AGRICOLTORI CUSTODI DELLA BIODIVERSITÀ NEL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO
6.3 Il progetto di tutela della biodiversità: finalità, nascita e sviluppo
Natura e oggetto di indagine
Riguardo al fenomeno dell’erosione genetica, in Italia si distingue l’espe- rienza di censimento e mappatura delle risorse genetiche nel settore frutticolo e orticolo e cerealicolo condotta, dal 2008 al 2010, nell’area del Parco nazionale del Pollino.
Il progetto consiste in un’azione di natura collettiva e integrata volta alla ricerca, conservazione e valorizzazione di specie e varietà genetiche agricole locali di reale e potenziale valore per lo sviluppo rurale, attraverso un’attività di rico- gnizione e mappatura della consistenza e della variabilità del settore frutticolo e orticolo-cerealicolo a rischio di estinzione.
L’attività d’indagine ha avuto inizio nel 2008 sulla base di un’intesa fra l’ALSIA e l’ente Parco nazionale del Pollino, ponendo al centro dell’azione il re- cupero e la riscoperta di biodiversità di interesse agricolo al fine di stimolare un processo virtuoso di conservazione delle risorse genetiche domesticate e di sviluppo agroalimentare e rurale del territorio.
La diversità biologica è stata “domesticata” dall‘uomo attraverso lunghe e complesse opere di incrocio e di selezione che, a partire da specie selvatiche, han- no permesso e ancora permettono di ottenere varietà vegetali (ma anche razze animali) di utilità economica. Come dimostrato dai prodotti tipici, questa risorsa svolge una funzione rilevantissima nei processi di sviluppo e, non essendo de- localizzabile in quanto legata al territorio, la sua conservazione e promozione è fondamentale. Accanto al valore più strettamente biologico ed economico, questa parte di biodiversità esprime anche un importante valore culturale e identitario legato ai territori rurali. Come sottolineato dai promotori ed esecutori del progetto (ALSIA 2010; Figliuolo, 2009; Cerbino e Illiano, 2009) l’indagine realizzata, infatti, è anche di tipo culturale, “agro-antropologico”, mirando a conservare e a dare risalto a aspetti e valori legati al sistema sociale e culturale dell’area interessata dallo studio. I tecnici dell’ALSIA coinvolti nel lavoro operativo su campo sono sta-
ti accompagnati dagli agricoltori di queste zone, che da sempre custodiscono e possono trasferire la specificità delle tecniche e degli usi che ciascuna comunità ha elaborato nel tempo, i nomi dialettali delle piante, le caratteristiche dei frutti e, infine, le sementi e le marze. Tutto il corredo esperienziale e culturale, quindi, che reca con sé la coltivazione di una varietà di pianta da frutto e che costituisce il valore aggiunto di un territorio dove la vita dei contadini è da generazioni legata alla terra e alle attività agricole.
Il lavoro realizzato nei due anni del progetto è consistito in un’attività di mo- nitoraggio e mappatura delle risorse genetiche di interesse agricolo per conoscer- ne lo stato di conservazione, la consistenza, il grado di vulnerabilità, la distribu- zione e l’attuale e potenziale utilizzo. L’indagine ha previsto diversi momenti che riguardano la delimitazione dei siti su cui effettuare la ricognizione, la scelta delle specie di interesse, l’acquisizione dei dati in campo, il riconoscimento delle specie raccolte e la creazione di banche dati informatizzate e di una serie di mappe di biodiversità.
La mappatura territoriale è stata funzionale a gestire le attività di con- servazione biologica e l’utilizzo delle risorse vegetali trovate. Questo sistema, infatti, ha permesso di localizzare siti di riserva genica e, contestualmente, di individuare biotipi con elevato grado di vulnerabilità in modo tale da promuovere metodi appropriati di conservazione in situ e consolidare la rete rurale dei tutori della biodiversità. In relazione a questo aspetto, il progetto ha previsto la realiz- zazione di azioni volte alla moltiplicazione e alla conservazione del germopla- sma in maniera complementare presso aziende agricole sperimentali (ex situ), ma soprattutto presso le aziende di agricoltori/produttori “custodi” (in situ). In tema di utilizzo del materiale, la ricognizione è stata realizzata anche con l’idea di dare slancio al sistema agroalimentare. In questo senso, lo sviluppo ulte- riore del progetto include l’individuazione di varietà vegetali locali, fra quelle censite, al fine di attivare un processo di promozione economica per la loro successiva commercializzazione attraverso vari canali, fra cui un portale web di e-commerce.
