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Fonte: Comprensorio di Bonifica Media Valle del Serchio

2.7 Governance territoriale e politiche

Fattori di successo e barriere

I rappresentanti istituzionali intervistati hanno evidenziato come uno dei principali fattori di successo del progetto Custodia del Territorio sia la sua sempli-

cità: sia per quanto riguarda l’ideazione, sia per quanto riguarda la sua applicazio- ne pratica. Il rapporto diretto tra l’ente gestore e gli agricoltori custodi, basato su fiducia reciproca e volontà a cooperare nel progetto, ha facilitato la stipula di una convenzione molto semplice, che presenta pochi passaggi burocratici e procedu- rali. Questa semplicità è stata evidenziata soprattutto in relazione alle procedure, definite «macchinose e rigide», dei PSR, che come descritto in precedenza richie- dono un bagaglio conoscitivo e un peso burocratico che in molti casi disincentivano l’adesione da parte dell’agricoltore. Al contrario, il rapporto diretto e poco “buro- cratizzato” tra ente gestore e agricoltori sperimentato nel progetto Custodia ha certamente facilitato l’adesione, favorendo inoltre la tempestività degli interventi e l’efficacia degli stessi.

Il peso amministrativo del progetto è sostanzialmente legato alla frammen- tazione fondiaria, che secondo gli intervistati rallenta enormemente l’azione sul territorio, soprattutto per le prassi e le procedure burocratiche collegate alle pos- sibilità di intervento (spesso sono necessarie ordinanze e varie autorizzazioni).

Un altro dei principali punti di forza, secondo gli agricoltori, consiste nel valorizzare le azioni di monitoraggio e di manutenzione del territorio normalmente svolte dagli imprenditori agricoli, estendendole dall’azienda agricola a un sottoba- cino. Questo facilita l’acquisizione, da parte dell’agricoltore, di una conoscenza più estesa e profonda del suo territorio, portandolo ad avere una visione più completa della sua attività. Dalle interviste è emerso infatti come l’allargamento dello spet- tro di azione aiuti gli agricoltori a prendere coscienza del sistema territoriale, in termini di rete di aziende, istituzioni e popolazione locale, in cui è inserita la loro attività.

Gli altri punti di forza del progetto, secondo gli agricoltori, sono: l’ottimizza- zione nell’uso delle risorse aziendali, quali lavoro e/o macchine; l’efficacia e la so- stenibilità economica della gestione del servizio di controllo dello stato dei luoghi anche nelle aree meno accessibili.

Le principali opportunità del progetto, emerse dalle interviste con gli agri- coltori, riguardano: l’aumento della conoscenza del territorio, dei luoghi e delle loro peculiarità; la maggiore visibilità e reputazione dell’azienda sul territorio; la possibilità di instaurazione di “reti” con altre aziende; la possibilità di instaurare ulteriori collaborazioni con altri enti pubblici.

Tra i principali elementi di criticità emersi vi è la scarsa o poca dimesti- chezza dimostrata da alcuni agricoltori con gli strumenti informatici e tecnologici, soprattutto da quelli appartenenti a fasce di età più avanzata. Le altre criticità sono essenzialmente riconducibili alla mancanza di una formazione specifica, non solo

per quanto riguarda le modalità di intervento (ripulitura alvei fluviali e ripristino delle opere idrauliche), ma anche per alcuni aspetti burocratici e amministrativi.

Un altro aspetto critico del progetto, secondo il coordinatore, è relativo al fatto che la sua efficacia non è omogenea su tutto il territorio: mentre risulta pie- namente efficiente nella zona dell’Appennino Pistoiese, si sono riscontrate nume- rose criticità nella zona della Garfagnana. Le motivazioni di queste differenze sono molteplici e sono legate alla diversa struttura delle aziende agricole (in termini di dimensioni, specializzazione produttiva e presenza di macchinari), all’età degli imprenditori coinvolti, alle diverse dinamiche socio-culturali delle due zone, ma anche alle diverse modalità con cui l’ente ha gestito il progetto sul territorio. Il coordinatore ammette le difficoltà, da parte dell’ente, a seguire costantemente le attività dei custodi su tutto il territorio e come in zone caratterizzate da piccole aziende condotte da imprenditori più anziani e poco abituati a svolgere servizi per terzi sarebbero stati necessari un maggiore controllo e un maggiore supporto tec- nico e informativo.

