ulte- riormente la Fontina sotto il profilo della commercializzazione. Le produzioni della Fromagerie sono destinate – oltre che ai consumatori locali attraverso la vendita diretta – al mercato regionale, nazionale ed estero.

La gestione dei pascoli e dei capi di bestiame risulta piuttosto complessa stante la notevole parcellizzazione dei fondi e le differenti caratteristiche organiz- zative che distinguono le aziende zootecniche di fondovalle e di mayen da quelle di alpeggio. Così come in tutta la Valle d’Aosta, anche nel territorio in esame la maglia poderale risulta estremamente frammentata, e ciò è sovente di ostacolo a una gestione efficiente dei coltivi da parte delle aziende agro-zootecniche5. Se si escludono particolari forme di comodato ancora talvolta basate su accordi verbali, l’affitto è di gran lunga il più diffuso titolo di conduzione dei fondi agricoli6.

Dalla tabella 4.2 si evince che la superficie interessata da prati e pascoli in alta Val d’Ayas è per la quasi totalità (95,3%) a disposizione di privati proprietari, mentre solo il 4,7% risulta di proprietà di enti: segnatamente, si tratta di alpeggi appartenenti al Comune di Ayas che sono resi disponibili agli allevatori sulla base di una pubblica offerta, con contratti di affitto di durata quinquennale. Pur sussi-

4 Pochi allevatori locali trasformano direttamente nella propria azienda il latte prodotto.

5 Accade spesso che al fine di disporre di superfici foraggere in misura sufficiente per la conduzione degli allevamenti le imprese zootecniche debbano sottoscrivere annualmente decine di contratti di affitto con differenti proprietari. Allo scopo di rendere più agevole e meno onerosa la conduzione dei fondi, molto diffusa è, inoltre, la pratica di scambiare gli appezzamenti attraverso specifici accordi tra proprietari.

6 Secondo i dati del censimento 2011 dell’agricoltura italiana in Valle d’Aosta l’81% della SAU (circa 44.800 ettari su 55.400 ettari) è condotta in affitto dagli agricoltori, mentre una parte esigua (poco più di 9.100 ettari, pari al 16,5% della SAU) è di proprietà degli agricoltori stessi e una restante quota (1.400 ettari, pari al 2,5% del totale) è detenuta in comodato.

stendo lievi differenze a seconda della quota alla quale sono localizzate le superfici foraggere, dalle informazioni riferite nella tabella risulta chiaramente che quasi l’84% delle stesse (poco meno di 3.600 ettari) è reso disponibile agli agricoltori attraverso contratti di affitto.

Tabella 4.2 - Alta Val d’Ayas (AO): titolo di possesso delle superfici foraggere di fondovalle, mayen e alpeggio (anno 2011)

Alpeggio Mayen Fondovalle Totale

ha % ha % ha % ha %

SAU foraggera a disposizione

di privati 3.028,81 95,2 363,31 89,1 695,84 99,5 4.087,95 95,3

di cui:

SAU foraggera di proprietà 293,36 9,2 59,57 14,6 156,98 22,5 509,91 11,9

SAU foraggera in affitto 2.735,44 86,0 303,74 74,5 538,86 77,1 3.578,04 83,4

SAU foraggera di proprietà

di enti 152,29 4,8 44,37 10,9 3,24 0,5 199,90 4,7

SAU foraggera totale 3.181,10 100,0 407,67 100,0 699,08 100,0 4.287,85 100,0

Fonte: SIAR Regione Autonoma Valle d’Aosta

Per quanto concerne l’articolata gestione del bestiame cui si è fatto cenno poc’anzi, essa è funzionale all’utilizzazione dei pascoli d’alpe durante l’estate e, al contempo, all’affienamento dei prati e dei prati-pascoli nei fondovalle e nei mayen al fine di costituire le scorte di foraggio per l’inverno. È bene evidenziare che, a diffe- renza di quanto accade in altre aree alpine, dove lo sfruttamento dei pascoli in quota è effettuato da allevatori proprietari del bestiame (“malgari”), in Valle d’Aosta questo si realizza prevalentemente attraverso lo spostamento dei capi da un allevamento all’altro: quello di fondovalle in veste di cedente, quello di alpeggio come destinatario.

Il numero di capi che ogni estate vengono trasferiti negli alpeggi dell’alta Val d’Ayas assomma a 2.980 bovini (di cui circa la metà sono vacche) e a circa 300 ovi-caprini (tabella 4.3). Il fenomeno della fida (o affitto estivo del bestiame) inte- ressa circa un terzo dei bovini e poco più di un quarto degli ovi-caprini. Gran parte dei capi monticati appartiene agli allevamenti siti nei comuni di Brusson e Ayas ma, come già evidenziato, non mancano aziende aventi sede nella valle centrale percorsa dalla Dora Baltea (per esempio, a Pont-Saint-Martin) che danno in fida i propri capi ad allevatori del posto oppure li trasferiscono nei propri alpeggi.