La gestione del processo intrapreso con il progetto si può sinteticamente suddividere in tre fasi: mappatura del materiale genetico su base ecogeografica; caratterizzazione bioagronomica e genetica delle varietà censite; valorizzazione delle varietà più interessanti dal punto di vista economico.
Figura 6.2 – Tappe del progetto
Le origini del progetto
L’avvio del progetto risale al 2008 e il lavoro di censimento e catalogazione è stato condotto nei due anni successivi, nel corso dei quali esso ha riguardato il settore frutticolo nel 2009 e il settore orticolo e cerealicolo nel 2010. Le ori- gini del progetto si collocano, tuttavia, negli anni precedenti e precisamente nel quadro di una collaborazione fra l’ente Parco del Pollino e l’ALSIA, che ha avuto inizio negli anni ’90. All’epoca, il Parco poteva disporre di Programmi per la tutela dell’ambiente (PTTA) di durata triennale finanziati con rilevanti risorse finanziarie nazionali (Ministero dell’ambiente) e europee (Quadro comunitario di sostegno), che hanno permesso di intraprendere tutta una serie di azioni di tutela e di svi- luppo e di investimenti nella conservazione e valorizzazione delle risorse vegetali del Pollino. Inizialmente tali risorse erano amministrate dalle due Regioni sul cui territorio il Parco si estende, Basilicata e Calabria, mentre in seguito, con l’av- vio dell’ultimo Piano triennale (1994-1996), la loro gestione passa direttamente all’ente Parco, consentendogli di recuperare le risorse residue e di inserirle in un quadro generale di riferimento per finanziare una serie di azioni integrate rivol- te alla conservazione e promozione dei prodotti tipici del Pollino. Risale a questo periodo il consolidamento della collaborazione con l’ALSIA, a cui il Parco in quegli anni affida la gestione diretta di alcune di queste azioni, in particolare rivolte alla creazione di micro filiere agroalimentari tipiche del Pollino. Spicca fra queste an- che un progetto sperimentale avviato dall‘ALSIA, con la collaborazione del Parco, sulla filiera delle erbe officinali per incentivare la diffusione della filiera di piante officinali nell’area del Pollino-Lagonegrese e per sperimentare nuovi canali com- merciali per le aziende agricole del territorio. Da allora i due enti hanno continuato a collaborare nella promozione di azioni per la conservazione, la tutela e la va-
lorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche del Pollino. Il lavoro svolto è stato accompagnato, per un certo periodo, anche da un progetto di promozione e di valorizzazione dell’agricoltura ecocompatibile e, soprattutto, dal progetto di isti- tuzione e gestione del marchio del Parco − una delle prime esperienze nazionali − con una prima applicazione proprio ai prodotti agroalimentari del Parco Nazionale del Pollino, con l’obiettivo di conciliare le necessità delle produzioni dell’area con le finalità della tutela dell’ambiente, concorrendo ad arrestare l’erosione genetica e la perdita di biodiversità agraria4. Queste attività hanno prodotto come risultato più importante il riconoscimento, nel 2010, da parte della Regione Basilicata, del Sistema produttivo locale del Pollino-Lagonegrese, di cui l’ALSIA svolge attual- mente anche la funzione di segreteria.
Nella cornice di queste esperienze è maturata nei due enti l’idea di con- durre un censimento sistematico della biodiversità agricola nell’area del Parco a fini di tutela ambientale, inserendolo in un quadro strategico più generale volto a stimolare nella zona processi di sviluppo socio-economico. Il territorio interessato esprime, infatti, una presenza massiccia nel settore agricolo, il quale influenza e determina la condizione ambientale e gli elementi di grande valore culturale e biologico che lo caratterizzano. Per questo le motivazioni alla base dell’azione intrapresa riflettono la consapevolezza dei promotori del progetto che per coniu- gare conservazione, tutela e valorizzazione della componente domesticata della biodiversità fosse necessario porre al centro l’agricoltura e coloro che più ne sono coinvolti: gli agricoltori, ma anche le famiglie rurali per le quali i prodotti agricoli rappresentano in tutto o in parte una fonte di reddito e che potrebbero trovare delle opportunità dalla coltivazione di queste varietà, garantendone la conservazione.