Tabella 2.4 – L’analisi dell’azione collettiva nel progetto Custodia del Territorio, i fattori di successo

1) Sistema locale (beni pubblici) 2) Attori coinvolti

• Elevata fragilità idrogeologica e idraulica

• Limitata attività di manutenzione del reticolo e delle opere idrauliche

• Eventi atmosferici estremi negli ultimi anni • Fenomeni di abbandono nuclei montani più periferici • Riduzione attività agricola e forestale

• Fenomeni di urbanizzazione a valle

• Capitale sociale: fiducia e reciprocità attori coinvolti nel progetto

• Coinvolgimento agricoltori locali in base alla loro localizzazione, conoscenze e motivazioni

• Eventi partecipati per coinvolgimento comunità loca- li e agricoltori

• Interdipendenza agricoltori e Unione dei Comuni

3) Organizzazione istituzionale 4) Politiche e sostegno esterno

• Semplicità regole del contratto

• Coinvolgimento istituzioni locali e altri portatori d’interesse nel progetto

• Sistema on-line di monitoraggio e segnalazione criticità ambientali

• Co-produzione conoscenza (sopralluoghi congiun- ti e valorizzazione conoscenza locale agricoltori)

• Contratto di custodia: pagamenti per servizi am- bientali

• Legislazione regionale e delega bonifica Comuni- tà Montana

• PSR (misura 226)

La mancanza di una formazione specifica per gli agricoltori custodi è emer- sa come uno dei principali punti di debolezza di questa iniziativa anche dal punto di vista dei rappresentanti istituzionali, sia rispetto alle competenze tecniche per effettuare gli interventi di manutenzione, sia rispetto agli aspetti amministrativi e delle competenze degli enti pubblici sul territorio. Nonostante queste criticità, i rappresentanti dell’ente gestore hanno comunque sottolineato molte volte la loro soddisfazione rispetto all’efficacia del progetto, ritenuto strategico, per l’ente ge- store, anche sotto il profilo economico, con un indiscusso risparmio in termini di manodopera, attrezzature e attività di monitoraggio.

Secondo il suo ideatore, il vero valore aggiunto del progetto è l’aspetto del monitoraggio e della prevenzione, soprattutto in un’ottica di efficienza di utilizzo delle risorse finanziarie da parte delle amministrazioni pubbliche. L’intervistato definisce questa iniziativa una «piccola-grande rivoluzione», piccola per la portata, l’estensione e il peso politico, ma grande perché ribalta completamente l’approc- cio alla tutela del territorio, focalizzandosi proprio sugli aspetti della prevenzione. Questa iniziativa mira inoltre a contrastare l’abbandono dei territori montani, con- siderato come la prima causa del crescente dissesto idrogeologico:

L’efficacia del progetto in sé è enorme, pensiamo i costi delle esondazioni dell’ultimo decennio nell’alveo del Serchio. Con questo sistema invece ti dimostro che non ho queste problematiche (chiaramente non le calamità naturali, che non posso preve- dere). Ma se rimango nell’ambito della manutenzione ordinaria io così spendo 1 di fronte a 100.000. Funziona meglio, recupero e ripopolo il territorio. Dopo l’emigra- zione e lo spopolamento può anche rappresentare un incentivo a rimanere (Intervi- sta n. 1).

Uno degli elementi più critici del progetto, però, è legato alla difficoltà ad imporsi come modello dominante di intervento degli enti locali nella manutenzio- ne del territorio, in quanto nel corso degli anni non si è riusciti ad incrementare la sua portata e diffusione, non solo a livello regionale o nazionale, ma anche in seno all’ente gestore.