La strada intrapresa dal Parco e dell’ALSIA con il progetto sulla biodiversità parte, quindi, da quelle che sono le uniche presenze umane sul territorio, stretta- mente legate all’agricoltura e che mantengono la cura dei terreni come comple- mento dell’economia domestica, spesso anche al di fuori di un’azienda agricola:
È vero che il territorio è depauperato per l’abbandono, però la presenza umana che c’è è rilevante e poi sa fare certe cose che le nuove generazioni non sanno più fare. E queste risorse umane sono la base da cui partire (Intervista n. 57).
4 La perdita di agro-biodiversità si traduce anche nell’erosione genetica, a livello di specie e cultivar locali. Per erosione genetica si intende la perdita di diversità genetica all’interno e tra popolazioni di una stessa specie o la riduzione della base genetica di una specie.
Al fine di tutelare e conservare i beni di carattere ambientale, l’idea forza del progetto si poggia sulla necessità di fare leva anche sulle risorse socio-culturali del territorio, le quali d’altra parte sono altrettanto esposte al rischio di degrado, in quanto risorse di natura immateriale (saperi, capacità, tradizioni) e molto più difficili da conservare.
Per esempio la maestria del contadino che sa fare un innesto, se lui scompare, scompare anche la maestria (Intervista n. 62).
Secondo gli ideatori del progetto urgeva un’azione rivolta alle fonti di rischio di erosione genetica e una di queste è appunto l’abbandono dell’attività umana, con le conseguenze che comporta.
È stata l’ALSIA a proporre, ottenendone l’affidamento, il progetto, sviluppato con il sostegno finanziario del Parco, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Basilicata, che ha rappresentato la parte scientifica di questa attività, e con il coinvolgimento dei tecnici delle due strutture di zona dell’ALSIA, l’Azienda agricola sperimentale Pollino di Rotonda e l’Unità territoriale di Lagonegro.
Da sempre molto attenta alle esigenze di conservazione e recupero dell’a- gro-biodiversità e del patrimonio locale, l’ALSIA ha realizzato diverse azioni fina- lizzate al recupero di ecotipi e di varietà locali fortemente caratterizzanti la cultura dei luoghi soggetti a erosione genetica, che altrimenti sarebbero andate incontro all’estinzione. In tal senso, l’Agenzia ha condotto nel tempo numerose attività di monitoraggio e raccolta, sebbene non in maniera sistematica, e avviato processi di caratterizzazione delle risorse vegetali per assicurarne la tutela ma anche la commercializzazione.
L’idea del progetto, quindi, è nata in maniera del tutto spontanea ed è stata coordinata da un soggetto di emanazione regionale, ma che opera a livello locale attraverso le sue Unità territoriali, rivolgendosi al territorio e dialogando costan- temente in primo luogo con gli agricoltori, raccogliendo le loro esigenze. L’ALSIA ha avuto modo, così, di accumulare negli anni competenze, sensibilità e capacità di lettura degli interessi variegati esistenti sul territorio e di sintesi attraverso il confronto continuo tra gli stakeholder dell’economia e della società civile locale (gli agricoltori, le associazioni di categoria e di interessi, il sistema delle imprese, enti pubblici, cittadini/consumatori).
Questo ha contribuito a favorire una convergenza di interessi verso il tema del progetto, che a sua volta ha potuto trarre spunto dalle sollecitazioni e dalle attitudini dei soggetti con cui l’ALSIA ha costruito, negli anni, una rete di rapporti.
Tale dinamica è stata rafforzata anche nell’ambito del processo di definizione delle strategie del Parco. L’idea del recupero e della valorizzazione della biodiversità agricola, infatti, è parte integrante della strategia generale di sviluppo e tutela espressa dal Piano per il Parco del Pollino e votata all’unanimità dalla Comunità del Parco, dopo un percorso di concertazione e di condivisione con le comunità locali che è durato circa 24 mesi. Il Piano è uno strumento di pianificazione territo- riale integrato, che prevede l’elaborazione di un complesso di azioni finalizzate alle necessità del territorio (conservazione, tutela e sviluppo socio-economico) all’in- terno di un processo di definizione aperto alla Comunità del Parco, espressione dei sindaci, delle Province, delle Comunità Montane e delle Regioni che costituiscono il territorio protetto calabro-lucano del Pollino. La sua approvazione formale, da parte delle due Regioni Calabria e Basilicata, deve ancora avvenire5, ma a livello di comunicazione e di raccolta di consenso il Piano rappresenta un ulteriore mo- mento di costruzione sociale e di convergenza di interessi in merito a percorsi e approcci innovativi da parte del Parco per la conservazione della biodiversità.