L’ideatore del progetto si auspicava infatti un maggiore interesse e coinvol- gimento delle istituzioni locali e regionali, in modo da poter accrescere la visibilità dell’iniziativa e soprattutto per incrementarne la portata, l’azione e le possibilità di reperire finanziamenti aggiuntivi. Al contrario il progetto non si è ampliato, non si è ramificato e non si è collegato con altre iniziative, e allo stato attuale può essere considerato semplicemente una “prova sperimentale” che si aggiunge alle altre attività della bonifica.

Secondo l’ideatore, il progetto avrebbe potuto tradursi, ad esempio, in una riduzione della tassa sulla bonifica, e questo avrebbe potuto dare una spinta all’i- niziativa anche in termini di pubblicità, dimostrando fattivamente alle popolazio- ni locali che la prevenzione costa meno della manutenzione. È evidente che per accrescere la portata del progetto sarebbe necessario inserirlo in maniera più consistente nelle strategie politico-programmatiche regionali, in modo da poter espandere azioni simili in altri comprensori attraverso lo sviluppo di regolamenti e di linee di finanziamento ad hoc. Allo stato attuale il maggiore flusso di finanzia- menti che interessa le aree montane è legato alla manutenzione, soprattutto in caso di disastri e di calamità naturali, e in molti casi gli interessi pubblici e privati sono prevalentemente volti a intercettare questi finanziamenti. Tale approccio si scontra, secondo l’ideatore del progetto, con la logica della prevenzione. Uno dei principali limiti di Custodia del Territorio deriva dal fatto che non smuove ingenti finanziamenti, che non ci sono grossi imprenditori interessati, poiché si basa su una concezione della salvaguardia ambientale non orientata al business:

Le cooperative non lo vogliono, gli imprenditori edili non lo vogliono, il progetto si scontra con interessi forti. È una cosa piccola ma dà fastidio, è negativa, va contro alcuni interesso, li ostacola […] quello che interessa è il lavoro, il business, l’affare. L’ambiente è considerato un affare. È un affare quando ci sono le alluvioni, le frane, i terremoti, le discariche. Il problema è che con Custodia si parla molto di servizi e poco di soldi, e per questo non interessa a nessuno. Fa arrabbiare ma è così, non an- drà avanti perché non ci sono grossi imprenditori interessati, quindi è difficile avere visibilità e finanziamenti. Ma mi piacerebbe che ne venisse a conoscenza l’UE, affin- ché si capisse che si possono fare delle cose fatte bene spendendo poco a fronte di schifezze spendendo miliardi, come con la PAC (Intervista n. 1).

Allo stesso tempo, a livello nazionale e regionale, si rileva un crescente in- teresse per il tema del dissesto idrogeologico, anche a seguito dei disastri am- bientali dovuti alle alluvioni degli ultimi anni, che hanno certamente posto l’atten- zione sulla necessità di modificare le modalità di gestione del territorio nelle aree montane, finalizzando maggiormente gli investimenti sugli aspetti di prevenzione e di piccoli interventi di manutenzione, che rappresentano proprio la filosofia del progetto Custodia del Territorio.

Infine, anche a livello europeo, l’equilibro idrogeologico viene sempre più ri- conosciuto come un bene pubblico strettamente legato alle attività agricole. È au- spicabile che il ri-orientamento della politica agricola comunitaria verso un mag- giore sostegno ai beni e ai servizi pubblici svolti dalle aziende agricole si traduca in strategie territoriali che prevedano un approccio simile a quello del progetto

Custodia del Territorio, in modo da offrire al progetto altre linee di finanziamento percorribili ma soprattutto un riconoscimento istituzionale a livello nazionale ed europeo, così da facilitare la diffusione di questo approccio anche in altri territori montani.

Tabella 2.5 – L’analisi dell’azione collettiva nel progetto Custodia del Territorio, le principali barriere

Costi progetto e costi di transazione

Gli attori coinvolti nel progetto hanno più volte enfatizzato la convenienza economica per l’ente gestore rispetto ad altri tipi d’intervento (ad es. minori costi rispetto agli interventi delle cooperative specializzate e degli operai dell’Unione dei Comuni).