Gli sviluppi del progetto
L’attività di mappatura è durata due anni e si è conclusa nel 2010, interes- sando la ricognizione di tutte le risorse genetiche nel settore delle colture cereali- cole e orticole, ma il progetto è stato ulteriormente sviluppato attraverso moltepli- ci iniziative, che a tutt’oggi integrano e valorizzano i risultati raggiunti.
In primo luogo, i tecnici ALSIA all’epoca delle interviste erano impegnati a procedere con il lavoro di censimento su territori diversi da quelli iniziali. Era par- tita, infatti, una seconda parte della mappatura delle ortive nell’area della Valle del Noce che interessava i comuni di Lagonegro, Maratea, Nemoli, Trecchina e Rivello.
5 L’approvazione del Piano del Parco (legge quadro sulle aree protette del 6 dicembre 1991, n. 394) è stata complicata per un difetto di competenza che si colloca fra il nazionale e il regionale: in materia di pianificazione territoriale la competenza è delle Regioni mentre in materia di pianificazione am- bientale la competenza è nazionale. Oltre a questo, esistono anche altri elementi di disturbo, dovuti a cambiamenti di carattere normativo avvenuti in corso d’opera e riguardanti ad esempio la piani- ficazione paesaggistica. Riguardo a questo tema, la legge quadro prevedeva che i Piani dei Parchi fossero uno strumento sovraordinato a qualsiasi altro strumento di pianificazione, anche rispetto ai Piani paesaggistici. Con l’introduzione del codice Urbani (D.lgs n. 42/2004 Codice dei beni culturali) è stata modificata la normativa, nel senso che i Piani paesaggistici sono divenuti sovraordinati a qualsiasi altro piano, togliendo il potere che i Piani per i Parchi avevano prima anche in materia pa- esaggistica. La difficoltà ora sta nel fatto che i due strumenti avranno due storie differenti, lasciando senza valenza paesaggistica il Piano per Parco, a cui, però, le Regioni dovrebbero fornire un piano per la tutela paesaggistica complementare.
Inoltre, allo scopo di far conoscere e divulgare l’iniziativa e i risultati conse- guiti, l’ALSIA, spesso anche di concerto con l’ente Parco, organizza periodicamente molteplici azioni di animazione e sensibilizzazione.
È stato creato, ad esempio, un portale dedicato al progetto e in generale al tema della biodiversità del Pollino6, attraverso cui comunicare l’importan- za dell’attività condotta e i risultati ottenuti. In particolare, il sito raccoglie, in un archivio multimediale, le specie vegetali su cui è stata effettuata la ricognizione, mettendo a disposizione degli utenti informazioni dettagliate sui luoghi e sulle uni- tà di campionamento, sulle piante censite e sugli agricoltori che hanno partecipato ai lavori e che attualmente formano la rete degli agricoltori custodi della biodiver- sità.
Vengono organizzati eventi e numerose iniziative per presentare i dati dell‘attività di ricognizione delle specie orticole e cerealicole in via d’estinzione del Pollino e per distribuire i cataloghi realizzati al termine del lavoro di catalogazione e di mappatura delle varietà locali trovate:
• convegni a cui partecipano istituzioni locali e regionali, enti di ricerca, universi- tà e organizzazioni non governative impegnate in programmi di sviluppo; • esposizioni di campioni di varietà locali dei frutti, dei semi, degli ortaggi e dei
cereali antichi presso l’Azienda agricola dimostrativa sperimentale “Pollino” e mostre sulla lavorazione del grano e dei prodotti della cucina contadina; • la “festa della biodiversità”, che viene organizzata a novembre. Questo appun-
tamento ormai fisso, a cui partecipano 600-700 persone, funge da cassa di riso- nanza non solo presso gli addetti al settore, studiosi ed esperti, ma anche pres- so gli agricoltori custodi, le scuole e gli operatori economici che compongono la filiera agroalimentare (produttori, ristoratori), rappresentando un momento di confronto e di sintesi che coinvolge tutti i soggetti del territorio;
• l’istituzione di un premio per l’agricoltore custode nell’ambito di un concorso annuale per individuare il migliore agricoltore custode dell’anno per la conser- vazione e il miglioramento della biodiversità domesticata all’interno del Parco Nazionale del Pollino. Il concorso, rivolto a tutti gli agricoltori che hanno par- tecipato al progetto di mappatura della biodiversità agricola, ha come obiettivo la premiazione dell’agricoltore custode che in un dato anno ha aumentato l’in- dice di biodiversità delle piante legnose da frutto. Finalità generale di questo concorso è di contribuire ad invertire il trend di perdita della biodiversità do- mesticata mediante il conseguimento dell’incremento netto della quantità dei
differenti tipi di varietà di fruttiferi su tutto il comprensorio del Parco Nazionale del Pollino;
• infine, viene portato avanti un lavoro continuo di formazione e informazione rivolto al territorio, anche relativamente all’aspetto alimentare legato ai pro- dotti autoctoni. Da questo punto di vista, i tecnici dell’ALSIA si rivolgono alle scuole, invitandole ai diversi eventi che l’ente organizza e recandovisi personal- mente per spiegare il lavoro che si sta realizzando. Sul tema dell’alimentazio- ne, l’ALSIA sta cercando di mettere in rete le numerose manifestazioni e sagre gastronomiche che vengono promosse sul territorio, stimolando i comuni che aderiscono al progetto a puntare sui prodotti locali.