I costi di transazione non sono elevati per l’organizzazione e il coinvolgimento (conoscen- za diretta agricoltori e fiducia), ma sono piuttosto elevati per la diffusione informazioni e per incrementare la comunicazione (sviluppo e gestione software IDRAMAP e organizza- zione eventi partecipativi).

Comportamenti opportunistici

Il grado di coinvolgimento degli agricoltori è diverso in base alla zona (più elevato in Appennino Pistoiese rispetto a Garfagnana e Media Valle), alle dimensioni aziendali (ge- neralmente le aziende più strutturate e di dimensioni maggiori fanno interventi migliori e danno un apporto più continuativo).

Fondamentali la reputazione, la fiducia e la conoscenza reciproca dei partecipanti, che di fatto hanno limitato al minimo i comportamenti opportunistici.

Altro

Scarso coinvolgimento altre istituzioni locali che si occupano a vario titolo di gestione del territorio.

Difficoltà ad aumentare la portata/estensione del progetto.

Difficoltà di monitoraggio degli agricoltori meno pro-attivi e meno coinvolti.

Un nuovo modello di gestione del territorio

Il progetto Custodia del Territorio è stato sviluppato nell’ottica di salvaguar- dare e tutelare molti beni pubblici strettamente collegati all’attività agricola, quali il paesaggio, la sicurezza e la salute della collettività, la tutela del suolo, ma anche la conservazione e la riproduzione del capitale sociale, nonché la produzione di nuova conoscenza.

Alcuni agricoltori hanno evidenziato come, nel corso del tempo, siano di- ventati un punto di riferimento per la comunità locale per le eventuali segnala- zioni di punti critici sul reticolo idraulico e, pertanto, si siano trasformati in un nodo strategico di conoscenza e di trasferimento delle informazioni per ciò che riguarda la tutela idraulica e idrogeologica del loro territorio. Da questo punto di vista è evidente come l’elemento innovativo del progetto riguardi la conservazione

e la riproduzione della conoscenza locale per valorizzare la multifunzionalità delle aziende agricole presenti nel territorio. Questa conoscenza, il suo riconoscimento e la sua valorizzazione da parte di un ente locale hanno portato a rafforzare e, in alcuni casi, a creare, l’identità degli agricoltori come custodi del territorio. Come già ricordato più volte, uno degli aspetti più convincenti del progetto è stato quello di favorire il coinvolgimento e la partecipazione diretta degli imprenditori agricoli e delle comunità locali ad un’azione di tutela del territorio. A questo proposito gli agricoltori hanno dichiarato più volte il loro apprezzamento per l’impostazione del progetto e la soddisfazione di questo riconoscimento, in quanto attraverso Custo- dia del Territorio sono stati identificati come attori principali e protagonisti della gestione e manutenzione del territorio di loro competenza.

La congiunzione tra i beni e servizi pubblici e le attività agricole è stata quin- di valorizzata in un’ottica di co-produzione, in cui l’imprenditore agricolo ha ricevu- to, oltre ad un’integrazione di reddito per i servizi svolti, un incentivo a partecipare attivamente a un’azione ambientale per il suo territorio di appartenenza, attra- verso un progetto che ha favorito gli scambi formali e informali degli agricoltori con le istituzioni interessate, con i tecnici e con la comunità locale (Vanni, 2014). Questo approccio ha indubbiamente aiutato a rafforzare, soprattutto nel caso degli agricoltori più attivi nel progetto, l’identità di agricoltori custodi, per i quali il rico- noscimento della comunità locale e delle istituzioni ha certamente rappresentato uno stimolo a svolgere queste attività che va ben al di là dell’incentivo economico.

Il progetto Custodia del Territorio si differenza, infatti, dalle tante esperien- ze di affidamento lavori alle aziende agricole, presenti in molte regioni, proprio per aver coniugato l’aspetto degli interventi di manutenzione del territorio (con i beni pubblici ad essa collegati: paesaggio, equilibrio idrogeologico), a quello dei servizi, in primis del monitoraggio.

Questo progetto, pur presentando dei limiti, configura un modello gestiona- le del territorio innovativo, che dovrebbe essere replicato e esteso in altri contesti. È evidente che le diverse condizioni locali, i diversi assetti istituzionali delle aree rurali non consentono una facile replicabilità dell’iniziativa, ma i principali stru- menti del progetto dovrebbero servire da princìpi ispiratori di altri interventi, favo- rendo il riconoscimento dell’agricoltore come figura di riferimento per la gestione del territorio, incentivando un rapporto diretto e trasparente con i cittadini e con le istituzioni.

Uno degli aspetti maggiormente innovativi del progetto è quello di favorire l’azione di prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico soprattutto nelle aree di minore e più difficile accessibilità, grazie ad un monitoraggio costante e

quotidiano e alla conoscenza dello stato dei luoghi da parte delle persone che vi abitano. Attraverso l’incentivo economico alle attività di monitoraggio, è stato pos- sibile creare una rete di conoscenza sul territorio fatta da aziende agricole che allargano lo spettro delle loro attività in un territorio limitrofo, un territorio di com- petenza del quale sono riconosciute come custodi. Secondo gli intervistati questa rete consente all’ente gestore di contare su un sistema di allerta e di monitoraggio continuo e capillare, da contattare in caso di emergenza per un intervento tempe- stivo o comunque da consultare in base alle esigenze.

Il progetto ha portato così, oltre alla tutela del bene pubblico “equilibrio idrogeologico”, una serie di beni relazionali, capitale sociale, capitale istituzionale e nuova conoscenza, che rappresentano la vera innovazione di questa iniziativa. Il riconoscimento delle attività degli agricoltori custodi attraverso l’inclusione nel processo decisionale e gestionale di cittadini e agricoltori da parte dell’ente, lo svi- luppo di rapporti di fiducia e di collaborazione nelle attività di manutenzione hanno permesso di valorizzare al massimo la multifunzionalità delle aziende agricole che hanno aderito al progetto.

L’analisi della governance del progetto (tabella 2.6) fornisce inoltre impor- tanti suggerimenti sulla gestione delle politiche di sviluppo rurale a livello locale, che per quanto riguarda gli aspetti della bonifica e della manutenzione del territo- rio dovrebbero avere una maggiore uniformità di gestione a livello di bacino idro- grafico, in quanto le esigenze territoriali spesso non coincidono con le suddivisioni amministrative (Regioni e Province).

Come già sottolineato, il progetto presenta indubbiamente alcune criticità, rappresentando solamente un’esperienza pioneristica che non ha saputo diven- tare il modello dominante di prevenzione e manutenzione della zona. Allo stesso tempo, questa iniziativa ha dimostrato come sia possibile sviluppare un nuovo mo- dello gestionale di servizi ambientali che, con costi contenuti, permette di rendere massima l’efficacia delle attività di controllo sul territorio, garantendo una corretta gestione di prevenzione e di primo intervento attraverso il coinvolgimento e la re- sponsabilizzazione di chi vive in quei luoghi.

Tabella 2.6 – Politiche e governance nel progetto Custodia del Territorio

POLITICHE

Aspetti negativi e minacce

Misure PSR scarsamente indirizzate alla produzione collettiva beni pubblici (manca un ruolo proattivo agricoltori).

Sbilanciamento fondi PAC per le aree a valle (primo pilastro) e indirizzate a singole aziende.

Le attuali misure non riescono a finanziare in toto il progetto (monitoraggio e preven- zione non finanziabili attraverso misure PSR).

Elevata burocrazia che disincentiva l’adesione, soprattutto per le aziende meno strut- turate e condotte da anziani.

Aspetti positivi e opportunità

Crescente interesse per il progetto a livello nazionale (es. Rete rurale nazionale) e internazionale.

Apertura proposta PAC su azioni collettive e beni pubblici, nuovi strumenti di finanzia- mento per superare i costi di transazione (coordinamento e gestione progetto). Partnership europea innovazione.