Ognuna di queste attività assolve all’importante compito di sensibilizzare il territorio, e in particolare le giovani generazioni, in merito al tema della tutela del- la biodiversità agraria e alimentare. Questo importante ruolo svolto dai promotori del progetto è stato sottolineato più volte durante le interviste:
La coscienza pubblica di quanto sia necessario conservare l’assetto originale del territorio è importantissima. Il fatto che noi lavoriamo con i bambini fa in modo che loro conservino coscienza (Intervista n. 61).
Ulteriori iniziative intraprese a partire dalle fasi più mature del progetto rispondono soprattutto all’obiettivo di incentivare la conservazione del materiale censito e il suo trasferimento, per garantire nel tempo la tutela della biodiversi- tà coltivata. Le modalità di intervento mirano a rendere disponibile il materiale attraverso la conservazione del germoplasma sia ex situ, prevedendone la tute- la in luoghi appositamente predisposti all’accoglienza e al mantenimento, sia in situ, rinvigorendo la rete locale dei custodi rurali. Rispetto alla prima modalità, le aziende sperimentali dell’ALSIA sono impegnate nell’azione di conservazione della base genetica delle specie vegetali censite attraverso, in particolare, un orto botanico, creato in questi anni, e un campo catalogo in fase di realizzazione. Per quanto riguarda, invece, la conservazione in situ, per incentivare gli agricoltori a mantenere determinate specie a rischio di estinzione, oltre alle azioni di sensibi- lizzazione che essa conduce e ai momenti di incontro e scambio rivolti dai tecnici agli agricoltori, l’ALSIA ha inaugurato, in collaborazione con il Parco del Pollino e i Comuni interessati, un’attività di innesti in ambienti di semi-naturalità di alcune varietà di pero e melo a rischio di estinzione, introducendo una modalità innovativa di conservazione in situ e di moltiplicazione delle varietà, in cui viene, tra le altre cose, incentivato lo scambio di marze fra gli agricoltori intervenuti. Non solo, ma
queste occasioni, aperte a tutto il territorio, diventano un veicolo di comunicazione e diffusione della cultura della conservazione della biodiversità.
A queste attività se ne affiancano altre, legate agli utilizzi del materiale cen- sito e volte a dare un valore economico al lavoro di conservazione delle nume- rose specie vegetali a rischio di estinzione, per renderlo una fonte di reddito per gli agricoltori. La possibilità reale di recupero e di reintroduzione nel territorio di origine e presso le stesse aziende agricole di una varietà locale tradizionalmente riconosciuta è strettamente legata anche alla valorizzazione commerciale delle produzioni. Si consideri, infatti, che la maggior parte della biodiversità coltivata e dei saperi tradizionali ad essa associati si trova custodita in una classe di aziende generalmente condotte da persone sopra i 65 anni, a cui è fondamentale che su- bentrino agricoltori più giovani. Per questo motivo, gli obiettivi di tutela della biodi- versità domesticata si devono poter tradurre anche in opportunità per gli agricol- tori custodi, per creare le condizioni economiche, sociali e culturali per cui queste aziende possano continuare a fare agricoltura. Queste sono anche le sollecitazioni che provengono dagli agricoltori, i quali più volte durante le interviste hanno posto